Corte di Cassazione sentenza n. 17742 depositata il 31 maggio 2022
ICI – IMU – agevolazione per terreni agricoli
Rilevato che:
1. C.A. ha impugnato, con distinti ricorsi, dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Rovigo, gli avvisi di accertamento del Comune di Fiesso Umbertiano per Ici 2004/08, deducendo, oltre ad alcuni vizi formali, la qualifica rurale dei terreni e dei fabbricati, in considerazione dell’attività agricola svolta dal figlio.
2. All’esito della riunione, i ricorsi sono stati respinti, perché “le agevolazioni fiscali di cui all’art. 9 del d.lgs. n. 504/92 non possono essere riconosciute in quanto previste solo per i possessori/proprietari che conducono direttamente il fondo in qualità di coltivatore diretto e imprenditore agricolo a titolo principale” e in quanto “l’accertamento della ruralità dei fabbricati è subordinato all’accertamento effettuato dall’Agenzia del territorio rispettivamente in A6 per le abitazioni e in D10 per i fabbricati strumentali”.
3. La Commissione tributaria regionale del Veneto ha rigettato l’appello.
4. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il contribuente, formulando tre motivi e chiedendo preliminarmente la riunione del presente giudizio con quello n. 22907 del 2017, stante la connessione soggettiva ed oggettiva, e nel merito la cassazione della sentenza.
5. All’udienza del 5 dicembre 2018 la causa è stata rinviata per l’acquisizione del fascicolo di appello al fine di verificare l’eventuale fondatezza del secondo motivo.
6. Il Comune di Fiesso Umbertiano, pur non essendosi ritualmente costituito, ha depositato memoria difensiva ai sensi del Protocollo in regime transitorio, chiedendo il rigetto del ricorso.
7. All’adunanza camerale dell’11 maggio 2022 la causa è stata decisa.
Considerato che:
1. Il ricorrente ha dedotto, ex art.360, co. 1^ n.3 e 4 cod.proc.civ.: 1) la violazione dell’art. 2, comma 1, lett. b, e 9, comma 1, d.lgs. n. 504 del 1992, avendo i terreni di proprietà del contribuente destinazione agricola ed essendo condotti dal figlio (possessore e coltivatore diretto e non già mero detentore) in virtù di un contratto di affitto agrario del 28 agosto 2022, regolarmente registrato, come confermato dalla consulenza asseverata prodotta; 2) la violazione dell’art. 112 cod.proc.civ. in considerazione dell’omessa pronuncia sul capo di domanda circa il valore controverso dell’area in esame, quantificato, nella consulenza prodotta, tenuto conto delle caratteristiche del bene (quali accessibilità, estensione, dotazione di fabbricati) e della servitù di elettrodotto esistente, in euro 4/mq, a fronte di quello accertato dal Comune di euro 7,75-8/mq per gli anni 2004 e 2005 e di euro 10/mq per gli anni 2006,2007 e 2008 di proprietà del contribuente; 3) la violazione dell’art. 9 del d.l. n. 557 del 1993, convertito in l. n. 557 del 1993, non essendo previsto da alcuna norma che il riconoscimento della natura rurale dei fabbricati sia subordinata all’accatastamento in A6 o D10, laddove sia dimostrata la natura oggettivamente rurale dei fabbricati – nel caso di specie, utilizzati come abitazione dal ricorrente, soggetto titolare di trattamento pensionistico corrisposto a seguito di attività svolta in agricoltura.
2. Il primo motivo è infondato. In primo luogo, è dirimente la circostanza che il ricorrente si sia cancellato dall’elenco degli imprenditori agricoli, per pre-pensionamento, fin dal 2003, atteso che, in tema di imposta comunale sugli immobili (ICI), il trattamento agevolato previsto dall’art. 9 del d.lgs. n. 504 del 1992 per i terreni agricoli posseduti da coltivatori diretti o da imprenditori agricoli a titolo principale, spetta solo a quanti traggono dal lavoro agricolo la loro esclusiva fonte di reddito e non va, quindi, riconosciuto, a chi sia titolare di pensione, avendo ottenuto la cancellazione dall’elenco dei coltivatori diretti (Sez. 5, Sent. n. 13745 del 31/05/2017, Rv. 644361 – 01). Pure risulta infondata la prospettazione difensiva dell’asserita irrilevanza del contratto di affitto agrario tra il contribuente ed il figlio, in quanto, secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità, in materia di imposta comunale sugli immobili (ICI), perché un fondo possa beneficiare, ai fini della determinazione della base imponibile, dei criteri di calcolo previsti per i terreni edificabili destinati a fini agricoli, è necessaria – ai sensi del secondo periodo dell’art. 2, lett. b), del d.lgs. n. 504 del 1992 – oltre alla sua effettiva destinazione agricola, anche la conduzione diretta di esso da parte del contribuente, sicché tale agevolazione non compete al proprietario, pur iscritto negli elenchi dei coltivatori diretti, che non conduca direttamente i terreni per averli concessi in affitto al figlio (Sez. 6 – 5, ord., n. 12422 del 17/05/2017, Rv. 644933 – 01; nello stesso senso anche Sez. 5, sent. n. 4394 del 20/02/2020, Rv. 657332 – 01, che ha confermato la sentenza del giudice di merito che aveva considerato fabbricabile – e, quindi, individuato la base imponibile sulla scorta del valore venale – un terreno, del quale era comproprietario il contribuente per un terzo, in quanto oggetto di affitto agrario, e già Sez. 5, sent. n. 10144 del 28/04/2010, Rv. 612856 – 01, che ha confermato la decisione della Commissione tributaria regionale che aveva considerato fabbricabile – e, quindi, individuato la base imponibile sulla scorta del valore venale – un terreno inserito con tale qualifica nel PRG, su cui veniva effettuata attività agricola da parte di terzi affittuari). Occorre evidenziare che non può condividersi la tesi del ricorrente, secondo cui il possesso di cui all’art. 2, lett. b, del d.lgs. n. 504 del 1992, non va intenso in senso civilistico e può, pertanto, comprendere anche la mera detenzione, derivante dal contratto di affitto, atteso che, ai sensi degli artt. 1 e 3 del d.lgs. n. 504 del 1992, il presupposto dell’imposta è il possesso e i soggetti passivi, avvantaggiati dall’agevolazione, sono il proprietario o possessore, per cui la detenzione dell’affittuario, coltivatore diretto, è del tutto irrilevante ai fini del tributo in esame ed in particolare dell’art. 2, lett. b.
