CORTE di CASSAZIONE – Sentenza n. 15355 depositata il 31 maggio 2023
Lavoro – Provvedimento di destituzione – Carenza di potere – Consiglio di disciplina – Normativa speciale per autoferrotranvieri – Reintegrazione nel posto di lavoro – Diritto di difesa del lavoratore – Art. 53 dell’allegato al R.D. n. 148 del 1931 – Violazioni procedurali
Fatti di causa
1. La Corte d’Appello di Lecce ha confermato la sentenza del Tribunale della stessa sede, a sua volta confermativa dell’ordinanza in esito alla fase sommaria in procedimento ai sensi della legge n. 92/2012, con cui era stata dichiarata l’inefficacia del provvedimento di destituzione comunicato il 17/4/2014 da S.G.M. a F.M. per violazione della procedura prevista dagli artt. 54 – 58 R.D. n. 148/1931 e condannata la società al pagamento di indennità pari a 6 mensilità della retribuzione globale di fatto, ai sensi dell’art. 18, comma 6, legge n. 300/1970.
2. La Corte di merito, per quanto rileva in questa sede, ritenuta accertata e di rilievo disciplinare la condotta contestata:
– ha affrontato preliminarmente la questione della perdurante esistenza del Consiglio di Disciplina (CDD), ai sensi della normativa speciale per gli autoferrotranvieri di cui agli artt. 53 e 54 R.D. 148/1931;
– in proposito, ha rilevato che l’Assessorato ai Trasporti della Regione Puglia aveva comunicato alle imprese del settore la cessazione delle proprie funzioni amministrative quanto ai CDD, ritenendo implicitamente abrogato l’art. 58 R.D. cit.;
– ha richiamato la giurisprudenza di legittimità (in particolare, Cass. n. 17285/2015, n. 12770/2019, quest’ultima proprio in riferimento a società di trasporti pubblici operante in Puglia) che ha escluso detta abrogazione, con conseguente necessità di applicazione della norma speciale di maggior favore nei rapporti di lavoro degli autoferrotranvieri;
– ha tratto, quale corollario di tale impostazione, la necessità, nelle Regioni che non hanno provveduto alla nomina dei membri dei CDD, che parte datoriale si attivi per la costituzione di questo collegio a composizione mista, perché la concreta impossibilità di adire il CDD si traduce in una compressione del diritto di difesa nell’ambito del procedimento disciplinare, idoneo ad inficiarne la correttezza formale;
– ha ritenuto che tale vizio determina, sotto il profilo sostanziale, l’applicazione dell’art. 18, comma 6, legge n. 300/1970 come modificato dalla legge n. 92/2012, in quanto le scansioni del procedimento disciplinare delineato dal citato R.D. consistono in contestazione, giustificazioni, opinamento, giustificazioni ulteriori, provvedimento del legale rappresentante, eventuale riesame dinanzi al CDD, sequenza, nella specie, rispettata, fatta eccezione per l’ultimo passaggio, ed ha così escluso la dedotta carenza di potere dell’organo che aveva adottato il provvedimento di destituzione e l’invocato diritto alla reintegrazione nel posto di lavoro.
3. Avverso la predetta sentenza il lavoratore ha proposto ricorso per cassazione con due motivi.
4. La società si è costituita con controricorso, e ha proposto ricorso incidentale con due motivi, cui il lavoratore ha resistito con controricorso.
5. Il P.G. ha concluso per l’accoglimento del ricorso principale e per il rigetto del ricorso incidentale.
6. Entrambe le parti hanno depositato memoria conclusiva.
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo, parte ricorrente principale deduce (art. 360, n. 3, c.p.c.) violazione e falsa applicazione dell’art. 54 R.D. n. 148/1931, in combinato disposto con l’art. 53, commi 9 e 10, e con l’art. 1418, comma 1, c.c., nonché dell’art. 18, comma 1, legge n. 300/1970 per carenza di potere dell’organo che ha adottato il provvedimento di destituzione, nullità o inesistenza del provvedimento, diritto alla reintegrazione nel posto di lavoro.
Contesta che la Corte d’Appello, pur avendo accertato la perdurante vigenza del R.D. n. 148/1931 e accertato che il provvedimento di destituzione è stato adottato da organo incompetente (legale rappresentante della società anziché Consiglio di Disciplina) abbia negato la tutela reintegratoria e applicato quella indennitaria.
