Corte di Cassazione sentenza n. 15337 depositata il 6 giugno 2019
FATTI DI CAUSA
L’Agenzia delle Dogane di Venezia ha notificato 82 avvisi di accertamento e irrogazione sanzioni a carico di J. SRL (oggi LT SRL, società incorporante J. SRL), quale soggetto responsabile di bunkeraggio (rifornimento di combustibile per la propulsione di navi, nella specie gasolio, quale provvista di bordo) relativo a navi di proprietà di terzi, nonché a P. SRL, quale proprietario del deposito fiscale di provenienza del carburante, ritenendo trattarsi di bunkeraggio nei confronti di unità navali da diporto partite oltre otto ore dall’imbarco, con conseguente recupero di accise e IVA in quanto merce non destinata all’esportazione definitiva ma destinata al consumo nel territorio doganale.
Le contribuenti hanno impugnato gli avvisi di accertamento ad eccezione di due avvisi impugnati solo da P., sostenendo trattarsi di imbarcazioni ad uso commerciale alle quali fosse applicabile il disposto dell’art. 254, comma 1, d.P.R. 23 gennaio 1973, 43 (TULD) con regime di esportazione definitiva, nonché (Anno deducendo la decadenza dai termini di revisione doganale, la carenza di legittimazione passiva, l’illegittima applicazione delle sanzioni nonché, quanto a P., la prescrizione e l’erroneo calcolo delle accise.
La CTP di Venezia ha dichiarato la cessazione della materia del contendere in relazione a due avvisi annullati in via di autotutela, accogliendo l’eccezione di decadenza formulata, ad eccezione di sei avvisi di accertamento, ritenendo che gli effetti dell’impugnazione di P. non si estendono a JTL, laddove P. poteva godere dell’efficacia dell’impugnazione di JTL, ritenendo che nel caso di specie le navi oggetto di bunkeraggio non erano navi ad uso commerciale per mancata prova del noleggio.
A seguito di appello dell’Ufficio e delle contribuenti, la CTR del Veneto, con sentenza depositata in data 3 novembre 2016, ha ritenuto che al caso di specie sia applicabile la decadenza triennale di cui all’art. 11 d. lgs. 8 novembre 1990, n. 374 in quanto l’atto che costituisce presupposto per l’esenzione dall’accisa dell’imposta è la dichiarazione doganale, per cui la prescrizione quinquennale decorre dall’emissione dell’avviso di rettifica della dichiarazione doganale. La CTR ha, inoltre, ritenuto che le navi in oggetto siano unità commerciali e non da diporto in forza dell’uso delle stesse, ricavando tale circostanza dalla documentazione versata in atti, dalla quale emerge che le suddette unità navali sono state noleggiate con finalità commerciali e per le quali il noleggiatore ha pagato un corrispettivo all’armatore, indipendentemente dal numero dei passeggeri imbarcati. Ha, infine, dichiarato la cessazione della materia del contendere in relazione a due avvisi di accertamento.
Propone ricorso principale l’ufficio con quattro motivi di ricorso cui resiste con controricorso la società contribuente, che ha presentato ricorso incidentale affidato a due motivi.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1 – Con il primo motivo del ricorso principale, l’Ufficio deduce violazione di legge in relazione all’art. 15 d. lgs. 26 ottobre 1995, n. 504 (TUA), nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto applicabile il termine di decadenza triennale di cui all’art. 11 d. lgs. n. 374/1990 in luogo del termine quinquennale previsto dal TUA. Il ricorrente ritiene che la CTR abbia travisato il contenuto dell’atto di appello dell’Ufficio, assumendo che l’atto impugnato attiene all’obbligo di corresponsione dell’accisa a termini dell’art. 2, comma 2, TUA conseguente allo svincolo irregolare dal regime sospensivo. Trattandosi, pertanto, di recupero a tassazione di accisa il termine di prescrizione è, in virtù del regime speciale di cui all’art. 15 TUA, quello quinquennale in luogo del regime triennale di decadenza di cui al d. lgs. n. 374/1990. Ritiene irrilevante il ricorrente il fatto che nel caso di specie l’oggetto dell’impugnazione sia stato un avviso di accertamento relativo al regime doganale applicato, in quanto l’oggetto del recupero è, nel caso di specie, l’accisa e non il dazio doganale per irregolare estrazione del prodotto dal deposito doganale in sospensione di imposta.
