Corte di Cassazione sentenza n. 17483 depositata il 31 maggio 2022
motivazione per relationem
FATTI DI CAUSA
1. Con avviso di accertamento RQ060900243/2008 l’Agenzia delle Entrate, Ufficio di Salerno, a seguito di verifica contabile generale effettuata dalla Direzione Regionale della Campania, effettuava, ai fini Irap dell’anno 2004, numerose riprese nei confronti di M.C. s.r.l.
2. La Commissione tributaria provinciale di Salerno accoglieva parzialmente il ricorso della società contribuente.
3. La Commissione tributaria regionale della Campania, sezione staccata di Salerno, con la sentenza 431/05/2012, pronunciata in data 26 settembre 2011 e depositata in data 10 settembre 2012, oggetto dell’odierno ricorso, rigettava l’appello della società ed accoglieva l’appello incidentale dell’Agenzia delle Entrate, confermando quindi l’impugnato avviso di accertamento.
4. Ricorre contro la sentenza della Commissione tributaria regionale la M.C. s.r.l. in liquidazione con dodici motivi di ricorso, alcuni dei quali articolati in plurime censure; resiste con controricorso l’Agenzia delle Entrate.
5. La causa è stata trattata all’udienza pubblica del 5 aprile 2022 nelle forme di cui all’art. 23, comma 8-bis, d.l. 28/10/2020, n. 137, convertito dalla I. 18/12/2020, n. 176.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di ricorso M.C. s.r.l. espone due censure.
1.1 Con la prima censura essa lamenta la nullità della sentenza ex 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ. per violazione degli artt. 112 cod. proc. civ. e 57 d.lgs. 31/12/1992, n. 546.
La ricorrente rappresenta, infatti, che il giudice d’appello abbia respinto la propria eccezione di carattere preliminare concernente l’insussistenza dei poteri istruttori della Direzione regionale delle Entrate, con conseguente illegittimità del processo verbale di accertamento e dell’avviso che lo recepiva, erroneamente affermando che si trattava di un’eccezione nuova, laddove invece tale questione era stata espressamente dedotta nel ricorso di primo grado, e precisamente al punto n. 1 del ricorso ove la ricorrente si doleva dell’illegittimità dell’accertamento per violazione degli artt. 7 commi 7, 8 e 13 della I. 358 del 1991, 66 d.lgs. 300 del 1999, 13 statuto Agenzia Entrate, 4 e 5 del regolamento del 30/11/2000, per l’assenza dei poteri istruttori della Direzione regionale delle entrate, e che tale eccezione era stata espressamente rigettata dai giudici di primo grado e riproposta con l’atto di appello.
La C.T.R., quindi, sul falso presupposto che detta questione costituisse eccezione nuova non rappresentata nel ricorso introduttivo, era incorsa nella violazione degli artt. 112 cod. proc. civ. e 57, primo comma, d.P.R. 546 del 1992, con errar in procedendo costituente vizio di nullità della sentenza.
1.2 Con la seconda censura la ricorrente lamenta la «violazione e falsa applicazione degli 7, comma 13, della I. 358/1991, 23 comma 1, lettere PP) e KK) del d.P.R. 107/2001, 27 commi 9-15 del d.l. 185/2008 e 57 del d.lgs. 546/1992», sotto il profilo dell’articolo 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.
La ricorrente sostiene infatti che l’accertamento sia illegittimo in conseguenza dell’illegittimità del processo verbale di constatazione sul quale esso si fonda, in quanto redatto dalla Agenzia delle Entrate, Direzione regionale della Campania, che però sarebbe priva di potere al riguardo; a tale conclusione essa perviene partendo dal presupposto per cui l’abrogazione dell’art. 62 sexies, secondo comma, del d.l. 30/08/1993, n. 331, ad opera dell’art. 23, primo comma, lett. pp), del d.P.R. 26/03/2001, n. 107, recante il «Regolamento di organizzazione del Ministero delle Finanze», avrebbe prodotto il venir meno del potere di controllo, ispezione e verifica originariamente attribuito alle Direzioni centrali e regionali del Dipartimento delle Entrate del Ministero delle Finanze; tale soluzione sarebbe confermata dalla contemporanea mancata abrogazione dell’art. 7, comma 13, della legge 29/10/1991, n. 358, che prevede che «le attività di verifica e di ispezione nei confronti dei contribuenti sono attribuite all’esclusiva competenza degli uffici indicati nel comma 10 e dei reparti della Guardia di finanza», cioè dei soli uffici del Dipartimento trasfusi negli uffici locali dell’Agenzia dopo il 1999, nonché dalla portata innovativa attribuita all’art. 27, comma 13, d.l. 185/2008, secondo il quale «Ferme restando le previsioni di cui ai commi da 9 a 12, a decorrere dal 1° gennaio 2009, per i contribuenti con volume d’affari, ricavi o compensi non inferiore a cento milioni di euro, le attribuzioni ed i poteri previsti dagli articoli 31 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, nonché quelli previsti dagli articoli 51 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, sono demandati alle strutture individuate con il regolamento di amministrazione dell’Agenzia delle entrate di cui all’articolo 71, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300».
