Corte di Cassazione sentenza n. 14339 depositata il 5 maggio 2022

deposito di nuovi documenti in appello – legittimo – contenzioso tributario – tassa rifiuti

FATTI DI CAUSA

Hotel T.S. S.r.L. propone ricorso, affidato a quattro motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione Tributaria della Campania aveva accolto l’appello del Comune di Forio avverso la sentenza n. 11789/29/2014 della Commissione Tributaria Provinciale di Napoli in accoglimento del ricorso avverso avviso di accertamento TARES, annualità 2013.

La Commissione Tributaria Regionale, in particolare, aveva riformato la sentenza di primo grado sul rilievo che l’annullamento, da parte della Commissione Tributaria Provinciale, con distinte pronunce in giudicato, degli avvisi di accertamento relativi alle annualità 2005, 2006 e 2009, non avesse efficacia di giudicato relativamente alla presente controversia, che fosse ammissibile la produzione documentale del Comune, effettuata solo in grado d’appello, ed infine che la mancata contestazione degli avvisi di accertamento relativi a talune annualità precedenti circa la superficie da assoggettare a tassazione, rendeva valido anche l’accertamento impugnato in tale sede, ritenuto altresì adeguatamente motivato.

Il Comune resiste con controricorso.

La società contribuente ha da ultimo depositato memoria difensiva ex art. 378 c.p.c.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1 Con il primo motivo di ricorso la società ricorrente violazione di norme di diritto (art. 57 D.Lgs. n. 546/1992) per avere la Commissione Tributaria Regionale ritenuto ammissibile la produzione documentale effettuata in grado di appello dal Comune, rimasto contumace in primo grado

1.2 Con il secondo motivo si denuncia omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, e violazione dell’art. 2909 c.c. in relazione all’esistenza di precedenti giudicati formatisi, in relazione ad annualità precedenti (2005, 2006, 2009), circa la mancanza di atti prodromici (avvisi di accertamento adeguatamente motivati) rispetto agli avvisi di pagamento impugnati, con conseguente annullamento di questi ultimi. 

1.3 Con il terzo motivo si denuncia omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, in relazione alla ritenuta mancata impugnazione di due avvisi di accertamento relativi alle annualità 1991 e 2004

1.4 Con il quarto motivo si denuncia omessa pronuncia della Commissione Tributaria Regionale circa la mancata applicazione delle riduzioni tariffarie stabilite per la raccolta differenziata. 

2.1 Il primo motivo è infondato.

2.2 La giurisprudenza di questa Corte, con orientamento costante, ha ritenuto che, nel processo tributario, sia ammissibile la produzione di nuovi documenti in appello, in quanto, alla luce del principio di specialità espresso dall’art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992 – in forza del quale, nel rapporto fra norma processuale civile ordinaria e norma processuale tributaria, prevale quest’ultima – non trova applicazione la preclusione di cui all’art. 345, comma 3, p.c. (nel testo introdotto dalla l. n. 69 del 2009), essendo la materia regolata dall’art. 58, comma 2, del citato d.lgs., che consente alle parti di produrre liberamente i documenti anche in sede di gravame, sebbene preesistenti al giudizio svoltosi in primo grado, e pure se, in quest’ultimo giudizio, la parte era rimasta contumace (cfr. ex multis Cass. nn. 17921/2021, 14567/2021, 8927/2018, 27774/2017).

2.3 Unica condizione alla produzione di nuovi documenti, secondo la giurisprudenza di legittimità, è che tale attività processuale venga esercitata – stante il richiamo operato dall’art. 61 del citato d.lgs. alle norme relative al giudizio di primo grado – entro il termine previsto dall’art. 32, comma 1, dello stesso decreto, ossia fino a venti giorni liberi prima dell’udienza, con l’osservanza delle formalità di cui all’art. 24, comma 1, dovendo, peraltro, tale termine ritenersi, anche in assenza di espressa previsione legislativa, di natura perentoria, e quindi previsto a pena di decadenza, rilevabile d’ufficio dal giudice (cfr. n. 29087/2018).

2.4 Il principio di ammissibilità della produzione di nuovi documenti in appello, ai sensi dell’art. 58, comma 2, del lgs. n. 546 del 1992, «opera anche nell’ipotesi di deposito in sede di gravame dell’atto impositivo notificato, trattandosi di mera difesa, volta a contrastare le ragioni poste a fondamento del ricorso originario, e non di eccezione in senso stretto, per la quale opera la preclusione di cui all’art. 57 del detto decreto» (cfr. Cass. n. 8313/2018).

2.5 L’orientamento di legittimità ha trovato anche l’avallo della Corte Costituzionale, che, con sentenza del 14/07/2017, n.199, ha respinto le questioni di legittimità costituzionale sollevate in riferimento all’art. 58 comma 2, d.lg. n. 546 del 1992.

