Corte di Cassazione sentenza n. 16653 depositata il 23 maggio 2022
inutilizzabilità documenti non prodotti in fase amministrativa solo se la richiesta è stata accompagnata da espresso avvertimento circa le conseguenze della mancata ottemperanza – onere della prova a carico dell’Ufficio – motivazione apparente
Rilevato che:
1. la Commissione tributaria regionale (“C.T.R.”) della Sicilia, con la sentenza indicata in epigrafe, ha respinto l’appello dell’ufficio avverso la decisione della Commissione tributaria provinciale di Palermo (n. 105/06/10), di accoglimento del ricorso di V. S.p.a. (alla quale nel corso del giudizio è subentrata la curatela fallimentare), di annullamento dell’avviso di accertamento, emanato ai fini dell’Irpeg e dell’Ilor per il 1992, fondato sui seguenti rilievi: (a) omessa contabilizzazione di ricavi (per euro 275,34) per la cessione di alcol fornito da Aima; (b) omessa contabilizzazione di ricavi (per euro 4.159,03) correlati alle cessioni di alcol a un’impresa francese tramite la “società cartolare” di diritto irlandese Liswell Ltd.; (c) compensazione eccedente i limiti delle perdite disponibili di esercizi precedenti; (d) indebita esenzione Ilor in mancanza dei requisiti previsti per l’agevolazione fiscale di cui all’art. 102, d.P.R. n. 218 del 1978;
2. la Commissione tributaria regionale, valutata la documentazione prodotta dalla curatela appellata, ha condiviso la statuizione del giudice di primo grado in quanto (così testualmente a 4 della sentenza) «l’operazione di acquisto di alcool dall’Aima è stata contabilizzata, pur se indicata tra le “fatture da ricevere”, e […] la rivendita della stessa merce risulta da regolare fattura pure contabilizzata nelle scritture contabili prodotte. Così come risulta provato che la società Liswell Ltd., costituita il 30 novembre 1990 e avente sede legale a Dublino (Irlanda), esiste ed è stata regolarmente registrata. Non sembra invece che siano stati adeguatamente provati, da parte dell’Agenzia delle Entrate appellante, i rilievi mossi con riferimento alla presunta utilizzazione in misura maggiore del dovuto delle perdite fiscali registrate negli anni precedenti e ad un mancato diritto all’esenzione Ilor in assenza della certificazione dell’Ute, che non incide sulla sussistenza dei requisiti oggettivi e soggettivi per fruirne.»;
3. l’Agenzia delle entrate ricorre con cinque motivi per la cassazione della sentenza di appello; la contribuente (o meglio la curatela della società fallita) resiste con controricorso;
Considerato che:
1. il primo motivo di ricorso [«1) Nullità della motivazione per violazione di norme procedurali, con riferimento agli artt. 36 e 61 del lgs. n. 546/1992, nonché con riferimento all’art. 360, I comma, n. 4 c.p.c.»], censura il difetto di motivazione della sentenza impugnata che, quanto alle prime due riprese fiscali, ha trascurato gli elementi addotti dall’ufficio a dimostrazione del fatto che la contribuente aveva prelevato dai magazzini Aima circa 25.000 hl di alcol senza che Aima emettesse alcuna fattura e in assenza di pagamento o di emissione di autofattura da parte di V. S.p.a., la quale aveva poi ceduto la merce ad una società francese avvalendosi dell’interposizione fittizia della “cartiera” Liswell Ltd. Con riferimento alla terza ripresa, secondo la prospettazione dell’Agenzia, la contribuente, cui spettava la relativa prova, non aveva dimostrato di avere diritto allo scomputo di perdite pregresse in misura superiore a quella riconosciuta dall’erario; infine, in merito all’ultima ripresa, la società non aveva prodotto la certificazione Ute attestante la consistenza degli investimenti realizzati e la loro ultimazione, quali presupposti per il riconoscimento dell’agevolazione Ilor di cui al d.P.R. n. 218 del 1978;
2. con il secondo motivo [«2) Violazione ed errata applicazione di norme di diritto, con riferimento al combinato disposto degli 52 del dpr n. 633/72 e 33 del dpr n. 600/1973, nonché con riferimento all’art. 360, I comma, n. 3 c.p.c.»], l’Agenzia censura la sentenza impugnata che non ha rilevato che, in base alle norme indicate in rubrica (e non in base all’art. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973, quale norma la cui applicazione non è stata mai invocata dall’ente impositore), opera ex lege una limitazione della prova in conseguenza del volontario comportamento omissivo del contribuente che fa sì che siano inutilizzabili i documenti prodotti per la prima volta nel corso del giudizio, ma non esibiti durante la verifica fiscale;
3. con il terzo motivo [«3) Violazione ed errata applicazione di norme di diritto, con riferimento all’art. 39 del dpr n. 600/1973 ed all’art. 55 del dpr n. 633/1972, nonché con riferimento all’art. 360, I comma, n. 3 c.p.c.»], l’Agenzia censura la sentenza impugnata che, fondandosi sulla mera esistenza cartolare delle fatture e sull’esistenza delle ditte interessate anziché sulla verifica dell’esistenza delle operazioni commerciali, non ha preso in considerazione gli elementi gravi, precisi e concordanti offerti dall’ufficio a conferma della sostanziale inattendibilità della contabilità della contribuente, e della conseguente legittimità dell’accertamento induttivo;
