Corte di Cassazione sentenza n. 17192 depositata il 27 maggio 2022
vizio di motivazione della sentenza – agevolazioni fiscali – accise
FATTI DI CAUSA
Con la sentenza impugnata la Commissione tributaria regionale della Lombardia rigettava l’appello proposto da Planzer Trasporti srl avverso la sentenza n. 48/03/10 della Commissione tributaria provinciale di Como, che ne aveva respinti) il ricorso contro l’avviso di pagamento per accise su olii minerali anni 2002/2007.
La CTR, nella parte che qui rileva, osservava in particolare anzitutto che andava esclusa la natura sanzionatoria della perdita dell’agevolazione, a seguito della constatazione della falsità, quantomeno parziale, della autodichiarazione circa la sussistenza dei suoi presupposti, ex art. 75, dPR 445/2000, non essendo fondata la questione di legittimità costituzionale di tale disposizione legislativa; che nel merito le pretese erariali erano fondate, posto che dalle verifiche ispettive espletate dall’agenzia fiscale era risultato il malfunzionamento dell’impianto azienda!, interno di erogazione di gasolio per autotrazione, sicchè appunto detta dichiarazione sostitutiva di atto notorio doveva considerarsi non veritiera, mancando quindi le condizioni legali per l’agevolazione applicata e con gli atti impugnati revocata.
Avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione la società contribuente deducendo quattro motivi poi illustrati con una memoria.
Resiste con controricorso l’Agenzia delle dogane e dei monopoli.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo -ex art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., nel testo applicabile temporalmente ossia prima della sua modifica ad opera dell’art. 54, comma 1, lett. b), di 83/2012- la ricorrente denuncia l’omessa, insufficiente e contr2ddittoria motivazione della sentenza impugnata, poiché la CTR non ha preso in considerazione le sue allegazioni difensive circa il metoc10 di contabilizzazione dei consumi di gasolio agevolato, derivandone l’affermazione di fatto che le dichiarazioni correlative fossero non veritiere.
La censura è inammissibile e comunque infondata.
Va ribadito che «La deduzione di un vizio di motivazione della sentenza impugnata con ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimità, non il potere di riesaminare il merito della intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, ma la sola facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica della coerenza logico – formale, delle argomentazioni svolte dal giudice del merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge. Ne consegue che il preteso vizio di motivazione, sotto il profilo della omissione, insufficienza, contraddittorietà della medesima, può legittimamente dirsi sussistente solo quando, nel ragionamento del giudice di merito, sia rinvenibile traccia evidente del mancato ( o insufficiente) esame di punti decisivi della controversia, prospettati dalle parti rilevabili di ufficio, ovvero quando esista insanabile contrasto tra le argomentazioni complessivamente adottate, tale da non consentire l’identificazione del procedimento logico – giuridico posto a base della decisione» (Cass., n. 19547 del 04/08/2017, Rv. 645292 – 01).
In base a tale, consolidato, arresto giurisprudenziale, il mezzo, per un verso, risulta inammissibile appunto perché mira ad un riesame della valutazione del quadro probatorio fatto dalla CTR lombarda; per altro verso è infondato in quanto il giudice tributario di appello ha opinato -con valutazione insindacabile in questa sede- che gli accertamenti ispettivi dell’Ente impositore inducessero ad un giudizio di “non veridicità” delle dichiarazioni clella società contribuente al fine di ottenere l’agevolazione fiscale de qua.
Con il secondo motivo -ex art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.- la ricorrente lamenta la violaziore/falsa applicazione dell’art. 3, dPR 277/2000, poiché la Commissione tributaria regionale, almeno per implicito, non ha ritenuto valido il suo metodo di conteggio del carburante per autotrazione ai fini dell’agevolazione in questione.
La censura è infondata.
L’art. 3 D.P.R. 9 giugno 2000, n. 277 subordina il riconoscimento dell’agevolazione fiscale alla presentazione «entro il 30 giugno successivo alla scadenza di ciascun anno solare, [di] apposita dichiarazione», alla quale devono essere a legate le fatture in originale «contenenti anche gli estremi della targa dell’autoveicolo rifornito» (comma 3); «alla dichiarazione è [altresi] allegata copia dei certificati di immatricolazione degli autoveicoli aventi titolo al beneficio, nonché un prospetto, costituente parte integrante della dichiarazione stessa, riportante i seguenti ulteriori dati per sinqolo autoveicolo: il numero di targa … » (comma 6).
