Corte di Cassazione ordinanza n. 20619 del 28 giugno 2022
IVA – principio neutralità fiscale
Fatti di causa
Emerge dalla sentenza impugnata che la s.r.l. R.P., conduttrice di un immobile commerciale per un canone pari dapprima a euro 30.000,00 annuali e poi a euro 21.000,00, con scadenza al 31 dicembre 2012, ricevette dalla s.r.l. Cafim, acquirente dell’immobile oggetto della locazione, il medesimo giorno della vendita, avvenuta nel 2008, la somma di euro 607.500,00, a titolo di indennità per la risoluzione anticipata del contratto, perdita di avviamento commerciale e della clientela. La vendita dell’immobile, ha aggiunto il giudice d’appello, era stata preceduta da un contratto preliminare intercorso tra la venditrice, l’acquirente e la stessa conduttrice, in virtù del quale la s.r. I. R.P. ha rinunciato al diritto di prelazione per l’acquisto dell’immobile, ha consentito alla risoluzione anticipata del contratto di locazione, ha rinunciato a far valere diritti e pretese di ogni genere, compresa l’indennità per la perdita di clientela, ma ha preteso, in cambio, il versamento, al momento della stipula del rogito, della somma di euro 607.500,00.
Ne è scaturito un avviso di accertamento col quale l’Agenzia delle entrate ha recuperato l’iva concernente l’operazione, in base alla considerazione che l’importo versato alla società avesse natura di corrispettivo. Per altro profilo, con l’avviso l’Agenzia ha recuperato altresì il costo di euro 75.000,00, portato da una fattura della proprietaria dell’immobile con la causale “regolarizzazione affitti”, che non trovava riscontro nel contratto tra le parti.
La società ha impugnato l’avviso, ottenendone l’annullamento parziale, limitatamente al recupero del costo.
La Commissione tributaria regionale dell’Umbria ha respinto l’appello principale e accolto quello incidentale dell’Agenzia.
A sostegno della decisione, il giudice del gravame per un verso ha riconosciuto la natura di corrispettivo della somma, avuto riguardo sia all’entità, superiore addirittura al prezzo dell’immobile, sia all’atteggiarsi della condotta delle parti, atteso che soltanto a seguito del pagamento della somma è stato possibile procedere alla vendita dell’immobile.
A tanto ha aggiunto elementi tratti dal contenuto del preliminare, col quale si è esplicitato che la somma remunerava, oltre che la perdita dell’avviamento commerciale, anche la risoluzione anticipata del contratto di locazione e la rinuncia all’esercizio del diritto di prelazione all’acquisto dell’immobile, e non si distingueva quale parte fosse imputabile alla perdita dell’avviamento, quale alla remunerazione per la risoluzione anticipata, e quale alla rinuncia al diritto di prelazione.
Per altro verso, quanto al costo, ne ha escluso l’inerenza, perché ha sottolineato che il contratto di locazione non prevede alcuna clausola di adeguamento del canone al superamento di limiti del fatturato, né la contribuente ha prodotto documentazione ulteriore.
Contro questa sentenza propone ricorso la contribuente per ottenerne la cassazione, che affida a cinque motivi e illustra con memoria, cui la sola Agenzia delle entrate risponde con controricorso.
Motivi della decisione
1.- Il secondo motivo di ricorso, che va esaminato preliminarmente, perché logicamente prioritario, in quanto con esso si lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 36, comma 2, del d.P.R. n. 546/92, nonché degli artt. 24 e 111 Cost., là dove il giudice d’appello ha ritenuto ininfluente l’assenza di motivazione della sentenza di primo grado, è infondato, poiché il ricorso alla commissione tributaria di secondo grado ha, al pari dell’appello, effetto devolutivo, con la conseguenza che il giudice del gravame risulta investito, sia pure nell’ambito del capo di decisione oggetto di censura, del riesame di tutte le questioni da questo stesso capo implicate e, quindi, della rinnovazione del relativo giudizio (Cass. n. 25608/21). Sicché è effettivamente ininfluente la carenza di motivazione della sentenza di primo grado.
