Corte di Cassazione sentenza n. 17566 depositata il 31 maggio 2022
valori OMI – validità indiziaria – accertamento
RILEVATO CHE
Agenzia delle entrate propone ricorso, affidato a due motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione Tributaria Regionale del Lazio aveva respinto l’appello erariale avverso la sentenza n. 953/2017 della Commissione Tributaria Provinciale di Latina, in accoglimento del ricorso proposto da Antonella Santella avverso avviso di rettifica e liquidazione di maggiore imposta di registro, ipotecaria e catastale in seguito alla rettifica del valore di due immobili, oggetto della denuncia di successione della de cuius della contribuente;
la contribuente resiste con controricorso
CONSIDERATO CHE
1.1 con il primo motivo la ricorrente lamenta nullità della sentenza per <<motivazione apparente e illogica>> avendo la Commissione Tributaria Regionale annullato l’atto impositivo senza considerare che l’avviso di rettifica e liquidazione era fondato, oltre che sui valori OMI, anche su ulteriori elementi documentali al fine di dimostrare l’incongruità dei valori indicati dalla contribuente;
1.2 la doglianza è infondata;
1.3 per costante giurisprudenza di questa Corte (cfr., tra le molte, Cass. 6-5, ord. 26 giugno 2017, n. 15883; Cass. sez. 6-5, ord. 7 aprile 2017, n. 9105; Cass. sez. unite 3 novembre 2016, n.22232; Cass. sez. 5, 6 giugno 2012, n. 9113; Cass. sez. 5, 27 luglio 2007, n. 16736), ricorre il vizio di omessa o apparente motivazione della sentenza allorché il giudice di merito ometta di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento, ovvero li indichi senza un’approfondita disamina logica o giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento;
1.4 nella fattispecie in esame la sentenza impugnata esplicita adeguatamente la ratio decidendi – ovvero la carenza di motivazione dell’atto impugnato circa la rettifica del valore venale degli immobili indicati nella denuncia di successione-, consentendo il controllo del percorso logico-giuridico che ha portato alla decisione, tant’è che, con il secondo motivo, la ricorrente potuto censurare compiutamente gli errori di diritto che, secondo l’ente impositore, giustificano comunque la richiesta cassazione dell’impugnata sentenza;
2.1 con il secondo motivo di ricorso l’Ufficio denuncia violazione di norme di diritto (artt. 51 e 52 DPR n. 131/1986, art. 2697 c.c.) per avere la Commissione Tributaria Regionale annullato l’atto impugnato per difetto di motivazione sebbene tale atto fosse fondato, oltre che sui valori OMI, anche sull’indice di edificabilità dei terreni e su ricerche di offerte di mercato per la zona di riferimento;
2.2 le doglianze vanno parimenti disattese;
2.3 a norma dell’art. 8 del d.lgs. 31 ottobre 1990 n. 346, la base imponibile nell’imposta sulle successioni è costituito dal valore globale netto dell’asse ereditario, pari alla differenza tra il valore complessivo, alla data di apertura della successione, dei beni e dei diritti che compongono l’attivo ereditario, e l’ammontare complessivo delle passività e degli oneri deducibili;
2.4 il valore dei beni e dei diritti è determinato in base agli artt. 14 e seguenti del lgs. n. 346/1990 e la disciplina, in mancanza di corrispettivo, fa riferimento al valore;
2.5 con riferimento agli immobili si tiene dunque conto del valore venale in comune commercio alla data di apertura della successione;
2.6 con il Testo unico del 1990, il <<valore venale>> è stato infatti integrato con il riferimento al <<comune commercio>>, come è avvenuto per l’imposta di registro nel 1986;
2.7 l’integrazione riflette, secondo la dottrina, il concetto enucleato dalla giurisprudenza prevalente per la quale occorre dare rilevanza al valore normale di scambio derivante dall’interazione della domanda e dell’offerta, ed è in ogni caso sintomatica di un’evoluzione del legislatore nel senso di avvicinare sempre più il valore al prezzo reale che potrebbe essere pattuito in sede di vendita, escludendo ogni valenza al valore astratto;