Con il secondo motivo, l’Ufficio deduce violazione di legge in relazione agli artt. 254 TULD e all’art. 14 disp. prel. cod. civ., nella parte in cui ha ritenuto il carattere commerciale delle navi oggetto di bunkeraggio. Rileva come la documentazione prodotta non dia prova della natura commerciale delle navi e, in ogni caso, contesta l’applicazione dell’art. 254, comma 1, TULD, posto che l’esistenza di contratti di noleggio non può comportare la qualificazione delle navi quali commerciali, in quanto il noleggio non modifica la natura diportistica delle unità navali. Contesta, in ogni caso, il ricorrente che la natura dell’imbarcazione (commerciale o da diporto) possa determinarsi in ragione dell’utilizzo delle stesse e non della natura intrinseca delle stesse.
Con il terzo motivo, l’Ufficio contesta vizio di motivazione nella parte in cui la CTR ha ritenuto non provata la natura diportistica delle imbarcazioni, avendo il giudice di appello ignorato la qualifica di yacht delle motonavi.
Con il quarto motivo, l’Ufficio deduce violazione di legge in relazione all’art. 13 d. lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, nella parte in cui la CTR ha annullato gli atti di irrogazione delle sanzioni quale conseguenza dell’annullamento degli avvisi di pagamento.
Con il primo motivo di ricorso incidentale, J. deduce vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ. quale omissione di un fatto rilevante che abbia costituito discussione tra le parti, in relazione alla circostanza secondo cui la contribuente è mero intermediario estraneo alle operazioni di rifornimento e, quindi, soggetto privo di legittimazione passiva e che la propria posizione fiscale non è inquadrabile tra i legittimati passivi di cui all’art. 2, comma 4, d. lgs. 26 ottobre 1995, n. 504 (TUA). Rileva che tale argomentazione è stata rigettata dalla CTP quale soggetto speditore che ha fatturato il carburante ai singoli armatori, contestando che tale circostanza, unitamente al fatto di essere l’intestatario della dichiarazione doganale, possa essere sufficiente ai fini della corresponsione dell’accisa, essendo responsabile solo il soggetto che si è reso responsabile dell’immissione in consumo, anche ove questo riguardi lo svincolo da un regime sospensivo. Con il secondo motivo di ricorso incidentale, la contribuente lamenta error in procedendo della sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto la cessazione della materia del contendere in relazione ad alcuni degli avvisi di pagamento, confermando nel resto la sentenza impugnata e, quindi, in relazione all’annullamento solo nei confronti di P. SRL e non nei confronti di J. di altri avvisi di accertamento, senza alcuna motivazione. Deduce come non è stata data motivazione alcuna in ordine all’applicazione del disposto dell’art. 1306 cod. civ. come dedotto in appello.
