Corte di Cassazione sentenza n. 18710 depositata il 10 giugno 2022
potere di accertamento dell’Agenzia per i rimborsi
FATTI DI CAUSA
1. La Banca IFIS s.p.a. propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Piemonte, depositata il 28 marzo 2017, di reiezione dell’appello dalla medesima proposto avverso la sentenza di primo grado che aveva respinto il suo ricorso contro la comunicazione dell’Amministrazione finanziaria di archiviazione della richiesta di rimborso di un credito i.v.a. relativo all’anno 1997 e acquisto dalla Banca Toscana s.p.a., poi incorporata.
1.1 Dall’esame della sentenza impugnata si evince che il credito di imposta in oggetto era stato ceduto alla contribuente dal Fallimento della Centro Piemontese del mobile s.r.l. e che l’Ufficio aveva contestato l’esistenza della pretesa vantata, in ragione dell’inidoneità della documentazione prodotta a supporto della richiesta.
2. Il giudice di appello, dopo aver dato atto che la Commissione provinciale aveva respinto il ricorso, ha disatteso il gravame della contribuente confermando quanto affermato in primo grado in ordine alla mancata dimostrazione della sussistenza del credito.
3. Il ricorso è affidato a cinque
4. L’Agenzia delle Entrate non si costituisce tempestivamente, limitandosi a depositare atto con cui chiede di poter partecipare all’eventuale udienza di discussione.
5. La ricorrente deposita memoria ai sensi dell’art. 380-bis.1 c.p.c.
6. La causa è stata rimessa all’esame dell’odierna pubblica udienza all’esito dell’adunanza del 12 novembre 2019.
7. La ricorrente deposita memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il terzo motivo, esaminabile prioritariamente per ragioni di ordine logico-giuridico, la parte si duole, con riferimento all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., della nullità della sentenza di appello per violazione degli 111 Cost., 112 e 115 c.p.c., 36 e 53, d.lgs. n. 546 del 1992, n. 546, 30 e 38-bis, d.P.R. n. 633 del 1972, e 2697 e.e., per omessa illustrazione del percorso logico e giuridico che ha condotto alla negazione del rimborso.
1.1 Il motivo è infondato.
La Commissione regionale ha escluso che la contribuente avesse fornito idonea dimostrazione, per via documentale, della sussistenza del credito vantato e, conseguentemente, dei presupposti per l’accoglimento dell’istanza di rimborso.
Ha, in proposito, rilevato che il curatore fallimentare non aveva provveduto al deposito di tutta la documentazione richiesta dall’ufficio al fine di verificare l’esistenza delle ragioni creditorie della parte e consistente in: un’autocertificazione attestante l’assenza di versamenti non effettuati e la mancanza di controlli di natura tributaria in corso e ultimati, l’assenza di compensazioni di eventuali debiti, la conformità all’originale della documentazione prodotta; documentazione relativa all’attività svolta e al presupposto del credito.
Ha, dunque, osservato che la produzione di tali documenti non presentava natura puramente formale, ma era imposta dalla necessità di effettuare l’ordinaria attività di controllo, per cui il mancato assolvimento di un siffatto adempimento non consentiva di pervenire all’accertamento della sussistenza del credito vantato.
Una siffatta motivazione appare idonea ad evidenziare l’iter logico giuridico seguito dal giudice, rendendo in tal modo possibile il controllo sull’esattezza e logicità del ragionamento.
2. Con il primo motivo di ricorso la contribuente denuncia, con riferimento all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., la nullità della sentenza per violazione degli 111 Cost., 112 c.p.c., 36, d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, 30, 38-bis, 54 e 57, d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, e 8 e 10, I. 27 luglio 2000, n. 212, per omessa pronuncia sull’eccezione, oggetto del primo motivo di appello, relativa all’intervenuta decadenza dell’Ufficio dal potere di rettificare la dichiarazione i.v.a. resa dal cedente e, dunque, conseguentemente, di contestare il credito chiesto a rimborso.
3. Con il secondo motivo deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 3, 53 e 97 , 8 e 10, Ln. 212 del 2000, e 30, 38-bis, 54 e 57, d.P.R. n. 633 del 1972, per aver il giudice di appello ammesso che l’Amministrazione potesse contestare la sussistenza di un credito di imposta esposto in dichiarazione pur dopo il decorso del termine decadenziale previsto per la rettifica di tale dichiarazione.
3.1 I motivi esaminabili congiuntamente, sono infondati.
Pur rispondendo al vero che la Commissione regionale ha omesso di pronunciarsi su tale motivo di gravame, ciò non determina l’accoglimento del motivo.