1.3 La prima censura è fondata ma non conduce all’accoglimento del motivo.
La società ricorrente infatti, come emerge dal passaggio del ricorso di primo grado trasposto nel ricorso per cassazione, espressamente ha eccepito l’illegittimità dell’avviso di accertamento derivante dall’illegittimità del verbale di accertamento redatto dalla Direzione regionale delle Entrate, di cui contestava l’assenza di autonomi e diretti poteri istruttori e di accertamento, tanto che sul punto i giudici di primo grado espressamente decidevano, rigettando tale profilo di doglianza; la circostanza è sostanzialmente ammessa anche dalla controricorrente (pagg. 14 e 15 del controricorso) che ha evidenziato come tale eccezione fosse effettivamente da considerarsi tardiva ma in un altro giudizio tra le stesse parti, relativo all’Irap 2005, mentre tale eccezione era presente nei tre ricorsi introduttivi relativi a Iva, Ires e Irap 2004.
Ciò premesso, la mancanza di motivazione su questione di diritto e non di fatto deve ritenersi irrilevante, ai fini della cassazione della sentenza, qualora il giudice del merito sia comunque pervenuto ad un’esatta soluzione del problema giuridico sottoposto al suo esame.
In tal caso, la Corte di cassazione, in ragione della funzione nomofilattica ad essa affidata dall’ordinamento, nonché dei principi di economia processuale e di ragionevole durata del processo, di cui all’art. 111, secondo comma, Cast., ha il potere, in una lettura costituzionalmente orientata dell’art. 384 cod. proc. civ., di correggere la motivazione anche a fronte di un error in procedendo, mediante l’enunciazione delle ragioni che giustificano in diritto la decisione assunta, anche quando si tratti dell’implicito rigetto della domanda perché erroneamente ritenuta assorbita, sempre che si tratti di questione che non richieda ulteriori accertamenti in fatto (Cass., Sez. U., 02/02/2017, n. 2731).
La censura relativa all’assenza di poteri istruttori e di accertamento della Direzione regionale delle Entrate, infatti, non è fondata, alla luce di un consolidato orientamento di questa Corte, ribadito con numerose pronunce (Cass. 08/10/2020, n. 21694; Cass. 21/12/2018, n. 33289; Cass. 14/10/2016, n. 20856; Cass. 19/01/2016, n. 848; Cass. 27/11/2015, n. 24263; Cass. 03/10/2014, 20915).
I principi affermati da tale costante giurisprudenza sono seguenti.
Il d.lgs. n. 300 del 1999, in sede di istituzione delle Agenzie fiscali, ha espressamente attribuito un potere di autoregolamentazione all’Agenzia delle Entrate.
L’art. 57, primo comma, in particolare, ha previsto che «alle agenzie fiscali sono trasferiti i relativi rapporti giuridici, poteri e competenze che vengono esercitate secondo la disciplina dell’organizzazione interna di ciascuna agenzia».
L’art. 61, secondo comma, ha poi aggiunto che «in conformità con le disposizioni del presente decreto legislativo e dei rispettivi statuti, le agenzie fiscali hanno autonomia regolamentare, amministrativa, patrimoniale, organizzativa, contabile e finanziaria», indicazione poi ripresa dal successivo art. 66, il cui primo comma ha previsto che «Le agenzie fiscali sono regolate dal presente decreto legislativo, nonché dai rispettivi statuti deliberati da ciascun comitato di gestione», il secondo comma ha aggiunto che «gli statuti … recano principi generali in ordine all’organizzazione e al funzionamento dell’Agenzia» e, al terzo comma, che «l’articolazione degli Uffici a livello centrale e periferico, è stabilita con disposizioni interne che si conformano alle esigenze della conduzione aziendale».
