Corte di Cassazione sentenza n. 11757 depositata il 15 maggio 2018

ASSICURAZIONE – NOZIONE, CARATTERI, DISTINZIONI – DISPOSIZIONI GENERALI – RISCHIO ASSICURATO – ASSICURAZIONE CONTRO I DANNI – CLAUSOLA CHE PREVEDE LA RISARCIBILITA’ IN FORMA SPECIFICA – NATURA – CLAUSOLA LIMITATIVA DELLA RESPONSABILITA’ – ESCLUSIONE – CLAUSOLA CHE DELIMITA L’OGGETTO DEL CONTRATTO – SUSSISTENZA – RAGIONI

FATTI DI CAUSA

Con sentenza del 19 aprile 2016 il Tribunale di Torino ha rigettato l’impugnazione proposta dalla Carrozzeria La Salle 2 s.r.l. avverso la decisione del Giudice di pace della stessa città con la quale era stata rigettata la domanda formulata dalla predetta carrozzeria nei confronti della Unipol SAI s.p.a. per sentirla condannare al pagamento della somma di Euro 966,24 (quale residuo indennizzo spettantele quale cessionaria del credito inerente un veicolo assicurato con la stessa compagnia di assicurazione), oltre rivalutazione monetaria ed interessi, con condanna alle spese.

Per quanto ancora rileva, il giudice dell’impugnazione ha condiviso la motivazione del giudice di prime cure, sottolineando come questi avesse, in primo luogo, correttamente escluso l’applicabilità dell’art. 1342 c.c., alla clausola “liberamente (a quanto consta) sottoscritta dalla parte assicurata” e, in secondo luogo, correttamente rilevato che il risarcimento in forma specifica è la forma di ristoro del pregiudizio patrimoniale che viene in considerazione “in prima battuta”, e che può essere escluso solo se risultante “eccessivamente oneroso per il debitore”. Il Tribunale ha inoltre condiviso la conclusione del giudice di pace secondo la quale la clausola che lega il ristoro del pregiudizio da parte dell’assicuratore alla reintegrazione in forma specifica non può considerarsi come vessatoria; peraltro, ha dato conto come “la parte assicurata (anche qui liberamente, a quanto consta)” avesse deciso di non rispettare le condizioni del contratto di assicurazione, che pure si era impegnata a rispettare e che a quest’ultima parte dovesse imputarsi “la mancata insorgenza del credito verso l’odierna parte appellata. All’appellante cessionario non rimarrà (sempre ovviamente a condizione che la cessione sia avvenuta pro solvendo) che far valere le sue ragioni contro la cedente”.

Il giudice dell’impugnazione in merito alla clausola in oggetto ha inoltre rilevato:

– che essa non rientrava tra quelle per le quali l’art. 1342 c.c., comma 2, richiede a pena di inefficacia, la specifica approvazione per iscritto in quanto detta clausola non stabiliva “limitazioni di responsabilità” a favore dell’assicurazione ma, prevedeva un risarcimento in forma specifica ex art. 2058 c.c., richiamando in proposito un precedente orientamento del Tribunale piemontese;

– che non è era vessatoria ai sensi del D.Lgs. n. 206 del 2005, artt. 33 e 34, in quanto meramente riproduttiva di una disposizione di legge (riproducendo in sostanza il risarcimento in forma specifica ex art. 2058 c.c., in tema di risarcimento in forma specifica);

– che era facilmente conoscibile dall’assicurato in quanto riportata per l’intero nel frontespizio della polizza ed evidenziata addirittura in grassetto, la cui previsione stabiliva l’obbligo per l’assicurato di rivolgersi esclusivamente ai soggetti facenti parte del servizio “(omissis)” per la riparazione del veicolo incidentato e, dunque, individuava e delimitava soltanto l’oggetto del contratto;

– che, inoltre, non determinava un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto D.Lgs. n. 206 del 2005, ex art. 33, comma 1, poiché il contraente assicurato, attesa la sua libertà di scelta in forza della quale, con la stipula del contratto (polizza “1 Global”), otteneva i vantaggi descritti in polizza assumendo l’obbligo di rivolgersi esclusivamente ai soggetti facenti parte del servizio “(omissis)” i quali, senza alcun aggravio o limitazione o compressione del suo diritto, avrebbero provveduto ai necessari ripristini.

Avverso questa decisione propone ricorso per cassazione articolato in cinque motivi la Carrozzeria La Salle 2 s.r.l.. Resiste con controricorso Unipol SAI spa.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con i primi tre motivi:

I) “Violazione ed errata applicazione degli artt. 1341 e 1342 c.c., e degli artt. 33, 34, 35 e 36 del Codice del consumo in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; errato inquadramento e falsa applicazione alla fattispecie de qua circa il contratto di assicurazione e le clausole vessatorie”;

II) “Violazione ed errata applicazione dell’art. 2058 c.c., e dell’art. 147 bis del Codice delle assicurazioni in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; errato inquadramento e falsa applicazione alla fattispecie de qua delle norme di diritto che regolano il contratto di assicurazione e il risarcimento in forma specifica”;

III) “Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione. Violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella parte in cui il Giudice ha omesso di valutare la specifica sottoscrizione della clausola contenuta nella polizza”;

la ricorrente lamenta – sotto diversi profili – che il giudice del gravame abbia negato la natura vessatoria della clausola contrattuale in esame.