In proposito, si rammenta che la Corte di cassazione, in ragione della funzione nomofilattica ad essa affidata dall’ordinamento, nonché dei principi di economia processuale e di ragionevole durata del processo, di cui all’art. 111, secondo comma, Cast., ha il potere, in una lettura costituzionalmente orientata dell’art. 384 c.p.c., di correggere la motivazione anche a fronte di un errar in procedendo, quale la motivazione omessa, mediante l’enunciazione delle ragioni che giustificano in diritto la decisione assunta, qualora, come nel caso in esame, si tratti di questione che non richieda ulteriori accertamenti in fatto (cfr. Cass., ord., 1° marzo 2019, n. 6145; Cass., sez. un., 2 febbraio 2017, n. 2731).
Orbene, la controversa questione – oggetto della doglianza formulata – avente ad oggetto, in tema di rimborso d’imposta, la sussistenza del potere dell’amministrazione finanziaria di contestare il credito esposto dal contribuente nella dichiarazione dei redditi anche qualora siano scaduti i termini per l’esercizio del proprio potere di accertamento senza che abbia adottato alcun provvedimento è stata di recente interessata dalla autorevole pronuncia di questa Corte, resa a Sezioni unite, n. 21766 del 29 luglio 2021.
Tale pronuncia – ponendosi nel solco del precedente rappresentato da Cass., Sez. Un., 15 marzo 2016, n. 5069 – ha riconosciuto la sussistenza di un siffatto potere in capo all’Amministrazione finanziaria, sia pure relativamente al coacervo delle poste detraibili, sicché non è sufficiente che sia esposto in dichiarazione, né è necessario che sia accertato dall’amministrazione.
Ha, invece, escluso tale potere con riferimento al debito del contribuente, nel senso che l’Amministrazione, che sia decaduta dai propri poteri di accertamento e rettifica, non può pretendere un’imposta maggiore di quella liquidata in dichiarazione.
Poiché nel caso in esame viene in rilievo una contestazione dell’Ufficio avente ad oggetto la sussistenza della posta detraibile esposta in dichiarazione, in relazione alla asserita mancanza dei relativi fatti costitutivi, la decisione della Commissione regionale, che ha riconosciuto il potere dell’Amministrazione di procedere ad una siffatta contestazione, pur essendo decorsi i termini per l’esercizio del controllo formale della dichiarazione senza l’emanazione di alcun provvedimento, si sottrae alla censura prospettata, risultando coerente con i richiamati principi di diritto.
3.2 Può, in proposito, osservarsi che l’inerzia dell’Amministrazione non può equivalere al riconoscimento implicito del credito, per l’assenza di fatti impeditivi o preclusivi del rimborso, in ragione di un obbligo dell’amministrazione di attivarsi, derivante anche dalla combinazione dell’art. 6, secondo e quinto commi, l. 27 luglio 2000, n. 212.
Al contrario, il legislatore prende in considerazione l’inerzia, ma assegna ad essa il significato di rifiuto tacito, in quanto tale impugnabile: l’art. 21, secondo comma, d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, ammette il ricorso contro il silenzio rifiuto opposto dall’amministrazione a qualsiasi richiesta di rimborso, comprese quelle rappresentate dall’indicazione in dichiarazione del credito d’imposta idonea a manifestare la volontà di richiedere il rimborso.
L’omesso esercizio del potere di controllo non determina, quindi, alcun effetto accertativo del credito vantato, che può derivare soltanto dalla positiva verifica di rispondenza alla realtà di quanto dichiarato.
3.3 Non risulta, infine, minato il principio di certezza del diritto, in quanto è il contribuente, che decide di chiedere il rimborso di un credito a distanza di anni dalla maturazione del diritto relativo, a scegliere, riportandolo a nuovo, di assegnare ad esso rilevanza, appunto ex novo, in ciascuna delle dichiarazioni successive in cui lo espone.
4. Con il quarto motivo la ricorrente lamenta l’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio, per aver la commissione regionale omesso di rilevare che la società aveva esibito, sia in sede amministrativa, sia in corso di causa, documentazione idonea a dimostrare la sussistenza del credito (registri Iva, libro cespiti e dichiarazione ex articolo 74 bis, P.R. n. 633 del 1972) e di prendere in considerazione tali documenti ai fini dell’esame della fondatezza dell’appello.
4.1 Il motivo è inammissibile, in quanto, pur a prescindere dal riferimento al parametro di sindacato dell’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, non più attuale, ma inopportunamente evocato, essendo la censura articolata nelle forme dell’omesso esame di fatti decisivi e controversi, il vizio specifico denunciabile per cassazione ai sensi dell’art. 360, primo comma, 5, c.p.c., così come riformulato dall’art. 54, d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. nella l. 7 agosto 2012, n. 134, richiede che il fatto asseritamente omesso sia un fatto storico, con la conseguenza che, a tali fini, non costituiscono fatti le deduzioni difensive e gli elementi istruttori (cfr. Cass., ord., 29 ottobre 2018, n. 27415).