In base a tale quadro normativo, quindi, il Regolamento di amministrazione dell’Agenzia delle Entrate ha previsto che le Direzioni regionali «… esercitano, nell’ambito della rispettiva regione o provincia, funzioni di programmazione, indirizzo, coordinamento e controllo nei confronti degli uffici, curano i rapporti con gli enti pubblici locali e svolgono attività operative di particolare rilevanza nei settori della gestione dei tributi, dell’accertamento e del contenzioso». In base a ciò, con provvedimento 23/02/2001, n. 36122, il Direttore dell’Agenzia delle Entrate ha stabilito esplicitamente la competenza anche delle Direzioni regionali all’attività di verifica.
Tale esito, contrariamente a quanto ritenuto dalla ricorrente, non si pone in contrasto con i principi costituzionali in tema di riserva di legge in materia fiscale, sanciti dall’art. 14 Cost. – il cui terzo comma, a tutela del domicilio, ammette ispezioni e accertamenti fiscali alle condizioni stabilite da leggi speciali – posto che la ripartizione delle competenze degli organi operata dal Direttore dell’Agenzia delle Entrate costituisce diretta attuazione dei poteri conferiti dal d.lgs. n. 300 del 1999.
Ne deriva, inoltre, che l’espressa abrogazione dell’art. 62 sexies d.l. n. 331 del 1993 – da ritenersi necessaria in ragione dell’originaria collocazione delle Direzioni regionali nel Ministero delle Finanze – non può in alcun modo avere amputato i poteri delle Direzioni regionali regolati dal Direttore dell’Agenzia delle Entrate, risultando i poteri di accesso, ispezione e verifica già ex lege in capo all’Agenzia delle Entrate nel suo complesso e già attribuiti in via generale dagli artt. 52 d.P.R. n. 633 del 1972 e 33 d.P.R. n. 600 del 1973 e dalla medesima esercitati secondo la disciplina adottata nell’ambito dei poteri di autorganizzazione.
Da ultimo, va sottolineato, quanto all’intervento operato con l’art. 27 d.l. n. 185 del 2008, che il legislatore non ha inteso attribuire
«alle Direzioni Regionali delle Entrate una competenza in materia di accertamento fiscale prima inesistente», ma solamente «fondare su norma di fonte primaria il riparto delle competenze relative all’attività di verifica fiscale, istituendo una riserva esclusiva di competenza, in relazione alla rilevanza economico fiscale del soggetto accertato, a favore della Direzione regionale, già titolare, per disposizione regolamentare, della competenza a svolgere attività istruttoria, utilizzabile dalle Direzioni provinciali ai fini della emissione degli atti impositivi» (Cass. 21/12/2018, n. 33289).
Da ciò, in conclusione, segue la legittimità dell’attività d’indagine e dell’avviso di accertamento emesso in base a processo verbale redatto dalla Direzione regionale delle Entrate, ed il rigetto del primo motivo.
2. Con il secondo motivo la società ricorrente lamenta la nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360, primo comma, 4, cod. proc. civ. per omessa pronuncia in relazione al rilievo n. 2 dell’accertamento, concernente sconti ed abbuoni esteri.
Il rilievo n. 2 attiene alla ripresa di alcune sopravvenienze passive che l’amministrazione ha ritenuto essere sconti finanziari non deducibili; la ripresa era stata oggetto di ricorso della società che aveva contestato sia il difetto di motivazione che il merito della stessa, deducendo che le note di credito non concernevano sconti «finanziari» ma sconti e abbuoni «di carattere commerciale», fondati su accordi successivi alla vendita originaria e finalizzati a fidelizzare la clientela; la ricorrente lamenta che la questione era stata, a seguito della pronuncia di rigetto della C.T.P., oggetto di appello sotto entrambi i profili e che la C.T.R. abbia omesso la pronuncia sulla seconda censura, relativa alla contestazione nel merito della ripresa.
