CORTE di CASSAZIONE – Sentenza n. 17934 depositata il 22 giugno 2023
Lavoro – Licenziamento – Reintegrazione dipendente – Pagamento indennità – Retribuzione globale – Carattere imprenditoriale attività – Organizzazioni di tendenza – Criteri di scelta – Caratteristiche organizzazione – Inammissibilità
Fatti di causa
1. La Corte d’Appello di Palermo, con la sentenza impugnata, in riforma della decisione di primo grado, ha annullato il licenziamento intimato a G.C. dalla Associazione “C.S.D.A.G.” all’esito di una procedura di licenziamento collettivo, condannando la datrice di lavoro alla reintegrazione della dipendente e al pagamento di una indennità pari ad otto mensilità della retribuzione globale di fatto, oltre le spese.
2. La Corte, in sintesi, ha preliminarmente ritenuto che, “dalla documentazione agli atti”, emergessero “molteplici elementi univocamente orientati a riscontrare il carattere imprenditoriale dell’attività posta in essere dall’associazione secondo criteri di economicità”, con conseguente esclusione della deroga prevista dall’art. 4 della l. n. 108 del 1990 per le organizzazioni di tendenza.
Quanto al licenziamento, la Corte ha ritenuto che, “in mancanza dell’esplicitazione di un criterio oggettivo di ponderazione (non potendosi qualificare come tale quello dell’assegnazione al servizio trasporti) tra criteri eterogenei, l’indicazione astratta del loro contestuale operare (esigenze tecnico produttive ed organizzative, anzianità e carichi di famiglia)” non fosse sufficiente “a dar conto di come gli stessi dovessero essere applicati con modalità prioritariamente trasparenti e successivamente verificabili”. Ha altresì argomentato che i testi escussi avessero confermato “una sostanziale intercambiabilità fra i dipendenti della resistente, i quali, indipendentemente dalla qualifica di inquadramento loro riconosciuta al momento dell’assunzione, potevano essere indifferentemente assegnati, su semplice indicazione dei vertici datoriali, in assenza di eventuali progetti di riqualificazione professionale, alle funzioni di addetto al trasporto disabili, di accompagnatore, di operatore sociale o di funzionario amministrativo”.
Conseguentemente, per la Corte territoriale, la mancata specificazione dei criteri di scelta si era tradotta in una illegittima applicazione degli stessi, “manifestatasi attraverso l’erronea individuazione della C. quale dipendente da licenziare, mentre vi erano altri colleghi che […] avrebbero dovuto essere coinvolti nella procedura di licenziamento collettivo”, sicché la sanzione applicabile era quella del comma 4 dell’art. 18 l. n. 300 del 1970, come novellato, stante il rinvio dell’art. 5, comma 3. L. n. 223 del 1991.
3. Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso la soccombente con tre motivi; ha resistito con controricorso l’intimata.
La Procura Generale ha depositato memoria scritta, concludendo per l’inammissibilità del ricorso o, in ogni caso, per il suo rigetto.
La parte ricorrente ha comunicato memoria ex art. 378 c.p.c.
Ragioni della decisione
1. Il primo motivo denuncia la violazione o falsa applicazione dell’art. 4 della l. n. 108 del 1990 e dell’art. 18 l. n. 300 del 1970, nonché l’omesso esame di un fatto decisivo, criticando la sentenza impugnata “per avere qualificato l’associazione ricorrente alla stregua di una impresa in violazione del disposto normativo e con errata e/o mancata interpretazione delle risultanze documentali”.
Il motivo è inammissibile.
Esso, lungi dall’individuare i pretesi errori di diritto che sarebbero stati commessi dalla Corte territoriale in punto di individuazione di una organizzazione di tendenza a mente dell’art. 4 della l. n. 108 del 1990, propone una inammissibile rivalutazione delle risultanze istruttorie, come è reso palese dal rifermento ampio ai materiali di causa e alla contestuale proposizione della denuncia del vizio di cui al n. 5 dell’art. 360 c.p.c., senza peraltro l’adeguato rispetto degli enunciati posti dalle Sezioni unite di questa Corte (sentt. nn. 8053 e 8054 del 2014); in particolare non viene identificato il singolo fatto storico, dal carattere intrinsecamente decisivo, di cui sarebbe stato omesso l’esame, piuttosto facendo riferimento ad una serie di documenti.
