CORTE di CASSAZIONE – Sentenza n. 2027 depositata il 23 gennaio 2023
Tributi – Avviso di accertamento – IVA – Attività di vendita di prodotti petroliferi e di bunkeraggio marittimo – Violazione del plafond disponibile – Regime di esenzione IVA delle cessioni di beni destinati al rifornimento e al vettovagliamento delle navi adibite alla navigazione in alto mare – Clausola Incoterms FOB «franco a bordo» – Rigetto
Fatti di causa
1. Il contribuente B.V., titolare dell’impresa individuale N.A. ed esercente l’attività di vendita di prodotti petroliferi e di bunkeraggio marittimo (rifornimento di prodotti petroliferi necessari per propulsione e consumi di bordo delle navi), ha impugnato un avviso di accertamento, relativo al periodo di imposta 2007, con il quale si contestavano operazioni di acquisto senza applicazione di IVA a termini dell’art. 8, primo comma, lett. c) d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 in violazione del plafond disponibile maturato e dichiarato nel periodo di imposta precedente, con recupero di IVA.
L’Ufficio ha effettuato il recupero sulla detrazione degli acquisti di carburante – effettuati dal contribuente da compagnie petrolifere (E., E.), carburante rivenduto ad armatori esteri a titolo di rifornimento delle navi – in quanto in eccesso rispetto al plafond disponibile, ritenendo inapplicabile su tali acquisti la disciplina di cui all’art. 8, primo comma, lett. c) d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633. Il contribuente ha dedotto di non essere esportatore abituale; ha, poi, dedotto di svolgere la propria attività di «bunkeraggio» in esenzione di imposta, prelevando il carburante direttamente da depositi doganali e vendendo il carburante per il rifornimento delle navi con scarico delle merci direttamente a bordo navi (free on board); ha, quindi, dedotto il contribuente che le operazioni di acquisto si sarebbero dovute qualificare in esenzione IVA ex art. 8-bis, comma 1, lett. d) d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 quali dotazioni di bordo e rifornimento di navi, essendo la fornitura di carburante transitata direttamente dal fornitore all’armatore.
2. La CTP di Lecce ha accolto il ricorso.
3. La CTR della Puglia, Sezione staccata di Lecce, con sentenza in data 18 settembre 2019, ha rigettato l’appello dell’Ufficio. Ha ritenuto il giudice di appello che il carburante è stato immesso nelle navi degli acquirenti a cura di un primo operatore con la clausola franco a bordo (FOB), rispetto al quale il contribuente non è venuto mai in possesso del carburante fornito. In particolare, il giudice di appello ha ritenuto che la merce fosse stata effettuata con «operazione triangolare», in cui i beni sono stati consegnati «di fatto» all’armatore e di qui trasportata fuori dal territorio europeo dal suddetto primo fornitore, senza cooperazione del contribuente. Ha, poi, dedotto il giudice di appello che il contribuente, benché intermediario, non potesse ritenersi esportatore abituale in relazione alle suddette operazioni di carico di carburante, in quanto estraneo alle singole cessioni.
4. Ha proposto ricorso per cassazione l’Ufficio, affidato a quattro motivi; resiste con controricorso il contribuente.
Ragioni della decisione
1.1. Con il primo motivo del ricorso si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione dell’art. 8, primo comma, lett. c) d.P.R. n. 633/1972 e falsa applicazione della lett. a) dello stesso art. 8, primo comma e dell’art. 8-bis d.P.R. cit., per non avere considerato la sentenza impugnata che l’esenzione di cui all’art. 8-bis non può essere estesa alle cessioni effettuate in uno stadio della catena distributiva anteriore a quello finale. Deduce il ricorrente che l’acquisto da parte del contribuente di carburante da parte della compagnia petrolifera deve essere assoggettata a IVA, applicandosi l’esenzione di cui all’art. 8-bis, primo comma, lett. c) d.P.R. n. 633/1972 alla cessione finale all’armatore che provveda all’esportazione e non anche alle cessioni avvenute in una precedente fase della catena distributiva, quali le cessioni a un intermediario che non agisca in nome dell’armatore. Osserva il ricorrente che la triangolazione indicata nella sentenza impugnata sarebbe possibile solo nel caso in cui nella cessione del carburante intervenga un commissionario o mandatario per conto del committente originario, ma non nel caso di specie, in cui l’intermediario è intervenuto a nome proprio, caso nel quale vengono in esame due distinte cessioni.
1.2. Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. per omessa pronuncia, per avere il giudice di appello omesso di pronunciarsi sul motivo di appello in cui si deduceva che lo stesso contribuente avesse fatto applicazione del regime del plafond nella dichiarazione 2011, per cui la natura di esportatore abituale era stata dichiarata dallo stesso contribuente.