2.1 Il motivo non è fondato.
La motivazione resa sul punto dalla C.T.R. è la seguente:
«l’Agenzia contesta la rettifica dei ricavi operata dalla Società in ragione delle note di credito emesse, aventi natura di meri sconti finanziari. Le note di credito (elencate dalle pagg. da 75 a 79 del pvc) espongono, secondo l’accertatore, la motivazione di sconto finanziario su fatture emesse nell’anno 2004 a fronte di pagamenti pronta cassa o in anticipo rispetto alle scadenze pattuite. Detti sconti, costituendo un onere finanziario, non incidono sul valore del ricavo della vendita cui si riferiscono per cui non diminuiscono la base imponibile Irap. Su tale specifica contestazione la società lamenta solo l’assenza di motivazione dell’addebito senza fornire alcun elemento documentale di sostegno ad una diversa valutazione della documentazione esaminata dall’ufficio»
Sebbene la sentenza abbia quindi impropriamente affermato che la ricorrente si sia lamentata solo dell’assenza di motivazione dell’avviso, in realtà un’attenta lettura della motivazione evidenzia che i giudici abbiano fornito un’adeguata risposta anche al merito della doglianza della società appellante, laddove hanno evidenziato che quest’ultima non abbia fornito alcun elemento documentale che possa indurre ad una diversa valutazione della documentazione esaminata dall’ufficio; dai passaggi motivazionali del p.v.c. riportati nel controricorso emerge infatti che in una serie di note di credito la causale era attribuita a sconti di natura finanziaria e che le fatture di vendita generalmente riportavano, nelle condizioni di pagamento, pagamenti a breve termine oppure diverse percentuali di sconto a seconda dei termini temporali di pagamento, il che induceva gli accertatori a ritenere che si fosse in presenza di sconti di natura finanziaria.
Non ricorre quindi l’omessa pronuncia denunciata dalla ricorrente come del resto è inammissibile la sollecitazione alla Corte ad operare una diversa valutazione in fatto dei documenti esaminati dall’ufficio, con valutazione confermata dalla C.T.R., che si risolve in questione di fatto non sindacabile in sede di legittimità.
3. Con il terzo motivo la ricorrente lamenta la omessa motivazione su un fatto controverso e decisivo, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. in relazione al rilievo n. 5 dell’accertamento, con cui l’ufficio aveva recuperato alcune sopravvenienze attive.
La ripresa n. 5 attiene infatti a sopravvenienze attive per euro 59.614,60 che secondo l’ufficio sarebbero rettifiche di costo ovvero incrementi di ricavi della gestione ordinaria correlati a componenti positivi e/o negativi che hanno influito nella determinazione della base imponibile Irap, in base all’art. 11, quarto comma, d.lgs. 446 del 1992.
La M.C.M. aveva fatto oggetto del ricorso anche tale ripresa, lamentando sia il difetto di motivazione sia che l’ufficio, senza cercare elementi di riscontro, aveva preteso di riclassificare i componenti straordinari in questione; la C.T.P. aveva accolto il ricorso mentre la C.T.R., accogliendo l’appello incidentale, aveva confermato la legittimità della ripresa evidenziando che «il verificatore ha rilevato la contabilizzazione di sopravvenienze attive correlate a fatti di gestione ordinaria degli anni precedenti che non sono state riportate tra gli importi concorrenti alla determinazione della base imponibile».
La ricorrente lamenta l’omessa motivazione avendo la C.T.R. omesso di indicare gli elementi da cui aveva tratto il convincimento sul «fatto controverso e decisivo» che le sopravvenienze attive in contestazione fossero correlate a fatti di gestione ordinaria di precedenti esercizi, limitandosi a riportare la contestazione erariale laddove invece la parte aveva evidenziato che, per la gran parte delle sopravvenienze, la descrizione indicata nel conto in esame non permetteva affatto di assumere la sussistenza di una correlazione con precedenti operazioni imponibili.
3.1 Il motivo è fondato.
L’argomentazione della C.T.R. si colloca a livello di omessa (Cass. 06/06/2012, n. 9113) o comunque quantomeno di insufficiente motivazione (Cass. 05/05/2021, n. 11696), doglianza complessivamente prospettata nel corpo delle censure, avuto anche riguardo al fatto che nella fattispecie trova applicazione l’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., nel testo anteriore al d.l. 22/06/2012, n. 83, convertito in l. 11/08/2012, n. 143.