2 – Il primo motivo del ricorso principale è fondato e va accolto. Oggetto dell’accertamento non è, come correttamente rilevato dall’Ufficio ricorrente, il recupero di un dazio doganale, bensì una accisa in regime di sospensione, in quanto asseritamente estratta irregolarmente dal deposito doganale a termini dell’art. 2, comma 2, lett. a) TUA («si considera immissione in consumo anche lo svincolo, anche irregolare, di prodotti sottoposti ad accisa da un regime sospensivo»). L’Ufficio non ha contestato l’applicazione di uno specifico regime doganale, mediante procedimento di revisione doganale sottoposto al termine decadenziale triennale, ma ha domandato il recupero di una accisa per irregolare svincolo dal regime sospensivo. Né può ritenersi prevalente il regime di revisione della dichiarazione doganale sulla sostanza dell’accertamento compiuto, che riguarda non l’accertamento di un irregolare regime doganale, bensì – benché previo accertamento della irregolare esportazione definitiva – l’accertamento del mancato pagamento di una accisa per irregolare svincolo dal regime sospensivo. Ciò che rileva, difatti, ai fini della riscossione del tributo è la natura del tributo stesso, indipendentemente dall’atto di accertamento e dal procedimento adottato, la cui pretesa va esercitata dall’amministrazione finanziaria nel rispetto dei termini prescrizionali previsti per il recupero di tale tributo, che nel caso delle accise è il termine prescrizionale quinquennale di cui all’art. 15, comma 3, TUA. Né pare decisivo, al fine di considerare insufficiente il parametro normativo invocato dal ricorrente, il riferimento del ricorrente al termine «decadenza», anziché alla prescrizione quinquennale in materia di accise, essendo evidente che il ricorrente si dolga della applicazione del termine decadenziale triennale degli accertamenti doganali in luogo del termine quinquennale di prescrizione delle accise.
3 – Il secondo motivo del ricorso principale è infondato e va rigettato. L’art. 254, comma 1, TULD prevede, in via generale, che i beni costituenti provviste di bordo sulle navi in partenza (oggetto di bunkeraggio) «si considerano usciti in transito o riesportazione se estri ovvero in esportazione definitiva se nazionali o nazionalizzati». Si configura, pertanto, una eccezione al principio che i beni utilizzati come provviste di bordo siano immessi in consumo. Fanno eccezione al principio le navi da diporto, alle quali, peraltro, si applica la stessa disciplina in presenza della triplice condizione che siano in partenza dal porto entro otto ore dall’imbarco, che la partenza venga annotata sul giornale delle partenze e arrivi per l’imbarco delle provviste di bordo in franchigia doganale e che, in caso di rientro in un porto nazionale, lo scalo nel porto estero risulti comprovato mediante il visto apposto sul giornale delle partenze ed arrivi per l’imbarco delle provviste di bordo in franchigia doganale dall’autorità marittima o doganale estera (art. 254, comma 2, TULD). Per le imbarcazioni da diporto che non rispettino tali condizioni e negli altri casi in cui non si applica il primo comma dell’art. 254 TULD, In questo caso «i generi imbarcati si intendono destinati al consumo nel territorio doganale». Ne consegue che i generi imbarcati come provviste di bordo sono in linea di principio, salve le eccezioni previste (come per le imbarcazioni da diporto, per le quali viene previsto un regime speciale), imbarcati in regime di esportazione definitiva e non destinati al consumo, perché destinati ad essere consumate a bordo fuori dal territorio doganale. Si tratta, in questo caso, di una eccezione al principio generale stabilito dall’art. 36 TULD, che individua il presupposto dell’obbligazione tributaria nella destinazione della merce al consumo entro il territorio doganale, per le merci estere, ed al di fuori del territorio doganale, per le merci nazionali o nazionalizzate, purché si tratti di nave in partenza nel momento in cui viene concessa l’esenzione. Al riguardo deve ritenersi che vi sia nell’ordinamento una generale presunzione che le navi di trasporto siano navi mercantili o commerciali e possano, quindi, avvantaggiarsi di questa agevol zione, non essendo equiparabili alle imbarcazioni da diporto; la destinazione al trasporto può essere, inoltre, ricavata anche sulla base di impegni contrattuali che individuino linee prestabilite e precise scadenze, salva la prova di una simulazione delle pratiche di partenza volta a beneficiare fraudolentemente dell’agevolazione (Cass., Sez. V, 26 maggio 2006, n. 12613). La sentenza impugnata, laddove ha ritenuto di qualificare le navi in oggetto come navi mercantili, ha fatto corretto utilizzo del suddetto principio, applicando l’art. 254, comma 1, TULD.