1.3. Con il terzo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione dell’art. 2730 cod. civ., nella parte in cui il giudice di appello non ha valutato il valore confessorio dei comportamenti concludenti assunti dal contribuente, che dimostrerebbero come il contribuente avesse aderito alla scelta di utilizzare il plafond degli esportatori abituali di propria iniziativa.
1.4. Con il quarto motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3 e 4 cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 36, secondo comma n. 4 d. lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 e 112 cod. proc. civ., nonché violazione dell’art. 2697 cod. civ., nella parte in cui il giudice di appello ha ritenuto che il contribuente non rivestisse qualifica di esportatore abituale alla luce della documentazione prodotta. Osserva il ricorrente che la sentenza sarebbe immotivata e illogica, ove afferma che la qualificazione del contribuente quale esportatore abituale sarebbe smentita dalla documentazione prodotta, affermazione che apparirebbe in contrasto con la precedente motivazione e che non recherebbe alcuna indicazione della documentazione cui il giudice di appello avrebbe fatto riferimento.
2. I primi tre motivi, i quali possono essere esaminati congiuntamente, attesi i profili coinvolti, sono infondati. Questa Corte ha ritenuto, in un caso analogo, che le operazioni di rifornimento e di vettovagliamento delle navi adibite alla navigazione in alto mare siano esenti IVA, in quanto equiparabili a operazioni all’esportazione ex art. 8-bis, primo comma, lett. d) d.P.R. n. 633 del 1972 (Cass., Sez. V, 5 settembre 2019, n. 22210, puntualmente richiamata dal controricorrente). La disposizione di diritto interno costituisce trasposizione dell’art. 148, par. 1, lett. a) Dir. 2006/112/CE (analoga al precedente art. 15, punto 4 della Sesta Direttiva), la quale riguarda il regime di esenzione IVA delle «cessioni di beni destinati al rifornimento e al vettovagliamento delle navi adibite alla navigazione in alto mare», quali operazioni equiparate alle cessioni all’esportazione.
3. La norma in oggetto ha ad oggetto le cessioni finali di beni esportati direttamente dal venditore o per suo conto, escludendosi in linea di principio tale equiparazione (ai fini dell’esenzione IVA) nel caso in cui si tratta di rifornimento di carburante operato da un soggetto che abbia operato in uno stadio o anello della catena distributiva anteriore alla cessione finale; e questo sarebbe (in termini astratti) il caso dell’intermediario che acquisti il carburante e lo rivenda all’armatore di navi marittime, operando in nome proprio anziché in nome dell’armatore. Tuttavia, l’esenzione diviene ugualmente applicabile, secondo la giurisprudenza di questa Corte, ove il trasferimento della merce sia intervenuto in concomitanza del momento in cui l’armatore sia stato autorizzato a disporne, di fatto, come se fosse il proprietario del carburante cedutogli (Cass., Sez. V, 5 settembre 2019, n. 22210, cit.; conf., Cass., Sez. V, 14 aprile 2022, n. 12140).
4. Questa interpretazione riposa sulla più recente giurisprudenza dell’Unione – valorizzata, peraltro, dallo stesso Ufficio con la Risoluzione n. 1/E del 9 gennaio 2017, che la stessa sentenza impugnata richiama – secondo cui l’esenzione prevista per le operazioni all’esportazione non si applica esclusivamente alle cessioni finali di beni esportati dal venditore o per suo conto, potendo – a determinate condizioni – l’esenzione di cui all’articolo 148, lettera a), Dir. 2006/112/CE essere estesa alle cessioni di tali beni effettuate in uno stadio commerciale anteriore, in un caso (come nella specie) ove la fornitura di carburante sia intervenuta con clausola Incoterms FOB «franco a bordo» (CGUE, 3 settembre 2015, Fast Bunkering Klaipėda, C-526/13, punto 12).
5. La Corte di Giustizia ha modificato, con tale richiamato arresto, il proprio precedente orientamento, secondo cui l’esenzione dell’art. 15, n. 1 della Sesta direttiva IVA (cui si è conformato l’art. 148, lett. a) Dir. 2006/112/CE) si applica esclusivamente alle cessioni finali di merci esportate dal venditore (ultimo anello della supply chain), non potendo estendersi l’esenzione agli stadi precedenti, in quanto questo comporterebbe un aggravio dei controlli degli Uffici finanziari, al fine di verificare che le merci cedute in esenzione IVA raggiungano la loro ultima destinazione (CGUE, 26 giugno 1990, Velker International Oil Company, C-185/89, punto 24).
