Corte di Cassazione sentenza n. 19200 del 14 giugno 2022
giudicato esterno – tariffe TARSU/TIA
FATTI DI CAUSA
Il club M. ha impugnato l’avviso bonario relativo alla Tarsu dell’anno 2011, notificato dal Comune, opponendo la inapplicabilità della Tarsu per l’anno 2011 in assenza di base normativa, la mancata previa notifica di avviso di accertamento, la mancata considerazione della stagionalità dell’attività svolta, l’erronea determinazione della superficie tassabile,nonché la parziale attivazione da parte del Comune del servizio di raccolta dei rifiuti e la conseguente necessità del club di avvalersi di una società per lo smaltimento.
ll ricorso è stato respinto in primo grado. Il club ha proposto appello che è stato respinto dalla Commissione regionale tributaria, osservando che l’art. 14 comma 7 del D.lgs. 23/2011 consente agi Comuni di continuare a riscuotere la Tarsu anche per l’anno 2011 il tributo riguarda l’anno 2009, e che l’obbligo del previo avviso di accertamento in rettifica è venuto meno a decorrere dal 1 gennaio 2007 a seguito dell’abrogazione dell’art. 71 comma 1 del D.lgs. n. 507 del 1993 per effetto della legge n. 296 del 2006. Il giudice d’appello rileva inoltre che: a) è infondata la censura relativa alla mancata considerazione della stagionalità dell’attività svolta, non essendo stata versata in atti la licenza rilasciata dal Comune ove si attesta la stagionalità, posto che le attività alberghiere stagionali per essere considerate tali ai fini della esenzione di cui all’art. 66 comma 3 lettera c) del D.lgs. n. 507/1993 devono essere esercitate in conformità alla licenza rilasciata e per l’esatto periodo da questa indicato; b) non risulta che il contribuente abbia presentato una dichiarazione al Comune di non volersi avvalere del servizio pubblico di smaltimento rifiuti con riferimento ad annualità di imposta successivi al 2003 a seguito del venir meno del regime di privativa dei comuni per la raccolta e gestione dei rifiuti; c) sono condivisibile sul punto la decisione del giudice di primo grado che si è basato su prove documentali quali la relazione dell’ufficio tecnico erariale.
Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il club, affidandosi a quattro motivi. Si è costituito con controricorso il Comune. Il Procuratore generale ha presentato conclusioni scritte, chiedendo il rigetto del ricorso. Il club ha depositato memoria evidenziando che con sentenza n. 3108/2017 pubblicata il 26/06/2017 il Consiglio di Stato ha annullato le delibere della Giunta Municipale del Comune di Pizzo che avevano determinato le tariffe Tarsu per gli anni 2008 e 2009, ed ha allegato la predetta sentenza.
La causa è stata trattata alla udienza del 27 aprile 2022.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.- Con il primo motivo del ricorso la parte ricorrente lamenta ai sensi dell’art 360 n. 3 c.p.c. la violazione e falsa applicazione di diritto in relazione all’art 5 del D.L. 208/2008all’art 14 c. 7 del D.lgs. 23/2011 e all’art 23 della Costituzione. La ricorrente deduce che ha errato la Commissione regionale nella parte in cui ha escluso la carenza di potere impositivo dell’ente in quanto la norma istitutiva della Tarsu è stata abrogata e la disciplina transitoria ne consentiva l’applicazione solo fino al 2009.
Il motivo è infondato.
L’originario termine per l’introduzione della nuova tariffa è stato più volte prorogato ad opera di disposizioni legislative emanate a scadenze quasi sempre annuali e portato al 30.6.2010 dal D.L. n. 194 del 2009, art. 8, comma 3, convertito con modificazioni dalla L. n. 25 del 2010. Ciò non significa che dal 1^ gennaio 2010 fossero venuti meno i presupposti di legittima applicazione della TARSU ovvero della tariffa Ronchi, stante la ultrattività generale della disciplina Tarsu come riconosciuto dalla Corte costituzionale con sentenza n. 238/2009 la quale ha ricollegato il definitivo passaggio (da TARSU/TIA alla tariffa integrata) non soltanto all’emanazione del regolamento ministeriale previsto dal D.lgs. n. 156 del 2006, art. 238, comma 6, ma altresì al completamento di tutti gli adempimenti necessari per dare piena attuazione alla nuova tariffa. Inoltre, sulla legittimità dell’applicazione della Tarsu e della Tariffa Ronchi da parte dei Comuni si sono espressi anche il MEF con la circolare 3/D dell’11 novembre 2010 (cfr. punto 2.1. della circolare) e la Corte dei conti, sezione di controllo della Lombardia, nella delib. 28 gennaio 2011, n. 21. Pertanto, per l’anno 2011 la tassa richiesta era senz’altro dovuta dalla società contribuente (v. Cass. n. 8083/2018; Cass. 20961/2019).