Ai fini della sufficienza della motivazione della sentenza, infatti, il giudice non può, quando esamina i fatti di prova, limitarsi ad enunciare il giudizio nel quale consiste la sua valutazione, perché questo è il solo contenuto «statico» della complessa dichiarazione motivazionale, ma deve impegnarsi anche nella descrizione del processo cognitivo attraverso il quale è passato dalla sua situazione di iniziale ignoranza dei fatti alla situazione finale costituita dal giudizio, che rappresenta il necessario contenuto «dinamico» della dichiarazione stessa (Cass. 20/12/2018, n. 32980; Cass. 29/07/2016, n. 15964; Cass. 23/01/2006, n. 1236).
Nel caso di specie manca, nella sentenza, non solo un qualsiasi riferimento alle diverse valutazioni raggiunte dai giudici di primo grado o ai motivi di impugnazione ma vi è un generico rinvio all’operato del verificatore, che avrebbe «rilevato la contabilizzazione di sopravvenienze attive correlate a fatti di gestione ordinaria degli anni precedenti che non sono state riportate tra gli importi concorrenti alla determinazione della base imponibile», che non consente di far comprendere le ragioni per cui sarebbe giustificata la diversa qualificazione delle operazioni a fronte delle contestazioni della ricorrente.
4. Con il quarto motivo la ricorrente lamenta la nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ. per violazione degli artt. 36, secondo comma, 4, 61 d.lgs. 546 del 1992, e 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., in relazione al rilievo Irap n. 4 (plusvalenze) e agli altri rilievi Ires/Irap nn. 3, 18, 20 e 23 di cui all’accertamento.
In particolare, la società ricorrente lamenta la nullità della sentenza per illegittima motivazione per relationem, tecnica motivazionale di cui la C.T.R. avrebbe fatto cattivo uso nel caso di specie:
– in relazione al rilievo. n. 4, rinviando alla «sentenza resa dallo stesso collegio avverso la sentenza n. 261 del 13 marzo 2009 della Commissione tributaria provinciale di Salerno, sez. XVIII, che aveva rigettato il ricorso che la società aveva proposto avverso l’avviso di accertamento n. REQ030100075/2008 con il quale l’Agenzia delle entrate, ufficio di Salerno, contestava la mancata sottoposizione ad imposizione ai fini Irap (perché ritenuta operazione straordinaria da inquadrarsi in un’unica più ampia operazione di dismissione dell’azienda manifatturiera MCM spa iniziata nel 2003 e terminata nel 2006) della plusvalenza dichiarata a fini Ires derivante dalla differenza tra l’importo imponibile di vendita di euro 33 milioni e il valore contabile di euro 680.502»;
– in relazione agli ulteriori rilievi di cui alla pagina 8 dell’avviso di accertamento impugnato, evidenziando che «trattasi di rilievi ai fini Ires già esaminati da questo collegio in data odierna in altra controversia della medesima società avente ad oggetto lo stesso periodo d’imposta nell’ambito del quale è stato deciso il rigetto dell’appello che la società aveva proposto avverso la sentenza della CTP Salerno con integrale conferma de/l’avviso di accertamento. Consegue che anche in questa sede per le motivazioni espresse che qui si richiamano e ribadiscono non essendo emersi elementi per discostarsene vanno confermati i predetti rilievi».
4.1 Il motivo è fondato.
Nel procedimento tributario, allorchè il medesimo organo giudicante si trovi a pronunciare contestualmente più decisioni in rapporto di consequenzialità necessaria, ed in particolare di pregiudizialità reciproca, la motivazione utilizzata può essere redatta per relationem rispetto ad altra sentenza assunta simultaneamente, purchè la motivazione stessa non si limiti alla mera indicazione della fonte di riferimento, occorrendo, invece, che vengano riprodotti i contenuti mutuati, e che questi diventino oggetto di autonoma valutazione critica nel contesto della diversa – anche se connessa – causa sub iudice, in modo da consentire, poi, anche la verifica della compatibilità logico-giuridica dell’innesto motivazionale (Cass., Sez. U., 04/06/2008, n. 14814; Cass. 08/01/2015, n. 107; Cass. 23/11/2018, n. 30401).
