Corte di Cassazione sentenza n. 17350 depositata il 30 maggio 2022
contenzioso tributario – ricorso cumulativo – ripartizione onere della prova – IMU – esenzione agricoltori
MOTIVI DI RICORSO
1. Con il primo motivo, si denuncia falsa applicazione degli 2 e 9 del D.L.vo 30 dicembre 1992 n. 504, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., per essere stato erroneamente ritenuto dal giudice di appello che l’esenzione spettasse per l’intera proprietà dei terreni anche in difetto dei requisiti soggettivi in capo ai singoli comproprietari, giacché la sola F.R. era coltivatrice diretta ed esercitava la coltivazione dei terreni.
2. Con il secondo motivo, si denuncia falsa applicazione dell’art. 2697 cod. , in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., per essere stato erroneamente ritenuto dal giudice di appello che Albanesi Antonietta avesse assolto l’onere della prova circa i requisiti per l’esenzione in capo a F.R., tenendo conto che l’esenzione era stata riconosciuta soltanto per l’anno 2006 e che la tarda età della comproprietaria non consentiva di presumere la conduzione diretta dei terreni per il successivo quinquennio.
3. Con il terzo motivo, si denuncia, al contempo, violazione dell’art. 4, commi 2, 3 e 4, del M. 10 marzo 2014 n. 55, quale modificato dal D.M. 8 marzo 2018 n. 37, sulla base dell’art. 13, comma 6, della Legge 31 dicembre 2012 n. 247, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., nonché violazione dell’art. 111, comma 1, Cast., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., per essere stata erroneamente pronunziata dal giudice di appello la condanna alla rifusione delle spese giudiziali per ciascuno dei procedimenti con la liquidazione dei compensi in misura eccessiva rispetto al valore della controversia, anche a causa dell’omessa riunione per connessione, che avrebbe consentito un’unica liquidazione dei compensi con la sola maggiorazione del 30% in ragione della pluralità dei procedimenti.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Preliminarmente, si rileva che, in materia tributaria, è ammissibile – fermi restando gli eventuali obblighi tributari della ricorrente, in relazione al numero dei provvedimenti impugnati – il ricorso cumulativo avverso più sentenze emesse tra le stesse parti, sulla base della medesima ratio, in procedimenti formalmente distinti, ma attinenti allo stesso rapporto giuridico d’imposta, pur se riferiti a diverse annualità, ove i medesimi dipendano per intero dalla soluzione di una identica questione di diritto comune a tutte le cause, in ipotesi suscettibile di dar vita ad un giudicato rilevabile d’ufficio in tutte le cause relative al medesimo rapporto d’imposta (tra le tante: Cass., Sez. Un., 16 febbraio 2009, n. 3692; Cass., Sez. SA, 7 maggio 2010, n. 11186; Cass., Sez. SA, 30 giugno 2010, 15582; Cass., Sez. SA, 3 aprile 2013, n. 8075; Cass., Sez. SA, 22 febbraio 2017, n. 4595; Cass., Sez. SA, 27 dicembre 2018, n. 33422; Cass., Sez. SA, 12 aprile 2019, n. 10287; Cass., Sez. SA, 10 febbraio 2021, n. 3225; Cass., Sez. SA, 3 novembre 2021, n. 31282; Cass., Sez. 6A-S, 17 febbraio 2022, n. 5204).
Per cui, nulla osta alla proponibilità di un unico ricorso per cassazione avverso una pluralità di sentenze rese dal medesimo giudice tributario di secondo grado in relazione alla separata impugnazione di una serie di atti impositivi relativi a diverse annualità dell’ICI.
