Corte di Cassazione sentenza n. 16070 depositata il 14 giugno 2019
Acquisto di un appartamento – Box realizzati sul cortile condominiale – Dopo la costruzione dell’edificio – Cessione anche della quota dei box – Sussistenza – Motivi – Divergenza tra numero delle autorimesse e partecipanti – Irrilevanza – Incidenza solo sull’uso dei beni
FATTI DI CAUSA
S.R. ha presentato ricorso, articolato in due motivi, avverso la sentenza n. 418/2016 della Corte di Appello di Cagliari, sezione distaccata di Sassari, depositata in data 26 agosto 2016.
Resistono con controricorso C.A. e R.L., mentre rimane intimato, senza svolgere attivita’ difensive, C.G.A..
Con citazione del 12 giugno 2004, C.A., R.L. e C.G.A. convennero S.R. dinanzi al Tribunale di Sassari, per sentir dichiarare che l’appartamento sito in (OMISSIS), acquistato da C.G.A. con atto del 16 giugno 1999 (e poi da questo rivenduto ai propri genitori C.A. e R.L. con atto dell’11 giugno 2001), avesse “come necessaria pertinenza l’autorimessa a servizio del medesimo”, e conseguentemente “condannare S.R. a consegnare agli attori la medesima autorimessa rilasciandola libera da persone, cose e terzi occupanti nel pieno ed esclusivo possesso dei medesimi”. Gli attori dedussero che il Condominio di (OMISSIS), in forza di concessione edilizia n. 6273 del 7 gennaio 1988, aveva realizzato ventuno autorimesse sugli spazi comuni destinati al parcheggio delle auto, costituenti dipendenza coperta degli appartamenti, e che percio’ spettasse loro la proprieta’ dell’autorimessa quale pertinenza dell’appartamento acquistato. S.R. allego’, per contro, che l’atto di compravendita del 16 giugno 1999 si riferiva alla proprieta’ del solo appartamento, e non anche dell’autorimessa.
Il Tribunale di Sassari, con sentenza del 26 ottobre 2009, rigetto’ la domanda di C.A., R.L. e C.G.A.. Proposero appello C.A., R.L. e C.G.A. e la Corte di Appello di Cagliari, sezione distaccata di Sassari, con sentenza n. 418/2016, accolse il gravame, dichiarando che “il box sito all’interno del Condominio di (OMISSIS), indicato come secondo verso sinistra per chi accede dalla (OMISSIS) e identificato nella planimetria allegata alla pratica con il n. (OMISSIS), e’ stato trasferito, in favore di C.G.A., quale pertinenza dell’appartamento di cui all’atto pubblico inter partes in data 16 giugno 1999, notaio Piano”. La Corte d’Appello osservo’ come l’appartamento venduto da S.R. a C.G.A. era compreso in un complesso edilizio costituito da complessivi 33 alloggi, nonche’ da oltre 12 box auto realizzati all’epoca della costruzione degli edifici (1968-1970) e 21 box auto nel cortile condominiale assentiti in base ad apposita concessione edilizia rilasciata il 7 gennaio 1988. Con atto del 10 maggio 1971, S.R. aveva acquistato dal costruttore un appartamento in (OMISSIS), nonche’, insieme al marito A.M., un secondo appartamento ubicato sul medesimo pianerottolo con annessa autorimessa. La richiesta di concessione edilizia per la costruzione dei 21 box provenne da altrettanti condomini, in maniera che ogni appartamento avesse una propria autorimessa. Secondo la Corte d’Appello, il cortile, dove furono costruiti i nuovi box nel 1988, era di proprieta’ comune pro quota fra i condomini. D’altro canto, giacche’ realizzati dopo l’introduzione della L. n. 47 del 1985, art. 26, tali box dovevano intendersi collegati da vincolo pertinenziale con gli appartamenti. Era quindi decisivo, per la Corte d’Appello, che l’atto del 16 giugno 1999 non conteneva alcuna riserva di proprieta’ dei diritti pro quota della venditrice sui box compresi nel cortile, ed anzi precisava che nel trasferimento fosse compreso “il diritto alla comproprieta’ delle parti comuni del fabbricato di cui fa parte la porzione alienata”. La Corte di Sassari ritenne altresi’ priva di rilievo la deduzione difensiva di S.R., secondo cui il box non costituiva pertinenza del box acquistato il 10 maggio 1971 e poi alienato a C.G.A., essendo piuttosto di proprieta’ del defunto marito A.M., comproprietario dell’altro appartamento acquistato in pari data e ricompreso fra i 21 condomini che richiesero al Comune l’autorizzazione a costruire i nuovi box nel cortile condominiale. La Corte d’Appello dedusse che A.M. avesse avanzato istanza di concessione per conto della moglie S.R., visto che l’appartamento di cui era comproprietario era gia’ dotato di una propria autorimessa. Cosi’ la Corte d’Appello ritenne trasferito unita mente all’appartamento venduto a C.G.A. il box “in uso alla S.”, ovvero, appunto, il secondo verso sinistra per chi accede dalla (OMISSIS) e identificato nella planimetria allegata alla pratica con il n. 20.
