Corte di Cassazione ordinanza n. 18874 depositata il 10 giugno 2022
vizio di omessa pronuncia
Rilevato che:
1. la Commissione tributaria regionale (“C.T.R.”) della Lombardia, in accoglimento dell’appello incidentale dell’Amministrazione finanziaria e rigettando l’appello principale del contribuente, ha parzialmente riformato la sentenza (n. 320/26/2010) della Commissione tributaria provinciale di Milano che, a sua volta, aveva annullato in parte un avviso di accertamento con il quale l’Agenzia delle entrate, all’esito di un’indagine finanziaria sui conti correnti intestati ad Alberto Conte, recuperava a tassazione, ai fini dell’Irpef, per il 2003, redditi di capitale e redditi diversi;
2. in particolare, per quanto ancora rileva, la C.T.R.: (i) con riferimento alla ripresa n. 3 (recupero di euro 138.475,26 – Gestione patrimoniale presso P.M. Sgr), dissentendo dalla pronuncia di primo grado, testualmente (cfr. pag. 3 della sentenza) «non ritiene sufficientemente provato quanto asserisce il ricorrente (non riconoscendo validità di prova certa [al]la rettifica dell’intermediario finanziario), vale a dire che la Gestione Patrimoniale era esistente alla data del 01.2003 per un controvalore di euro 99.603,37 e che veniva alimentata con gli esuberi di giacenza sul contocorrente.»; (ii) con riferimento alla ripresa n. 8 (recupero di euro 36.350,00: vendita dell’appartamento di C.F., fratello del contribuente), manca la prova certa del titolo in base al quale C.F. (cfr. pag. 4 della sentenza) «ha venduto un immobile ed ha dato la somma di euro 36.350,00 al fratello […] Non risulta che l’immobile fosse in comproprietà; non risulta a quale titolo C.F. avrebbe elargito il fratello Albero di tale somma.»; (iii) per tutte le altre riprese, confermate dal primo giudice, fa proprio il dictum della sentenza impugnata;
3. il contribuente ricorre, con sette motivi, per la cassazione della sentenza di appello; l’Agenzia delle entrate resiste con controricorso;
Considerato che:
1. con il primo motivo di ricorso [«A. Violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4), c.p.c.»], si deduce la nullità della sentenza impugnata che ha omesso di pronunciare sull’eccezione del contribuente di inammissibilità dell’appello incidentale dell’ufficio per mancanza di motivi specifici;
2. con il secondo motivo [«B. Omessa e, comunque, insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5), c.p.c., nonché violazione e falsa applicazione dell’art. 36 del d.l.vo 546/1992, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c.»], il ricorrente censura il vizio di motivazione della sentenza impugnata che si limita a confermare la decisione di primo grado, che ha ritenuto legittime alcune riprese a tassazione (nn. 1, 2, 6, e 7), senza spiegare le ragioni del proprio convincimento;
3. con il terzo motivo [«C. Violazione e falsa applicazione dell’art. 5 della l. 28/12/2001, n. 448, e degli artt. 41, 81 e 82 del d.p.r. 22/12/1986 n. 917 (vecchio testo), in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c.»], con riferimento alla ripresa n. 1 (recupero di euro 265.227,00, il cui presupposto era la vendita di partecipazioni nelle società Limen S.r.l. e Ostium S.r.l.), il ricorrente censura la sentenza impugnata che (oltre ad essere del tutto immotivata sul punto, come rilevato nel secondo motivo di ricorso) non è conforme alle norme di diritto richiamate in rubrica in quanto trascura che le cessioni in esame non avevano portato alcun vantaggio fiscale poiché il prezzo di cessione delle partecipazioni era inferiore al loro prezzo di acquisto, come rivalutato ai sensi della legge n. 448 del 2001, con la precisazione che sul valore dei titoli rivalutato il contribuente aveva versato l’imposta sostitutiva del quattro per cento, per un totale di euro 54.100,00;
4. con il quarto motivo [«D. Violazione e falsa applicazione degli artt. 5 e 41 del d.p.r. 22/12/1986 n. 917 (vecchio testo), in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c.»], con riferimento alla ripresa n. 2 (recupero di euro 166.678,40, a titolo di utile di una società di persone versato da Doride S.p.a. su un conto corrente acceso dal contribuente presso Banca Intesa), si censura la sentenza impugnata (non soltanto per la carenza argomentativa di cui al secondo motivo di ricorso, ma anche) per non avere rilevato che, trattandosi di utile alla data del 31/12/2002 della Cedro S.a.s. (di cui il contribuente era stato socio al cinquanta per cento), della quale Doride S.p.a. si era accollata il debito, lo stesso utile doveva essere tassato per trasparenza in capo ai soci esistenti alla fine del periodo 2002, mentre i bonifici effettuati in epoca successiva da Doride S.p.a. erano mere movimentazioni finanziare, fiscalmente irrilevanti, e non certo redditi di capitale, soggetti ad imposizione;
5. con il quinto motivo [«E. Violazione e falsa applicazione degli artt. 41 e 81 del p.r. 22/12/1986 n. 917 (vecchio testo), 67 del d.p.r. 29/9/1973, n. 600, nonché dell’art. 6, d.lgs. 21/11/1997, n. 461, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c.»], con riferimento alle riprese nn. 6 e 7 (recupero a tassazione del prezzo di due cessioni di usufrutto su partecipazioni al prezzo di euro 15.145,00 ciascuna), si censura la sentenza impugnata (oltre che per quanto indicato sopra al motivo n. 2) per non avere rilevato che la cessione del diritto di usufrutto su partecipazioni non dà luogo a un reddito di capitale, ma ad un reddito diverso che, nella specie, era stato tassato alla fonte (art. 6, d.l. n. 461 del 1997);