2. Ciò posto, il primo motivo è infondato.
2.1 Secondo il costante orientamento di questa Corte, in tema di ICI, l’art. 2, comma 1, b), del D.L.vo 30 dicembre 1992 n. 504, nel considerare agricolo un terreno, pur suscettibile di utilizzazione edificatoria, a condizione che sia posseduto e condotto dai soggetti indicati nell’art. 9, comma 1, del D.L.vo 30 dicembre 1992 n. 504 (coltivatori diretti od imprenditori agricoli) e che persista l’utilizzazione agro-silvo-pastorale mediante l’esercizio di attività dirette alla coltivazione del fondo, alla silvicoltura, alla funghicoltura ed all’allevamento di animali, si riferisce ad una situazione incompatibile con la possibilità dello sfruttamento edilizio dell’area, avente carattere oggettivo, e pertanto, nel caso di comunione di un fondo edificabile in cui persiste la predetta utilizzazione da parte di uno solo dei comproprietari, trova applicazione non solo al comproprietario coltivatore diretto, ma anche agli altri comproprietari che non esercitano sul fondo l’attività agricola (in termini: Cass., Sez. SA, 30 giugno 2010, n. 15566; Cass., Sez. SA, 5 luglio 2011, n. 14824; Cass., Sez. 6A-S, 25 maggio 2017, n. 13261; Cass., Sez. SA, 7 luglio 2017, n. 16796; Cass., Sez. 6A-S, 3 luglio 2018, n. 17337; Cass., Sez. SA, 7 luglio 2020, n. 14043; Cass., Sez. 6A-S, 3 giugno 2021, n. 15314; Cass., Sez. SA, 16 giugno 2021, n. 17001).
2.2 Peraltro, tale orientamento non è suscettibile di rivisitazione secondo quanto dedotto nella memoria del ricorrente, in conseguenza dell’entrata in vigore (con decorrenza dall’l gennaio 2020) dell’art. 1, comma 743, della Legge 27 dicembre 2019 n. 160, il quale, in relazione all’IMU, ha disposto che: «In presenza di più soggetti passivi con riferimento ad un medesimo immobile, ognuno è titolare di un’autonoma obbligazione tributaria e nell’applicazione dell’imposta si tiene conto degli elementi soggettivi ed oggettivi riferiti ad ogni singola quota di possesso, anche nei casi di applicazione delle esenzioni o agevolazioni». Quindi, alla stregua di tale disposizione, l’esenzione connessa alla conduzione dei terreni da parte di un comproprietario con la qualifica di coltivatore diretto non sarebbe suscettibile di estensione agli altri comproprietari sprovvisti di tale qualità. Invero, riguardando l’avviso di accertamento le annualità 2007, 2008, 2009, 2010 e 2011 dell’ICI, il collegio ritiene di poter confermare l’orientamento di questa Corte, secondo cui la fattispecie deve essere regolamentata dalla legislazione vigente ratione temporis e non già dall’art. 1, comma 743, della Legge 27 dicembre 2019 160 (peraltro, come si è detto, relativo all’IMU), che non è suscettibile di applicazione retroattiva (in tal senso: Cass., Sez. 6/\-5, 28 aprile 2021, nn. 11144 e 11145).
2.3 Nella specie, il giudice di appello si è conformato al principio enunciato, avendo ritenuto che, «(…) nell’ipotesi in cui il terreno è posseduto e condotto da coltivatore diretto sul quale persiste l’utilizzazione agro-silvo-pastorale mediante l’esercizio di attività dirette alla coltivazione del fondo, lo stesso beneficia delle agevolazioni previste dalla disciplina dell’IMU con la precisazione che, qualora il terreno sia posseduto da più soggetti, ma sia condotto da uno solo, che abbia comunque i requisiti prescritti dall’ordinamento, l’agevolazione in discorso si applica a tutti i comproprietari», per cui «il beneficio di cui si controverte produce i suoi effetti “a cascata” su tutti gli altri comproprietari non utilizzatori del fondo (...)».