2.6 Dunque, è corretta l’affermazione del giudice di appello, il quale ha ritenuto fosse possibile ammettere i documenti in esame, anche se prodotti solo in grado di appello.

2.7 Sul punto la Corte Costituzionale, con la sentenza citata, ha affermato che è insussistente la dedotta violazione dell’art. 24 per la perdita di un grado di giudizio, in quanto la garanzia del doppio grado non gode, di per sé, di copertura costituzionale (sentt. nn. 82/1996, 18 e 165 del 2000, 335/2004, 243/2014, 44 e 121 del 2016, 94/2017; ordd. nn. 8/1999, 217, 329, 330, 401 del 2000, 303/2002, 84 /2003, 386/2004, 410/2007, 316/2008, 190/2013, 42/2014).

2.8 Inoltre, la Corte ha chiarito che la previsione che un’attività probatoria possa essere esperita in appello non è di per sé irragionevole, poiché il regime delle preclusioni in tema di attività probatoria (come la produzione di un documento) mira a scongiurare che i tempi della sua effettuazione siano procrastinati per prolungare il giudizio, mentre la previsione della producibilità in secondo grado costituisce un temperamento disposto dal legislatore sulla base di una scelta discrezionale, come tale insindacabile. 

2.9 Non esiste, invero, un principio costituzionale di necessaria uniformità tra i diversi tipi di processo, e, più specificatamente, un principio di uniformità del processo tributario e di quello

2.10 Secondo la Corte Costituzionale, non sussiste alcuna disparità di trattamento tra le parti del giudizio, atteso che la facoltà di produrre per la prima volta in appello documenti già posseduti nel grado anteriore è riconosciuta ad entrambe le parti del

2.11 Ne consegue il rigetto della doglianza proposta con il primo motivo.

3.1 Va parimenti disatteso il secondo motivo di ricorso

3.2 In relazione alle pronunce della Commissione Tributaria Regionale Campania nn. 484/9/10 e 43/44/13, indicate in ricorso, della cui violazione come giudicato esterno la ricorrente si duole, aventi ad oggetto l’annullamento delle intimazioni di pagamento per gli accertamenti delle tasse sui rifiuti annualità 2005, 2006 e 2009, deve osservarsi che questa Corte è oramai consolidata nel ritenere che la parte non può far valere, quale giudicato, la decisione definitiva, adottata in un altro giudizio, anche se riguardante lo stesso tributo, ma riferito a diverse annualità, poiché, in relazione alle imposte periodiche, come sono la TARSU, la TIA e la TARES, l’effetto vincolante del giudicato esterno è limitato ai casi in cui vengano in esame fatti integranti elementi costitutivi della fattispecie che si estendono a una pluralità   di periodi di imposta, avendo carattere tendenzialmente permanente o pluriennale, non anche quando il precedente risolva la controversia guardando a vizi formali dell’atto o valutando elementi variabili e suscettibili di cambiare nel corso del tempo (cfr. Cass. nn. 5766/2021, 25516/2019).

3.3 Nel caso di specie si verifica proprio la prima ipotesi, tenuto conto che manca anche la riproduzione da parte della ricorrente dell’avviso di pagamento impugnato e dei precedenti avvisi di pagamento relativi a TARSU 2009 e TIA 2011, annullati per difetto di motivazione e per carenza di motivazione, al fine di accertare se l’avviso di pagamento per TARES 2013 potesse considerarsi effettivamente affetto dalle medesime lacune motivazionali che hanno indotto la CTR della Campania ad annullare con le succitate sentenze gli avvisi di pagamento relativi alle pregresse annualità dei tributi sui rifiuti.

3.4 Il motivo deve ritenersi inoltre inammissibile per carenza di specificità in relazione alle pronunce invocate come giudicato esterno tra le parti, non trascritte nel loro contenuto, né allegate al ricorso. 

4.1 È infondato anche il terzo motivo.

4.2 In tema di tasse sui rifiuti l’art. 72 del lgs. 15 novembre 1993, n. 507 consente all’ente titolare del tributo di procedere direttamente alla liquidazione della tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani ed alla conseguente iscrizione a ruolo quando essa è determinata attraverso la meccanica applicazione dei ruoli dell’anno precedente e dei dati in essi contenuti, sulla base di dati ed elementi già acquisiti e non soggetti ad alcuna modificazione o variazione (cfr. Cass. nn. 22248/2015, 7818/2004; Cass. n. 19120/2016 in motiv.).

