Corte di Cassazione sentenza n. 11833 depositata il 12 aprile 2022
giudicato – validità
Fatti di causa
La società O. s.r.l. impugnò la comunicazione di irregolarità, inviata ex art.36 bis del d.P.R. n.600 del 1973, con cui l’Agenzia delle entrate ebbe a rettificare, riducendolo nell’importo, il credito di imposta dichiarato dalla Società per il 2008.
La Commissione tributaria provinciale di Vibo Valentia rigettò il ricorso sul presupposto che la Società non avesse fornito prova idonea ad ottenere una decisione favorevole in ordine alla sussistenza del credito esposto.
La decisione, appellata dalla Società, veniva parzialmente riformata, con la sentenza indicata in epigrafe, dalla Commissione tributaria regionale della Calabria (d’ora in poi C.T.R.), la quale -pur ritenendo la comunicazione di irregolarità atto impugnabile e, quindi, il ricorso ammissibile- rilevava, nel merito, non solo che legittimamente l’Ufficio aveva seguito la procedura di cui all’art.36 bis del d.P.R. n.600 del 1973 per ridurre il credito di imposta, ma che era onere del contribuente fornire la prova di avere diritto all’agevolazione, riconosciuta ai titolari di reddito di impresa che effettuano nuovi investimenti in aree svantaggiate.
Avverso la sentenza la O. s.r.l, propone, affidandosi a tre motivi, ricorso cui resiste, con controricorso, l’Agenzia delle entrate.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione alla pubblica udienza, nelle forme di cui all’art.23, comma 8 bis della legge n.176 del 2020, in prossimità della quale la Società ha depositato memoria e il P.G. le sue conclusioni scritte con cui ha chiesto il rigetto del ricorso.
La ricorrente ha depositato ulteriore memoria.
Ragioni della decisione
1. Preliminarmente, va rilevato che questa Corte, con ordinanza 39303 pubblicata il 10 dicembre 2021 resa nei confronti della O. s.r.l. e di Equitalia Sud S.p.A., ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto dalla Società avverso la sentenza n.1335/01/14, pubblicata il 18 giugno 2014, con cui la Commissione tributaria regionale della Calabria aveva rigettato l’appello proposto dalla contribuente avverso la decisione di primo grado che, a sua volta, aveva rigettato il ricorso proposto avverso la cartella di pagamento, emessa ex art.36 bis del d.P.R. n.600 del 1973, con riferimento al recupero di un credito di imposta indebitamente compensato, per l’importo di euro 470.949,48, per maggiore IRES e altro, relativa all’anno di imposta 2008 (per la possibilità da parte del giudice di legittimità di acquisire cognizione di un giudicato esterno mediante quell’attività di ricerca (relazioni, massime ufficiali e consultazione del CED) che costituisce corredo del collegio giudicante nell’adempimento della funzione nomofilattica di cui all’art. 65 dell’ordinamento giudiziario e del dovere di prevenire contrasti tra giudicati, in coerenza con il divieto del ne bis in idem v. Cass. n.24740 del 04/12/2015; id.n,18634 del 27/07/2017).
2. In virtù della su citata ordinanza, che, in motivazione, ha espressamente affermato il passaggio in giudicato della statuizione sfavorevole alla ricorrente (v.pag.4 dell’ordinanza n.39303 del 2021 citata) la cartella di pagamento in oggetto è divenuta definitiva e non più revocabile.
3. Ne consegue che il presente ricorso, afferente alla comunicazione di irregolarità, notificata alla Società, che aveva preceduto l’emissione della suddetta cartella di pagamento ex art.36 bis P.R. n.600 del 1973 va rigettato, con assorbimento dell’esame dei motivi, per il sopravvenuto giudicato sull’atto emesso a valle.
Ritiene, invero, il Collegio di ribadire il principio, già affermato da Cass. n. 14566 del 26/05/2021, per cui <<nel processo tributario, il giudicato formatosi tra il contribuente e l’agente della riscossione spiega in ogni caso effetti anche nei confronti dell’ente impositore, indipendentemente dalla “denunciatio litis” all’Agenzia delle entrate, la cui partecipazione alla lite deve essere sollecitata dall’agente e rileva unicamente nel rapporto interno ex art. 39 del d.lgs. n. 112 del 1999, senza che costituisca requisito per l’apponibilità delle statuizioni, attesa la scissione tra titolarità ed esercizio del credito tributario>>.
4. Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo sulla base del valore della controversia.
5. Ai sensi dell’art.13, comma 1, quaterdel P.R. n.115 del 2002 si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente alla refusione in favore dell’Agenzia delle entrate che liquida in complessivi euro 7.300 oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art.13, comma 1 quater del d.P.R.n.115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.