2. Con il secondo motivo, parte ricorrente principale deduce (art. 360, n. 3, c.p.c.) violazione e falsa applicazione degli artt. 43-45 R.D. n. 148/1931, in combinato disposto con l’art. 1418, comma 1, c.c., e dell’art. 18 legge n. 300/1970, per nullità o illegittimità della procedura che ha portato al provvedimento di destituzione, nullità o inesistenza del provvedimento, diritto alla reintegrazione nel posto di lavoro. Contesta che la Corte d’Appello, pur avendo accertato il mancato rispetto della complessa procedura disciplinare prevista dal R.D. cit., abbia negato la tutela reintegratoria piena e applicato quella indennitaria.
3. Con il primo motivo di ricorso incidentale, la società deduce (art. 360, n. 3, c.p.c.) violazione e falsa applicazione dell’art. 102, lett. b), d. lgs. n. 112/1998, in combinato disposto con l’art. 12, comma 1, preleggi. Argomenta che la normativa sul decentramento amministrativo ha soppresso le funzioni amministrative relative alla nomina dei consigli di disciplina, anche in riferimento a parere del Consiglio di Stato – A.P.- del 19/4/2000 su quesito della Regione Lombardia.
4. Con il secondo motivo di ricorso incidentale, la società deduce (art. 360, n. 3, c.p.c.), in subordine, violazione e falsa applicazione dell’art. 53, penultimo comma, e dell’art. 54 All. A R.D. n. 148/1931, in combinato disposto con l’art. 1 legge n. 270/1988 e con l’art. 1418 c.c.; censura la qualificazione come nullità di protezione della violazione dell’art. 53 cit. per mancata pronuncia del CDD, e assume la derogabilità ad opera della contrattazione collettiva delle disposizioni del citato R.D.; inoltre, in via gradata, sulla base di tale derogabilità, sostiene la non imputabilità all’azienda datrice dell’inadempimento e l’eventuale configurabilità di sola violazione procedurale.
5. Il ricorso principale, i cui motivi sono da trattare congiuntamente per connessione, è fondato per quanto di ragione.
6. Questa Corte ha affermato, con pronunce cui si intende dare continuità (Cass. n. 12770/2019, già richiamata dai giudici di merito; v. anche Cass. n. 13804/2017, n. 17286/2015), che, nel caso in cui il dipendente autoferrotranviario, a seguito dell’opinamento di destituzione, abbia invocato la pronuncia del consiglio di disciplina, posto il persistente vigore delle disposizioni dettate dal regio decreto in materia disciplinare (come chiarito da Cass. n. 12490/2015, n. 855/2017, S.U. n. 15540/2016, n. 12490/2015, n. 5551/2013, n. 11929/2009), anche quale disciplina maggiormente garantita rispetto a quella prevista dalla legge n. 300/1970, rimane irrilevante il fatto che gli enti competenti non abbiano esercitato il potere di nomina dei componenti di quell’organo.
7. Nell’ambito di tale disciplina, la sostituzione del datore di lavoro all’organo terzo si risolve nella compressione del diritto di difesa del lavoratore rispetto all’esercizio del potere disciplinare, in una procedura speciale e specificamente garantita per una categoria di lavoratori, che prevede il coinvolgimento di organi, anche amministrativi, terzi rispetto al datore di lavoro ed al lavoratore, per la natura degli interessi coinvolti (diritti fondamentali quali il diritto al lavoro ed il diritto di difesa).
8. La giurisprudenza sopra richiamata ha precisato che, in materia di procedimento disciplinare a carico degli autoferrotranvieri, l’art. 53 dell’allegato A al R.D. n. 148 del 1931 prevede una procedura articolata in più fasi, inderogabile e volta alla tutela del lavoratore dipendente, quale contraente debole, con la conseguenza che l’omissione di una delle suddette fasi determina la nullità della sanzione disciplinare che, in relazione al tipo di violazione, rientra nella categoria delle nullità di protezione.