In altri termini, per questa Corte la motivazione della sentenza tributaria per relationem «è legittima soltanto nel caso in cui: a) si riferisca ad una sentenza che abbia già valore di giudicato tra le parti ovvero b) riproduca la motivazione di riferimento, autonomamente ed autosufficientemente recepita e vagliata nel contesto della motivazione condizionata» e nel processo tributario, la motivazione di una sentenza può essere redatta per relationem rispetto ad altra sentenza non ancora passata in giudicato, purché resti «autosufficiente», riproducendo i contenuti mutuati e rendendoli oggetto di autonoma valutazione critica nel contesto della diversa, anche se connessa, causa, in modo da consentire la verifica della sua compatibilità logico – giuridica (Cass. 4/01/2022, n. 11; Cass. 5/10/2021, n. 26915)
La sentenza è, invece, nulla, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., qualora si limiti alla mera indicazione della fonte di riferimento e non sia, pertanto, possibile individuare le ragioni poste a fondamento del dispositivo (Cass. 8/01/2015, n. 107; Cass., 6/03/2018, n. 520), come evidentemente avvenuto nel caso di specie ove nessuna delle indicazioni sopra riportate e necessarie ai fini della validità della relatio è stata rispettata.
5. Con il quinto motivo la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 11, terzo comma, d.lgs. 446 del 1997 sotto il profilo dell’art. 360, primo comma, 3, cod. proc. civ., in relazione al rilievo Irap n. 4 (plusvalenza).
Il motivo è riferito al medesimo rilievo n. 4 di cui al precedente motivo ed è subordinato al rigetto di questo.
6. Al paragrafo 6 del ricorso vi è una premessa comune ai rilievi Irap e Ires, cui si riferiscono i successivi motivi di ricorso. La ricorrente evidenzia che la C.T.R. nella sentenza impugnata ha richiamato la propria sentenza numero 430/05/2012 con la quale ha deciso la controversia Ires riguardante lo stesso periodo d’imposta 2004 tra le medesime parti (sentenza depositata dalla ricorrente come documento 3) e poi ha impugnato le statuizioni richiamate dalla sentenza impugnata e contenuta nella decisione emessa in tema di Ires, evidenziando i singoli rilievi.
7. Con il sesto motivo (rubricato in ricorso al n. 7) in particolare la ricorrente lamenta la nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., per omessa pronuncia in relazione al rilievo Ires/Irap n. 18, relativo a consulenze e prestazioni amministrative.
8. Col settimo motivo (rubricato in ricorso al n. 8) la società ricorrente lamenta la nullità della sentenza ex 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ. per omessa pronuncia in relazione ai rilievi Ires/lrap 11 e 13, relativi a resi su vendite nazionali e sconti e abbuoni nazionali.
9. Con l’ottavo motivo (rubricato in ricorso al n. 9) la società ricorrente lamenta la «omessa (recte: apparente) motivazione circa un fatto controverso e decisivo (art. 360, primo comma, n. 5 cod. proc. ), in relazione ai rilievi nn. 3 e 4» e, al punto 9.1, la «insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo (art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ.) sempre in relazione ai rilievi 3 e 4».
10. Col nono motivo (rubricato in ricorso al n. 10) la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 88 t.u.i.r., 3, 97 Cost. e 10 212 del 2000 sotto il profilo dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., in relazione al rilievo Ires/Irap n. 16, relativo a contributi in conto impianti.
11. Col decimo motivo (rubricato in ricorso al n. 11) la società lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 109 u.i.r. (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.) in relazione al rilievo Ires/Irap n. 8, per assicurazioni diverse.
12. Con l’undicesimo motivo (rubricato in ricorso al n. 12) la società lamenta l’omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., in relazione al rilievo Ires/Irap n. 17, per spese legali e consulenze.
13. Con il dodicesimo motivo (rubricato al 13) la società lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 109 t.u.i.r., sotto il profilo dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., in relazione ai rilievi Ires/Irap n. 7 (materiali di consumo).
Tutti i motivi, dal quinto al dodicesimo, sono evidentemente assorbiti dall’accoglimento del motivo relativo alla nullità della sentenza ove ha operato una relatio alle altre decisioni in tema di Irap 2005 ed in tema di Ires 2004.
14. In conclusione il ricorso va accolto in relazione al terzo e quarto motivo, rigetta il primo e secondo assorbiti gli altri, con cassazione della sentenza in parte qua e rinvio alla C.T.R. della Campania, sezione di Salerno, per nuova decisione sul punto e per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il terzo e quarto motivo di ricorso, rigetta il primo e secondo motivo, assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa alla C.T.R. della Campania, sezione staccata di Salerno, cui demanda la regolazione delle spese del giudizio di cassazione.