6. con il sesto motivo [«F. Omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5), c.p.c., nonché violazione e falsa applicazione dell’art. 10 delle legge 27/7/2000, n. 212 (Statuto dei diritti del contribuente) e degli artt. 1 e 41 del d.p.r. 22/12/1986 n. 917 (vecchio testo), in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c.»], con riferimento alla ripresa n. 3 (recupero a tassazione per euro 138.475,26, per un’operazione segnalata dall’intermediario P.M. Sgr, relativa ad un portafoglio titoli gestito dall’intermediario), il ricorrente censura la sentenza impugnata che, innanzitutto, omette di spiegare per quale ragione non ha considerato che l’intermediario, in fase procedimentale, rettificando una precedente comunicazione, aveva informato l’organo di controllo che, per un errore procedurale, l’operazione segnalata non risultava corretta e che, in realtà, la gestione patrimoniale in questione risultava già in essere in data 01/01/2003, con un saldo di euro 99.603,37. Sotto altro profilo, il ricorrente rileva che la sentenza impugnata vìola sia il principio di leale collaborazione tra fisco e contribuente sia le disposizioni del t.u.i.r. sui redditi di capitale, visto che le disponibilità sul conto corrente, intestato al contribuente, che alimentavano la gestione patrimoniale in esame non costituivano certo redditi di capitale, assoggettabili ad imposta;
7. con il settimo motivo [«G. Omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5), c.p.c., nonché violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 81, lett. l, del d.p.r. 22/12/1986 n. 917 (vecchio testo), in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c.»], con riferimento alla ripresa n. 8 (recupero a tassazione di un “reddito diverso”, per euro 36.350,00, pari al prezzo di vendita di un appartamento di proprietà di C.F., fratello del contribuente, pagato dal terzo acquirente mediante un versamento sul conto corrente bancario di quest’ultimo), il ricorrente censura la sentenza impugnata sia per carenza motivazionale, sia perché non è reddito tassabile la movimentazione finanziaria, tra fratelli, che abbia la propria causa nei loro reciproci rapporti di credito debito;
8. il primo motivo non è fondato;
per la giurisprudenza di questa Corte, alla quale il Collegio aderisce, il vizio di omessa pronuncia non è configurabile su questioni processuali (cfr. ex multis Cass. 26/11/2021, n. 36842, e il precedente di legittimità ivi richiamato);
9. la prima censura del complesso secondo motivo è fondata, il che determina l’assorbimento della successiva censura (e. errore di diritto) di cui al medesimo mezzo d’impugnazione, nonché del terzo, del quarto e del quinto motivo;
la sentenza impugnata è priva dell’indicazione delle ragioni per le quali sono state ritenute legittime le riprese a tassazioni in discorso (riprese nn. 1, 2, 6 e 7) e si riduce ad un’acritica adesione alla pronuncia di primo grado, sicché, in sostanza, non è dato sapere perché la C.T.R. ha condiviso l’operato del fisco e la decisione di primo grado che ne ha in parte confermato l’azione accertatrice;
10. il sesto motivo, nella sua duplice articolazione (vizio di motivazione ed error in iudicando), non è fondato;
la C.T.R., al contrario di quanto asserisce il contribuente, illustra con chiarezza le ragioni del proprio convincimento, e, in particolare, riconosce la natura reddituale e la connessa rilevanza fiscale della ripresa in discorso, dopo avere riscontrato (con accertamento di fatto, incensurabile in questa sede) il deficit probatorio della tesi difensiva della parte privata, a causa della mancanza di certezza circa la giustificazione addotta dall’intermediario sulla consistenza del portafoglio titoli del contribuente. Del tutto generiche e, come tale, da disattendere si appalesano, infine, le critiche (di cui alla seconda parte del complesso motivo) in punto di violazione degli obblighi di lealtà e collaborazione tra fisco e parte privata, e in punto di qualificazione giuridica del reddito oggetto del recupero fiscale;
11. il settimo motivo, nella sua duplice articolazione, non è fondato;
in primo luogo, non sussiste la dedotta lacuna dello sviluppo argomentativo della sentenza impugnata, poiché, anzi, il giudice tributario di appello espone in maniera esaustiva le ragioni del proprio convincimento. In secondo luogo, non ricorre la prospettata violazione di legge, la quale poggia su un presupposto giuridico — la natura non reddituale delle movimentazioni bancarie tra fratelli — distonico rispetto all’accertamento di fatto operato dal giudice di merito che, come si è detto, ha illustrato a sufficienza le ragioni della decisione;
12. in conclusione, accolto il secondo motivo nei termini sopra indicati, assorbiti il terzo, il quarto e il quinto motivo, rigettati il primo, il sesto e il settimo motivo, la sentenza è cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio al giudice a quo anche per le spese del giudizio di legittimità;
P.Q.M.
accoglie il secondo motivo nei termini sopra indicati, dichiara assorbiti il terzo, il quarto e il quinto motivo, rigetta il primo, il sesto e il settimo motivo, cassa la sentenza impugnata, in relazione al motivo accolto e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
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