Corte di Cassazione sentenza n. 20709 depositata il 10 agosto 2018
INPGI – premi assicurativi professionali ed extra – contribuzione – onere della prova
FATTI DI CAUSA
1. La Corte d’appello di Roma, con sentenza n. 9319 depositata il 22.2.2012, ha respinto l’appello dell’Istituto Nazionale di Previdenza dei Giornalisti Italiani “Giovanni Amendola” – INPGI (d’ora in avanti solo INPGI) avverso la sentenza di primo grado che, in accoglimento dell’opposizione proposta dal Gruppo Editoriale l’Espresso spa, aveva revocato il decreto ingiuntivo emesso per il pagamento di contributi omessi e sanzioni.
2. La Corte territoriale ha dato atto della pretesa contributiva originata dal verbale di accertamento n. 2 del 1998 ed avanzata:
• nei confronti della Divisione La Repubblica, ai sensi del D. Lgs. N. 314 del 1997, in relazione ai premi versati il 31.1.1998 per l’assicurazione integrativa stipulata in favore dei giornalisti per la copertura di rischi professionali ed extraprofessionali;
• nei confronti della Divisione L’Espresso, ai sensi del D.Lgs. n. 314 del 1997, in relazione ai premi versati nell’anno 1998 per la polizza multirischi e per le polizze concernenti il rimborso spese sanitarie e gli infortuni professionali ed extraprofessionali;
• nei confronti della Divisione L’Espresso, ai sensi dell’art. 9 bis, L. n. 166 del 1991, in relazione ai premi versati per l’assicurazione contro il furto stipulata in favore di alcuni giornalisti per gli anni dal 1994 al 1997.
3. La Corte d’appello ha ritenuto, riguardo a quest’ultima pretesa contributiva, come la stessa non potesse trovare fondamento nell’art. 9 bis, L. n. 166 del 1991, in quanto il contributo di solidarietà a carico del datore di datore, previsto da tale disposizione, era riferito esclusivamente a “le contribuzioni e le somme versate o accantonate … a finanziamento di casse, fondi, gestioni o forme assicurative … al fine di erogare prestazioni integrative previdenziali o assistenziali”, categoria a cui erano estranei i premi versati per la polizza assicurativa contro il furto.
4. Sulle polizze cumulative per rischi professionali ed extraprofessionali, comuni alle due Divisioni, la sentenza impugnata ha ritenuto insussistente il credito contributivo in relazione ai premi versati per polizze stipulate dai datori di lavoro per i rischi professionali, dovendo escludersi che tali premi potessero rientrare nella “retribuzione imponibile”, in quanto integrative delle assicurazioni obbligatorie e quindi stipulate nell’esclusivo interesse datoriale.
5. Quanto ai premi versati per le polizze a copertura dei rischi extraprofessionali (erroneamente indicati come “professionali”, nella penultima pagina, rigo 7 della sentenza d’appello), la Corte di merito ha dato atto di come la sentenza di primo grado avesse ritenuto provate, sulla scorta delle risultanze testimoniali e documentali, le allegazioni della società in ordine all’avvenuto pagamento dei contributi; ha dato atto di avere richiesto alla società di “specificare i criteri e gli importi utilizzati per la quantificazione”, senza esito, e di avere sollecitato l’Inpgi a chiarire i criteri utilizzati per la quantificazione dei contributi per l’anno 1998, senza ottenere risposta.
6. Ha quindi ritenuto non compiutamente assolto l’onere di prova, gravante sull’Inpgi, di indicare e dimostrare l’entità dei premi versati dalla società a copertura dei rischi extralavorativi, i soli assoggettabili all’obbligo contributivo.
7. Ha sottolineato come peraltro la polizza cumulativa per infortuni n. 484375, stipulata dalla Divisione L’Espresso, riguardasse non solo i giornalisti ma anche gli altri dipendenti e come l’Inpgi avesse calcolato i contributi sull’intera somma versata a titolo di premio, senza che fosse possibile distinguere quanto versato per i giornalisti e quanto per altre figure professionali, risultando in tal modo non assolto l’onere di prova gravante sull’Istituto.
8. Riguardo ai premi versati per contratti di assicurazione polizza multi rischi e rimborso spese sanitarie, la Corte di merito ha ritenuto non assolto l’onere probatorio in ragione della mancata produzione da parte dell’Inpgi, benché richiestone con ordinanza del 19.11.2009, delle copie dei relativi contratti assicurativi.
9. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso l’Inpgi, affidato a due motivi, cui ha resistito con controricorso il Gruppo Editoriale L’Espresso spa.
10. Entrambe le parti hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Col primo motivo di ricorso l’Inpgi ha dedotto violazione dell’art. 2697 c.c., e degli artt. 115 e 116 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c..
2. Ha sostenuto come spetti all’ente previdenziale provare l’erogazione di somme rientranti nella retribuzione imponibile, mentre grava sulla controparte dimostrare le circostanze che comportano l’esclusione di determinate somme dalla base imponibile ai fini contributivi.
3. Ha argomentato come la Corte d’appello avrebbe erroneamente applicato il suddetto criterio di distribuzione dell’onere probatorio addossando all’Istituto l’onere di quantificare la parte di premio riferibile al personale con qualifica di giornalista e ai rischi extraprofessionali, laddove avrebbe dovuto porre a carico della società, interessata a limitare l’addebito, l’onere di determinare la quota di premio esente da contribuzione.
4. Col secondo motivo di ricorso l’Inpgi ha censurato la sentenza per motivazione contraddittoria ed omessa pronuncia in relazione all’addebito contributivo relativo alla Divisione La Repubblica per gli importi pagati a titolo di premio per la Polizza Cumulativa Infortuni n. 484373, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c.
5. Ha rilevato come la sentenza impugnata, pur avendo dato atto della prova documentale fornita dall’Inpgi sull’entità del premio versato per la polizza cumulativa infortuni, limitatamente al personale con la qualifica di giornalista della Divisione La Repubblica, avrebbe omesso di trarre le dovute conseguenze.
6. Entrambi i motivi sono infondati.
7. E stato più volte affermato che “La retribuzione imponibile ai fini previdenziali, prevista dalla L. n. 153 del 1969, art. 12, comprende tutto ciò che in danaro od in natura venga dal datore di lavoro corrisposto in favore del lavoratore in costanza del rapporto di lavoro, con la sola esclusione delle somme erogate per uno dei titoli elencati nel capoverso successivo, a nulla rilevando che l’attribuzione patrimoniale venga effettuata non nelle mani del lavoratore medesimo, ma a terzi estranei al rapporto di lavoro, oppure consista in somme accantonate su fondi previdenziali od assistenziali. Detta attribuzione patrimoniale deve essere causalmente ricollegata (anche latu sensu) al rapporto di lavoro e deve assicurare al lavoratore un bene o un vantaggio economicamente valutabile (Cass. n. 24602 del 2011; Cass. n. 13097 del 2007); nozione analoga è desumibile dall’art. 12 citato, nel testo attualmente in vigore, dopo le modifiche apportate dal D.Lgs. n. 314 del 1997.
8. Con riferimento ai premi versati per polizze assicurative, la stessa giurisprudenza ha evidenziato che “rientrano nella retribuzione imponibile le somme (continuativamente ed obbligatoriamente) erogate dal datore di lavoro ad una compagnia di assicurazione per il pagamento del premio di una polizza assicurativa dei suoi dipendenti (“terzi” beneficiari del contratto assicurativo) contro i rischi da infortuni extraprofessionali (ossia verificatisi fuori dall’attività lavorativa); mentre non rientrano nella retribuzione imponibile i premi pagati dal datore di lavoro per l’assicurazione dei rischi da infortuni professionali (ossia verificatisi a causa od in occasione dell’attività lavorativa), perché in tal caso il pagamento del premio non costituisce un’integrazione della retribuzione, ma è diretto a soddisfare un’obiettiva esigenza del datore di lavoro di cautelarsi dagli eventuali effetti della propria responsabilità ex art. 2087 c.c., o per il fatto dei propri dipendenti, sia che l’Assicurazione volontaria integri quella obbligatoria presso l’Inail, sia che copra un rischio professionale (quale quello dei dirigenti d’azienda) per il quale non sia prevista alcuna tutela assicurativa obbligatoria”.
