Corte di Cassazione sentenza n. 12603 depositata il 22 maggio 2018
SOCIETA’ – CANCELLAZIONE DELLA SOCIETA’ DAL REGISTRO DELLE IMPRESE – INAMMISSIBILITA’ DEL RICORSO PER CASSAZIONE PROPOSTO DALL’EX RAPPRESENTANTE – CONSEGUENZE – CONDANNA ALLE SPESE – CONDIZIONI
FATTO E DIRITTO
Rilevato che:
la “E. snc di S. S. & C.” pare ricorrere, affidandosi a tre motivi e con atto notificato il 27/02/2017, per la cassazione della sentenza n. 321 del 27/07/2016 della Corte di appello di Perugia, con cui, confermando nel resto la sentenza di primo grado del Tribunale di quel capoluogo sulla domanda introdotta con ricorso per decreto ingiuntivo da Polaris Investment Italia sgr (poi Investire Immobiliare sgr) per il pagamento dei canoni per la locazione non abitativa tra le parti, è stata, una volta riconosciuta l’omessa pronunzia su di essa, rigettata la domanda riconvenzionale da essa locataria dispiegata, di declaratoria di risoluzione consensuale del contratto;
resiste con controricorso la succeditrice (incorporante per fusione) dell’intimata, nelle more mutata la ragione sociale in InvestiRE SGR spa, che in via preliminare deduce l’intervenuta cancellazione dal registro delle imprese della società apparente ricorrente fin da tempo anteriore alla proposizione del ricorso per cassazione, per poi prendere comunque posizione sul merito;
è formulata proposta di definizione – per inammissibilità – in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., comma 1, come modificato dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, art. 1 bis, comma 1, lett. e), conv. con modif. dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197;
nessuna delle parti deposita memoria ai sensi del medesimo art. 380 bis, comma 2, ultima parte;
Considerato che:
dei motivi di ricorso (del primo, di “violazione e falsa applicazione dell’art. 1372 c.c. – risoluzione del contratto per mutuo consenso”; del secondo, di “violazione e falsa interpretazione degli artt. 1175 e 1375 c.c., – affidamento della legittimità del recesso”; del terzo, di “violazione e falsa applicazione della L. n. 392 del 1978, art. 27, u.c., – esistenza dei gravi motivi di recesso dal contratto di locazione”) e delle difese sul merito di quelli sviluppate dalla controricorrente pare superflua la stessa illustrazione, attesa la dirimente ragione di inammissibilità, quale si desume dalle circostanze dedotte in via preliminare dall’intimata locatrice;
invero, la società in nome collettivo, originaria convenuta ed attrice in riconvenzionale, E. snc di S. S. & C., risulta cancellata dal registro delle imprese fin dal 06/04/2016, a seguito di scioglimento ai sensi dell’art. 2272 c.c., n. 4, e della rinuncia della sola socia rimasta al termine semestrale da tale norma previsto: sicché, al momento in cui è stato proposto, cioè il 25/02/2017, il ricorso per cassazione risulta formato da un soggetto la cui giuridica esistenza era ormai irrimediabilmente venuta meno;
e, sul punto, questa Corte ha statuito: da un lato, che (Cass. 22/07/2016, n. 15177), in tema di giudizio di legittimità, la regola dell’ultrattività del mandato alla lite, pur consentendo la notifica del ricorso della controparte presso il difensore in appello della società estinta, non vale per la proposizione del ricorso per cassazione, che esige la procura speciale e deve, quindi, essere effettuata dai soci; dall’altro lato, che (Cass. 31/01/2017, n. 2444) il ricorso per cassazione proposto dall’ex rappresentante della società cancellata dal registro delle imprese è inammissibile, non potendo invocarsi l’ultrattività del mandato eventualmente conferito al difensore dei precedenti gradi di giudizio, sia perché l’operatività di tale principio presuppone che si agisca in nome di un soggetto esistente e capace di stare in giudizio, sia perché la proposizione di quel ricorso richiede apposita procura speciale;
tanto preclude l’esame nel merito delle doglianze dispiegate dalla ricorrente ed il ricorso va perciò dichiarato inammissibile;
occorre a questo punto identificare il soggetto tenuto a corrispondere le spese alla parte vittoriosa, atteso che il mandato speciale è stato conferito da S.S., nella spesa ma inesistente o giuridicamente impossibile qualità di legale rappresentante di una società già estinta;
ora, è principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità che “in materia di disciplina delle spese processuali, nel caso di azione o di impugnazione promossa dal difensore senza effettivo conferimento della procura da parte del soggetto nel cui nome egli dichiari di agire nel giudizio o nella fase di giudizio di che trattasi (come nel caso di inesistenza della procura ad litem o falsa o rilasciata da soggetto diverso da quello dichiaratamente rappresentato o per processi o fasi di processo diverse da quello per il quale l’atto è speso), l’attività del difensore non riverbera alcun effetto sulla parte e resta attività processuale di cui il professionista legale assume esclusivamente la responsabilità e, conseguentemente, è ammissibile la sua condanna a pagare le spese del giudizio; diversamente, invece, nel caso di invalidità o sopravvenuta inefficacia della procura ad litem, non è ammissibile la condanna del difensore alle spese del giudizio, in quanto l’attività processuale è provvisoriamente efficace e la procura, benché sia nulla o invalida, è tuttavia idonea a determinare l’instaurazione di un rapporto processuale con la parte rappresentata, che assume la veste di potenziale destinataria delle situazioni derivanti dal processo” (Cass. Sez. U. 10/05/2006, n. 10706; Cass. 14/11/2006, n. 24281, riferita al caso di decesso del mandante prima dell’instaurazione del giudizio; Cass. 04/06/2015, n. 11551; Cass. ord. 20/11/2017, n. 27530);
