Corte di Cassazione sentenza n. 12367 depositata il 18 maggio 2018
Transazione – interpretazione del contenuto – formulazione generica – riferibilità a tutte le controversie potenziali o attuali derivanti da un unico rapporto – esclusione – fondamento – delimitazione dell’oggetto – accertamento da parte del giudice di merito – incensurabilità in cassazione
FATTI DI CAUSA
La Corte d’appello di Roma, con sentenza del 12 ottobre 2012, ha rigettato la domanda con cui i sig. E. e P.M., indicati in epigrafe, avevano chiesto la determinazione delle indennità di espropriazione e di occupazione di un fondo di loro proprietà utilizzato per la costruzione di una scuola. In accoglimento dell’eccezione del Comune di Latina, la Corte ha ritenuto che il rapporto controverso fosse stato definito con una transazione stipulata il 7 marzo 1997 con la quale, a fronte di concessioni del Comune, essi avevano rinunciato ad ogni pretesa “sulle aree in oggetto” che erano ricomprese in quelle riportate in catasto al foglio (omissis), part. (omissis) (non ancora inserita in mappa), (omissis).
Avverso questa sentenza i sig. E. e P. hanno proposto ricorso per cassazione, illustrato da memoria, cui si è opposto il Comune di Latina. Il PG ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con due motivi i ricorrenti hanno denunciato violazione e falsa applicazione degli artt. 1362, 1363 e 1364 c.c., per avere ritenuto che con la menzionata transazione le parti avessero inteso transigere i diritti relativi anche alle aree oggetto del giudizio, in tal modo violando i canoni ermeneutici legali che impongono al giudice di esaminare tutte le clausole contrattuali senza tralasciarne alcune, di ricorrere ad altri criteri ermeneutici quando permanga il dubbio sul significato letterale delle parole usate nel contratto o nella clausola, di assegnare rilevanza al comportamento precedente e a quello successivo tenuto dalle parti; e per altro verso, per avere omesso l’esame di fatti decisivi, oggetto di discussione tra le parti, per comprendere quale fosse l’ampiezza della transazione e se questa si estendesse a tutti i terreni di proprietà degli attori o soltanto ai terreni diversi da quelli ricompresi nel decreto di Esproprio n. 402 del 1992.
Entrambi sono inammissibili.
Nella giurisprudenza di questa Corte è acquisito che, a norma dell’art. 1364 c.c., il contratto di transazione, per quanto generali siano le espressioni in esso usate, comprenda soltanto gli oggetti sui quali le parti si sono proposte di statuire; pertanto, qualora, rispetto ad un medesimo rapporto, siano sorte o possano sorgere tra le parti più liti in relazione a numerose questioni controverse, l’avere esse dichiarato di non aver più nulla a pretendere in dipendenza del rapporto, non implica necessariamente che la transazione investa tutte le controversie in potenza o in atto, ma solo quelle rientranti nell’oggetto dell’accordo transattivo, il quale va pur sempre determinato attraverso una valutazione di tutti gli elementi di fatto inerenti alla controversia, il cui apprezzamento sfugge al controllo di legittimità se sorretto da idonea motivazione e immune da violazione delle regole di ermeneutica contrattuale (Cass. n. 18760 del 2005, n. 6351 del 1981).
Ora, alla luce del novellato art. 360 c.p.c., n. 5 (applicabile ratione temporis), come interpretato dalle Sezioni Unite (n. 8053 e 8054 del 2014), l’inosservanza dell’obbligo di motivazione integra violazione della legge processuale, denunciabile con ricorso per cassazione solo quando si traduca in mancanza della motivazione stessa, e cioè nei casi di radicale carenza di essa o nel suo estrinsecarsi in argomentazioni inidonee a rivelare la ratio decidendi, mentre è inammissibile quando si risolva nella critica della sufficienza del ragionamento logico posto dal giudice di merito a base dell’interpretazione degli elementi probatori del processo e, in sostanza, nella richiesta di una diversa valutazione degli stessi, come nella specie.
Nella specie, ciò che il ricorrente contesta è, piuttosto, l’esito valutativo degli elementi fattuali dedotti in causa dagli attori, al fine di convincere il giudice di merito dell’estraneità alla rinuncia transattiva dei diritti di credito vantati in relazione a taluni terreni di loro proprietà (identificati con la “superficie già trasferita al Comune di Latina con il Decreto esproprio n. 402 del 1992”), per essere in quella rinuncia ricompresi, in tesi, terreni diversi (identificati come “ulteriore porzione di terreno occupata”). Si tratta, tuttavia, di apprezzamenti di fatto inerenti, in sostanza, alla determinazione fattuale dell’oggetto della transazione, il cui esito non evidenzia alcuna violazione dei canoni ermeneutici invocati. La sentenza impugnata, lungi dal sopravvalutare “frammenti letterali” della clausola da interpretare, ha valorizzato il senso letterale delle parole usate, in considerazione dell’indicazione delle particelle costituenti il fondo inciso dal procedimento espropriativo, al quale le parti hanno fatto riferimento al fine di ricomprendere nell’accordo anche le aree controverse in causa. All’interpretazione del contratto plausibilmente fornita nella sentenza impugnata è contrapposta una interpretazione difforme, senza spiegare perché l’altra sia incompatibile con il dato testuale, sicché il motivo si risolve in una impropria critica del convincimento cui è pervenuto il giudice di merito.
Il ricorso è inammissibile.
Le spese devono essere compensate, in considerazione della complessità fattuale della vicenda esaminata.
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile; compensa le spese.
Doppio contributo a carico dei ricorrenti, come per legge.
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