2.8 la norma dell’art. 14 non prevede i criteri per determinare il valore venale, a differenza della previgente disciplina dell’imposta sulle successioni, ma a ciò si sopperisce applicando la norma sull’accertamento, contenuta nell’art. 34, terzo comma, che fa riferimento a criteri identici a quelli dell’imposta di registro;
2.9 gli Uffici devono avere riguardo, infatti, ai trasferimenti a qualsiasi titolo e alle divisioni e perizie giudiziarie, anteriori di non oltre tre anni all’apertura della successione, che hanno avuto per oggetto gli stessi immobili o altri di analoghe caratteristiche e condizioni, ovvero al reddito netto di cui gli immobili sono suscettibili, capitalizzato al tasso mediamente applicato alla detta data e nella stessa località per gli investimenti immobiliari, nonché ad ogni altro elemento di valutazione, anche sulla base di indicazioni fornite dai Comuni;
2.10 non rilevano espressamente i valori OMI in quanto la legge non contiene alcun richiamo al riguardo, ma da ciò non discende un divieto di utilizzarli, sebbene se ne riduca certamente la valenza;
2.11 in sede di accertamento di valore, gli uffici dell’Agenzia delle entrate devono quindi controllare la congruità del valore indicato in atto dalle parti, che deve riflettere il valore venale in comune commercio del bene contenuto nell’asse ereditario;
2.12 non è contestato, per essere stato precisato anche dai giudici di appello nella sentenza impugnata, che, nella fattispecie, la determinazione del valore dell’immobile (terreni edificabili), ai fini dell’imposta di registro, sia stata desunta dalla banca dati O.M.I.;
2.13 con riferimento all‘onere probatorio incombente all’Ufficio in tema di imposta di successione va precisato che l’accertamento da parte dell’Agenzia delle entrate del <<valore venale in comune commercio>> deve tenere conto della natura, della consistenza ed ubicazione dei beni in considerazione delle caratteristiche oggettive delle aree, in ragione della collocazione nello strumento urbanistico nonché dello stato delle opere di urbanizzazione, avendo riguardo ai trasferimenti avvenuti non oltre tre anni prima, che abbiano avuto per oggetto immobili con caratteristiche e condizioni analoghe a quello oggetto di compravendita;
2.14 ai fini dell’accertamento del valore dell’immobile le quotazioni OMI esprimono, dunque, un intervallo di valore tra un minimo ed un massimo per unità di superficie, riferite ad unità immobiliari <<ordinarie>> e tipizzate, classificate in una determinata tipologia e situate in un ambito territoriale omogeneo;
2.15 tali quotazioni, risultanti dal sito web dell’Agenzia delle Entrate, ove sono gratuitamente e liberamente consultabili, non costituiscono fonte tipica di prova ma strumento di ausilio ed indirizzo per l’esercizio della potestà di valutazione estimativa, sicché, quali nozioni di fatto che rientrano nella comune esperienza, utilizzabili dal giudice ai sensi dell’art. 115, comma 2, c.p.c., sono idonee solamente a condurre indicazioni di valori di <<larga massima>> (cfr. Cass. n. 25707/2015);
2.16 è stato ripetutamente ribadito da questa Corte, sulla base peraltro di principi di diritto validi ai fini della determinazione della base imponibile dei tributi diretti ed indiretti, che le stime dell’OMI, meri valori presuntivi ed indiziari inidonei da soli a determinare un maggiore valore, non sono idonee a fondare il differente accertamento del valore effettuato dall’Ufficio e avrebbero dovuto essere integrate da altri elementi probatori, per essere considerate ragionevolmente attendibili;
2.17 nell’ambito dei processi estimativi, le quotazioni OMI non possono intendersi sostitutive della stima puntuale, in quanto forniscono indicazioni di valore di larga massima;
2.18 ne consegue che l’avviso di liquidazione non può essere fondato esclusivamente sullo scostamento tra il corrispettivo dichiarato nell’atto di compravendita ed il valore del bene risultante dalle quotazioni OMI (cfr. Cass. n. 21813/2018);
2.19 questa Corte (cfr. ordinanza n. 13992 del 2019) ha dunque ribadito l’illegittimità dell’avviso di liquidazione fondato esclusivamente su tali valori, in quanto non ritenuti idonei e sufficienti a certificare il valore dell’immobile, e ciò in quanto, il valore venale in comune commercio di un bene oggetto di accertamento può variare in funzione di molteplici parametri, quali l’ubicazione, la superficie, la collocazione nello strumento urbanistico e le oscillazioni del mercato immobiliare;