2.- Con il secondo motivo del ricorso la parte ricorrente lamenta ai sensi dell’art 360 n. 3 c.p.c. la violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c. Deduce che la Commissione regionale non avrebbe tenuto in debito conto il giudicato esterno formatosi in merito al sollecito di pagamento Tarsu anni 2004-2005 e dell’ingiunzione di pagamento Tarsu anno 2003, atti annullati in quanto non preceduti dal necessario avviso di accertamento.
L’eccezione è infondata poiché si invoca un giudicato che riguarda avvisi di accertamento relativi ad annualità diverse e le ragioni di annullamento, per come dedotte dalla parte, attengono allo specifico esercizio della pretesa tributaria per quella determinata annualità.
E’ principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, cui il Collegio intende dare continuità, che in tema di imposte periodiche il giudicato formatosi su alcune annualità fa stato con riferimento anche ad annualità diverse, in relazione a quei fatti che costituiscono elementi costitutivi della fattispecie a carattere tendenzialmente permanente ma non con riferimento ad elementi variabili e non può avere alcuna efficacia vincolante quando l’accertamento si fondi su presupposti di fatto relativi a tributi differenti ed a diverse annualità: ad esempio, il giudicato sulle modalità di esercizio di una determinata attività, che sono suscettibili di modificarsi nel tempo, non spiega efficacia espansiva negli altri periodi di imposta (cfr. Cass. n. 7417 del 15/03/2019; Cass. n. 25516 del 10/10/2019; Cass. n. 5939 del 04/03/2021 Cass. 38950/2021).
3.- Con il terzo motivo, la ricorrente lamenta l’omesso esame di fatto decisivo in relazione all’art. 360 n. 5) c.p.c. per il mancato esame delle concessioni demaniali da cui risultano le superfici tassabili e il periodo. Deduce di avere prodotto le autorizzazioni (n. 93 e 94) rilasciate dal Comune in data 10 maggio 2002 che autorizzavano all’esercizio stagionale dell’attività alberghiera dal 23 maggio 2002 al 31 ottobre 2002, nonché la richiesta di prosecuzione dell’attività per gli anni 2008/ 2009 dal 3 aprile al 30 settembre di ogni anno. Pertanto il giudice d’appello ha erroneamente ritenuto che il club non avesse prodotto le autorizzazioni stagionali; inoltre la stagionalità dell’attività risulta dall’avviso di accertamento con il quale il Comune di Pizzo ha applicato per gli anni dal 2006 al 2010 una riduzione per stagionalità della attività svolta.
3.- Con il quarto motivo di ricorso si lamenta ai sensi dell’art 360 n. 3 c.p.c. la violazione e falsa applicazione di norme di diritto in relazione all’ art. 66 del D.lgs. 507/1993 e 38 del Regolamento Tarsu dl Comune di Pizzo. La ricorrente deduce di non avere mai esercitato l’attività oltre il periodo indicato nell’autorizzazione rilasciata dal Comune di Pizzo nell’anno 2002 o nelle richieste di prosecuzione dell’attività depositate presso lo stesso Comune.
A questi motivi deve inoltre aggiungersi il rilievo contenuto nella memoria depositata ex art. 380 c.p.c. e cioè l’incidenza del fatto nuovo, intervenuto dopo la notifica del ricorso per cassazione, consistente in una sentenza del Consiglio di Stato che ha annullato le delibere relative alle tariffe Tarsu per gli anni 2008 -2009, il che secondo la parte ricorrente comporterebbe anche la caducazione delle tariffe successivamente deliberate, atteso che la delibera 59/2010 si limita a confermare le stesse tariffe (oggetto di annullamento) anche per gli anni 2010- 2011.
4.- I motivi sono infondati.