La presentazione di una dichiarazione incompleta – mancante, cioè, dei documenti e dei dati prescritti «per ottenere il beneficio di cui al comma 1 dell’articolo 1» (così il comma 1 dell’art. 3 D.P.R. n. 277 del 2000) – impedisce il riconoscimento dell’agevolazione fiscale, non potendosi ritenere sussistente il diritto alla stessa prescindendo dall’adempimento degli oneri (che non !1anno una natura soltanto formale, ma sono finalizzati alla dimostrazione della pretesa del contribuente) volti al suo conseguimento (Cass. 25096/2019).
A nulla rileva, dunque, l’esistenza cli un distributore di gasolio privato.
La sentenza impugnata si muove be,, all’interno di tale percorso
ermeneutico della disposizione legislativa de qua e pertanto il vizio di violazione di legge denunciato deve consic’erarsi insussistente.
Con il terzo motivo -ex art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.- la ricorrente si duole della violazione/falsa applicazione degli artt. 75, 47, 48, dPR 445/2000, 1-3, dPR 277/2000, poiché la Commissione tributaria regionale, negando natura sanz:onatoria alla prima di dette disposizioni legislative, ha rigettato la sua eccezione di illegittimità costituzionale della medesima (per violazione degli artt. 3, 97, Cost.), che riproponeva con il mezzo stesso), a sostegno della quale evidenziava l’assoluta sproporzione tra l’irregolarità accertata (il 5,98% di carburante non agevolabile sul dichiarato complessivo, pari ad un credito erariale di euro 9.848,64) a fronte di una richiesta -per il totale di euro 183.866,57.
La censura è fondata nei termini che seguono.
Va premesso in fatto che le quantità affermate dalla ricorrente non sono oggetto di contestazione da parte dell’agenzia fiscale ed in diritto che le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 75, dPR 445/2000 sollevate aliunde (Tribunale arr ministrativo regionale della Puglia-Lecce con ordinanze del 17 /09-23; 10-25/10/2018) sono state dichiarate inammissibili, per difetto di rilevanza, con sentenza della Corte costituzionale n. 199/2019.
Tuttavia un’interpretazione costituzionalmente ed unionalmente orientata della disposizione legislativa in esame porta ad una soluzione di diritto favorevole alla società contribuente e rende perciò irrilevante la questione di costituzionalità che la medesima prospetta.
Questa Corte ha infatti recentemente affermato che «In tema di agevolazioni d’accise sul gasolio per autotrazione, le carenze, gli errori o le falsità contenute nella dichiarazione trimestrale di consumo accertate dall’Amministrazione doganale dopo la formazione del silenzio-assenso e la fruizione del credito determinano la perdita dei benefici, con l’irrogazione delle conseguenti sanzioni, limitatamente agli importi irregolarmente dichiarati o documentati e non rispetto all’intera agevolazione, salvo che l’attestazione mendace o erronea investa un elemento costitutivo dell’istanza» (Sez. 5 – , Ordinanza n. 5812 del 03/03/2020, Rv. 657378 – 01; conf. n. 3072/2021).
Il Collegio intende dare seguito a questa giurisprudenza, per le ragioni che seguono.
La dichiarazione di consumo trimestrale ai fini della fruizione dell’agevolazione la natura negoziale e non di mera dichiarazione di scienza, in quanto diretta a manifestare la volontà di avvalersi del beneficio fiscale in ragione dell’affermazione della sussistenza dei requisiti e delle condizioni previste dal legislatore per il soddisfacimento delle finalità previste dalla legge n. 448 del 1998.
La fattispecie, inoltre, è, in via generale, riconducibile alla disciplina delle “dichiarazioni sostitutive” di cui al d.P.R. n. 445 del 2000 sia perché l’art. 3, comma 1, d.P.R. n. 277 del 2000, entrato in vigore prima del citato decreto n. 445, richiamava esplicitamente, ai fini della disciplina della dichiarazione stessa, la normativa in tema di dichiarazioni sostitutive previgente (« [ … ] apposita dichiarazione, sottoscritta dal titolare o dal rappresentante legale o negoziale dell’impresa ai sensi dell’articolo 20 della legge 4 gennaio 1968, n. 15, e del comma 11 dell’articolo 3 della legga 15 maggio 1997, n. 127,
come sostituito dall’articolo 2, comma 10, della legge 16 giugno 1998, n. 191 » ), poi modificata dal d.P.R. n. 44 ; cit., sia perché, in ogni caso, la detta dichiarazione ha ad oggetto fatti (:e quantità di gasolio, la loro destinazione, i veicoli che ne hanno fatto utilizzazione, … ) che sono «a diretta conoscenza dell’interessato», come previsto dall’art. 47 d.P.R. n. 445 del 2000.