2.20 in tema di imposte indirette, l’accertamento di maggior valore di un immobile oggetto di atto di trasferimento, ai fini della determinazione della base imponibile, ancorché fondato su una presunzione semplice di cui all’art. 39, P.R. n. 600 del 1973 e all’art. 54, d.P.R. n. 633 del 1972, non impedisce al giudice di basare il proprio convincimento su un unico elemento, il quale non può però essere dato unicamente dai valori OMI, siccome privi dei requisiti di precisione e gravità, i quali devono perciò combinarsi con ulteriori indizi se allegati (cfr. Cass. n. 24550/2020);
2.21 è dunque onere dell’Amministrazione finanziaria provare, anche in giudizio, l’effettiva sussistenza dei presupposti applicativi del criterio di rettifica indicato nell’avviso di liquidazione (cfr. Cass. n. 6914 del 2011; Cass. n. 11560 del 2016; Cass. n. 11270 del 2017) e, in tale prospettiva, ai fini dell’assolvimento dell’onere della prova a carico dell’Agenzia, non è sufficiente il semplice riferimento ai valori OMI, poiché questi rappresentano, come si è detto, solo valori di massima e non la prova della pretesa erariale (cfr. Cass. n. 14117 del 2018), dovendosi dare rilievo, ad integrazione, ad ulteriori indizi utili a determinare il valore del bene oggetto di accertamento;
2.22 con riferimento all’avviso di accertamento di maggior valore questa Corte ha statuito (cfr. Cass. n. 14117/2018) che l’obbligo di motivazione deve ritenersi adempiuto mediante l’enunciazione del criterio astratto in base al quale è stato rilevato, con le specificazioni in concreto necessarie per consentire al contribuente l’esercizio del diritto di difesa e per delimitare l’ambito delle ragioni deducibili dall’Ufficio nell’eventuale successiva fase contenziosa, nella quale l’Amministrazione ha l’onere di provare l’effettiva sussistenza dei presupposti per l’applicazione del criterio prescelto, ed il contribuente la possibilità di contrapporre altri elementi sulla base del medesimo criterio o di altri parametri (cfr. Cass. nn. 11560/2016; 11270/2017);
2.23 nel caso in esame, la decisione impugnata è dunque conforme ai principi di diritto dianzi illustrati, in quanto la Commissione Tributaria Regionale ha riscontrato, nella motivazione dell’atto impugnato, la mancata indicazione di ulteriori elementi probatori a supporto della stima UTE basata sui valori OMI, ed ha inoltre evidenziato che l’Ufficio, aveva genericamente contestato le contrarie risultanze della perizia di parte circa il valore indicato nella dichiarazione di successione;
2.24 nessun rilievo assumono, inoltre, le difese dell’Ufficio secondo cui l’atto impugnato (trascritto in parte qua nel ricorso) risultava fondato, oltre che sui valori OMI, su di una <<ricerca di offerte di mercato per la zona di riferimento>>, allegata all’atto impositivo, al fine di dimostrare <<come il valore stabilito possa rappresentare nella fattispecie un valore di riferimento di evidente attendibilità e garanzia>>;
2.25 la lacunosa esposizione della censura rende il motivo inammissibile per difetto di specificità, costituendo principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte quello secondo cui il ricorrente per cassazione, che intenda dolersi dell’omessa od erronea valutazione di un documento da parte del giudice di merito, ha il duplice onere, imposto dall’art. 366, comma 1°, n. 6, c.p.c., di produrlo agli atti, indicando esattamente nel ricorso in quale fase processuale ed in quale fascicolo di parte si trovi il documento in questione e di indicarne il contenuto, trascrivendolo o riassumendolo nel ricorso (cfr. da ult. Cass. n. 19048 del 2016);
