Corte di Cassazione sentenza n. 1900 depositata il 25 gennaio 2018
FALLIMENTO – ACCERTAMENTO DEL PASSIVO – OPPOSIZIONE ALLO STATO PASSIVO – TERMINE PREVISTO PER L’ADOZIONE DEL RELATIVO PROVVEDIMENTO DA PARTE DEL COLLEGIO – PERENTORIETÀ – ESCLUSIONE – FONDAMENTO
FATTO E DIRITTO
1.- Il Fallimento (OMISSIS) s.r.l. ricorre per cassazione nei confronti della Monte Paschi Gestione Crediti Banca s.p.a., articolando sette motivi avverso il decreto emesso dal Tribunale di Genova in data 28 maggio 2012.
Riformando il provvedimento del giudice delegato, che aveva stimato non provata l’esistenza del credito di cui alla richiesta insinuazione, li’ Tribunale ha invece ritenuto provata l’effettiva sussistenza di un versamento da parte della Banca a favore della Società di poi fallita di una somma pari a Euro 64.000,00, per titolo di anticipazione, come da risultanze dell’estratto conto.
Nei confronti del ricorso resiste la Banca, che ha depositato apposito controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memoria ex art. 380 bis c.p.c..
2. – Con il primo motivo di ricorso il Fallimento rileva che il Tribunale ha dichiarato di accogliere un’opposizione proposta da “Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a.”, là dove questa “non ha proposto alcunche’ nella presente vertenza”, l’opposizione all’esclusione essendo stata per contro formulata da “Monte dei Paschi Gestione Crediti s.p.a., nella qualità di mandataria della Monte dei Paschi di Siena Leasing e Factoring”. Secondo il ricorrente, tale circostanza integra gli estremi del vizio di cui alla norma dell’art. 360 c.p.c., n. 5.
Il motivo e’ manifestamente infondato. Si tratta in effetti, come e’ di tutta evidenza, di un semplice errore materiale.
3. – Con il secondo motivo di ricorso, il Fallimento rileva che non risulta provata la qualità di legale rappresentante della Banca del rag. C.V., pure assunto come tale nell’ambito del ricorso in opposizione.
Il motivo non puo’ avere pregio.
Secondo l’orientamento di questa Corte, “l’attività posta in essere da filiali o succursali di una banca – prive di personalità giuridica, cosi’ come indicato nella Direttiva CEE n. 780 del 12 dicembre 1977 ed espressamente ribadito dal D.Lgs. n. 385 del 1993, art. 1, lett. e), – va imputata all’istituto di credito di cui costituiscono un’articolazione periferica; tuttavia, ai dirigenti preposti a tali filiali e’ di regola riconosciuta la qualità di institore ex art. 2203 c.c., dalla quale deriva la loro legittimazione attiva e passiva in giudizio in nome della banca preponente, con imputazione a quest’ultima dell’attività giudiziaria da essi svolta” (cfr. cosi’, da ultimo, Cass., 26 gennaio 2016, n. 1365).
4. – Con il terzo motivo di ricorso, il Fallimento rileva che il decreto del Tribunale non ha rispettato il termine di sessanta giorni che la norma della L.Fall. art. 99, fissa per il deposito del medesimo e assume che tanto comporta vizio del provvedimento ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4.
Il motivo e’ manifestamente infondato.
Secondo l’orientamento di questa Corte, “in tema di opposizione allo stato passivo del fallimento, il termine di sessanta giorni entro il quale il collegio deve provvedere sull’opposizione in via definitiva, previsto dalla L.Fall., art. 99, nel testo come sostituito dal D.Lgs. 12 settembre 2007, n. 169, art. 6, “ratione temporis” applicabile, in difetto di espressa previsione di perentorietà, deve considerarsi ordinatorio” (Cass., 5 ottobre 2011, n. 20363).
5. – Con il quarto motivo di ricorso, il Fallimento assume come non risponda al vero l’affermazione del Tribunale genovese, secondo cui la circostanza dell’avvenuto accredito in conto della somma di Euro 64.000,00 era da stimare incontestata. L’allegazione del Fallimento dichiara il ricorso – andava nell’opposta direzione.
Il motivo e’ inammissibile.
Si tratta, infatti, di una censura di mero fatto. La valutazione del complessivo materiale probatorio, che e’ stata compiuta dal Tribunale genovese, si manifesta, d’altra parte, senz’altro ragionevole.
6. – Con il quinto motivo di ricorso, il Fallimento assume la nullità del contratto di factoring intervenuto tra le parti, in quanto non sottoscritto dalla Banca.
Il motivo e’ inammissibile.
In effetti, il decreto impugnato ha secondato la richiesta della Banca come intesa non già all’adempimento del contratto di factoring, bensi’ alla semplice restituzione della somma capitale che era stata erogata. Il titolo del diritto della Banca si dispone, insomma, secondo i termini di un’obbligazione ex lege.
7. – Con il sesto motivo di ricorso, il Fallimento segnala che il credito anticipato (per Euro 64.000,00) e’ inferiore di quello ceduto in via di factoring (per Euro 80.000,00). E assume che cio’ integrerebbe il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5.
Il motivo e’ inammissibile. Nel senso che lo stesso non viene a censurare l’effettiva ratio decidendi del provvedimento impugnato, che consiste nel riscontro di un compiuto accredito – a favore della Società di poi fallita – di una somma pari a Euro 64.000,00.
8. – Con il settimo motivo di ricorso, il Fallimento si duole del fatto che il Tribunale, pure prendendo atto del disconoscimento delle firme apposte sul contratto di factoring, ha “ritenuto di non attribuire alcun peso” alla circostanza.
Il motivo e’ inammissibile.
Come già sopra si e’ sottolineato, nella specie il credito della Banca trova fondamento non già sul piano del contratto, bensi’ su quello dell’avvenuto fatto, disponendosi secondo i termini propri dell’obbligazione ex lege.
9. – In conclusione, il ricorso va rigettato.
Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetti il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida nella misura di Euro 5.200,00 (di cui Euro 200,00 per esborsi).
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