9. Posto che, in materia di procedimento disciplinare degli autoferrotranvieri, la speciale disciplina dettata dall’allegato A al R.D. n. 148/1931 non è stata abrogata dall’art. 7 legge n. 300/1970 (Cass. n. 11929/2009), e ricordata la permanente specialità, sia pure residuale, del rapporto di lavoro degli autoferrotranvieri, è stato, altresì, ribadito (cfr. Cass. n. 5551/2013) che il rapporto di lavoro egli autoferrotranvieri è disciplinato da una normativa speciale costituente un corpus compiuto ed organico, onde il ricorso alla normativa generale è possibile solo ove si riscontrino in essa lacune tali che non siano superabili neanche attraverso l’interpretazione estensiva o analogica di altre disposizioni appartenenti allo stesso corpus o relative a materie analoghe o secondo i principi generali dell’ordinamento.
10. Specificamente in materia disciplinare, la normativa speciale delinea, come detto, una procedura maggiormente garantita, rispetto a quella di cui all’art. 7 della legge n. 300/1970, e la contestazione dell’addebito ed il successivo opinamento circa la sanzione da irrogare non possono essere contestuali, trattandosi di fasi che, ai sensi della citata disposizione, devono essere separate, realizzando una doppia fase di contestazione, così da consentire all’incolpato l’esercizio del diritto di difesa e da garantire che le indagini disciplinari tengano conto delle giustificazioni rese dal lavoratore a fronte della contestazione ricevuta (Cass. n. 13654/2015); né le fasi del procedimento possono essere omesse o concentrate, vertendosi altrimenti in ipotesi di violazione dell’iter legislativo previsto per l’irrogazione della sanzione disciplinare; e la nullità di una sanzione disciplinare, per tale tipo di violazione, rientra nella categoria delle nullità di protezione, atteso che la procedura garantista prevista in materia disciplinare (dall’art. 7 legge n. 300/1970 in linea generale e, nello specifico dei rapporti di lavoro autoferrotranviario, dall’art. 53 RD n. 148/1931) è inderogabile ed è fondata su un evidente scopo di tutela del contraente debole del rapporto (vale a dire del lavoratore dipendente).
11. Il fatto che le fasi del procedimento non possano essere omesse o concentrate, e che, di conseguenza, la nullità di una sanzione disciplinare, per tale tipo di violazione, rientri nella categoria delle nullità di protezione, in quanto fondata sullo scopo di tutela del contraente debole del rapporto, impedisce che tale violazione possa considerarsi assimilabile a quelle procedurali di cui all’art. 18, comma 6, legge n. 300/1970, come modificato dall’art. 1, comma 42, Legge n. 92/2012.
12. Non è, infatti, qualificabile come violazione procedurale in materia disciplinare del lavoro autoferrotranviario l’adozione della sanzione della destituzione da parte del datore di lavoro, cui tale potere non è più assegnato in caso di opzione del lavoratore per l’intervento del Consiglio di disciplina, al quale detto potere è in tal caso deferito in base alla legge.
13. Si tratta, invero, di violazione a monte della procedura, per deviazione dell’esercizio del potere in materia, devoluto nella specie ad organo terzo anziché a parte datoriale, e di fattispecie comparabile a quella di licenziamento a non domino, prevedendo la legge, in caso di opzione in tale senso del lavoratore, l’attribuzione del potere di licenziamento disciplinare (denominato destituzione) all’organo (CDD) previsto dalla normativa speciale.
14. Come risulta dalla sua illustrata articolazione, il procedimento disciplinare speciale è scandito in più fasi, con la finalità di apprestare una maggiore garanzia in favore dei dipendenti del settore autoferrotranviario (Cass. n. 13564/2015, n. 13804/2017). A differenza, tuttavia, dell’art. 7 legge n. 300/1970, che è norma di procedura, la previsione dell’art. 53 R.D. 148/1931 introduce un elemento che attinge il profilo, non più della scansione procedimentale mera, bensì della titolarità del potere di licenziamento, allocandolo dal Direttore al Consiglio di disciplina. Si comprende allora come: a) nell’un caso (art. 7 cit.), si tratti di violazione di una norma di garanzia procedurale, per così dire esterna alla fattispecie; b) nell’altro (art. 53 cit.), si tratti di violazione di una norma di fattispecie. E ciò per la carenza di potere dell’organo (Direttore) legittimato, dopo l’opinamento in assenza di nuove giustificazioni del lavoratore, a comminargli la destituzione, una volta che questi ne abbia formulato espressa richiesta, essendogli così inibito l’accesso ai documenti delle indagini e delle attività istruttorie svolte, a corredo della relazione; e, di conseguenza, la possibilità di presentare eventuali nuove giustificazioni sulla scorta delle risultanze così acquisite e, qualora non accolte, di esercitare il proprio “diritto … di chiedere che per le punizioni, sulle quali, ai sensi del seguente articolo” debba “giudicare il Consiglio di disciplina” e pronunciarsi “il Consiglio stesso”.