Ciò posto, l’art. 4, commi 1 e 2, d.P. R. n. 277 del 2000 dispone: «1. L’ufficio, ricevuta la dichiarazione di cui all’articolo 3 e la documentazione a corredo, entro trenta giorni dal ricevimento ne controlla la regolarità, invitando l’interessato ad integrare, entro il termine massimo di quarantacinque g.iorni successivi alla data di comunicazione del predetto invito, la dichiarazione stessa con gli elementi e con la documentazione eventualmente mancanti; inoltre, entro sessanta giorni dal ricevimento della dichiarazione ovvero degli elementi e della documentazione mancanti, determina l’importo complessivo del credito spettante e, nel caso di richiesta di rimborso, emette apposito titolo per il pagamento di tale importo secondo le norme vigenti in materia di contabilità di Stato. Qualora non vi siano i presupposti per il riconoscimento dei credito, l’ufficio ne dà comunicazione all’interessato mediante notifica del provvedimento di diniego ed agli altri uffici interessati secondo le disposizioni del decreto di cui all’articolo 7. Con lo stesso decreto sono stabilite le modalità di controllo circa la veridicità della predetta dichiarazione.
2. Decorsi i sessanta giorni dal ricevimento, da parte dell’ufficio, della dichiarazione ovvero degli elemerti mancanti senza che al soggetto sia stato notificato il provvedimento di diniego di cui al comma 1, l’istanza si considera accolta e il medesimo può utilizzare l’importo del credito spettante in compensazione ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n.. 241, qualora ne abbia fatto richiesta. In tali casi l’ufficio competente può annullare, con provvedimento motivato, l’atto di assenso illegittimamente formato, salvo che, ove ciò sia possibile, l’interessato provveda a sanare i vizi entro un termine prefissatogli dall’ufficio stesso»
Il meccanismo delineato dalla suddetta disciplina è dunque il seguente:
- il contribuente presenta, sotto la propria responsabilità (anche penale), la dichiarazione di consumo cli cui all’art. 3 per fruire dell’agevolazione corredata della documentazione e dei dati necessari;
- l’Amministrazione provvede all’istruzione della pratica, chiedendo, ove necessario, le eventuali integrazioni;
- nel termine di 60 giorni dalla rich esta (o dalla ricezione delle integrazioni) l’Amministrazione «determina l’importo complessivo del credito spettante» – il quale, in caso di carenze, errori, omissioni che non siano stati integrati o corretti, è inferiore a quanto richiesto – ovvero, se «non vi siano i presupposti per il riconoscimento del credito», adotta provvedimento di diniego>;
- se il termine decorre senza l’adozione di alcun provvedimento, l’istanza, con il meccanismo del silenzio-assenso, «si considera accolta» e il contribuente può utilizzare il credito così riconosciuto;
- l’inutile decorso del termine cli 60 giorni e l’effetto della formazione del silenzio-assenso a favore del contribuente non preclude la permanenza del potere-dovere dell’Amministrazione di effettuare i necessari accertamenti sul merito dell’istanza e, quindi, ove risultino delle irregolarità, di «annullare, con provvedimento motivato, l’atto di assenso illegittimamente formato»;
- è previsto, peraltro, un significativo correttivo poiché un simile esito segue «salvo che, ove ciò sia possi’bile, l’interessato provveda a sanare i vizi entro un termine prefissato dall’ufficio stesso».
Tali ultime previsioni sono, all’ evidenza, ispirate ad una duplice ratio: da un lato, l’inutile decorso del termine non può andare a detrimento del contribuente, allungancio in termini indefiniti il momento per fruire del credito maturato; inoltre, il silenzio-assenso non può che formarsi sull’intera richiesta come originariamente formulata e ciò sull’ assunto, appunto evidente, che la dichiarazione, fino al compiuto rlscontro da parte dell’Ufficio, deve ritenersi corretta e veritiera, anche perché resa sotto la responsabilità del dichiarante/contribuente.
Dall’altro, la permanenza del potere di controllo da parte dell’Amministrazione, oltre a rispondere ad un principio generale in tema di autocertificazioni (v. art. 71 d.P.R. n. 445 del 2000), si giustifica in relazione alla finalità di consentire il riconoscimento di un beneficio fiscale solo in presenza dei presupposti e dei requisiti di legge, ponendosi una diversa soluzione in conflitto con la disciplina unionale (v. Corte di Giustizia, sentenza 2 giugno 2016, in C-418/14, ROZ- WIT, che, nell’esaminare le condizioni di riconoscimento delle esenzioni in materia di prodotti energetici in relazione alla Direttiva 2003/96/CE, ha precisato che «tanto l’impianto sistematico quanto la ratio della direttiva 2003/96 si basano sul principio secondo cui i prodotti energetici sono tassati in relazione al loro effettivo utilizzo»).