La sentenza impugnata è coerente col principio giurisprudenziale per il quale, in tema di licenziamento illegittimo, per l’applicazione dell’art. 4 della l. n. 108 del 1990, occorre avere riguardo alle caratteristiche dell’organizzazione, piuttosto che sui fini perseguiti, non rilevando che questi siano meramente assistenziali o coerenti con lo scopo istituzionale quando siano conseguiti con una struttura dotata delle caratteristiche che connotano l’imprenditorialità.
Così è stato escluso che una Onlus avente come scopo sociale l’assistenza sociosanitaria rientrasse nel campo di applicazione della deroga, in quanto operava con criteri di economicità, ossia non semplicemente rivolti al perseguimento dei fini sociali dell’ente ma finalizzati al tendenziale pareggio tra costi e ricavi, restando, a tal fine, irrilevante la distribuzione di utili (v. Cass. n. 16031 del 2018).
L’accertamento in concreto della mancanza di scopo di lucro e della mancanza di un’organizzazione imprenditoriale è demandato al giudice del merito (Cass. n. 4983 del 2014).
Va poi ribadito che la disciplina stabilita dall’art. 4 della legge n. 108 del 1990 è derogatoria della regola generale di piena riparazione della lesione inferta al diritto soggettivo al lavoro, costituzionalmente protetto, e, quindi, è di stretta interpretazione. Ne consegue che la suddetta normativa non è applicabile quando manchi l’accertamento in concreto delle modalità di svolgimento dell’attività datoriale e sia impossibile escluderne il carattere imprenditoriale in riferimento al tipo di organizzazione e all’economicità della gestione (che postula un equilibrio tra costi e ricavi), anche a prescindere dall’esistenza di un fine di lucro (Cass. n. 3868 del 2012; Cass. n. 24437 del 2010).
2. Il secondo motivo, ai sensi dei numeri 3, 4 e 5, dell’art. 360 c.p.c., denuncia la violazione o falsa applicazione dell’art. 5, comma 3, della l. n. 223 del 1991, dell’art. 2697 c.c., dell’art. 116 c.p.c., “nonché dei principi di valutazione delle prove”, oltre che l’omesso esame di fatti decisivi. Si critica la sentenza impugnata “per non avere ritenuto sufficientemente motivata la scelta dei lavoratori da sottoporre al licenziamento collettivo nonostante la soppressione dell’intero ramo/servizio a cui erano addetti i lavoratori licenziati e l’espletamento della procedura sindacale”; si lamenta, altresì, “l’omesso e/o incompleto esame delle prove orali”.
Il terzo motivo denuncia promiscuamente i medesimi vizi, criticando la Corte siciliana “per non avere esaminato l’iter procedurale che aveva condotto al licenziamento collettivo e quale fosse stato il criterio di individuazione dei dipendenti da licenziare, giusta docc. da 1 a 34 della fase sommaria”.
L’inammissibilità dalle censure deriva non solo dalla circostanza che la parte ricorrente, in modo esplicito, si duole “di una lettura solo parziale dei documenti in atti e delle dichiarazioni rese dai testi” (secondo motivo), ovvero che la Corte di Appello “non ha valutato le risultanze documentali” (terzo motivo), ma anche dalla mancata impugnazione dell’effettiva ratio decidendi della sentenza impugnata.
Infatti, la Corte territoriale ha certamente considerato la dedotta soppressione di un servizio aziendale così come la procedura espletata, ma ha ritenuto violato il pacifico principio per il quale: “In tema di licenziamenti collettivi, ai fini dell’applicazione dei criteri di scelta dettati dall’art. 5 della l. n. 223 del 1991, la comparazione dei lavoratori da avviare alla mobilità deve avvenire nell’ambito dell’intero complesso organizzativo e produttivo ed in modo che concorrano lavoratori di analoghe professionalità (ai fini della loro fungibilità) e di similare livello, rimanendo possibile una deroga a tale principio solo in riferimento a casi specifici, ove sussista una diversa e motivata esigenza aziendale, onde evitare che il datore di lavoro finalizzi surrettiziamente detti criteri, eventualmente in collegamento con preventivi spostamenti di personale, all’espulsione di elementi non graditi, senza che questi abbiano concrete possibilità di difesa; ne consegue l’illegittimità della scelta in ragione dell’impiego dei lavoratori da porre in mobilità in un reparto soppresso o ridotto, senza tener conto del possesso di professionalità equivalente a quella di addetti ad altri settori aziendali” (da ultimo: Cass. n. 33889 del 2022).