15. Giova allora qui riprendere un autorevole arresto di questa Corte, che ha riaffermato la tradizionale distinzione tra norme di comportamento dei contraenti e norme di validità del contratto: con la conseguenza, in caso di violazione delle prime, tanto nella fase prenegoziale quanto in quella attuativa del rapporto, ove non sia altrimenti stabilito dalla legge, dell’insorgenza di una responsabilità, che può esser causa di risoluzione del contratto, ove si traduca in una forma di non corretto adempimento del generale dovere di protezione e degli specifici obblighi di prestazione gravanti sul contraente; senza tuttavia incidere sulla genesi dell’atto negoziale, quanto meno nel senso dell’inidoneità, al contrario invece di quelle di validità, a provocarne la nullità: e della peculiare categoria delle cosiddette nullità di protezione, ossia di carattere relativo (Cass. S.U. n. 26724/2007, in motivazione, § 1.6). Correttamente tale categoria è stata applicata al licenziamento, in quanto negozio giuridico unilaterale recettizio, vincolato al requisito della forma scritta, che deve contenere la volontà chiara e definitiva del datore di lavoro di recedere dal rapporto (Cass. n. 2835/1997; Cass. n. 3869/2001; Cass. n. 3458/2005), negozio al quale ben sono applicabili, a norma dell’art. 1324 c.c., le norme regolanti i contratti (qui in riferimento particolare al regime delle invalidità).
16. La qualificazione (di nullità di protezione) acquisita comporta allora l’integrazione dell’ipotesi, prevista dall’art. 1418, primo comma, c.c., di nullità per contrarietà a norma imperativa, cui deve essere applicata la tutela stabilita dall’art. 18, primo comma, legge n. 300/1970, nel testo novellato dalla legge n. 92/2012, come già ritenuto da questa Corte (Cass. n. 32681/2021). D’altro canto, in tema di pubblico impiego privatizzato, analoghe ragioni di irrogazione delle sanzioni disciplinari da parte di organo non competente, in violazione del principio di terzietà dell’ufficio dei procedimenti disciplinari (che ne postula la distinzione dal piano organizzativo rispetto alla struttura nella quale opera il dipendente), comportano la nullità delle medesime, per contrarietà a norme imperative (Cass. n. 14628/2010, n. 20721/2019, n. 15239/2021), ferma l’inapplicabilità, del tutto peculiare al comparto pubblico, del testo novellato dell’art. 18 legge n. 300/1970, per l’inconciliabilità della nuova normativa, modulata sulle esigenze del lavoro privato, con le disposizioni previste dal d.lgs. 165/2001.
17. Come osservato dal P.G., l’accoglimento del ricorso principale comporta il rigetto del simmetrico ricorso incidentale della società, con le precisazioni che seguono.
18. Il Collegio intende dare continuità a quanto affermato da Cass. n. 12770/2019 (e giurisprudenza ivi richiamata, in particolare Cass. S.U. n. 15440/2016, Cass. n. 855/2017) anche sulla questione dell’interpretazione dell’art. 102, lett. b, del d.lgs. n. 112/1998 e dell’art. 1 legge n. 270/1988.
19. Come già rilevato, la disciplina del rapporto di lavoro del personale autoferrotranviario costituisce un corpus compiuto ed organico, determinato dall’assimilazione ai dipendenti pubblici, che ha subito una progressiva “devitalizzazione”, per effetto di vari interventi legislativi succedutisi nel tempo. Tuttavia, al di là di tali specifici interventi, resta esclusa un’abrogazione implicita della normativa dettata dal R.D., che deve comunque essere integrata o sostituita in parte quando risulti incompatibile con il sistema in generale.