In particolare, contesta che i giudici del merito abbiano concordemente ritenuto a priori l’inapplicabilità dell’art. 1342 c.c., comma 2, e dell’art. 3336 del Codice del consumo alla clausola de qua, omettendo di considerare che queste ultime disposizioni (la cui ratio è quella di rimuovere le condizioni di inferiorità del consumatore) sono senz’altro applicabili all’ambito contrattuale assicurativo. Deduce come la clausola in esame, prevedendo che “il contraente assicurato si impegna ad utilizzare il centro di autoriparazione indicato dall’impresa tra le quali tra quelli facenti parte del circuito (omissis)”, interpretata alla luce delle norme richiamate, abbia natura vessatoria a fronte della limitazione posta in ragione dell’obbligo di rivolgersi ad un riparatore scelto e stabilito unilateralmente dall’assicuratore a scapito della libera scelta dell’assicurato di recarsi presso un riparatore di fiducia. Lamenta inoltre che il giudice di appello abbia ritenuto erroneamente che la clausola de qua prevedesse un risarcimento in forma specifica ex art. 2058 c.c. e che non arrecasse un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto. Sotto altro profilo, si duole dell’erroneo inquadramento della clausola in esame come riproduzione del dettato dell’art. 2058 c.c., ed in proposito, sostiene che la motivazione del giudice di appello sia insufficiente e contraddittoria. Infine, si duole dell’omessa valutazione da parte del Tribunale circa la specifica sottoscrizione della clausola vessatoria contenuta nella polizza che, nella specie era mancata, come era mancata del tutto la trattativa individuale dettata dalle disposizioni codicistiche e deduce che, peraltro, l’assicurazione non aveva prodotto integralmente il contratto concluso tra le parti e non aveva provato nè che la clausola fosse stata oggetto di specifica sottoscrizione né di specifica trattativa.

1.1. I motivi così sinteticamente riassunti, in ragione della loro reciproca connessione, possono essere congiuntamente esaminati.

Essi pongono la questione attinente alla natura della clausola apposta al contratto assicurativo (polizza denominata “Nuova Prima Global”) secondo la quale il contraente assicurato “si impegna ad utilizzare il centro di autoriparazione indicato dall’impresa” facente parte del circuito “(omissis)”; si tratta di stabilire id est se essa sia limitativa della responsabilità dell’assicuratore (ovvero limiti le conseguenze della colpa, dell’inadempimento o escluda il rischio garantito) ex art. 1341 c.c., o, viceversa, attenga all’oggetto del contratto (contenuto e limiti della garanzia assicurativa) e specifichi il rischio garantito.

Soccorre al riguardo l’orientamento consolidato di questa Corte in tema di contratto di assicurazione secondo cui sono da considerare clausole limitative della responsabilità, per gli effetti dell’art. 1341 c.c., quelle che limitano le conseguenze della colpa o dell’inadempimento o che escludono il rischio garantito. Al contrario, attengono all’oggetto del contratto quelle clausole che riguardano il contenuto e i limiti della garanzia assicurativa e, dunque, specificano il rischio garantito (in applicazione di questi principi, v. Cass. Sez. 3, 04/02/2002, n. 1430 ove fu ritenuta delimitativa dell’oggetto del contratto e non della responsabilità la clausola che faceva riferimento ad un diverso massimale per la liquidazione dell’infortunio nei casi in cui il grado d’invalidità fosse inferiore al 5 per cento; v. Cass. Sez. 3, 11/01/2007 n. 395 ove fu, viceversa, ritenuta limitativa della responsabilità dell’assicuratore e quindi vessatoria, la clausola di un contratto di assicurazione con la quale era stata prevista la non trasmissibilità del diritto all’indennizzo nell’eventualità in cui l’assicurato fosse deceduto, per cause diverse dall’infortunio, prima della concreta liquidazione dell’indennità stessa, in quanto essa non riguardava, in alcun modo, né l’oggetto del contratto né il rischio garantito).

Va pure richiamato, a corollario di tale consolidato orientamento, quanto pure affermato a proposito delle clausole che subordinano l’operatività della garanzia assicurativa all’adozione, da parte dell’assicurato, di determinate misure di sicurezza o all’osservanza di oneri diversi la cui omissione, agevolando la produzione dell’evento oggetto della garanzia (furto, danneggiamento, incendio etc.), inciderebbero sulle probabilità di verificazione del rischio; in proposito, questa Corte ha sottolineato che anche tali misure non realizzano una limitazione di responsabilità dell’assicuratore, ma individuano e delimitano l’oggetto stesso del contratto ed il rischio dell’assicuratore stesso, da cui consegue fra l’altro la non necessità della specifica approvazione per iscritto ai sensi dell’art. 1341 c.c., comma 2, (v. Cass. 10 febbraio 2015, n. 2469, ove in applicazione di tale principio, la S.C. ha escluso l’obbligo di indennizzo in relazione ad un furto avvenuto mediante l’uso fraudolento delle chiavi autentiche di una cassaforte, in presenza di una clausola contrattuale che escludeva il rischio garantito nell’ipotesi di impiego sia pur fraudolento di chiavi vere; di recente, nello stesso senso, v. Cass. 8/06/2017, n. 14280).

