Corte di Cassazione sentenza n. 1159 depositata il 18 gennaio 2018
DIMISSIONI – RIPENSAMENTO – PRESCRIZIONE – TENTATIVO DI CONCILIAZIONE – DOMANDA GIUDIZIALE
RILEVATO CHE:
La Corte d’Appello di Catanzaro, con sentenza resa pubblica il 7/7/2011, confermava la pronuncia del giudice di prima istanza che aveva respinto la domanda proposta da P.A. nei confronti della Banca Carime s.p.a. intesa a conseguire l’annullamento per incapacita’ naturale delle dimissioni rassegnate il 16/11/2000 e la condanna della societa’ alla reintegra nel posto di lavoro ed al risarcimento dei danni;
la Corte distrettuale condivideva l’iter argomentativo percorso dal Tribunale onde pervenire alla declaratoria di prescrizione dell’azione di annullamento delle dimissioni, per il decorso del termine quinquennale; rimarcava in particolare, come il contenuto della richiesta di tentativo di conciliazione del 24/11/2004, avanzata dal ricorrente, si riferisse esclusivamente alla controversia relativa all’annullamento del verbale di accordo sindacale del 16/11/2000 e del relativo accordo transattivo ex art. 411 c.p.c. con il quale era stata riconosciuta in favore del lavoratore la somma di Lire 317.500.000 anche a titolo di incentivo all’esodo, disattendendo l’assunto difensivo secondo cui gli effetti di detto tentativo di conciliazione si potevano estendere alla domanda di annullamento delle dimissioni, per il collegamento che avvinceva tale atto all’accordo sindacale;
sosteneva, per contro, che nello schema del collegamento negoziale, affinche’ la nullita’ ed inefficacia di un negozio potesse influire sulla validita’ ed efficacia dell’altro, occorresse una specifica domanda ai sensi dell’art. 1419 c.c., che nella specie era mancata;
nell’ottica descritta la richiesta di conciliazione del 24/11/2004 non esplicava effetti interruttivi e sospensivi della prescrizione in relazione alla distinta azione di annullamento dell’atto di dimissioni;
avverso tale decisione interpone ricorso per cassazione P.A. affidato a due motivi; resiste con controricorso la parte intimata;
il procuratore generale ha depositato le proprie conclusioni scritte ex art. 380 bis c.p.c..
CONSIDERATO
CHE:
1.con il primo motivo si denuncia violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1419 e 2943 c.c. e art. 113 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 nonche’ vizio di motivazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5; si sostiene che il collegamento funzionale fra negozi, nella specie intercorrente fra atto unilaterale di dimissioni ed accordo transattivo, pur lasciando distinti i negozi stessi, origina un unico regolamento di interessi, giacche’ il nesso teleologico fra negozi volti alla regolamentazione degli interessi reciproci delle parti in un assetto economico globale ed unitario, impone al giudice di valutare nel suo complesso la permanenza o la caducita’ del vincolo negoziale;
si lamenta quindi, che la Corte abbia disatteso tali principi, accogliendo altresi’ l’eccezione di prescrizione sollevata dalla Banca Carime in relazione ad un fatto diverso da quello del collegamento negoziale, cosi’ incorrendo in valutazione del fatto viziata ed illogica;
2. con il secondo motivo e’ denunciata violazione degli artt. 2943 e 2945 c.c. e art. 410 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3;
ci si duole che la Corte di merito abbia omesso di considerare che la proposizione del tentativo di conciliazione, equivalendo ai fini interruttivi alla proposizione di una domanda giudiziale, comporta la automatica produzione degli effetti favorevoli di cui agli artt. 2943 e 2945 c.c. in relazione alla tutela sostanziale degli interessi fatti valere dal lavoratore;
3. i motivi, che possono congiuntamente trattarsi per presupporre la soluzione di questioni giuridiche connesse, vanno disattesi;
va infatti considerato che, secondo i principi affermati da questa Corte, da ribadirsi in questa sede, gli atti interruttivi della prescrizione riconducibili alla previsione dell’art. 2943 c.c., comma 4, consistono in atti recettizi, con i quali il titolare del diritto manifesta al soggetto passivo la sua volonta’ non equivoca, intesa alla realizzazione del diritto stesso;
essi, pertanto, possono produrre tale effetto limitatamente ai diritti ai quali corrisponde nel soggetto passivo un dovere di comportamento e non anche per i diritti potestativi, ai quali fa riscontro una situazione di mera soggezione, anziche’ di obbligo, nel soggetto controinteressato (vedi Cass. 21/12/2010 n. 25861 con specifico riferimento all’azione proposta dal lavoratore subordinato per l’annullamento delle dimissioni comunicate al datore di lavoro, cui adde, Cass. 8/1/2016 n.121, Cass. 2/12/2016 n. 24675 in tema di azione giudiziale di annullamento del licenziamento illegittimo, nonche’ Cass. 17/3/2017 n.6974 in tema di rescissione del contratto); nell’ottica descritta la prescrizione dell’azione di annullamento, di natura costitutiva, e’ da ritenersi insuscettibile di interruzione mediante atto di messa in mora, essendo all’uopo necessaria la proposizione della azione in sede giudiziaria che, nella fattispecie qui scrutinata, non risulta proposta;
4. le conclusioni alle quali e’ pervenuta sul punto la Corte territoriale secondo cui nello schema del collegamento negoziale, affinche’ l’azione giudiziaria volta all’accertamento della nullita’ ed inefficacia di un negozio possa influire sulla validita’ ed efficacia dell’altro, occorre una specifica domanda ai sensi dell’art. 1419 c.c. – sono comunque conformi a diritto, cosicche’, previa correzione della motivazione ai sensi dell’art. 384 c.p.c., nei termini di rilievo assorbente teste’ indicati, i motivi all’esame vanno disattesi;
5. in definitiva il ricorso va rigettato; le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio in favore della controricorrente che liquida in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 3.000,00 per compensi professionali oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
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