Corte di Cassazione ordinanza n. 20619 del 28 giugno 2022
IVA – art. 60-bis dpr 633/72 – solidarietà nel pagamento dell’imposta – obbligazione solidale del cessionario per il pagamento dell’iva non versata dal cedente
rilevato che:
dall’esposizione in fatto della pronuncia impugnata si evince che: l’Agenzia delle entrate aveva notificato alla società Officine Carenza & c. s.p.a. un avviso di accertamento, relativo all’anno 2009, con il quale, ai sensi dell’art. 60bis, d.P.R. n. 633/1972, aveva recuperato una maggiore iva in conseguenza dell’acquisto dalla società Auto.Com. di veicoli usati a prezzi inferiori a quelli di acquisto da parte della medesima venditrice; avverso l’atto impositivo la società aveva proposto ricorso che era stato rigettato dalla Commissione tributaria provinciale di Bari; avverso la pronuncia del giudice di primo grado la società aveva proposto appello;
la Commissione tributaria regionale della Puglia ha accolto il ricorso, in particolare ha ritenuto che: non sussisteva il vizio di motivazione dell’avviso di accertamento; l’avviso di accertamento non conteneva un dettagliato ed analitico elenco delle operazioni di acquisto e vendita di ogni singolo autoveicolo con indicazione dell’anno di immatricolazione e del relativo stato di conservazione al fine di potere accertare l’effettuazione di cessioni a prezzi inferiore al normale; la società, d’altro lato, aveva dimostrato quale fosse il valore di ciascun veicolo acquistato, facendo riferimento alle valutazioni di rivista specializzata, sostanzialmente in linea con le quotazione dell’usato;
avverso la suddetta pronuncia l’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso affidato a tre motivi di censura, cui ha resistito la società depositando controricorso;
considerato che:
con il primo motivo di ricorso si censura la sentenza ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3), cod. proc. civ., per violazione e falsa applicazione dell’art. 60bis, d.P.R. n. 633/1972;
evidenzia parte ricorrente che il valore di acquisto delle autovetture era stato riscontrato sulla base delle fatture di acquisto rinvenute presso la società cedente Auto.Com, il che costituiva una circostanza oggettiva e reale, sicchè erroneamente il giudice del gravame ha ritenuto che non vi fosse la prova dell’effettuazione di cessioni a prezzi inferiore al valore normale, dando, d’altro lato, rilevanza ai valori risultanti da riviste specializzate;
con il secondo motivo di ricorso si censura la sentenza ai sensi
dell’art. 360, comma primo, n. 3), cod. proc. civ., per violazione e falsa applicazione dell’art. 2697, cod. civ., in quanto, rispetto alla prova oggettiva fornita dall’amministrazione finanziaria, il giudice del gravame ha erroneamente ritenuto di dare rilevanza alla prova contraria offerta dalla società basata su listini di riviste specializzate che, in quanto tali, riguardano valori aleatori e non idonei a riflettere le condizioni reali delle autovetture cedute e dei prezzi applicati; censura, inoltre, la sentenza per avere posto a carico dell’Agenzia delle entrate l’onere di provare la consapevolezza della società di partecipare ad una frode;
preliminarmente, vanno disattese le eccezioni di inammissibilità prospettate dalla controricorrente con riferimento a ciascuno dei motivi di ricorso;
l’eccezione di inammissibilità dei motivi di ricorso, per non avere indicato quali parti della sentenza avrebbero violato le norme indicate in rubrica, non può trovare accoglimento: in ciascuno dei motivi risultano chiaramente riportati i passaggi della sentenza oggetto di censura, sia in relazione alla violazione di legge per non corretta applicazione dell’art. 60bis, cit. (v. pag. 10-12), che in relazione alla non corretta applicazione del regime di prova richiesto (vd. pg. 18, in cui è sintetizzato il passaggio ritenuto non corretto, nonché pag. 20);
né può trovare accoglimento l’eccezione di inammissibilità in quanto i motivi non conterrebbero accenno alcuno alle affermazioni in diritto contenute nella sentenza che si assumono violate, in quanto risulta chiaramente esposto e chiarito sotto quale profilo la pronuncia del giudice del gravame non risulterebbe conforme alle previsioni di legge indicate, consentendo a questa Corte di apprezzare la ragione di doglianza prospettata;
non può, infine, ragionarsi in termini di difetto di specificità; l’assunto dell’amministrazione finanziaria si fonda, in sostanza, sulla svalutazione dell’elemento di prova presuntiva sulla cui base ha ritenuto che le cessioni erano avvenute ad un valore inferiore a quello normale: sotto questo profilo, è la stessa pronuncia che riporta la circostanza che la pretesa dell’amministrazione finanziaria si basava sull’accertamento che i prezzi di vendita erano inferiori a quelli di acquisto da parte della società venditrice (“l’atto impugnato tra origine dalla verifica effettuata dalla Guardia di Finanza di Tortona nei confronti della società Auto.Com s.r.l. con sede in Tortona, con cui si accertava che l’odierna appellante aveva acquistato n. 7 veicoli usati con prezzi di vendita addirittura inferiori a quelli di acquisto”) ed è tale profilo che assume particolare rilievo ai fini della decisione della controversia;