3. Il secondo motivo, con cui si è denunciata la violazione dell’art. 112 cod.proc.civ., è, invece, fondato. Dall’esame degli atti del giudizio di merito, che è consentito a questa Corte laddove sia dedotto un error in procedendo (tra le tante, Sez. L, n. 20924 del 05/08/2019, Rv. 654799 – 01), risulta, difatti, che sin dal ricorso introduttivo il contribuente ha proposto un motivo avente ad oggetto la quantificazione del valore dei fondi (v. ricorso introduttivo, p. 5, “in via del tutto subordinata, si osserva che, comunque, il valore accertato dal Comune non è condivisibile, in quanto non corrisponde al valore venale in comune commercio per l’anno di riferimento”), motivo che è stato riproposto in appello in modo puntuale ed articolato (v. atto di appello, da p. 10ss.) e risulta essere stato sempre coltivato. Tuttavia, tale censura non è stata affatto esaminata dalla Commissione tributaria regionale, neppure implicitamente, in quanto il rigetto dei motivi relativi alla qualificazione dei fondi non è affatto incompatibile con l’accoglimento delle doglianze relative alla quantificazione del valore accertato, secondo la qualificazione seguita.
10. Il terzo motivo, avente ad oggetto il carattere rurale dei fabbricati, è infondato, alla luce dell’orientamento della giurisprudenza di legittimità, secondo cui, in tema d’ICI, ai fini del trattamento esonerativo, è rilevante l’oggettiva classificazione catastale, per cui l’immobile che sia iscritto come “rurale”, con attribuzione della relativa categoria (A/6 o D/10), in conseguenza della riconosciuta ricorrenza dei requisiti previsti dall’art. 9 del d.l. n. 557 del 1993 (conv., con modif., in l. n. 133 del 1994), non è soggetto all’imposta, ai sensi dell’art. 23, comma 1- bis, del d.l. n. 207 del 2008 (conv., con modif., nella l. n. 14 del 2009, n. 14) e dell’art. 2, comma 1, lett. a), del d.lgs. n. 504 del 1992, mentre, qualora l’immobile sia iscritto in una diversa categoria catastale, è onere del contribuente, che richieda l’esenzione dall’imposta, impugnare l’atto di classamento per la ritenuta ruralità del fabbricato (Sez. 5, ord., n. 10283 del 12/04/2019, Rv. 653370 – 01 e Sez. 5, sent., n. 7930 del 20/04/2016, Rv. 639626 – 01).
L’orientamento contrario, secondo cui è irrilevante la classificazione catastale dell’immobile, è, difatti, rimasto minoritario e non tiene conto della posizione espressa da Sez. U n. 18565 del 21/08/2009 (Rv. 609281 – 01), secondo cui, in tema di ICI, l’immobile che sia stato iscritto nel catasto dei fabbricati come “rurale”, con l’attribuzione della relativa categoria (A/6 o D/10), in conseguenza della riconosciuta ricorrenza dei requisiti previsti dall’art. 9 del d.l. n. 557 del 1993, conv. in legge n. 133 del 1994, non è soggetto all’imposta, ai sensi dell’art. 2, comma 1, lett. a), del d.lgs. n. 504 del 1992, come interpretato dall’art. 23, comma 1-bis del d.l. n. 207 del 2008, aggiunto dalla legge di conversione n. 14 del 2009; qualora l’immobile sia iscritto in una diversa categoria catastale, sarà onere del contribuente, che pretenda l’esenzione dall’imposta, impugnare l’atto di classamento, restando, altrimenti, il fabbricato medesimo assoggettato ad ICI; allo stesso modo, il Comune dovrà impugnare autonomamente l’attribuzione della categoria catastale A/6 o D/10, al fine di poter legittimamente pretendere l’assoggettamento del fabbricato all’imposta. Si tratta, peraltro, di una posizione confermata dalle discipline successivamente intervenute che subordinano l’esenzione fiscale a procedure ad hoc di variazione della classificazione catastale, anche con efficacia retroattiva (v., ad es., art. 7, comma 2 bis, h, d.l. n. 70 del 13 maggio 2011, convertito dalla legge n. 106 del 12 luglio 2011).
11. In conclusione, il primo ed il terzo motivo devono essere rigettati, mentre il secondo motivo va accolto, con conseguente cassazione della sentenza e rinvio alla Commissione tributaria regionale del Veneto.
P.Q.M.
La Corte
- accoglie il secondo motivo di ricorso;
- rigetta il primo ed il terzo motivo di ricorso;
- cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale del Veneto in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.