CORTE di CASSAZIONE – Sentenza n. 1650 depositata il 19 gennaio 2023
Tributi – Avviso di accertamento – IRES – Cessione di merce a prezzo inferiore al valore normale – Elementi negativi di reddito non deducibili – Pro-rata patrimoniale – Rettifica del bilancio consolidato – Accoglimento
Fatti di causa
1. Il 5 dicembre 2009 l’amministrazione finanziaria notificò a R. s.p.a., consolidante, e a R.C. s.p.a., consolidata, avviso di accertamento relativo all’anno di imposta 2004, con il quale veniva rettificata in difetto, ai fini Ires, la perdita dichiarata dal gruppo.
A fondamento della pretesa erariale risiedevano alcuni rilievi, e segnatamente:
(a) il fatto dell’avvenuta cessione, da parte della consolidata ad altra società del gruppo avente sede in Olanda, di merce al prezzo inferiore al valore normale, con conseguente incremento dei ricavi ai sensi dell’art. 110, comma settimo, del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (d’innanzi: t.u.i.r.);
(b) l’appostamento a bilancio, da parte della società del gruppo T.P.R. s.p.a., di elementi negativi di reddito non deducibili;
(c) l’identico appostamento di negatività non deducibili da parte di R.T. s.p.a.;
(d) il fatto che la consolidata R.C.F. s.p.a. avesse errato nel determinare il pro-rata patrimoniale, così da poter trasferire al gruppo una perdita minore di quella trasferita, e che la consolidante avesse considerato fiscalmente irrilevanti ai sensi dell’art. 118, comma quarto, t.u.i.r., alcuni corrispettivi percetti da altre società del gruppo, invece rilevanti.
2. L’avviso venne impugnato con distinti ricorsi da consolidante e consolidata innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Bergamo, che, dispostane la riunione, li accolse, osservando che su alcuni dei rilievi sopra indicati erano intervenute pronunzie di annullamento, ancorché non definitive, mentre su altri era cessata la materia del contendere per acquiescenza o per adesione.
Il successivo appello, proposto dall’Ufficio innanzi alla Commissione tributaria regionale della Lombardia – sezione staccata di Brescia – venne respinto.
I giudici di appello ribadirono che per parte dei rilievi operati dall’Amministrazione – contenuti in un avviso a carattere integrativo – erano intervenute sentenze di merito favorevoli alle società contribuenti, mentre per altri rilievi era «evidente la cessata materia del contendere per omessa impugnazione da parte dell’Ufficio o per adesione»; ritennero, poi, di condividere la sentenza di primo grado nella parte in cui aveva ritenuto «la mancanza di elementi che possano consentire di stabilire l’esistenza di corrispettivi non dichiarati sulla base della documentazione presente in atti», così da non sospendere il giudizio in attesa del passaggio in giudicato delle menzionate decisioni.
3. Avverso detta sentenza l’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato a cinque motivi. Le società intimate (la consolidante con la nuova denominazione di R.F. s.a.p.a., assunta a seguito di trasformazione) hanno depositato controricorso e memoria in prossimità dell’udienza.
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo di ricorso, l’amministrazione finanziaria deduce la nullità della sentenza in relazione all’art. 36 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546.
La ricorrente denunzia il grave difetto di motivazione della sentenza impugnata, che omette di descrivere i termini della controversia, non consentendo di inquadrare con sufficiente precisione il thema decidendum.
Ad avviso dell’Ufficio, in particolare, i giudici d’appello avrebbero anzitutto trascurato di precisare se l’avviso impugnato conteneva una rettifica del consolidato o concerneva, invece, la sola posizione della consolidata; avrebbero poi erroneamente stabilito il presupposto dell’intervenuto annullamento dell’avviso da parte della C.T.P. di Bergamo, che aveva invece rilevato come su taluni rilievi si fosse formato il giudicato per acquiescenza delle contribuenti, o fosse cessata la materia per intervenuta adesione; avrebbero, infine, argomentato la loro decisione in modo assolutamente apodittico, senza indicare quali rilievi sarebbero stati ritenuti illegittimi dalle sentenze di merito o coperti dalla ritenuta cessione della materia del contendere, senza chiarire le ragioni per le quali aveva condiviso tale statuizione e limitandosi ad affermare la persuasività delle controdeduzioni delle società contribuenti, neppure descritte o riportate.
2. Anche il secondo mezzo denunzia nullità della sentenza, deducendo la violazione dell’art. 295 cod. proc. civ.
Secondo la ricorrente, infatti, vertendosi in materia di rettifica del consolidato, la C.T.R. avrebbe dovuto sospendere il giudizio in attesa della definizione del giudizio concernente la rettifica della posizione individuale della società consolidata.
3. Il terzo motivo agita identica questione evidenziando che il giudizio doveva essere sospeso anche in relazione alla pendenza di lite sul rilievo concernente altra società del gruppo.
4. Lo stesso dicasi per la quarta censura, con la quale la ricorrente evidenzia la sussistenza di un’ulteriore ragione di sospensione necessaria, identificandola nella pendenza di lite relativa all’avviso concernente i costi non deducibili appostati a bilancio dalla consolidante.