2.26 il ricorrente che denunci il difetto o l’erroneità nella valutazione di un documento o di risultanze probatorie o processuali, ha infatti il duplice onere di: 1) indicare nel ricorso specificamente le circostanze oggetto della prova o il contenuto del documento trascurato od erroneamente interpretato dal giudice di merito (trascrivendone il contenuto essenziale); 2) di fornire al contempo alla Corte elementi sicuri e puntuali per consentirne l’individuazione e il reperimento negli atti processuali, potendosi così ritenere assolto il duplice onere, rispettivamente previsto dall’art. 366, primo comma, n. 6, cod. proc. civ. (a pena di inammissibilità) e dall’art. 369, secondo comma, n. 4 cod. proc. civ. (a pena di improcedibilità del ricorso), nel rispetto del relativo scopo, che è quello di porre il Giudice di legittimità in condizione di verificare la sussistenza del vizio denunciato senza compiere generali verifiche degli atti e soprattutto sulla base di un ricorso che sia chiaro e sintetico (cfr. Cass. SU nn. 8569/2013, 15477/2012, 5698/2012, 22726/2011);
2.26 va opportunamente evidenziato che una specifica parte del Protocollo d’intesa tra la Corte di Cassazione e il Consiglio Nazionale Forense in merito alle regole redazionali dei motivi di ricorso in materia civile e tributaria del 17 dicembre 2015 è stata espressamente dedicata al rispetto del suindicato principio, stabilendosi al riguardo, fra l’altro che tale rispetto, pur non comportando <<un onere di trascrizione integrale nel ricorso e nel controricorso di atti o documenti ai quali negli stessi venga fatto riferimento>>, tuttavia presuppone che: <<1) ciascun motivo articolato nel ricorso risponda ai criteri di specificità imposti dal codice di rito; 2) nel testo di ciascun motivo che lo richieda sia indicato l’atto, il documento, il contratto o l’accordo collettivo su cui si fonda il motivo stesso (art. 366, 1, n. 6), cod. proc. civ.), con la specifica indicazione del luogo (punto) dell’atto, del documento, del contratto o dell’accordo collettivo al quale ci si riferisce; 3) nel testo di ciascun motivo che lo richieda siano indicati il tempo (atto di citazione o ricorso originario, costituzione in giudizio, memorie difensive, ecc.) del deposito dell’atto, del documento, del contratto o dell’accordo collettivo e la fase (primo grado, secondo grado, ecc.) in cui esso è avvenuto; 4) siano allegati al ricorso (in apposito fascicoletto, che va pertanto ad aggiungersi all’allegazione del fascicolo di parte relativo ai precedenti gradi del giudizio) ai sensi dell’art. 369, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., gli atti, i documenti, il contratto o l’accordo collettivo ai quali si sia fatto riferimento nel ricorso e nel controricorso>>;
2.27 nella specie, risulta omesso proprio la trascrizione ed il deposito, unitamente con il ricorso, dei documenti (<<ricerca di offerte di mercato>>) sui quali lo stesso ricorso si fonda e tale incombente, come si è detto, è previsto dall’art. 369, n. 4, c.p.c. a pena di improcedibilità;
2.28 parimenti non assumono rilievo le deduzioni circa la documentazione (<<nota del Comune di Gaeta III Settore Urbanistica e Assetto del Territorio>>), che l’Ufficio menziona, nel ricorso, al fine di avvalorare ulteriormente la legittimità dell’atto impugnato, quanto alla motivazione ed alla pretesa congruità dei valori ivi indicati;
2.29 come affermato dalla stessa ricorrente, trattasi, infatti, di documenti prodotti dalla contribuente in allegato al ricorso introduttivo, il che consente di escludere, quindi, che l’avviso di rettifica e liquidazione abbia assunto a fondamento anche ulteriori elementi, oltre le suddette valutazioni OMI;
2.30 non sussistevano dunque i presupposti per il Giudice tributario di operare una valutazione sostitutiva rispetto all’atto impugnato, essendo stata accertata l’insussistenza delle pretese, avanzate dall’Erario, di liquidazione di maggiori imposte di registro, ipotecarie e catastali;
3. sulla scorta di quanto sin qui illustrato, il ricorso va integralmente respinto;
4. le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna l’Agenzia delle Entrate al pagamento delle spese di lite in favore della controricorrente, che liquida in Euro 5.600,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15% ed agli accessori di legge, se dovuti.
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