La ricorrente ha presentato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c. in data 27 marzo 2019.
RAGIONI DELLA DECISIONE
I. Il primo motivo di ricorso di S.R. denuncia la violazione o falsa applicazione della L. n. 1150 del 1942, art. 41 sexies, introdotto dalla L. n. 765 del 1967, art. 18, della L. n. 47 del 1985, art. 26, dell’art. 1117 c.c. e dell’art. 817 c.c., art. 818 c.c. e art. 819 c.c., per avere la Corte di Appello erroneamente ritenuto che il rapporto pertinenziale tra fabbricato e area da destinarsi a parcheggio, ai sensi della L. n. 1150 del 1942, art. 41 sexies, intercorresse tra unita’ abitativa e posto auto, e non invece tra volume delle costruzioni e superficie vincolata. La ricorrente evidenzia come la Corte d’Appello non avesse accertato se nell’edificio condominiale esistessero, ed in quale misura, gli spazi di parcheggio, ne’ se, oltre all’area vincolata, esistessero altre aree da destinarsi a parcheggio, ne’ se l’autorimessa n. 20 costituisse uno spazio ulteriore rispetto a quello minimo vincolato per legge al diritto reale d’uso.
Col secondo motivo di ricorso si censura l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione delle parti; ovvero, ancora, la reiterata violazione o falsa applicazione della L. n. 1150 del 1942, art. 41 sexies, della L. n. 47 del 1985, art. 26, dell’art. 1117 c.c. e degli artt. 817, 818 e 819 c.c., avendo la Corte di Appello omesso di esaminare la circostanza che l’area rimasta libera, da destinare a parcheggio, soddisfacesse abbondantemente il rapporto pertinenziale prescritto dalla L. n. 1150 del 1942, art. 41 sexies, cosi’ come risultante dagli scritti difensivi della ricorrente e dalla espletata CTU.
II. Va disattesa l’eccezione di inammissibilita’ formulata dai controricorrenti, in quanto il ricorso denuncia essenzialmente la violazione di norme di legge, e non soltanto l’erronea valutazione di risultanze processuali, e percio’ contiene gli elementi necessari a rappresentare le ragioni per cui si chiede la cassazione della sentenza impugnata ed altresi’ a permettere la verifica della fondatezza di tali ragioni.
I primi due motivi di ricorso vanno esaminati congiuntamente, per la loro connessione, e si rivelano infondati. Soprattutto, le due censure non rivelano immediata e piena riferibilita’ ad una delle rationes decidendi su cui poggia la pronuncia della Corte d’Appello di Sassari (ovvero quella che ha sottolineato come i box realizzati con la concessione edilizia del 7 gennaio 1988 furono costruiti sul cortile di proprieta’ condominiale), limitandosi a censurare una serie di profili ulteriori, che comunque risultano inidonei a determinare la cassazione della sentenza impugnata.
Ed infatti, la Corte di Appello di Cagliari, sezione distaccata di Sassari, per raggiungere la conclusione che il box era stato trasferito a C.G.A. quale pertinenza dell’appartamento di cui all’atto pubblico del 16 giugno 1999, ha posto in evidenza che il cortile dove furono realizzati i nuovi box nel 1988 era di proprieta’ comune pro quota fra i condomini, sicche’ “tutti e ciascuno di essi appartenevano… ai singoli trentatre’ titolari delle proprieta’ esclusive”.
