Corte di Cassazione sentenza n. 17505 depositata il 31 maggio 2022

operazioni soggettivamente inesistenti – deducibilità del costo – onere della prova a carico dell’Amministrazione

Rilevato che:

1. Con separati ricorsi successivamente riuniti, la società La Tirrenica s.r.l. impugnò gli avvisi con i quali l’Agenzia delle Entrate di Barcellona Pozzo di Gotto aveva accertato il suo reddito d’impresa per gli anni 1996 e 1997 (determinati rispettivamente in f 320.000 e E 207.856.000, in luogo delle dichiarate perdite per f 106.139.000 e E 210.651.000).

Entrambi gli accertamenti traevano origine dall’utilizzazione di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti emesse da tale BOS Import s.r.l., con conseguente rilievo di inattendibilità delle scritture contabili e ricostruzione per via induttiva del reddito d’impresa.

2. La T.P. annullò gli atti impugnati.

Proposto appello da parte dell’Agenzia delle Entrate, la C.T.R. di Palermo- sezione distaccata di Messina – lo accolse, riformando integralmente la sentenza di prime cure.

I giudici d’appello rilevarono che dalle verifiche prodromiche all’accertamento era emerso che la BOS Import non aveva personale dipendente, beni strumentali e struttura commerciale, né aveva mai versato imposte, così ritenendo che si trattasse di una società di comodo.

Ritennero, pertanto, che erroneamente la C.T.P. avesse consentito la detrazione di imposta degli importi portati dalle relative fatture in quanto annotati nella contabilità della società contribuente, trattandosi di circostanza inidonea a giustificare la detrazione in presenza di un emittente che non ha assolto agli obblighi impositivi.

Osservarono, inoltre, che la prova della sussistenza di tutte le condizioni per la detrazione spettava alla società contribuente, che non la aveva invece validamente fornita, essendosi limitata ad asserzioni generiche.

3. La Tirrenica ha impugnato la sentenza d’appello con ricorso per cassazione affidato a due motivi; resiste l’amministrazione intimata con controricorso.

Considerato che:

1. Con il primo motivo la ricorrente denunzia nullità della sentenza, nonché violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 cod. civ., 2697 cod. civ. e 36 d.lgs. 31/12/1992, n. 546, assumendo che la sentenza d’appello si regge sulla riconosciuta natura di “cartiera” della società BOS Import, sulla base di quanto accertato dalla Guardia di Finanza nel corso delle indagini.

Osserva, tuttavia, che agli atti di causa non era stato depositato il processo verbale di constatazione redatto nei confronti della predetta società; la sentenza impugnata, pertanto, sarebbe stata resa sulla base di prove non validamente acquisite.

2. Con il secondo  motivo  denunzia  poi  violazione  dell’art.  75 d.P.R. 22/12/1986, n. 917 (t.u.i.r.) e dell’art. 53 della Costituzione, nonché falsa applicazione degli artt. 19 e 54 d.P.R. 26/10/1972, n. 633, “in relazione all’art. 360 nn. 3) e 4) c.p.c.”.

Sostiene che la C.T.R. avrebbe applicato le norme che disciplinano la detrazione di imposta ai fini IVA, mentre la pretesa erariale contenuta negli atti impositivi concerneva il recupero delle imposte dirette; l’individuazione della corretta norma regolatrice della fattispecie – individuata nell’art. 8, comma 1, d.l. 02/03/2012, n. 16, conv. nella I. 44/2012 –  conduceva invece a dedurre i costi per operazioni soggettivamente inesistenti in quanto effettivamente sostenuti, a prescindere dal possibile carattere fraudolento dell’operazione, ed occorrendo unicamente che detti costi, a norma del t.u.i.r., non siano in contrasto con i principi di effettività, inerenza, competenza, certezza e determinabilità, il che non sussisteva nel caso di specie.

3. Va preliminarmente esaminata l’eccezione di inammissibilità del ricorso per tardività, sollevata dall’Agenzia delle entrate.

L’eccezione non è fondata.

La sentenza d’appello, non notificata, fu pubblicata il 24 luglio 2014; occorre pertanto aver riguardo a tale data per far decorrere il termine di cui all’art. 327, primo comma, cod. proc. civ., e valutare la tempestività del ricorso.