Il motivo è respinto.
2.- Col primo, col terzo e col quarto motivo di ricorso, che vanno esaminati congiuntamente, perché connessi, la contribuente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 57, comma 2, del d.lgs. n. 546/92, nonché dell’art. 1421 e.e., là dove la Commissione tributaria regionale ha dichiarato l’inammissibilità dell’eccezione di nullità del contratto preliminare perché proposta per la prima volta in appello (primo motivo); la violazione e falsa applicazione dell’art. 3 del d.P.R. n. 633/72, nonché dell’art. 1362 e.e., nella parte in cui la Commissione ha qualificato come corrispettivo l’indennità di avviamento (terzo motivo) e la violazione e falsa applicazione dell’art. 34 della l. n. 392/78, in combinazione con l’art. 79 della medesima legge, nonché dell’art. 1322 e.e., là dove il giudice d’appello la riconosciuto la natura complessivamente corrispettiva dell’indennità perché d’importo superiore a quella prevista per legge (quarto motivo).
La censura complessivamente proposta presenta profili d’inammissibilità e d’infondatezza.
2.1.- Nell’impianto della sentenza impugnata, la somma di euro 607.500,00 ha remunerato la condotta della contribuente che, aderendo alla risoluzione anticipata del contratto di locazione, senza esercitare, quindi, il diritto di prelazione che ad essa spettava, «ha reso possibile procedere alla vendita dell’immobile».
Il giudice d’appello ha quindi ricostruito un rapporto giuridico dipendente dal versamento dell’indennità: ed è appunto in questi casi che la giurisprudenza unionale reputa che una somma qualificata come indennizzo remuneri una prestazione di servizi (Corte giust. 3 luglio 2019, causa C-242/18, Unicredit Leasing, punto 71).
Per altro verso, la Corte di giustizia non dubita che la corresponsione di un indennizzo a un operatore economico in caso di risoluzione anticipata, per un importo che corrisponde -almeno a quello che tale operatore avrebbe percepito durante il resto di detto periodo in assenza di una siffatta risoluzione, va considerato come la remunerazione di una prestazione di servizi effettuata a titolo oneroso e soggetta in quanto tale a detta imposta (Corte giust. 22 novembre 2018, causa C-295/17, MEO – Serviços de Comunicaçoes e Multimédia SA, ribadita da Corte giust. 11 giugno 2020, causa C-43/19, Vodafone Portugal). Sicché in tali casi non viene in considerazione l’art. 15 del d.P.R. n. 633/72, invocato in memoria, che esclude dal computo della base imponibile «1) le somme dovute a titolo di interessi moratori o di penalità per ritardi o altre irregolarità ne/l’adempimento degli obblighi del cessionario o del committente».
2.2.- Diverso è il caso, esaminato da questa Corte e richiamato in memoria, in cui la somma corrisponda effettivamente -e soltanto- all’indennità di avviamento, in cui manca il legame tra essa e l’obbligazione di rilascio dell’immobile derivante dal rapporto contrattuale, posto che la prestazione indennitaria sorge quando il rapporto contrattuale è cessato, e assolve la duplice funzione di compensare il conduttore della perdita dell’avviamento, e di distribuire equitativamente l’incremento del valore locativo derivante dall’esercizio dell’attività commerciale (Cass. n. 23515/20).
3.- La censura si rivela quindi inammissibile là dove si assume, in contrasto con la ricostruzione svolta in sentenza, che la somma rappresentasse la sola indennità di avviamento (terzo motivo), nonché là dove si contesta la valutazione di novità concernente l’eccezione di nullità del contratto preliminare (primo motivo), posto che il giudice d’appello ha comunque rimarcato che a quel contratto «è stata data piena e concreta esecuzione» e ha in ogni caso basato le proprie valutazioni sull’elemento centrale dato dalla correlazione tra il pagamento della somma e la condotta che ha consentito di procedere alla vendita dell’immobile. D’altronde, la nozione di prestazione di servizi ai fini dell’iva è nozione unionale e ciò che conta non è la fase genetica del rapporto, ossia il contratto in sé e il consenso che lo sorregge, ma è la fase dinamico funzionale, ossia quella in cui il rapporto trova concreta attuazione, e realizza la sostanza economica dell’operazione.