5. Infine, con il quinto motivo la ricorrente deduce la nullità della sentenza per violazione dell’art. 36 del d.lgs. n. 546/1992, evidenziando il radicale difetto di motivazione della sentenza impugnata nella parte in cui affermava di ritenere «la mancanza di elementi che possano consentire di stabilire l’esistenza di corrispettivi non dichiarati sulla base della documentazione presente in atti».
6. In via preliminare, vanno disattese le eccezioni di inammissibilità del ricorso sollevate dalle controricorrenti.
6.1. Queste ultime hanno anzitutto evidenziato che l’Amministrazione non ha contestato la natura integrativa dell’avviso di accertamento, in quanto emesso per la somma algebrica degli importi già ripresi a tassazione a fini Ires a carico delle singole consociate per i redditi di pertinenza; di qui – e a fronte dell’illegittima duplicazione di atti, violativa del disposto di cui all’art. 43 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 – il rilievo del difetto dell’interesse ad impugnare da parte dell’Ufficio e, comunque, dell’intervenuto giudicato su tale decisivo aspetto della controversia.
Al riguardo, basti richiamare il consolidato orientamento di questa Corte (cfr. Cass. n. 23186/2021; Cass. n. 7181/2018; Cass. Sez. U, n. 9687/2013) in base al quale l’acquiescenza tacita di una parte alla decisione consiste nell’accettazione della stessa che si inferisca dal compimento di atti idonei a far emergere, in maniera precisa ed inequivoca, il proposito dell’interessato di non contrastare ogni effetto giuridico della pronuncia, in quanto risultano assolutamente incompatibili con la volontà di avvalersi dell’impugnazione.
Siffatta ipotesi, evidentemente, non ricorre laddove, come nel caso di specie, la parte impugni la sentenza deducendone la nullità per difetto di motivazione, manifestando così la sua volontà di non accettarne alcuna parte.
Peraltro, e per completezza, può osservarsi che tra le ragioni che fondano la deduzione di nullità della sentenza vi è la mancata pronunzia, da parte dei giudici d’appello, sulla questione relativa alla natura – autonoma o di atto integrativo – dell’avviso di accertamento in questione.
6.2. Per la stessa ragione, poi, è infondata l’eccezione di inammissibilità del ricorso per difetto di autosufficienza; le doglianze dell’Amministrazione investono infatti, per un verso, la motivazione della sentenza impugnata – riportata pressoché per intero nel corpo del ricorso – e, per altro verso, la ricorrenza dei presupposti per la sospensione necessaria del processo, i cui requisiti vengono integralmente evidenziati, così da consentire un adeguato scrutinio delle relative censure.
7. Ciò posto, e venendo all’esame del ricorso, il primo ed il quinto motivo, passibili di scrutinio congiunto in quanto entrambi relativi al tema della motivazione della sentenza, sono fondati.
7.1. Come si è poc’anzi accennato, l’amministrazione finanziaria aveva anzitutto sostenuto che l’avviso di accertamento in questione non doveva intendersi integrativo di precedenti avvisi.
Su tale dirimente profilo della controversia – dal quale discendeva ogni ulteriore rilievo circa il portato delle sentenze di merito rese sugli atti impositivi notificati alle consociate del gruppo – la sentenza impugnata ha omesso di rendere alcuna giustificazione del proprio contenuto, al di là di un acritico e generico riferimento alla statuizione di primo grado.
Allo stesso modo, e per quanto concerne il quinto motivo di ricorso, la C.T.R. ha ritenuto che mancassero «gli elementi che possano consentire di stabilire l’esistenza di corrispettivi non dichiarati sulla base della documentazione presente agli atti», senza null’altro aggiungere quanto ai profili sostanziali e probatori di tale assunto, e sul mero rilievo della condivisibilità delle controdeduzioni svolte dalle contribuenti in appello e di «alcune sentenze di secondo grado».
Una tale argomentazione, all’evidenza, non raggiunge la soglia del “minimo costituzionale” richiesto per la validità della sentenza.
Né, al riguardo, può assumere rilievo il generico richiamo ad atti di parte o ad imprecisate statuizioni rese da altri giudici, poiché la sentenza ha omesso di indicare le ragioni per le quali tali atti meritavano condivisi, come invece era necessario fare «attraverso un autonomo esame critico dei motivi d’impugnazione, con richiamo ai contenuti degli atti cui si rinvia […] non potendosi [il riferimento] risolvere in una acritica adesione al provvedimento richiamato» (così, fra le altre, Cass. n. 21443/2022; Cass. n. 2397/2021).
8. Il ricorso va pertanto accolto in relazione al primo e al quinto motivo, restando in tale statuizione assorbito lo scrutinio delle restanti censure.
Di conseguenza, la sentenza impugnata va cassata con rinvio al giudice a quo il quale, in diversa composizione, provvederà conformandosi all’indicato principio e liquidando anche le spese del presente giudizio.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia- sezione staccata di Brescia – anche per le spese.
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