4. il quarto motivo [«4) Violazione ed errata applicazione di norme di diritto, con riferimento all’art. 2697 del cod. civ. in tema di onere probatorio, nonché con riferimento all’art. 360, I comma, n. 3 p.c.»], censura la sentenza impugnata che ha posto a carico dell’ente impositore un onere probatorio ad esso estraneo in quanto, al contrario, in materia di agevolazioni fiscali, spetta al contribuente dimostrare la sussistenza dei presupposti per poterne usufruire;
5. con il quinto motivo [«5) Violazione ed errata applicazione di norme di diritto, con riferimento all’art. 101 dpr n. 218/78, nonché con riferimento all’art. 360, I comma, n. 3 c.p.c.»], l’Agenzia censura la sentenza impugnata che, ai fini del riconoscimento dell’esenzione decennale dall’Ilor, ha concentrato la propria attenzione sul rilascio della certificazione Ute, mentre avrebbe dovuto verificare se ricorressero o meno, in concreto, i requisiti oggettivi e soggettivi dell’agevolazione;
6. il secondo motivo, il cui è esame è prioritario, non è fondato;
6.1 si è chiarito (Cass. 14/06/2021, n. 16757) che «In tema di accertamento tributario [nell’]ipotesi in cui l’amministrazione finanziaria richieda al contribuente documenti […] nel corso di attività di accesso, ispezione o verifica ex 33 d.P.R. n. 600 […], quanto all’imposizione reddituale ed ex art. 52 del d.P.R. n. 633 […], quanto all’Iva, […] – ferma restando la necessità […] che l’amministrazione dimostri che vi era stata una puntuale indicazione di quanto richiesto, accompagnata dall’espresso avvertimento circa le conseguenze della mancata ottemperanza – […] la mancata esibizione di quanto richiesto ne preclude la valutazione a favore del contribuente solo ove si traduca in un sostanziale rifiuto di rendere disponibile la documentazione, incombendo la prova dei relativi presupposti di fatto sull’amministrazione finanziaria». Ebbene, nel caso di specie, la censura rivolta alla sentenza impugnata va disattesa per la dirimente ragione che l’ufficio non ha fornito la prova del sostanziale rifiuto opposto dalla contribuente, nel corso della verifica fiscale, alla specifica richiesta dell’organo di controllo di esibire quella stessa documentazione che, successivamente, secondo la tesi erariale, il giudice di merito avrebbe posto a fondamento della decisione;
7. il primo motivo non è fondato;
7.1 le Sezioni Unite della Corte hanno chiarito che la motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perché affetta da error in procedendo, allorquando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguìto dal giudice per la formazione del proprio convincimento, cioè tali da lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass. U. 19/06/2018, n. 16159 [p. 7.2.], che menziona Cass. Sez. U. 03/11/2016, n. 22232; conf.: Cass. Sez. U. nn. 22229, 22230, 22231, del 2016. I medesimi concetti giuridici sono espressi da Cass. Sez. U. 24/03/2017, n. 766; Cass. Sez. U. 09/06/2017, n. 14430 [p. 2.4.]; Cass. Sez. U. 18/04/2018, n. 9557 [p. 3.5.]). Ancor più di recente, Cass. Sez. U. 27/12/2019, n. 34476 (che cita, in motivazione, Cass. Sez. U. 07/04/2014, n. 8053; Cass. Sez. U. 18/04/2018, n. 9558; Cass. Sez. U. 31/12/2018, n. 33679) ha avuto modo di ribadire che «nel giudizio di legittimità è denunciabile solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, in quanto attiene all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali: tale anomalia si esaurisce nella mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico, nella motivazione apparente, nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili e nella motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di sufficienza della motivazione»;
7.2 ciò premesso sul piano dei princìpi, nel caso concreto, al contrario di quanto asserisce l’ufficio, la motivazione non è né omessa né apparente in quanto la sentenza impugnata spiega con sufficiente chiarezza le ragioni per le quali ha negato la legittimità delle quattro riprese fiscali;
8. il terzo motivo è inammissibile;
8.1 si tratta di censura generica che, in sostanza, è diretta a rimettere in discussione, in questa sede di legittimità, quell’accertamento di fatto, demandato in via esclusiva al giudice di merito;
9. il quarto e il quinto motivo, da esaminare insieme per connessione, non sono fondati;
9.1 la C.T.R., senza commettere alcun errore nell’individuazione dei criteri di riparto, tra fisco e contribuente, dell’onere della prova, si è giustamente soffermata sulla questione dell’omessa produzione della certificazione dell’Ute, quale motivo del diniego dell’esenzione Ilor (e, in mancanza di trascrizione, nel ricorso per cassazione, dell’avviso di accertamento, non è consentito nemmeno ipotizzare che il disconoscimento dell’agevolazione dipendesse da altri motivi, in ipotesi tralasciati dal giudice di appello), ha stabilito che l’assenza della certificazione Ute non impediva il riconoscimento dell’esenzione Ilor;
10. in conclusione, il ricorso deve essere rigettato;
11. le spese del giudizio di legittimità, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza;
12. rilevato che risulta soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica l’art. 13 comma 1-quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (Cass. 29/01/2016, 1778);
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna l’Agenzia delle entrate al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 5.600,00, a titolo di compenso, euro 200,00, per esborsi, oltre al 15% sul compenso, a titolo di rimborso forfetario delle spese generali, e agli accessori di legge.
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