Tanto richiamato, con la clausola in esame si pattuisce in quali limiti l’assicuratore è tenuto a rivalere l’assicurato del danno prodottogli dal sinistro e, siccome intesa a precisare l’oggetto del contratto medesimo, non rientra tra quelle limitatrici della responsabilità dell’assicuratore e non richiede per la sua efficacia la specifica approvazione per iscritto del contraente per adesione ai sensi dell’art. 1341 c.c.. Non si tratta, dunque, dell’imposizione di un peso che rende eccessivamente difficoltosa la realizzazione del diritto dell’assicurato, bensì dell’ordinario onere del contraente di produrre il titolo negoziale in base al quale chiede alla controparte l’adempimento della sua obbligazione. Né, per le stesse ragioni, può ritenersi che in siffatti casi la soddisfazione dell’assicurato sia soggetta all’arbitrio dell’assicuratore ed ai tempi da questo imposti per la definitiva liquidazione della somma dovuta (Cass. 29/11/2004 n. 22386).

Pertanto, non sussistono le violazioni e false applicazioni delle norme invocate, anche del tutto inammissibilmente quanto ai profili della insufficienza e della contraddittorietà e neppure sussiste l’omesso esame di un fatto decisivo, tenuto conto che il Tribunale torinese ha fatto corretta applicazione dei principi indicati ritenendo che la clausola in questione “che lega il ristoro del pregiudizio da parte dell’assicuratore alla reintegrazione in forma specifica” non può considerarsi come vessatoria. Ha quindi ritenuto che la clausola in questione – nel riprodurre la previsione ex art. 2058 c.c. (obbligando l’assicurato a rivolgersi esclusivamente ai soggetti facenti parte del servizio “(omissis)” per la riparazione del veicolo danneggiato), nell’essere di facile conoscibilità in quanto inserita sul frontespizio della polizza ed evidenziata in grassetto – individui e delimiti “semplicemente l’oggetto del contratto”. Ha infine escluso che la pattuizione in esame possa determinare un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto D.Lgs. n. 206 del 2005, ex art. 33, comma 1, in quanto il contraente assicurato, al momento della stipula della polizza “1 Global” non fa altro che “assumere una libera scelta in forza della quale, egli, stipulando il contratto, ottiene i vantaggi descritti in polizza mentre a lui viene semplicemente imposto di rivolgersi esclusivamente ai soggetti facenti parte del servizio “(omissis)” i quali, senza alcun aggravio o limitazione o compressione del suo diritto, provvedono ai necessari ripristini”.

2. Con il quarto motivo (“Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione. Violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella parte in cui il Giudice ha omesso di valutare la normativa antitrust correlata al Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea”), la ricorrente deduce, alla luce di un richiamato precedente della Corte di giustizia, che l’apposizione di una clausola come quella oggetto di esame sarebbe incompatibile con le regole Europee del mercato interno.

2.1. La censura è inammissibile trattandosi di questione nuova, come puntualmente osservato dalla controparte, tenuto conto che la domanda formulata dalla autocarrozzeria parte attrice (cessionaria del credito assicurativo) ha ad oggetto la declaratoria di inadempimento contrattuale della compagnia di assicurazione convenuta.

3. Con il quinto motivo (“Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione. Violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella parte in cui il Giudice ha omesso di pronunciarsi sui criteri di liquidazione delle spese di giudizio di primo grado e sul comportamento processuale delle parti circa il quantum”) la ricorrente contesta le statuizioni sulle spese decise dai giudici di prime e seconde cure i quali avrebbero mancato entrambi di valutare il comportamento processuale delle parti.

3.1. La duplice censura è parimenti inammissibile.

Non sussiste alcun omesso esame circa un fatto decisivo atteso che rientra nel potere discrezionale del giudice di merito la valutazione dell’opportunità di compensare le spese di lite in tutto o in parte, con il solo limite che non risulti violato il principio secondo il quale le stesse non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa. Invero, nella vicenda in esame, il giudice di pace ha rigettato la domanda, compensando le spese tra le parti e il Tribunale ha respinto l’appello, disponendo sulle spese secondo soccombenza e liquidandole a norma della Tariffa D.M. n. 55 del 2014.

Il ricorso va in conclusione rigettato.

4. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del citato art. 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente al pagamento, in favore della parte contro ricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi Euro 1000,00 per compensi, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.