Ora, secondo consolidato orientamento di questa Corte, il vincolo di destinazione impresso agli spazi per parcheggio dalla L. 17 agosto 1942, n. 1150, art. 41 sexies, in base al testo introdotto dalla L. 6 agosto 1967, n. 765, art. 18 (e prima della modifica introdotta dalla L. n. 246 del 2005, art. 12, comma 9, nella specie inoperante ratione temporis) norma di per se’ imperativa, non puo’ subire deroghe mediante atti privati di disposizione degli stessi spazi, le cui clausole difformi sono percio’ sostituite di diritto dalla medesima norma imperativa. La normativa urbanistica, dettata dalla L. n. 1150 del 1942, art. 41 sexies, si limita a prescrivere, per i fabbricati di nuova costruzione, una misura proporzionale alla cubatura totale dell’edificio da destinare obbligatoriamente a parcheggi, pari ad un metro quadrato per ogni venti metri cubi di costruito, secondo i parametri applicabili per l’epoca dell’edificazione (parametri poi modificati dalla L. n. 122 del 1989, art. 2), verificati a monte dalla P.A. nel rilascio della concessione edilizia (Cass. 11 febbraio 2009, n. 3393).
Questa Corte ha altresi’ spiegato come gli spazi che debbono essere riservati a parcheggio ex art. 41 sexies possono essere ubicati indifferentemente nelle nuove costruzioni ed anche nelle aree di pertinenza delle stesse, trattandosi di modalita’ entrambe idonee a soddisfare l’esigenza, costituente la ratio della norma, di deflazione della domanda di spazi per parcheggio nelle aree destinate alla pubblica circolazione, non essendo, peraltro, consentito al giudice di sindacare le scelte compiute in proposito dalla P.A. (Cass. 22 febbraio 2006, n. 3961).
L’elaborazione giurisprudenziale ha anche chiarito come lo standard urbanistico prescritto dalla L. n. 765 del 1967, art. 18, pone un vincolo pubblicistico di destinazione degli spazi da utilizzare come parcheggio “a servizio delle singole unita’ immobiliari”, con la conseguenza che “il godimento di tale spazio, nell’ipotesi di fabbricato condominiale, deve essere assicurato in favore del proprietario del singolo appartamento” (Cass. 4 agosto 2017, n. 19647; Cass. 4 febbraio 1999, n. 973). Il vincolo non opera, quindi, genericamente a favore del fabbricato condominiale o dei condomini indistintamente, ma delle singole unita’ immobiliari di cui l’edificio si compone.
Nella specie, e’ tuttavia accertato in fatto che le autorimesse oggetto della concessione edilizia del 7 gennaio 1988 furono costruite in un cortile di proprieta’ condominiale.
I cortili (ed esplicitamente pure le stesse aree destinate a parcheggio, dopo l’entrata in vigore della L. n. 220 del 2012), rispetto ai quali manchi un’espressa riserva di proprieta’ nel titolo originario di costituzione del condominio, rientrano tra le parti comuni dell’edificio condominiale, a norma dell’art. 1117 c.c. (Cass. 8 marzo 2017, n. 5831), e la loro trasformazione in un’area edificabile destinata alla installazione, con stabili opere edilizie, di autorimesse, a beneficio di alcuni soltanto dei condomini, seppur faccia venir meno la funzione dell’area comune, non ne comporta una sottrazione al regime della condominialita’ sotto il profilo dominicale (arg. da Cass. 9 dicembre 1988, n. 6673; Cass. 14 dicembre 1988, n. 6817; Cass. 16 febbraio 1977, n. 697).
Cio’ a differenza del locale autorimessa, che, se anche situato entro il perimetro dell’edificio condominiale, non puo’ ritenersi ex se incluso tra le “parti comuni dell’edificio” ai diretti effetti dell’art. 1117 c.c. (cfr. Cass. 22 ottobre 1997, n. 10371).
Essendo state costruite le autorimesse, assentite con concessione edilizia del 7 gennaio 1988, nel cortile comune, su richiesta di ventuno condomini del complesso di (OMISSIS), le stesse dovevano intendersi per accessione, ai sensi dell’art. 934 c.c., di proprieta’ comune pro indiviso a tutti i condomini dell’immobile, salvo contrario accordo, che deve rivestire la forma scritta ad substantiam (arg. da Cass. Sez. Un. 16 febbraio 2018, n. 3873). Giacche’ appartenenti in comunione ai singoli condomini, quali comproprietari ex art. 1117 c.c. del cortile sul cui suolo sono state costruite, ogni acquisto di un’unita’ immobiliare compresa nell’edificio condominiale comprende la quota di comproprieta’ delle autorimesse comuni e il diritto di usufruire della stessa, a nulla rilevando l’eventuale divergenza fra il numero delle autorimesse e quello dei partecipanti al condominio (divergenza su cui invece si sofferma la ricorrente), la quale puo’ semmai incidere ai fini della regolamentazione dell’uso di esse (arg. da Cass. 16 gennaio 2008, n. 730; Cass. 18 luglio 2003, n. 11261; Cass. 28 gennaio 2000, n. 982).