4 – Il terzo motivo del ricorso principale è infondato. Il ricorrente non indica quale sarebbe il fatto storico che sarebbe stato omesso, concentrandosi sulla natura di «yacht» delle imbarcazioni, ma senza indicare quali sarebbero gli elementi in fatto che attribuirebbero questa qualifica. In ogni caso, ciò che rileva ai fini dell’applicazione dell’art. 254, comma 2, TULD è la qualificazione dell’imbarcazione come «da diporto» ai fini della suddetta disposizione normativa e non ad altri fini (come, per esempio, ai fini della navigazione o ai fini della tassazione dell’acquisto del bene). Manca, inoltre, il giudizio di decisività della natura degli elementi in fatto che qualificherebbero «yacht» le imbarcazioni in oggetto al fine di qualificarle come imbarcazioni da diporto.
5 – Infondato è il quarto motivo del ricorso principale, posto che, prescindendo dai profili di specificità del profilo attinenti al parametro normativo e al relativo supporto argomentativo, la sentenza è stata censurata dal ricorrente sotto il profilo della violazione di legge, laddove la censura della sentenza riguarda l’annullamento delle sanzioni quale mero effetto dell’annullamento degli atti impositivi, circostanza che avrebbe dovuto denunciarsi nelle forme dell’omessa pronuncia, posto che la CTR non ha espressamente statuito sul punto.
6 – Il primo motivo del ricorso incidentale è fondato e va accolto. Il controricorrente è stato qualificato quale contribuente, tenuto al pagamento delle accise, benché egli abbia contestato sin dal primo grado di giudizio di merito, come risulta dalla sentenza impugnata, di non essere né fornitore del prodotto sottoposto ad accisa, né proprietario (diversamente dall’intimato) del deposito fiscale, né soggetto che ha formalmente proceduto all’estrazione del prodotto dal deposito, ma mero intermediario. Dalla sentenza di primo grado la responsabilità del contribuente è stata ricavata dal fatto che nella dichiarazione doganale è stata qualificata come speditore e dal fatto che l’estrazione del gasolio è avvenuta nell’interesse dei singoli armatori. Il ricorrente ha, tuttavia, contestato in sede di appello che il proprio ruolo è stato di mero intermediario senza potere di rappresentanza. Nella sentenza impugnata non vi è traccia della circostanza in fatto che la controricorrente sia stata considerata come intermediario, estraneo alle operazioni di trasferimento dei prodotti. La omissione della questione che la controricorrente sia stato mero intermediario nelle operazioni di bunkeraggio del gasolio cedutole da P. nell’interesse dei vari armatori costituisce un fatto storico, risultante dagli atti, del quale è stato individuato il luogo processuale della discussione, nonché decisivo per la individuazione della responsabilità tributaria della controricorrente.
7 – Il secondo motivo del ricorso incidentale è parimenti fondato e va accolto. La sentenza ha confermato «nel resto» la sentenza senza alcuna motivazione, laddove parte controricorrente aveva censurato in grado di appello per ultrapetizione la parte della sentenza di primo grado che aveva rigettato l’estensione alla odierna controricorrente l’annullamento di due avvisi e dei relativi atti sanzionatori impugnati dalla sola proprietaria del deposito fiscale, l’intimata P. sotto il profilo dell’art. 1306, comma 2, cod. civ., questione ampiamente riprodotta per specificità nel ricorso incidentale. Anche sotto tale profilo la sentenza va cassata con rinvio. Il ricorso va, pertanto accolto in relazione ai suindicati motivi, con rinvio alla CTR del Veneto, in diversa composizione, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.
P. Q. M.
La Corte, accoglie il primo motivo del ricorso principale; accoglie il primo e il secondo motivo del ricorso incidentale; rigetta il secondo e il terzo motivo del ricorso principale e dichiara assorbito il quarto motivo; cassa la sentenza impugnata con rinvio alla CTR del Veneto in diversa composizione, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.
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