né può ragionarsi, come invece prospetta parte controricorrente con riferimento ad entrambi i motivi di ricorso, in termini di rivalutazione dei fatti di causa oggetto di accertamento da parte del giudice del gravame: quel che, in realtà, parte ricorrente censura è la non corretta sussunzione della concreta fattispecie nel paradigma normativo che si assume violato;
ciò precisato, i motivi sono fondati;
il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 60-bis, rubricato “Solidarietà nel pagamento dell’imposta” ed introdotto dalla legge finanziaria 2005 (L. 30 dicembre 2004, n. 311), art. 1, comma 386, prevede (comma 2) l’obbligazione solidale del cessionario per il pagamento dell’iva non versata dal cedente relativamente alle cessioni di beni elencati nel D.M. 22 dicembre 2005 (tra cui, per quel che qui rileva, gli autoveicoli: art. 1, comma 1, lett. a); trattasi di presunzione di solidarietà che vale per le “cessioni effettuate a prezzi inferiori al valore normale”, presunzione che può essere superata qualora l’obbligato solidale dimostri documentai mente “che il prezzo inferiore dei beni è stato determinato in ragione di eventi o situazioni di fatto oggettivamente rilevabili o sulla base di specifiche disposizioni di legge e che comunque non è connesso con il mancato pagamento dell’imposta” (comma 3);
questa Corte ha precisato (Cass. civ., 16 gennaio 2019, n. 877; (Cass. civ., 12 marzo 2020, n. 7082) che l’obiettiva divaricazione fra il prezzo sostenuto e quello di mercato è sufficiente elemento costitutivo della solidarietà nel recupero dell’imposta, e ciò per ragioni di economicità e celerità dell’accertamento fiscale in relazione a comportamenti incauti del cessionario che non refluiscono necessariamente nel fenomeno delle cd. catene fraudolente, tant’è che la responsabilità solidale opera anche senza dimostrazione della colpevole ignoranza della frode. In sostanza, il cessionario potrà fornire la prova contraria dimostrando la plausibilità del minor corrispettivo: o perchè il prezzo è analogo a quello costantemente pattuito dal cessionario nelle precedenti transazioni con il cedente, o perchè anche altri operatori del mercato praticano proprio quel prezzo o altro simile;
ed invero, assume rilievo proprio il fatto che la pretesa dell’amministrazione finanziaria si era basata sulla circostanza che i prezzi di cessione in favore della società erano inferiori a quelli di acquisto da parte della società cedente: ciò avrebbe potuto costituire elemento certo di riferimento per la contestazione della cessione ad un prezzo inferiore a quello normale;
non correttamente, quindi, il giudice del gravame ha ritenuto che mancavano, nel caso di specie, “elementi di valutazione in tal senso”;
d’altro lato, il riferimento al valore della prova contraria offerta dalla società è limitato alla sola considerazione dei “prezzi ricavati da una rivista specializzata in quotazioni per il mercato dei veicoli usati in Italia”;
tuttavia, la suddetta pronuncia è errata laddove si basa esclusivamente sul raffronto tra il prezzo di cessione ed i valori desumibili dai prezzi ricavati dalla rivista specializzata, in quanto apoditticamente ritenuti i soli rilevanti e prescindendo del tutto dai prezzi di acquisto sostenuti dal cedente, senza chiarire, dunque perchè si sia ritenuto di accordare decisivo rilievo ai suddetti prezzi, in quanto tali meramente astratti, e non invece al dato consistente nel prezzo effettivo del precedente acquisto delle autovetture poi commercializzate dal cedente ad un prezzo inferiore a quello di acquisto;
altresì errata è l’affermazione secondo cui sarebbe stato onere dell’amministrazione finanziaria provare la consapevolezza della società di concorrere ad una operazione fraudolenta, tenuto conto del costante orientamento di questa Corte secondo cui la solidarietà di cui all’art. 60bis, cit., presuppone che l’operazione iva sia effettiva, con la conseguente irrilevanza dell’accertamento circa la “consapevolezza” della contribuente di partecipare ad una frode (Cass. civ., 14 aprile 2021, n. 9788);
in conclusione, i motivi sono fondati, con conseguente accoglimento del ricorso e rinvio alla Commissione tributaria regionale anche per la liquidazione delle spese di lite.
P.Q.M.
La Corte:
accoglie il ricorso, cassa la sentenza censurata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Puglia, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese di lite del presente giudizio.
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