6. La Corte ha, tuttavia, considerato che la cessione a un intermediario che non costituisca un rappresentante dell’armatore (e, quindi, costituisca un autonomo e precedente anello della catena distributiva) può beneficiare dell’esenzione IVA ove si accerti che il trasferimento della proprietà del carburante a tale intermediario si realizzi soltanto in seguito al caricamento del carburante e, in particolare ove si accerti che il «trasferimento della proprietà è avvenuto al più presto in concomitanza del momento in cui gli armatori sono stati autorizzati a disporre del carburante, di fatto, come se ne fossero i proprietari» (CGUE, C-526/13, cit., punto 48). Si è ritenuto che, in tali condizioni, «sebbene, secondo le forme previste dal diritto nazionale applicabile, la proprietà del carburante sia stata formalmente trasferita agli intermediari e si presuma che questi ultimi abbiano agito in nome proprio, in nessun momento tali intermediari sono stati in condizione di disporre dei quantitativi forniti, poiché il potere di disporne è appartenuto agli armatori sin dal caricamento del carburante» (CGUE, ult. cit., punto 50). Pertanto, l’esenzione spetta nel caso in cui «il trasferimento ai suddetti intermediari della proprietà dei beni interessati, nelle forme previste dal diritto nazionale applicabile, sia intervenuto al più presto in concomitanza del momento in cui gli armatori delle navi adibite alla navigazione in alto mare sono stati autorizzati a disporre di tali beni, di fatto, come se ne fossero i proprietari» (CGUE, ult. cit., punto 53).
7. Tale conclusione valorizza il potere di disposizione in capo al cessionario finale «come se ne fosse il proprietario» – in termini analoghi a una equitable ownership (potere di godimento sganciato dalla formale proprietà del bene) – in conformità a una costante giurisprudenza dell’Unione, secondo cui un’operazione può essere qualificata come cessione di beni effettuata nei confronti di una persona ai sensi dell’articolo 14, par. 1, Dir. 2006/112 se detta operazione abbia prodotto l’effetto di autorizzare tale persona a disporne come se ne fosse proprietario, non riferendosi la nozione di «cessione di beni» al trasferimento di proprietà nelle forme previste dal diritto nazionale applicabile, bensì al trasferimento di un bene materiale effettuato da una parte che autorizza l’altra parte a disporre di tale bene come se ne fosse il proprietario (CGUE, 25 febbraio 2021, Gmina Wrocław, C-604/19, punti 52, 54; CGUE, 15 maggio 2019, Vega International Car, C-235/18, punto 27; CGUE, 18 luglio 2013, Evita-K, C-78/12, punto 33; CGUE, C-526/13, cit., punto 51). Il concetto di cessione dei beni non è, pertanto, incentrato sulla proprietà dominicale del bene, bensì sul trasferimento del potere di disporre del bene stesso (CGUE, 8 febbraio 1990, Shipping and Forwarding Enterprise Safe, C-320/88, punti 9, 13).
8. Ne consegue che non è più necessario istituire meccanismi di controllo e di sorveglianza per assicurarsi quale fosse la definitiva destinazione dei beni ceduti in esenzione IVA, ove il cessionario finale del carburante di bordo (l’armatore) stipuli un contratto di rifornimento con clausole FOB, in base al quale l’intermediario non ha alcuna disponibilità in ordine al carburante fornito, essendo questo destinato al rifornimento della nave di proprietà dell’armatore. Nella specie il giudice di appello, pur spingendosi a qualificare le operazioni compiute dal contribuente non come due cessioni distinte ma come un’unica operazione (e, quindi, ben oltre l’attribuzione al cessionario finale di un mero potere di disposizione ma in termini persino analoghi a una signoria di carattere dominicale), ha accertato che gli «armatori delle navi caricate» avevano il potere di disposizione dei beni «come se ne fossero i proprietari». La sentenza impugnata ha, pertanto, fatto corretta applicazione dei suddetti principi.
9. Il quarto motivo – in disparte la non equiparabilità di tale punto motivazionale ad autonoma ratio decidendi – è inammissibile per difetto di interesse, in quanto la censura dell’iter motivazionale seguito dal giudice di appello non potrebbe fare venir meno il consolidamento della ratio decidendi fondata sulla accertata assenza del potere di disporre da parte del contribuente, ancorché lo stesso sia qualificabile quale anello intermedio della catena distributiva, del carburante acquistato dalle compagnie petrolifere e venduto agli armatori.
10. Il ricorso va, pertanto, rigettato, con spese regolate dalla soccombenza e liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore del controricorrente, che liquida in complessivi € 5.000,00, oltre 15% per spese generali, € 200,00 per esborsi e accessori di legge.
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