9. Né in senso contrario depone la giurisprudenza richiamata dall’Inpgi nella memoria di cui all’art. 378 c.p.c. Difatti, le sentenze di questa Corte (Cass. n. 5989 del 1988; n. 3761 del 1987; n. 9950 del 1991), si sono pronunciate a proposito di premi versati per polizze a copertura di rischi extraprofessionali, affermandone l’inclusione nella retribuzione imponibile; altre pronunce pure richiamate (Cass. n. 6169 del 1999; Cass. n. 9517 del 1992; Cass. n. 1428 del 1998) avevano riguardo a benefici in natura oggetto di obbligazioni pattiziamente inserite nella struttura sinallagmatica del contratto di lavoro, considerate di natura retributiva ai fini del calcolo del trattamento di fine rapporto.
10. In relazione al caso di specie, occorre precisare come l’Inpgi non abbia censurato la sentenza impugnata nella parte in cui ha statuito che i premi relativi ai rischi professionali non possono rientrare nel concetto di retribuzione imponibile, ai sensi dell’art. 12, L. n. 153 del 1969, e degli artt. 46 e 48 del D.P.R. n. 917 del 1986; né nella parte in cui ha delimitato l’ambito della pretesa contributiva dell’Istituto appellante con riferimento ai soli giornalisti.
11. Lo stesso Istituto, nel ricorso in esame, ha chiesto che fosse enunciato il seguente principio di diritto: “Qualora il datore di lavoro stipuli polizze a copertura dei rischi indistintamente professionali ed extraprofessionali per tutto il personale, l’onere di sceverare la parte di premio riferibile a categorie di lavoratori soggetti a tutele specifiche e l’onere di comprovare la parte di premio riferibile alla copertura di rischi professionali, fa carico al datore di lavoro che intende limitare l’addebito, altrimenti commisurabile all’intero importo del premio”.
12. La formulazione del principio di diritto sottende la necessità di distinguere e separare la parte di premio riferita al personale diverso dai giornalisti e alla copertura di rischi professionali, sul presupposto implicito ma pacifico della non assoggettabilità a contribuzione di tali voci.
13. L’Inpgi, in sostanza, non ha contestato l’assunto per cui la propria pretesa può riguardare unicamente i contributi dovuti sui premi per polizze assicurative stipulate in favore dei soli giornalisti e per i soli rischi extraprofessionali, ma, in ragione del carattere cumulativo delle polizze assicurative stipulate dalla società e in virtù del principio di vicinanza della prova, ha preteso di addossare alla controparte l’onere di dimostrare il quantum dei premi non assoggettabili a contribuzione, in quanto riferiti a dipendenti non giornalisti e a rischi professionali.
14. La tesi dell’Inpgi, volta ad addossare alla società datoriale l’onere di provare la parte di premio non assoggettabile a contribuzione, non può trovare supporto nella giurisprudenza di questa Corte, richiamata dal medesimo Istituto (Cass., n. 461 del 2011; Cass. n. 1077 del 1999; Cass. n. 5060 del 1983).
15. In tali pronunce si è affermato il principio in base al quale “in materia di determinazione della base imponibile per il calcolo dei contributi previdenziali, attese, da un lato, la generale presunzione di cui alla L. n. 153 del 1969, art. 12, comma 1, (secondo cui si considera retribuzione tutto ciò che il lavoratore riceve in denaro o in natura in dipendenza del rapporto di lavoro) e, dall’altro, la tassatività dell’elencazione delle voci, che, in base allo stesso art. 12, comma 2 sono parzialmente o totalmente escluse dalla contribuzione, il riparto dell’onere probatorio è che l’ente previdenziale deve provare che il lavoratore ha ricevuto dal datore di lavoro somme a qualunque titolo purché in dipendenza del rapporto di lavoro, mentre è onere del datore di lavoro provare che ricorre una delle cause di esclusione di cui al citato comma 2.
16. In modo analogo, è stato affermato che “laddove si versi in situazione di eccezione in senso riduttivo dell’obbligo contributivo, grava sul soggetto che intenda beneficiarne l’onere di provare il possesso dei requisiti che, per legge, danno diritto all’esonero (o alla detrazione) di volta in volta invocata”, costituendo i relativi requisiti fatti costitutivi del diritto all’esonero che, come tali, devono essere provati da chi invoca l’esonero stesso (cfr., Cass. nn. 16639 del 2014; 21898 del 2010; 499 del 2009; 16351 del 2007; 5137 del 2006).
