CORTE di CASSAZIONE – Sentenza n. 13492 depositata il 17 maggio 2023
Lavoro – Contestazioni disciplinari – Licenziamento per giusta causa – Illegittimità – Videoriprese – Obbligo datoriale di esibizione dei filmati nel corso del procedimento disciplinare – Impiego delle riprese audiovisive degli impianti e apparecchiature di controllo per elevare contestazioni disciplinari ai lavoratori dei casinò – Contratti aziendali – Inammissibilità
Fatti di causa
1. Con lettera del 6.11.2018, a seguito di due distinti procedimenti disciplinari per due contestazioni, la prima del 23.10.2018 per i fatti occorsi durante il turno del 21.10.2018 e la seconda del 30.10.2018, per i fatti commessi nelle giornate del 18 e 19 ottobre 2019, Casinò di V.G. spa intimava alla dipendente R.Z., svolgente mansioni di Operatore di Sala Slot da ultimo con esclusiva funzione di cassiere e con riporto gerarchico all’Ispettore di Gioco Elettronico e all’Assistente di Direzione Slot di turno, licenziamento per giusta causa per avere sottratto, in più occasioni, dalle casse della Casa di gioco somme di denaro mediante abili e collaudati stratagemmi.
2. Impugnato il recesso il Tribunale di Venezia, all’esito della fase sommaria, dichiarava la illegittimità del licenziamento e condannava la società al pagamento, ai sensi dell’art. 18 co. 6 St. lav., di sei mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, ritenendo la violazione del diritto di difesa della lavoratrice, nella procedura disciplinare, in ragione della mancata autorizzazione datoriale alla visione dei filmati.
3. In sede di opposizione lo stesso Tribunale, sul presupposto della inutilizzabilità delle videoregistrazioni poste a base delle levate contestazioni disciplinari, riteneva i fatti non provati e, per l’effetto, insussistenti, con conseguente reintegra della lavoratrice e applicazione del regime delle tutele ex art. 18 co. 4 legge n. 300 del 1970.
4. Proposto reclamo, la Corte di appello di Venezia, con la sentenza oggi impugnata, in riforma della pronuncia di primo grado, dichiarava risolto il rapporto di lavoro tra le parti dal 6.11.2018 e il diritto della lavoratrice a percepire una indennità risarcitoria pari a sei mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, dando atto dell’intervenuto pagamento dell’importo.
5. I giudici di seconde cure, in sintesi, ritenevano che: a) ai sensi dell’accordo del 6.4.2004 stipulato dal Casinò con le rappresentanze sindacali, le videoriprese potevano essere utilizzate anche a carico del dipendente qualora gli elementi istruttori acquisiti dal datore di lavoro portavano a ritenere che il dipendente medesimo avesse tenuto comportamenti “di particolare rilevanza e gravità”; b) i fatti contestati dovevano ritenersi provati anche sotto il profilo della appropriazione, da parte della dipendente, delle maggiori plusvalenze non rinvenute in cassa; c) la condotta, in relazione alle mansioni assegnate, doveva considerarsi grave ed idonea a ledere irrimediabilmente la fiducia del datore di lavoro; d) la sanzione si dimostrava proporzionata ai fatti; e) la richiesta di visione dei filmati, da parte della lavoratrice nella procedura disciplinare, era legittima ai fini dell’esercizio del diritto di difesa e, quindi, il licenziamento era illegittimo e andava riconosciuta la tutela ex art. 18 co. 6 legge n. 300/1970.
6. Avverso la sentenza di secondo grado ha proposto ricorso per cassazione R.Z. con un solo articolato motivo cui ha resistito con controricorso il Casinò di V.G. spa che ha proposto, a sua volta, ricorso incidentale condizionato e ricorso incidentale autonomo.