4.2 Sotto altro aspetto, si osserva, da un lato, che il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito non dà luogo, per le ragioni suindicate ad un vizio inquadrabile nel paradigma dell’art. 360, primo comma, 5, c.p.c. (cfr. Cass. 10 giugno 2016, n. 11892).
Dall’altro lato, la valutazione dei documenti e delle altre risultanze istruttorie, così come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata (così, Cass. 2 agosto 2016, n. 16056; Cass. 21 luglio 2010, n. 17097).
4.3 In ogni caso, la mancata illustrazione del contenuto dei documenti prodotti in giudizio non consente di poter effettuare una valutazione positiva in ordine alla decisività dei fatti ivi rappresentati e il cui esame sarebbe stato omesso dal giudice, in relazione alla loro idoneità a dimostrare la sussistenza della pretesa creditoria nei confronti dell’erario.
5. Con l’ultimo motivo di ricorso la società critica la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione degli artt. 23, 25, 30, 38- bis, 54 e 57, d.P.R. n. 633 del 1972, e 2697 c.c., nella parte in cui ha ritenuto che la documentazione richiesta dell’Ufficio e dalla medesima non prodotta fosse necessaria a dimostrare la sussistenza del credito vantato e che, conseguentemente, la sua mancanza non consentisse di ritenere dimostrata tale pretesa.
5.1 Il motivo è inammissibile, in quanto si risolve in una contestazione della valutazione delle risultanze probatorie operata dal giudice di appello, il quale ha escluso che la documentazione prodotta dalla contribuente fosse idonea a dimostrare il credito vantato.
Una siffatta censura non può trovare ingresso in questa sede in quanto la Corte di cassazione non è mai giudice del fatto in senso sostanziale e non può riesaminare e valutare autonomamente il merito della causa (cfr. Cass. 28 novembre 2014, n. 25332; Cass., ord., 22 settembre 2014, n. 19959).
5.2 Comunque, la (già rilevata) mancata indicazione del contenuto dei documenti prodotti in giudizio rende la doglianza priva della specificità sufficiente per consentire una valutazione sulla questione di diritto prospettata, non permettendo a questo giudice di valutare se tale documentazione offrisse idonea dimostrazione del credito vantato e, dunque, se il giudice di appello abbia erroneamente applicato le richiamate disposizioni in tema di i.v.a.
6. Pertanto, per le suesposte considerazioni, il ricorso non può essere accolto.
7. Nulla va disposto in ordine al governo delle spese del giudizio di legittimità, in assenza di attività difensiva svolta dalla parte vittoriosa.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- CORTE di CASSAZIONE – Sentenza n. 3858 depositata l' 8 febbraio 2023 - In tema di rimborso d'imposte, l'Amministrazione finanziaria può contestare il credito esposto dal contribuente nella dichiarazione dei redditi anche qualora siano scaduti i termini…
- CORTE di CASSAZIONE - Sentenza n. 17750 depositata il 21 giugno 2023 - In tema di rimborso di imposte, l'Amministrazione finanziaria può contestare il credito esposto dal contribuente nella dichiarazione dei redditi anche qualora siano scaduti i…
- Corte di Cassazione, ordinanza n. 20051 depositata il 13 luglio 2023 - In tema di rimborso d'imposte, l'Amministrazione finanziaria può contestare il credito esposto dal contribuente nella dichiarazione dei redditi anche qualora siano scaduti i termini…
- Corte di Cassazione sentenza n. 16103 depositata il 19 maggio 2022 - In tema di rimborso dell'eccedenza detraibile dell'imposta sul valore aggiunto, l'amministrazione finanziaria può contestare il credito esposto dal contribuente nella dichiarazione,…
- CORTE di CASSAZIONE - Ordinanza n. 17438 depositata il 19 giugno 2023 - In tema di rimborso dell'eccedenza detraibile dell'IVA l'Amministrazione finanziaria può contestare il credito esposto dal contribuente nella dichiarazione, che non derivi dalla…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 14 dicembre 2021, n. 40013 - Il vizio di omessa pronunzia è configurabile solo nel caso di mancato esame, da parte della sentenza impugnata, di questioni di merito, e non anche in caso di mancato esame di eccezioni…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- Alla parte autodifesasi in quanto avvocato vanno l
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con la sentenza n. 7356 depositata il 19…
- Processo Tributario: il principio di equità sostit
Il processo tributario, costantemente affermato dal Supremo consesso, non è anno…
- Processo Tributario: la prova testimoniale
L’art. 7 comma 4 del d.lgs. n. 546 del 1992 (codice di procedura tributar…
- L’inerenza dei costi va intesa in termini qu
L’inerenza dei costi va intesa in termini qualitativi e dunque di compatibilità,…
- IMU: la crisi di liquidità non è causa di forza ma
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, ordinanza n. 7707 depositata il 21 m…