Le considerazioni appena fatte rivel ano che la norma sancisce che i poteri dell’Amministrazione, nella fase successiva alla formazione del silenzio-assenso, rimangono inalterati rispetto alla fase di istruttoria in senso stretto, sì da dare origine a provvedimenti omogenei.
L’Amministrazione nel momento in cui “annulla” il silenzio assenso ( o, più correttamente, provvede sull’originaria istanza, valutando che non sussistono le condizioni per confermare, anche implicitamente, il riconoscimento positivo intervenuto per il decorso del tempo), adotta, contestualmente, il provvedimento impositivo per il recupero delle somme che non potevano essere riconosciute e, invece, sono state indebitamente compensate.
In tale fase, tuttavia, il provvedimento ha necessariamente – sia pure in termini invertiti avendo il contribuente già fruito per l’intero dell’agevolazione richiesta, sicché l’atto assume la forma della ripresa di quanto indebitamente non corrisposto, cm irrogazione delle sanzioni per l’inesistenza, in parte qua, del credito ·· il medesimo contenuto e si concretizza nelle medesime decisioni eh, sarebbero state adottate originariamente.
Appare del resto incongruo che, mentre nell’ipotesi in cui l’Amministrazione abbia tempestivamente valutato e contestato l’esistenza di irregolarità, sì da determinare l’ammontare del credito spettante in misura inferiore a quanto richiesto, gli stessi elementi di fatto comportino il disconoscimento integrale dell’intero credito anche per le parti correttamente documentate e per le quali sussistono i requisiti di legge per il solo fatto che la decisione sia intervenuta in un momento successivo.
Lo stesso correttivo previsto dall’ultma parte del comma 2, del resto, bene si coniuga con la previsione della concessione di un termine per l’integrazione previsto dal comma 1 della disposizione, ad ulteriore riscontro della omogeneità delle sue previsioni.
La soluzione sopra delineata, inoltre, è coerente anche con il principio di cui all’art. 75 d.P.R. n. 445 del 2000, secondo il quale «qualora dal controllo di cui all’articolo 7.1 emerga la non veridicità del contenuto della dichiarazione, il dichiarante decade dai benefici eventualmente conseguenti al provvecJimeoto emanato sulla base della dichiarazione non veritiera».
La struttura della disposizione legislativa quindi pone in risalto che la perdita dei benefici resta – in ogni caso – rapportata agli importi per i quali la dichiarazione è non veritiera D irregolare.
In caso di decisione tempestiva, infatti, le eventuali carenze della dichiarazione sono idonee a determinare il mancato riconoscimento della corrispondente voce di credito, ma non anche il rigetto integrale dell’istanza (salvo, in evidenza, che non riguardino requisiti essenziali della richiesta stessa) e ciò pur a fronte jel carattere “non veridico” della dichiarazione.
L’identità strutturale tra la decisione tempestiva e quella dopo la scadenza dei termini comporta, dunque, che l’eventuale “decadenza” si realizzi negli stessi termini, ossia esclusivamente con riguardo agli importi direttamente coinvolti nella contestata non veridicità della dichiarazione.
Non va trascurato, infine, che l’istanza mira alla fruizione di una agevolazione per un complessivo importo le cui componenti tuttavia sono autonome ed oggetto di specifica valutazione: solo ove la falsità riguardi un elemento costitutivo dell’istanza (ad es. la dichiarazione di essere impresa esercente attività di autotrasporto) l’intera richiesta resta travolta, mentre se riguarda specifiche voci (ad es. la falsa titolarità di una cisterna di stoccaggio), a valutazione mantiene un carattere frazionato.
Con il quarto motivo -ex art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.- la ricorrente denuncia la violazione/falsa applicazione degli artt. 16, 17, d.lgs. 472/1997, poiché la CTR non ha accolto la sua domanda di restituzione parziale dell’importo versato per le sanzioni, nonostante il suo diritto alla riduzione delle stesse quale effetto del versamento integrale effettuato nel termine di legge.
L’accoglimento del terzo motivo è assorbente del mezzo in esame, dovendo il trattamento sanzionatorio essere complessivamente rivalutato in sede di giudizio di rinvio.
In conclusione, accolto il terzo motivo del ricorso, rigettati il primo ed il secondo motivo, assorbito il quarto motivo, la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla CTR per nuovo esame ed anche per le spese del presente giudizio.
PQM
La Corte, accoglie il terzo motivo del ricorso nei termini di cui in motivazione, rigetta il primo ed il secondo motivo, dichiara assorbito il quarto motivo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.
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