Nella specie la Corte del merito ha ravvisato tale fungibilità, con un accertamento di fatto che non può essere ovviamente oggetto di rivisitazione in questa sede di legittimità.
Quanto alle conseguenze della illegittimità dichiarata, risulta correttamente applicato il principio secondo cui: “la violazione dei criteri di scelta, illegittimi per violazione di legge ovvero illegittimamente applicati in difformità dalle previsioni legali o collettive, dà luogo all’annullamento del licenziamento, con condanna alla reintegrazione nel posto di lavoro e al pagamento di un’indennità risarcitoria in misura non superiore alle dodici mensilità (ex art. 18, comma 4, l. n. 300 del 1970, come modificato dalla l. n. 92 del 2012)” (Cass. n. 2587 del 2018; conf. Cass. n. 19010 del 2018).
3. conclusivamente il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con spese regolate secondo soccombenza e liquidate come da dispositivo.
Occorre, altresì, dare atto della sussistenza dei presupposti processuali di cui all’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115 del 2002, come modificato dall’art. 1, co. 17, l. n. 228 del 2012, per il pagamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ove dovuto (Cass. SS.UU. n. 4315 del 2020).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese liquidate in euro 5.000,00, oltre euro 200,00 per esborsi, accessori secondo legge e rimborso spese generali al 15%.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- CORTE di CASSAZIONE - Sentenza n. 19872 depositata il 12 luglio 2023 - In tema di licenziamenti collettivi, ai fini dell'applicazione dei criteri di scelta dettati dall'art. 5 della l. n. 223 del 1991, la comparazione dei lavoratori da avviare alla…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 17 novembre 2022, n. 33889 - In tema di licenziamenti collettivi, ai fini dell'applicazione dei criteri di scelta dettati dalla legge n. 223/1991, art. 5, la comparazione dei lavoratori da avviare alla mobilità deve…
- CORTE di CASSAZIONE - Sentenza n. 20855 depositata il 18 luglio 2023 - In tema di licenziamento collettivo per riduzione di personale, ferma la regola generale di cui al primo comma dell'art. 5, l. n. 223 del 1991, secondo cui "l'individuazione dei…
- CORTE di CASSAZIONE - Ordinanza n. 1512 depositata il 15 gennaio 2024 - In tema di licenziamento collettivo per riduzione di personale, non assume rilievo, ai fini dell'esclusione della comparazione con i lavoratori di equivalente professionalità…
- CORTE di CASSAZIONE, sezione lavoro, ordinanza n. 6580 depositata il 12 marzo 2024 - In tema di licenziamento collettivo per riduzione di personale, la quale, ferma la regola generale di cui al primo comma dell'art. 5, legge n. 223/1991, secondo cui…
- CORTE di CASSAZIONE - Sentenza n. 19751 depositata l' 11 luglio 2023 - In tema di licenziamento collettivo per riduzione di personale, ferma la regola generale di cui al primo comma dell'art. 5, l. n. 223 del 1991, secondo cui "l'individuazione dei…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- IMU: no all’esenzione di abitazione principa
La Corte di Cassazione. sezione tributaria, con l’ordinanza n. 9496 deposi…
- Il consulente tecnico d’ufficio non commette
La Corte di Cassazione, sezione penale, con la sentenza n. 15642 depositata il 1…
- ISA 2024 le cause di esclusione per l’anno 2
La legge istitutiva degli Indici Sintetici di Affidabilità fiscale (ISA) ha una…
- Il diritto riconosciuto dall’uso aziendale n
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 10120 depositat…
- L’indennità sostitutiva di ferie non godute
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 9009 depositata…