Deve concludersi che l’acquisto del diritto sul box auto sito all’interno del Condominio di (OMISSIS), riconosciuto dalla Corte d’Appello in capo a C.G.A. a titolo di “pertinenza dell’appartamento” di cui all’atto pubblico 16 giugno 1999, discenda piuttosto quale automatica conseguenza dall’essere comprese le autorimesse realizzate nel complesso edilizio fra le parti comuni a tutti i partecipanti. Non rileva, cioe’, in maniera decisiva, nella fattispecie di causa, il vincolo previsto dalla L. n. 1150 del 1942, art. 41 sexies, introdotto dalla L. n. 765 del 1967, art. 18, su cui si incentra il ricorso, quanto il regime circolatorio tipico delle parti comuni, proprio del condominio edilizio.
L’alienazione dell’unita’ immobiliare compresa nel Condominio di (OMISSIS) in favore di C.G.A. doveva per questo comportare il trasferimento della titolarita’ pro quota delle autorimesse costruite nel cortile condominiale.
Non e’ peraltro oggetto di specifica censura, agli effetti dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, il capo della sentenza che ha inteso trasferito all’acquirente il box “in uso alla S.” (individuato dalla Corte d’Appello nel secondo verso sinistra dalla (OMISSIS), in planimetria con il n. 20), e cio’ condiziona rigidamente il devolutum del provvedimento gravato. Ben vero, nel giudizio di legittimita’, gli errori di diritto, che non siano dedotti con l’impugnazione, anche se non connessi ad errori di fatto da accertare e dichiarare preventivamente, sono rilevabili di ufficio solo nei limiti dell’art. 384 c.p.c., comma 4, strumento che consente alla Corte di cassazione di ripristinare la legalita’ della motivazione, e non anche della statuizione contenuta in dispositivo (Cass. 6 agosto 1991, n. 8563).
Sempre per le ragioni indicate, non ha percio’ alcun rilievo il contenuto dell’atto traslativo tra S.R. a C.G.A., ne’ riveste decisivita’ la circostanza dell’eccedenza dell’area rispetto al rapporto pertinenziale L. n. 1150 del 1942, ex art. 41 sexies (circostanza sostenuta nel secondo motivo di ricorso), in quanto la venditrice S. non avrebbe comunque potuto validamente disporre della proprieta’ esclusiva delle autorimesse costruite sul cortile, e percio’ comprese fra le proprieta’ comuni (rimanendo nulla, del resto, la clausola, contenuta nel contratto di vendita di un’unita’ immobiliare di un condominio, con la quale venga esclusa dal trasferimento la proprieta’ di alcune delle parti comuni: cfr. Cass. 29 gennaio 2015, n. 1680). La mera circostanza che uno dei successivi atti di vendita di una singola unita’ immobiliare non contenga espressa menzione del trasferimento anche della comproprieta’ delle aree comuni non e’ in alcun modo sufficiente a superare la presunzione posta dall’art. 1117 c.c., la quale, al contrario, comporta che all’atto stesso consegua l’alienazione, unitamente alla porzione esclusiva, della corrispondente quota di condominio su dette parti comuni. Stando, infatti, al consolidato orientamento di questa Corte, una volta accertata la sussistenza di una situazione di condominio di edifici, le vicende traslative riguardanti i piani o le porzioni di piano di proprieta’ individuale estendono i loro effetti, secondo il principio “accessorium sequitur principale”, alle parti comuni necessarie per la struttura o destinate per la funzione al servizio degli immobili di proprieta’ solitaria (Cass. 6 marzo 2019, n. 6458; Cass. 26 ottobre 2011, n. 22361; Cass. 27 aprile 1993, n. 4931).
III. Il ricorso va percio’ rigettato, con condanna della ricorrente a rimborsare ai controricorrenti C.A. e R.L. le spese del giudizio di cassazione nell’importo liquidato in dispositivo, mentre non occorre provvedere al riguardo per l’altro intimato C.G.A., che non ha svolto attivita’ difensive.
Sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che ha aggiunto il comma 1-quater all’art. 13 del testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 – dell’obbligo di versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione rigettata.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a rimborsare ai controricorrenti le spese sostenute nel giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 3.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
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