20. Ribadita l’affermazione della giurisdizione del giudice ordinario per le controversie disciplinari del personale in questione (Cass. S.U. n. 460/2005 e n. 9939/2005), le ulteriori disposizioni dettate dal R.D. in materia disciplinare non risultano abrogate per effetto della legge 12 luglio 1988, n. 270 il cui art. 1, comma 2, ha stabilito che a decorrere dal novantesimo giorno dalla sua entrata in vigore “… le disposizioni contenute nel regolamento allegato A al R.D. 8 gennaio 1931, n. 148, ivi comprese le norme di legge modificative, sostitutive ed aggiuntive a tale regolamento, possono essere derogate dalla contrattazione nazionale di categoria ed i regolamenti d’azienda non possono derogare ai contratti collettivi”, considerato che prevedere la derogabilità di una normativa ad opera della contrattazione collettiva (c.d. delegificazione) non equivale ad eliminarla dall’ordinamento, almeno fino a quando la deroga da parte della contrattazione collettiva nazionale non avvenga in concreto.
21. Nell’esaminare il procedimento disciplinare previsto dagli artt. 53 ss. del R.D. n. 148 del 1931 (non discutendosi nel caso di eventuale contrattazione collettiva derogatoria) per valutare se esso si ponga, e si sia posto in concreto nel caso in esame, in contrasto con altri principi fondamentali del procedimento disciplinare desumibili dal sistema, quali il diritto di interlocuzione e difesa predisposti dall’art. 7 della legge n. 300 del 1970, dal tenore dei primi otto commi dell’art. 53 R.D. cit. emerge una chiara e differenziata scansione temporale (in ipotesi di mancanze passibili di retrocessione o destituzione), che delinea più fasi di una procedura maggiormente garantita, per il dipendente del settore autoferrotranviario, rispetto a quella prevista dall’art. 7 della legge n. 300 del 1970. La natura di procedimento garantito è confermata dagli ultimi due commi, che prevedono la possibilità del dipendente, qualora le sue giustificazioni non siano accolte, di investire della procedura il consiglio di disciplina (art. 54), con conseguente diritto di prendere visione degli atti dell’indagine istruttoria e di essere ulteriormente ascoltato.
22. In tale quadro normativo, la questione, in seguito all’ entrata in vigore del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112, art. 102, comma 1, lett. b), della totale soppressione, o meno, dei Consigli di disciplina, in relazione alla corretta interpretazione del R.D. n. 148 del 1931, artt. 54 e 58, in combinazione con la nuova disposizione, è stata risolta nel senso della persistenza dei suindicati Consigli di disciplina per la generalità delle aziende di trasporto, salvo che per le gestioni governative, i cui Consigli sono stati considerati soppressi dalla disposizione richiamata (Cass. n. 12490/2015).
23. Si rileva, infine, che la Corte costituzionale, con sentenza 31/7/2020, n. 188, ha dichiarato non fondate, nei sensi di cui in motivazione, le questioni di legittimità costituzionale, sollevate da questa Corte (Cass. n. 13525/2019) in riferimento agli artt. 1, 2, 3, 4, 35 e 36 Cost., dell’art. 37, primo comma, n. 5), in relazione agli artt. 44, commi secondo, terzo, quarto e quinto, e 55, comma secondo, dell’Allegato A al R.D. n. 148 del 1931, che disciplinano la sanzione disciplinare della retrocessione, in sostituzione della destituzione, nei confronti degli addetti al servizio pubblico di trasporto in regime di concessione. Si trattava, in tal caso, della diversa ipotesi della sanzione della retrocessione, ed è stata esclusa una disparità di trattamento degli autoferrotranvieri rispetto al complesso degli altri lavoratori subordinati, trattandosi di una disparità in melius, anziché in peius.
24. La sentenza impugnata deve pertanto essere cassata in seguito all’accoglimento del ricorso principale, con rinvio al giudice indicato in dispositivo per un nuovo esame nel merito alla luce dei principi di cui sopra, e anche per provvedere sulle spese del presente giudizio di legittimità.
25. Al rigetto del ricorso incidentale consegue, nella ricorrenza dei relativi presupposti processuali, il versamento, da parte della ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, previsto per l’impugnazione incidentale.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso principale, rigetta il ricorso incidentale;
cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte d’Appello di Lecce, in diversa composizione, anche per le spese.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso incidentale, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
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