7. La società ha depositato memoria.
Ragioni della decisione
1. I motivi possono essere così sintetizzati.
2. Con l’unico motivo del ricorso principale la Z. denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 4 legge n. 300 del 1970 nonché dell’accordo sindacale nella parte in cui la sentenza impugnata aveva ritenuto legittimo l’utilizzo delle video-registrazioni. In particolare, ella sostiene che, dalla lettura delle clausole dell’accordo del 6.4.2004, emergeva con chiarezza che l’unica circostanza che avrebbe legittimato la visione dei filmati era quella della sussistenza di contestazioni ai tavoli da gioco o alle attività connesse per cui non era consentita sul presupposto di irregolarità procedimentali e, addirittura, nel caso del 19 ottobre 2018, senza alcuna giustificazione, di talché essi filmati erano inutilizzabili ai fini disciplinari.
3. Con il ricorso incidentale condizionato all’accoglimento del ricorso principale, la società eccepisce l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (ex art. 360 co. 1 n. 5 cpc); l’omessa valutazione e valorizzazione del messaggio di WhatsApp di ammissione dei fatti inviato dalla Z., nonché delle dichiarazioni rese nel corso della audizione orale, del contenuto della lettera di impugnazione nonché del comportamento, anche processuale, della lavoratrice.
4. Con il ricorso incidentale autonomo si censura la violazione e falsa applicazione dell’art. 7 St. lav. nonché del principio di buona fede e correttezza e dei criteri ermeneutici letterale e sistematico rispetto al contenuto dell’accordo sindacale in materia di audiovisivi (art. 360 co. 1 n. 3 cpc) sotto il profilo della insussistenza di un obbligo datoriale di esibizione dei filmati nel corso del procedimento disciplinare e della insussistenza della violazione del diritto di difesa e del vizio procedurale di licenziamento. Si sostiene, in pratica, che ai fini di rendere illegittimo il rifiuto del datore di lavoro al rilascio dei filmati occorreva una richiesta qualificata, che attestasse che l’accesso fosse strettamente necessario; inoltre, si rappresenta che la lavoratrice avrebbe potuto avanzare una richiesta di ordine di esibizione ex art. 210 cc e che non vi era stata alcuna violazione del principio di buona fede e correttezza nell’operato di essa società.
5. Il ricorso principale è inammissibile.
6. Invero, la questione che si prospetta con la censura, al di là della rubrica ove viene dedotta impropriamente la violazione e falsa applicazione dell’art. 4 della legge n. 300 del 1970 pur non essendo stati prospettati vizi relativi alla installazione degli impianti, attiene alla interpretazione dell’accordo collettivo aziendale del 6 aprile 2004 nella parte in cui esso disciplina l’impiego delle riprese audiovisive degli impianti e apparecchiature di controllo per elevare contestazioni disciplinari ai lavoratori del casinò.
7. La Corte territoriale, attraverso un complessivo esame dell’accordo, avendo riguardo al tenore letterale del verbale di accordo nonché della disposizione di cui all’art. 1, valutato alla luce di una interpretazione complessiva delle clausole rilevanti, ha ritenuto che la volontà delle parti era nel senso che, in linea generale, le videoregistrazioni non potevano essere utilizzate per provare comportamenti disciplinarmente rilevanti a carico del lavoratore ma solo per trarne elementi “a discarico” di quest’ultimo, mentre, qualora dall’istruttoria svolta dal datore di lavoro fossero emersi “casi di particolare rilevanza o gravità” le predette risultanze potevano essere utilizzate anche “a carico” del lavoratore, ovverossia per contestare e provare fatti disciplinarmente rilevanti.
8. Orbene, questa Corte ha affermato che, nella interpretazione del contratto e degli atti di autonomia privata, tra cui sono compresi i contratti aziendali, il criterio letterale va integrato, nell’obiettivo normativamente imposto di ricostruire la volontà delle parti, con gli altri canoni ermeneutici idonei a dare rilievo alla “ragione pratica” del contratto, in conformità agli interessi che le parti medesime hanno inteso tutelare nel momento storico di riferimento, mediante la stipulazione negoziale (Cass. n. 2173/2022).