3.1.- La censura è poi infondata quanto al profilo col quale s’invoca l’art. 79 della l. n. 392/78, in virtù del quale è nulla ogni pattuizione diretta, tra l’altro, ad attribuire al locatore un canone maggiore rispetto a quello previsto dagli articoli precedenti. E ciò perché il principio di neutralità fiscale che presidia l’iva osta a una distinzione generalizzata tra contratti leciti e illeciti (Corte giust. 28 maggio 1998, causa C-3/97, Goodwin e Unstead), tranne che nel caso, che non ricorre nel caso in esame, in cui per le caratteristiche particolari dell’oggetto della cessione o della prestazione sia esclusa qualsiasi concorrenza tra un settore economico lecito e uno illecito (Corte giust. in causa C-3/97, cit., punto 12; nella giurisprudenza interna, cfr. Cass. n. 31720/18). Il motivo è rigettato.
4.- Inammissibile è infine l’ultimo motivo di ricorso, col quale si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 e 2709 e.e., là dove la Commissione tributaria regionale ha escluso l’esistenza e l’inerenza della somma esposta in conto economico a titolo di regolarizzazione affitti, perché col motivo si propone una ricostruzione dei fatti contrastante con quella accertata in sentenza.
5.- Il ricorso è quindi rigettato e le spese seguono la soccombenza nei confronti della parte costituita.
Per questi motivi
rigetta il ricorso e condanna la società a pagare le spese sostenute dall’Agenzia delle entrate, che liquida in euro 7800,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito. Dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato, se dovuto.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione V, sentenza n. 3856 depositata il 17 aprile 2023 - Il subappalto è il contratto con cui l’appaltatore affida a terzi l’esecuzione di una parte delle prestazioni o lavorazioni oggetto del contratto di…
- Corte di Cassazione ordinanza n. 17010 depositata il 13 agosto 2020 - In tema d'imposta di registro, agli atti di assegnazione di immobili in favore di soci di cooperative si applica, ai sensi dell'art. 66, comma 6- bis, d. l. n. 331 del 1993,…
- CORTE DI GIUSTIZIA CE-UE - Sentenza 18 novembre 2021, n. C-358/20 - L’articolo 168 e l’articolo 213 nonché il principio di neutralità dell’imposta sul valore aggiunto (IVA), letti alla luce dei principi di certezza del diritto, di tutela del legittimo…
- Corte di Giustizia UE del 15 settembre 2022 nella causa C-227/21 - L’articolo 168, lettera a), della direttiva IVA, in combinato disposto con il principio di neutralità fiscale, deve essere interpretato nel senso che esso osta a una prassi nazionale…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 12 maggio 2022, n. 15218 - In tema di licenziamento il motivo illecito determina la nullità del licenziamento solo quando il provvedimento espulsivo sia stato determinato esclusivamente da esso, la nullità deve essere…
- CORTE DI GIUSTIZIA CE-UE - Sentenza 15 ottobre 2020, n. C-335/19 - L’articolo 90 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006 osta a una normativa nazionale che subordina la riduzione della base imponibile dell’imposta sul valore…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- Le liberalità diverse dalle donazioni non sono sog
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con la sentenza n. 7442 depositata…
- Notifica nulla se il messo notificatore o l’
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 5818 deposi…
- Le clausole vessatorie sono valide solo se vi è ap
La Corte di Cassazione, sezione II, con l’ordinanza n. 32731 depositata il…
- Il dipendente dimissionario non ha diritto all’ind
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 6782 depositata…
- L’indennità sostitutiva della mensa, non avendo na
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 7181 depositata…