Corte di Cassazione sentenza n. 12116 depositata il 17 maggio 2018
VENDITA – OBBLIGAZIONI DEL VENDITORE – GARANZIA PER I VIZI DELLA COSA VENDUTA – SOGGETTO DIVERSO DAL VENDITORE – ASSUNZIONE DELLA GARANZIA – AMMISSIBILITA’ – PROGETTISTA E DIRETTORE DEI LAVORI – FATTISPECIE
ESPOSIZIONE DEL FATTO
Con atto di citazione regolarmente notificato la Pacifico Surgelati s.n.c. (ora FP M s.n.c.) convenne innanzi al Tribunale di Latina L.S. e la B. s.r.l. nella qualità, rispettivamente, di progettista e direttore dei lavori, e di appaltatrice, in relazione alla costruzione della villa del titolare della Pacifico Surgelati, sita in (omissis).
L’attrice lamentò di avere commissionato una villa da costruirsi secondo criteri di eco-compatibilità, la cui pavimentazione in cotto striato era risultata mediocre, scadente e difettosa ed aggiunse che i vizi suindicati erano stati tempestivamente denunciati ad entrambi i convenuti.
I convenuti, costituitisi, resistettero.
Il Tribunale di Latina condannò la L. all’integrale risarcimento dei danni subiti dall’attrice, mentre rigettò la domanda proposta nei confronti della B. srl.
La Corte di Appello di Roma, con la sentenza n. 584/2012, confermò la sentenza di primo grado.
La Corte territoriale, in particolare, ritenne che la comunicazione inviata dall’architetto L. alla committente, con la quale il professionista garantiva l’ottima qualità del prodotto, costituisse una valida assunzione di responsabilità ai sensi dell’art. 1490 c.c. in quanto l’architetto L., preposta alla direzione dei lavori, aveva la qualifica e la competenza per orientare le scelte di acquisto della committenza, che si era rivolta a lei dopo aver contattato altri professionisti del settore.
Ad avviso della Corte territoriale, l’architetto L., garantendo il prodotto sia sotto il profilo della qualità del processo produttivo che sotto quelle del buon nome del produttore, aveva fatto proprie le garanzie verso il compratore tradizionalmente proprie del venditore, atteso che il compratore non era in grado di apprezzare le diverse caratteristiche dei materiali edili ed aveva delegato al direttore dei lavori ogni verifica sui dati conoscitivi.
Il giudice di appello ritenne altresì che l’assorbente responsabilità della direzione dei lavori, cui era unicamente riconducibile la scelta del materiale, escludesse la concorrente responsabilità dell’impresa appaltatrice, la quale, da un lato, non possedeva specifica competenza valutativa in ordine al particolare profilo dell’eco-compatibilità, e dall’altro aveva avanzato riserve sulla qualità del materiale, disattese dalla direzione dei lavori con la già menzionata comunicazione.
Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione, articolato in due motivi, l’architetto L..
Resistono con controricorso la FP snc e la B. srl. In prossimità dell’odierna udienza, tutte le parti hanno depositato memorie illustrative.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Con il primo motivo di ricorso, si denuncia la violazione e falsa applicazione dei principi in materia di assunzione della garanzia per vizi della cosa venduta ex artt. 1490 c.c. e ss. e responsabilità del direttore dei lavori nell’ambito di un contratto di appalto, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
La ricorrente lamenta, in particolare, che la Corte di Appello di Roma le abbia erroneamente imputato la responsabilità dei danni derivanti da vizi della pavimentazione utilizzata, individuando la fonte della responsabilità nella lettera, con la quale la ricorrente medesima, in risposta ad alcune richieste di chiarimenti, aveva affermato la congruità del prezzo e la buona qualità del prodotto.
L’architetto L. contesta che detta comunicazione abbia determinato una valida assunzione di responsabilità a suo carico, considerata in particolare la pacifica circostanza che la lettera era successiva (di oltre tre mesi) alla scelta e ordinazione del prodotto da parte della committente ed alla messa in opera dello stesso da parte dell’impresa appaltatrice.
Il motivo è fondato e va accolto.
La Corte territoriale ha infatti individuato quale fonte della responsabilità dell’architetto L. la lettera del 17 novembre 1992, successiva non solo alla consegna del materiale ma alla stessa posa in opera dello stesso, quale atto idoneo a determinare l’assunzione, in capo al direttore dei lavori, della tipica garanzia del venditore ex art. 1490 c.c., richiamando un arresto di questa Corte espresso nella sentenza n. 13869/1991, secondo cui la garanzia per vizi della cosa venduta può essere assunta da un soggetto diverso e distinto dal venditore.
Tale statuizione della sentenza impugnata non è conforme a diritto.
Conviene premettere che secondo lo stesso arresto di legittimità citato nella sentenza impugnata, espresso nella sentenza di questa Corte n. 13869/1991, la garanzia ex art. 1490 c.c., che è tipica garanzia del venditore, può essere assunta da un soggetto che è in particolari rapporti (di commissione, di preposizione istitutoria etc.) con il venditore e non con il committente – acquirente, come nel caso di specie.
Si osserva inoltre che la lettera in oggetto è certamente successiva alla consegna e posa in opera del materiale, onde la stessa non può ritenersi certamente idonea né all’assunzione della garanzia ex art. 1490 c.c., né ad aver determinato la scelta della pavimentazione, che, a quella data, era già stata acquistata e posata.
Lo stesso contenuto della lettera, inoltre, non integra alcuna assunzione in proprio della tipica garanzia per vizi della cosa venduta ex art. 1490 c.c., che, come già evidenziato, è una tipica garanzia del venditore: con essa il direttore dei lavori, estraneo al rapporto contrattuale diretto tra il fornitore della merce ed il committente, si è limitato ad esprimere un parere di congruità sul materiale utilizzato, peraltro già acquistato dalla committente e posato dall’appaltatrice, ma non ha certo assunto gli specifici obblighi di garanzia, anche in relazione ad eventuali vizi occulti, posti dall’art. 1490 c.c. a carico del venditore.
E’ appena il caso di rilevare che l’eventuale responsabilità del direttore dei lavori, ai sensi degli artt. 1655 e 2230 ss. c.c., ha presupposti, contenuto e natura giuridica del tutto diversi da quelli previsti dall’art. 1490 c.c., fondandosi sulla violazione di specifici obblighi di vigilanza, secondo il parametro della diligentia quam in concreto (Cass. 20.7.2005 n.15255; 3.5.2016 n.8700), che non risultano specificamente presi in esame dalla sentenza impugnata, la quale ha fondato la sua ratio decidendi e la conseguente affermazione di responsabilità, sull’assunzione della garanzia per i vizi del materiale utilizzato ex art. 1490 c.c. e ss. da parte dell’architetto L..
L’accoglimento del primo motivo assorbe l’esame del secondo, con il quale la ricorrente lamenta, in relazione alla medesima statuizione di riconoscimento a suo carico della responsabilità per vizi della pavimentazione, l’omesso esame di fatti decisivi ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5).
La sentenza impugnata va dunque cassata con rinvio, per nuovo esame, innanzi ad altra sezione della Corte d’Appello di Roma, che provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo.
Cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa ad altra sezione della Corte d’Appello di Roma, che provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio.
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