9. E’ stato anche precisato che il sindacato di legittimità sui contratti collettivi aziendali di lavoro può essere esercitato soltanto con riguardo ai vizi di motivazione del provvedimento impugnato, ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 5 cpc, ovvero ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 3 cpc, per violazione delle norme di cui agli artt. 1362 e ss. cc, a condizione, per detta ipotesi, che i motivi di ricorso non si limitino a contrapporre una diversa interpretazione rispetto a quella del provvedimento gravato, ma prospettino, sotto molteplici profili, l’inadeguatezza della motivazione anche con riferimento alle norme del codice civile di ermeneutica negoziale come canone esterno di commisurazione della esattezza e congruità della motivazione stessa (Cass. n. 4460/2020).
10. Nella fattispecie, la ricorrente si è limitata a fornire, a fronte di una plausibile interpretazione dell’accordo, una diversa esegesi dello stesso, lamentando una operazione lacunosa ed atomistica adottata dalla Corte di merito ma senza specificare quali fossero, in concreto, le violazioni delle regole di ermeneutica negoziale sotto il profilo letterale e logico-sistematico in ipotesi commesse dai giudici di appello.
11. Ciò a fronte, si ribadisce, di una interpretazione ragionevole e plausibile dell’accordo che trovava, secondo l’assunto dei giudici di seconde cure, una sua ratio nella giustificazione dell’utilizzo, a fini disciplinari, delle riprese video – in un contesto, peraltro, in cui non sono stati prospettati problemi sulla installazione dei relativi impianti- solo nei casi di particolare rilevanza e gravità nonché a seguito di una istruttoria da parte della Direzione Giochi, così escludendo ogni margine di arbitrarietà e dando una lettura equilibrata delle disposizioni.
12. L’inammissibilità del ricorso principale determina, conseguentemente, l’assorbimento della trattazione del ricorso incidentale condizionato.
13. Il ricorso incidentale autonomo è, invece, infondato.
14. La statuizione della Corte di appello, che ha ritenuto illegittimo il diniego opposto alla lavoratrice in ordine alla richiesta di visionare i filmati in sede di audizione nel procedimento disciplinare, è conforme ai principi affermati in sede di legittimità secondo cui, nel procedimento disciplinare, sebbene l’art. 7 della legge n. 300 del 1970 non preveda un obbligo per il datore di lavoro di mettere spontaneamente a disposizione del lavoratore, nei cui confronti sia stata elevata una contestazione la documentazione su cui essa si basa, egli però è tenuto, in base ai principi di correttezza e buona fede nell’esecuzione del contratto, ad offrire in consultazione i documenti aziendali all’incolpato che ne faccia richiesta, laddove l’esame degli stessi sia necessario per predisporre una adeguata difesa (per tutte Cass. n. 6337/2013).
15. Non era rilevante, pertanto, ai fini della ravvisabilità di tale obbligo nella fattispecie in esame, che la richiesta fosse qualificata né che il dipendente avrebbe potuto esercitare tale diritto in fase giudiziale ex art. 210 cpc, perché i giudici di seconde cure hanno specificato che la chiesta documentazione era necessaria ai fini difensivi (Cass. n. 27093/2018) non ricordando l’incolpata, come risulta dal verbale redatto in sede di audizione, come si fossero svolti i fatti e versando in uno stato di agitazione e confusione: ciò era sufficiente per concedere la documentazione richiesta e, non avendola parte datoriale messa a disposizione, è configurabile una chiara violazione procedurale che giustifica la tutela accordata dalla Corte di merito.
16. Alla stregua di quanto esposto il ricorso principale deve essere dichiarato inammissibile, mentre quello incidentale autonomo va rigettato, assorbito quello incidentale condizionato.
17. La soccombenza reciproca indice a compensare tra le parti le spese del presente giudizio.
18. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02, nel testo risultante dalla legge 24.12.2012 n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti processuali, sempre come da dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso principale e rigetta quello incidentale autonomo, assorbito il ricorso incidentale condizionato. Compensa tra le parti le spese del presente giudizio. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente principale e della ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale e per quello incidentale, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
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