del pari, la giurisprudenza di questa Corte ha pure chiaramente statuito: da un lato, che la cancellazione della società dal registro delle imprese comporta un fenomeno assimilabile alla successione (Cass. Sez. U. n. 6070 del 2013), tanto che a quella ed a tutti i rapporti ad essa facenti capo subentrano i soci, in regime di contitolarità o comunione indivisa e – per le società di capitali – nei limiti di quanto risultante dal bilancio di liquidazione; dall’altro lato, che trova sì applicazione, ma giammai per il giudizio di legittimità, il principio della c.d. ultrattività del mandato ad litem (Cass. Sez. U. n. 15295 del 2014), ma pur sempre a condizione che il mandato medesimo sia stato conferito appunto dalla società quando essa era giuridicamente esistente;
nella specie, la spendita della qualità di legale rappresentante della società cancellata si è avuta nell’intestazione del ricorso per Cassazione, ma non anche nella formula di conferimento del mandato, come apposto a margine di quello: formula in cui la S. non puntualizza tale qualità, invece giuridicamente impossibile in dipendenza dell’intervenuta cancellazione, nè adduce la qualità di succeditrice, quale già socia e secondo i peculiari meccanismi individuati dalla già richiamata Cass. Sez. U. n. 6070 del 2013, della cancellata società;
pertanto, essendosi limitato l’officiato difensore ad autenticare la sottoscrizione della S., il mandato deve ritenersi essergli stato conferito da costei in proprio (neppure, in difetto di allegazione, quale ex socia e succeditrice della società) e l’intervenuta cancellazione, oggetto di pronta e puntuale eccezione della controricorrente, non poteva dirsi oggetto di verifica preliminare da parte dell’avvocato che autenticava quella sottoscrizione;
infatti non deve reputarsi, almeno di norma e salvo che particolari condizioni o circostanze o elementi anche indiziari – nella specie non rilevabili – non lo attivino, corrispondere ad uno specifico dovere professionale dell’avvocato una cautela tale da verificare costantemente o diuturnamente la persistenza della qualità di legale rappresentante di società rivestita da una persona fisica, già a lui nota per la difesa nei gradi precedenti, anche al momento in cui ella, presentandosi a lui, gli conferisce il mandato per agire in Cassazione: da un lato, ciò costituisce il normale sviluppo dell’assistenza e della rappresentanza dei gradi di merito; dall’altro lato, è onere di certo ed al contrario di chi conferisce il mandato ben conoscere la cessata persistenza dei propri spesi poteri e di renderne preventivamente ed adeguatamente edotto il suo difensore;
di conseguenza, l’inammissibile attività processuale attivata con il ricorso va riferita alla S. ed a lei va fatto esclusivo carico di ogni conseguenza di quella, tra cui la condanna alle spese in favore della controparte;
è, in altri termini, la soccombente ricorrente, in persona di chi ha firmato il ricorso inammissibile e cioè della S. in proprio, vista la cessazione dell’esistenza del soggetto che ella ha malamente dichiarato di rappresentare, a dover essere condannata alle spese del giudizio di legittimità, in applicazione del seguente principio di diritto: “nell’ipotesi di proposizione di ricorso per cassazione da parte dell’ex rappresentante della società cancellata dal registro delle imprese, la sua inammissibilità – derivante dalla non operatività di alcun mandato per la peculiarità del giudizio di legittimità e comunque per la necessità che quello sia conferito da un soggetto esistente e capace di stare in giudizio – comporta che sia condannato alle spese in proprio il soggetto che, spendendo la giuridicamente impossibile qualità di legale rappresentante del soggetto non più esistente, ha conferito il mandato, ove l’avvocato si sia limitato ad autenticare la relativa sottoscrizione”;
infine, va pure dare atto – senza possibilità di valutazioni discrezionali (tra le prime: Cass. 14/03/2014, n. 5955; tra molte altre: Cass. Sez. U. 27/11/2015, n. 24245) – della sussistenza dei presupposti per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, in tema di contributo unificato per i gradi o i giudizi di impugnazione: anche stavolta, in persona della S. in proprio, non potendosi fare carico di un pagamento ad un soggetto non più giuridicamente esistente.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna S.S. in proprio al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.300,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso da quella proposto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
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