In ordine alla censura proposta ex art 360 n. 5 c.p.c. si osserva che al presente giudizio è applicabile la disciplina dettata da D.L. n. 83 del 2012, convertito con modificazioni dalla legge n. 134 del 2012, trattandosi di appello introdotto dopo l’11 settembre 2012 e la pretesa del contribuente, sui punti oggi oggetto di discussione, è stata respinta sia in primo che in secondo grado. Si tratta quindi di una “doppia conforme”, prevista dall’art. 348 ter, comma 5, c.p.c. rispetto alla quale il ricorrente in cassazione, per evitare l’inammissibilità del motivo di cui all’art. 360, n. 5, c.p.c. nel testo riformulato dall’art. 54, comma 3, del D.L. n. 83 cit. ed applicabile alle sentenze pubblicate dal giorno 11 settembre 2012, deve indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (Cass. 26774/2016; Cass. 20994/2019)
Il ricorrente non assolve a quest’onere, e peraltro la censura difetta di pertinenza poiché il riferimento all’omessa esibizione della licenza, reso dal giudice d’appello, riguarda la annualità oggetto di causa, al fine di verificare l’esatto periodo indicato nella licenza stessa, come richiesto dall’art 66 comma 3 del D.lgs. 507/1993 e non anche le licenze relative agli anni precedenti, cui si riferisce la parte ricorrente.
Per quanto attiene alle censure proposte ex art 360 n. 3 c.p.c. in ordine alla stagionalità e alla determinazione della superficie effettivamente tassabile, si osserva che la ricorrente sollecita la revisione di accertamenti di fatto, in questa sede inammissibile, peraltro anche sulla base di documenti diversi da quelli che il giudice d’appello ha ritenuto necessari a dimostrare l’esercizio stagionale dell’attività; deve rilevarsi in particolare che il carattere stagionale dell’uso dei locali, ai fini della riduzione della tariffa, deve essere allegato e documentato dal contribuente in sede di denuncia originaria o in variazione dei presupposti della tassa ed, in difetto, la relativa circostanza non può essere fatta valere nel giudizio di impugnazione dell’atto impositivo (Cass. 14037/2019; Cass.3955/2021 tra le stesse parti).
Quanto all’annullamento delle tariffe da parte del giudice amministrativo, si deve rilevare che per l’annualità oggetto di causa la tariffa è stata determinata con successiva delibera che non risulta oggetto di annullamento. Il Collegio intende dare continuità all’orientamento già espresso da questa Corte secondo il quale l’annullamento giurisdizionale della delibera comunale di determinazione della tariffa per un’annualità precedente non ha efficacia caducante sulle delibere (non impugnate) meramente “ripetitive” degli anni successivi, poiché ogni deliberazione tariffaria regola la materia in modo autonomo rispetto alla precedente e dovendosi quindi escludere sia l’operare del giudicato esterno, sia il dovere del giudice tributario di disapplicare in via incidentale l’atto sulla base di tale presupposto (Cass. n. 28675 del 09/11/2018; Cass. n. 14039 del 23/05/2019)
Ne consegue il rigetto del ricorso.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente alle spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 6.000,00 per compensi oltre euro 200,00 per spese non documentabili ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- Corte di Cassazione ordinanza n. 19199 del 14 giugno 2022 - In tema di imposte periodiche il giudicato formatosi su alcune annualità fa stato con riferimento anche ad annualità diverse, in relazione a quei fatti che costituiscono elementi costitutivi…
- CORTE di CASSAZIONE - Ordinanza n. 15840 depositata il 6 giugno 2023 - Con il giudicato esterno la sentenza del giudice con la quale si accertano il contenuto e l'entità degli obblighi del contribuente per un determinato anno d'imposta fa stato, nei…
- Corte di Cassazione ordinanza n. 21947 depositata l' 11 luglio 2022 - La sentenza del giudice tributario con la quale si accertano il contenuto e l'entità degli obblighi del contribuente per un determinato anno d'imposta fa stato, nei giudizi relativi…
- Corte di Cassazione ordinanza n. 21495 depositata il 7 luglio 2022 - Nel processo tributario, l'effetto vincolante del giudicato esterno in relazione alle imposte periodiche concerne i fatti integranti elementi costitutivi della fattispecie che,…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 17 marzo 2020, n. 7369 - La sentenza del giudice tributario riguardante un determinato anno d'imposta fa stato, nei giudizi pendenti tra le stesse parti e relativi ad imposte dello stesso tipo dovute per gli anni…
- Corte di Cassazione, ordinanza n. 16708 depositata il 13 giugno 2023 - La pendenza del termine per la revocazione della sentenza della Corte di cassazione non impedisce il passaggio in giudicato della sentenza impugnata con ricorso per cassazione…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- Il lavoratore ha diritto al risarcimento del danno
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 10267 depositat…
- L’Iva detratta e stornata non costituisce elusione
L’Iva detratta e stornata non costituisce elusione, infatti il risparmio fiscale…
- Spese di sponsorizzazione sono deducibili per pres
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 6079 deposi…
- E illegittimo il licenziamento del dipendente in m
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 8381 depositata…
- Illegittimo il licenziamento per inidoneità fisica
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 9937 depositata…