3. Il secondo motivo è fondato, derivandone l’assorbimento del terzo motivo.
3.1 In linea generale, la violazione del precetto di cui all’art. 2697 civ. si configura nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne era gravata in applicazione di detta norma, non anche quando, a seguito di una incongrua valutazione delle acqu1s1z1oni istruttorie, abbia ritenuto erroneamente che la parte onerata avesse assolto tale onere, poiché in questo caso vi è un erroneo apprezzamento sull’esito della prova, sindacabile in sede di legittimità solo per il vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ.» (tra le tante: Cass., Sez. 5, 9 giugno 2021, n. 15974; Cass., Sez. 5, 20 ottobre 2021, 29041; Cass., Sez. 5, 29 marzo 2022, n. 10016; Cass., Sez. 5, 4 aprile 2022, n. 10673).
3.2 Nello specifico, è pacifico che, in tema di ICI, l’agevolazione fiscale prevista dall’art. 9 del D.L.vo 30 dicembre 1992 504 per i terreni agricoli posseduti dai soggetti di cui all’art. 58 del D.L.vo 15 dicembre 1997 n. 446, è subordinata alla ricorrenza dei requisiti della qualifica, da parte del possessore, di coltivatore diretto o di imprenditore agricolo a titolo principale, desumibile dall’iscrizione negli appositi elenchi di cui all’art. 11 della Legge 19 gennaio 1963 n. 9, e della conduzione effettiva dei terreni, che, invece, deve essere provata in via autonoma dal contribuente, atteso che la ratio della disposizione è quella di incentivare la coltivazione della terra alleggerendo il carico tributario dei soggetti che ritraggono dal lavoro agricolo la loro esclusiva fonte di reddito (Cass.., Sez. 51\ 12 aprile 2019, n. 10284; Cass., Sez. 5″, 15 gennaio 2020, n. 556; Cass., Sez. 6″-5, 24 settembre 2020, n. 20012; Cass., Sez. 5″, 30 marzo 2021, n. 8729; Cass., Sez. 6″-5, 4 maggio 2021, n. 11670), potendo ben accadere che un soggetto iscritto nel detto elenco poi non conduca direttamente il fondo per il quale chiede l’agevolazione, la quale, pertanto, non compete (Cass., Sez. 5″, 15 gennaio 2020, n. 556).
3.3 Nella specie, il giudice di appello ha fatto malgoverno dei principi enunciati, avendo ritenuto, sul presupposto che «la parte appellante ha prodotto le prove relative alla sussistenza e persistenza dei requisiti in capo alla comproprietaria diretta coltivatrice F. R. allegando altresì il provvedimento di annullamento dell’avviso di accertamento ICI per l’anno di imposta 2006 emesso dal Comune di Folignano nei confronti della sig.ra Filomena Rana/li riconoscendo che la stessa risulta in possesso dei requisiti prescritti ossia la qualifica di coltivatore diretto o imprenditore agricolo a titolo principale e della conduzione diretta dei terreni», che «incombe all’Amministrazione l’onere di provare che alla comproprietaria diretta utilizzatrice del fondo il beneficio di cui si controverte non spetta più, con le conseguenze fiscali conseguenti ricadenti, (…) a cascata, sulle altre comproprietarie».
Difatti, la prova della conduzione effettiva dei terreni per una singola annualità (nella specie, l’anno 2006) non può sortire efficacia riflessa per le successive annualità, essendo ben possibile che la coltivazione diretta da parte del contribuente sia cessata o sia interrotta per circostanze sopravvenute o per scelta volontaria. Pertanto, tale requisito deve essere comprovato dal contribuente (e accertato dal giudice) in relazione a ciascuna annualità per la quale si invoca l’esenzione, non potendo desumersene la sussistenza dalla ricorrenza nelle annualità precedenti.
4. Valutandosi l’infondatezza del primo motivo, la fondatezza del secondo motivo e l’assorbimento del terzo motivo, il ricorso può trovare accoglimento entro tali limiti e la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione al motivo accolto con rinvio della causa alla Commissione Tributaria Regionale delle Marche, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo, rigetta il primo motivo e dichiara l’assorbimento del terzo motivo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Commissione Tributaria Regionale delle Marche, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
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