4.3 In relazione anche ad altri tributi è stato infatti chiarito che un previo accertamento sostanziale non è necessario nel caso in cui il rapporto tributario sussista con soggetti e con oggetto tendenzialmente stabili o a dichiarazione meramente iniziale del contribuente o, com’anche si dice, a dichiarazione ultrattiva, cioè di una dichiarazione, o denuncia, del contribuente che, a causa della tendenziale stabilità degli elementi strutturali, soggettivo od oggettivo, del rapporto giuridico tributario, non dev’essere riformulata quando, in assenza di variazione di uno di essi, sarebbe identica a quella precedente e, quindi, inutile.

4.4 In siffatte fattispecie l’esercizio del potere di liquidazione, previo accertamento formale, è legittimo a condizione che esso sia conforme al principio dell’imputazione diretta al contribuente degli effetti della sua dichiarazione, mentre è necessario esercitare il potere di accertamento sostanziale quando la modificazione che l’ufficio intende far valere in ordine ad uno degli elementi strutturali del rapporto (cfr. n. 9433/2005).

4.4. Dalle norme si desume che il rapporto tributario relativo alla TARSU (così come a TIA e TARES) è comunque connesso (salvi gli accertamenti dell’ente impositore) ad una dichiarazione ultrattiva (perché con <<effetto anche per gli anni successivi, qualora le condizioni di tassabilità siano rimaste invariate>>) del contribuente, efficace sino a successiva denunzia di variazione ovvero ad accertamento dell’ente.

Il potere di liquidazione segue, dunque, il principio dell’imputazione diretta al contribuente degli effetti della sua dichiarazione. 

4.5 In un rapporto giuridico tributario a dichiarazione ultrattiva l’esercizio del potere di liquidazione, previo accertamento formale, è, quindi, legittimo a condizione che esso sia conforme al principio dell’imputazione diretta al contribuente degli effetti della sua dichiarazione, mentre è necessario esercitare il potere di accertamento sostanziale quando la modificazione che l’ufficio intende far valere in ordine ad uno degli elementi strutturali del rapporto, non si possa considerare come voluta dal contribuente dichiarante.

4.6 Nel caso di specie la ricorrente lamenta che la Commissione Tributaria Regionale non abbia tenuto conto che il Comune di Forio, con riguardo all’annualità 2009, ebbe a notificare avviso di accertamento, senza procedere a previa verifica in loco, rinnovando l’imposizione sulla base delle stesse misurazioni precedenti e trascurando di valutare la documentazione tecnica prodotta dalla contribuente sulla modifica delle stesse a seguito di ristrutturazione aziendale.

4.7 La doglianza è in primo luogo inammissibile per difetto di specificità ex 366 c.p.c. in quanto la ricorrente non ha riprodotto o allegato l’avviso di accertamento in questione ed il contenuto della documentazione, che la stessa pone a fondamento delle sue affermazioni circa la minore superficie tassabile da parte del Comune.

4.8 Quanto, inoltre, al dedotto annullamento dell’avviso di accertamento relativo all’annualità 2009 con sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Napoli 11788/29/2014, confermata dalla Commissione Tributaria Regionale della Campania con sentenza n. 2120/48/2015, sul rilievo che l’area di riferimento fosse <<grandemente inferiore a quella utilizzata per il calcolo>> dal Comune, si rileva in primo luogo che, trattandosi di elementi variabili e suscettibili di cambiare nel corso del tempo, tenuto conto che la superficie tassabile può subire variazioni da un anno all’altro, ad esempio, a seguito di lavori edili che portino cambiamenti nell’estensione e nella destinazione della superficie tassabile, era onere della contribuente dimostrare l’esistenza degli elementi fattuali attestanti la minor pretesa rispetto alle richieste del Comune.

4.9 Nel caso in esame non è stata, tuttavia, neppure trascritta o allegata al ricorso la perizia stragiudiziale, menzionata nella sentenza impugnata, che la parte avrebbe prodotto al fine della determinazione di una diversa superficie imponibili, con conseguente infondatezza delle doglianze formulate con il terzo motivo di ricorso.

5.1. E’ inammissibile, infine, il quarto motivo di ricorso laddove la ricorrente lamenta genericamente, l’omessa pronuncia su <<tutte le ulteriori eccezioni formulate in primo grado dalla ricorrente>>, tra le quali la <<mancata applicazione delle riduzioni tariffarie stabilite per la raccolta differenziata>>, non avendo la contribuente, nel silenzio della sentenza impugnata, dato prova, mediante trascrizione dell’atto di costituzione in sede di appello, neppure allegato al ricorso, e del ricorso in primo grado, di aver ritualmente riproposto le suddette doglianze, che la Commissione Tributaria Regionale avrebbe omesso di esaminare.

6. Sulla scorta di quanto sin qui illustrato, il ricorso va integralmente respinto.

7. Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente a rimborsare le spese di lite in favore del Comune controricorrente, che liquida in Euro 7.200,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15% ed agli accessori di legge, se dovuti.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.