Corte di Cassazione ordinanza n. 16903 depositata l’ 11 agosto 2020

processo tributario – estinzione della società

rilevato che:

dalla esposizione in fatto della sentenza impugnata si evince che: l’Agenzia delle entrate aveva notificato a G. s.r.l. un avviso di accertamento con il quale, relativamente all’anno di imposta 2003, aveva determinato una maggiore Iva, irrogando le conseguenti sanzioni, in considerazione del fatto che la società, nel suddetto anno non aveva effettuato operazioni imponibili rilevanti ai fini della formazione del plafond e, pertanto, non possedeva la qualifica di esportatore abituale; avverso il suddetto atto impositivo C.F., in proprio e quale liquidatore della società, aveva proposto ricorso dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Lecco che lo aveva rigettato; avverso la suddetta decisione veniva proposto appello dalla società, come sopra rappresentata;

la Commissione tributaria regionale della Lombardia ha rigettato l’appello, in particolare ha ritenuto che: la società non aveva svolto operazioni imponibili rilevanti ai fini della formazione del plafond e non aveva presentato la prescritta dichiarazione di intenti, sicchè non aveva titolo ad effettuare gli acquisti senza l’applicazione dell’Iva; non poteva assumere rilevanza la particolare situazione aziendale della società e la circostanza che l’Iva non addebitata sarebbe stata comunque detratta, senza, quindi, alcun danno per l’erario; non sussisteva alcun vizio di motivazione dell’avviso di accertamento né sussisteva il vizio di omessa sottoscrizione;

avverso la suddetta pronuncia ha proposto ricorso C.F., in proprio e quale liquidatore della società, affidato a sei motivi di censura;

l’Agenzia delle entrate è rimasta intimata;

considerato che:

ai fini della definizione della presente controversia assume rilevanza decisiva il rilievo del difetto di legittimazione processuale del ricorrente a proporre ricorso avverso l’avviso di accertamento in oggetto;

parte ricorrente, in particolare, evidenzia sia in sede di esposizione sommaria dei fatti di causa (pag. 2), che con il primo motivo di ricorso (pag. 9), che la società G. s.r.l., di cui lo stesso era liquidatore, è stata cancellata dal registro delle imprese in data 12 agosto 2008;

tale circostanza assume rilievo ai fini della valutazione della legitimatio ad causam del ricorrente il quale ha proposto il ricorso originario, nella propria qualità di liquidatore della società, in data 14 maggio 2009 (vd. sentenza CTR, rigo 12, pag. 1), quindi successivamente alla data di cancellazione della società (12 febbraio 2008);

attesa, quindi, la cancellazione della società, il ricorrente, quale liquidatore della società, non aveva la legitimatio ad causam per proporre impugnazione in data successiva alla suddetta cancellazione;

invero, ai sensi dell’art. 2495, cod. civ., (nel testo risultante dopo la riforma del diritto societario, attuata dal D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, la cui entrata in vigore è fissata al 1 gennaio 2004), la cancellazione di una società di capitali dal registro delle imprese comporta l’estinzione della società, restando irrilevante l’eventuale esistenza di rapporti giuridici ancora pendenti;

inoltre, con riguardo all’effetto estintivo delle società (sia di persone che di capitali) derivante dalla cancellazione dal registro delle imprese, va precisato che il “D.Lgs. 21 novembre 2014, n. 175, art. 28, comma 4, in quanto recante disposizioni di natura sostanziale sulla capacità delle società cancellate dal registro delle imprese, non ha valenza interpretativa (neppure implicita) nè efficacia retroattiva, sicchè il differimento quinquennale degli effetti dell’estinzione della società derivanti dall’art. 2495 c.c., comma 2 operante nei confronti soltanto dell’amministrazione finanziaria e degli altri enti creditori o di riscossione indicati nello stesso comma, con riguardo a tributi o contributi, si applica esclusivamente ai casi in cui la richiesta di cancellazione della società dal registro delle imprese (che costituisce il presupposto di tale differimento) sia presentata nella vigenza della nuova disciplina di detto D.Lgs., ossia il 13 dicembre 2014, o successivamente” (Cass. civ., 6743/15, 7923/16, 8140/16; Cass. civ., 15648/15, 19142/16, 11100/17);

infine, questa Suprema Corte ha, altresì, ripetutamente chiarito, con riferimento sia a diverse tipologie di enti collettivi (società di capitali, società di persone, associazioni non riconosciute) che a diverse tipologie di atti (avvisi di accertamento, cartelle di pagamento), che “in tema di contenzioso tributario, la cancellazione dal registro delle imprese, con estinzione della società prima della notifica dell’avviso di accertamento e dell’instaurazione del giudizio di primo grado, determina il difetto della sua capacità processuale e il difetto di legittimazione a rappresentarla dell’ex liquidatore, sicché eliminandosi ogni possibilità di prosecuzione dell’azione, consegue l’annullamento senza rinvio ex art. 382 c.p.c., della sentenza impugnata con ricorso per cassazione, ricorrendo un vizio insanabile originario del processo, che avrebbe dovuto condurre da subito ad una pronuncia declinatoria di merito” trattandosi di impugnazione improponibile, poichè l’inesistenza della società è rilevabile anche d’ufficio (Cass. civ., n. 5736/16; Cass. civ., n. 20252/15, Cass. civ., n. 21188/14), non essendovi spazio per ulteriori valutazioni circa la sorte dell’atto impugnato, proprio per il fatto di essere stato emesso nei confronti di un soggetto già estinto (Cass. civ., n. 4778/17; Cass. civ., n. 2444/17; Cass. civ., n. 19142/16; v. anche, implicitamente, Cass. Sez. U., n. 3452/17; cfr. Cass. n.n. 23029/17, 4853/15, 21188/14, 22863/11, 14266/06, 2517/00);

ne consegue che, al momento della proposizione del ricorso introduttivo del giudizio di primo, avvenuto, secondo quanto si evince dalla sentenza il 14 maggio 2009, C.F., quale rappresentante legale della società, non poteva legittimamente proporre opposizione avverso l’avviso di pagamento in esame, essendo stata la società cancellata dal registro delle imprese in data precedente (12 febbraio 2008); invero, già prima dell’introduzione del giudizio di primo grado la capacità processuale della società contribuente era venuta meno e, conseguentemente, anche la legittimazione a rappresentarla dell’ex liquidatore (Cass. civ., 15 giugno 2018, n. 15844; Cass. civ., 23 marzo 2016, n. 5736; Cass. civ., 2 ottobre 2014, n. 21188);

pertanto, la sentenza impugnata deve essere cassata senza rinvio e, decidendo nel merito, va dichiarato inammissibile il ricorso originario proposto da C.F., quale rappresentante legale della società, in quanto la società era già estinta al momento della presentazione del ricorso dinanzi al giudice di primo grado e, quindi, il ricorrente era, già da allora, privo di capacità processuale; nulla sulle spese, attesa la mancata costituzione dell’intimata;

P.Q.M.

La Corte: pronunciando sul ricorso, dichiara l’improponibilità del ricorso introduttivo.