Il  termine in questione, poi, è di un anno, poiché l’art. 58 l. 18/06/2009, n. 69, che lo ha ridotto a sei mesi, si applica ai soli giudizi iniziati, in primo grado, dopo la sua entrata in vigore (e dunque non al presente, radicato da La Tirrenica innanzi alla C.T.P. di Milano con ricorso notificato il 9 luglio 2003); all’anno decorrente dalla data indicata deve applicarsi la sospensione feriale dal 1° agosto al 15  settembre  2014 (quarantasei  giorni)  e quella  dal  1° al 31 agosto 2015 (trentuno giorni, essendo medio tempore entrato in vigore l’art. 16 d.l. 12/09/2014, n. 132, conv. con modif. nella l. n. 162/2014, che ha in tal senso modificato l’art. 1 della I. 07/10/1969, n. 742).

Su tali basi, il ricorso doveva essere notificato entro il 9 ottobre 2015, data nella quale, per l’appunto, esso risulta spedito dalla società contribuente per la notifica a mezzo posta.

4. Ciò posto, e passando allo scrutinio del ricorso nel merito, il primo motivo non è fondato. 

Com’è noto, nell’ambito del contenzioso che qui occupa compete all’amministrazione finanziaria la prova dell’inesistenza delle operazioni, che può essere raggiunta anche attraverso presunzioni, quali la circostanza che il soggetto emittente era privo di idonea struttura organizzativa – locali, mezzi, personale, utenze – e quindi non ha potuto verosimilmente porre in essere l’attività indicata in fattura; a tale ultimo riguardo, la prova può essere contenuta nel processo verbale di constatazione, assistito da fede privilegiata quanto ai fatti attestati dal pubblico ufficiale redigente come da lui accertati (v. ad es. Cass. n. 28628/2021; Cass. n. 28060/2017).

La sentenza appellata dà atto del fatto che le risultanze di un verbale di siffatto contenuto, in quanto redatto in esito alla verifica cui la Guardia di Finanza aveva sottoposto la BOS s.r.l., erano state riportate negli avvisi di rettifica, circostanziando gli elementi che consentivano di attribuire la natura di “cartiera” a detta società nella ricostruzione della complessiva operazione che aveva dato luogo alle riprese fiscali. Detta sentenza, pertanto, appare conforme ai richiamati principi in punto all’onere probatorio che grava sull’amministrazione.

5. È invece fondato il secondo motivo. 

In tema di imposte sui redditi – ambito cui vanno ricondotti gli accertamenti in questione questa Corte ha ripetutamente affermato, anche in tempi assai recenti, che l’art. 14, comma 4 bis, della l. n. 537/1993 (nella formulazione introdotta dall’art. 8, comma 1, del d.l. n. 16/2012, conv. in l. n. 44/2012), operando, in base a quanto dallo stesso previsto al comma 3, quale jus superveniens con efficacia retroattiva in bonam partem, consente di dedurre i costi delle operazioni soggettivamente inesistenti (anche ove inserite in una “frode carosello”) per il sol fatto che siano stati sostenuti; e ciò, invero, anche nell’ipotesi in cui l’acquirente sia consapevole del carattere fraudolento delle operazioni, salvo che detti costi siano in contrasto con i principi di effettività, inerenza, competenza, certezza, determinatezza o determinabilità ovvero relativi a beni o servizi direttamente utilizzati per il compimento di un delitto non colposo (v. Cass. n. 8480/2022; Cass. n. 17788/2018; Cass. n. 25249/2016).

Da tale principio si è discostata la sentenza impugnata, che ha ritenuto sufficiente l’inoperatività della società emittente per impedire la deduzione a titolo di costi degli importi portati dalle fatture.

6. L’accoglimento del secondo motivo comporta la cassazione della sentenza impugnata in parte qua, con rinvio della causa, anche per le spese del presente giudizio, alla CTR di Palermo- sezione distaccata di Messina, che si pronuncerà in diversa composizione attenendosi all’indicato principio di diritto, decidendo anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte rigetta il primo motivo di ricorso, accoglie il secondo motivo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR di Palermo- sezione distaccata di Messina, anche per le spese del giudizio di legittimità.