17. La stessa sentenza richiamata nel ricorso in esame (Cass. n. 16351 del 2007) è conforme all’orientamento di questa Suprema Corte (Cass. n. 19262 del 2003) alla stregua del quale “Nel giudizio di opposizione ad ordinanza ingiunzione, emessa nei confronti della impresa datrice di lavoro, per omissione contributiva derivante da insussistenza del diritto a pretesi sgravi, le ragioni in base alle quali, in sede amministrativa, l’Inps, nell’irrogare la sanzione, abbia negato il diritto agli sgravi suddetti, sono irrilevanti, essendo onere dell’impresa opponente fornire la prova della sussistenza del diritto al beneficio contributivo richiesto”.
18. In base ai principi di diritto appena richiamati, grava sull’Istituto che afferma la sussistenza del credito contributivo, l’onere di provare i fatti costitutivi della pretesa e grava sulla parte che eccepisce di avere diritto agli sgravi contributivi o ad altre forme di detrazione, l’onere di provare i fatti impeditivi, in tutto in parte, del diritto altrui.
19. Nella fattispecie in esame, premesso che rientrano nella retribuzione imponibile, e sono quindi assoggettabili a contribuzione, solo i premi versati a fronte di polizze concluse dalla società datoriale per rischi extraprofessionali dei dipendenti giornalisti, e considerato che l’Inpgi ha azionato il proprio credito contributivo con ricorso per decreto ingiuntivo, chiedendo la condanna al pagamento di una somma determinata, costituiva onere del predetto Istituto provare l’an e il quantum del proprio credito, quindi il versamento da parte delle società di somme rientranti nella retribuzione imponibile (relative a premi per polizze a copertura dei rischi extraprofessionali dei giornalisti) e l’importo di tali somme su cui calcolare la contribuzione.
20. L’Inpgi, al contrario, ha deliberatamente azionato il proprio credito in relazione ai premi complessivamente versati dalle società per le polizze cumulative, riferite cioè a rischi professionali ed extraprofessionali, a beneficio di dipendenti giornalisti e non giornalisti, quindi anche per voci pacificamente estranee alla retribuzione imponibile e per un importo complessivo certamente superiore ai contributi che poteva legittimamente pretendere.
21. In tal modo, l’Istituto si è reso inadempiente all’onere di provare i fatti costitutivi in relazione all’intero credito azionato (avendo dimostrato l’an della propria pretesa nei limiti delle somme facenti parte della retribuzione imponibile dei giornalisti) e non ha fornito la prova del quantum della pretesa correlata ai premi assoggettabili a contribuzione, perché rientranti nella retribuzione imponibile dei giornalisti. Anzi, ha preteso di trasferire sulla controparte l’onere di provare, non il diritto agli sgravi o a detrazioni di sorta, bensì il quantum della stessa pretesa contributiva, azionata per eccesso.
22. Non può essere utilmente invocato dall’Istituto ricorrente il criterio empirico della vicinanza alla fonte di prova “il cui uso è consentito solo quando sia necessario dirimere un’eventuale sovrapposizione tra fatti costitutivi e fatti estintivi, impeditivi o modificativi, oppure quando, assolto l’onere probatorio dalla parte che ne sia onerata, sia l’altra a dover dimostrare, per prossimità alla suddetta fonte, fatti idonei ad inficiare la portata di quelli dimostrati dalla controparte”, (Cass. n. 17108 del 2016; 14375 del 2016), non ricorrendo nella fattispecie in esame i requisiti suddetti per mancanza, a monte, della prova dei fatti costitutivi in relazione al quantum della pretesa azionata.
23. In base ai rilievi appena svolti, deve ritenersi corretta l’applicazione, ad opera della Corte territoriale, della regola di distribuzione dell’onere di prova e la conclusione sul mancato assolvimento dello stesso da parte dell’Inpgi.
24. Quanto detto porta a ritenere infondato anche il secondo motivo di ricorso, atteso che le somme versate a titolo di premio per la polizza cumulativa infortuni stipulata dalla Divisione La Repubblica n. 484373S erano sì riferite ai soli giornalisti, ma volte a coprire i rischi sia professionali e sia extraprofessionali, risultando anche in tal caso non dimostrato il credito contributivo nel quantum.
25. Per le considerazioni svolte, il ricorso dell’Inpgi deve essere respinto, con condanna dell’Istituto al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo.
26. Si dà atto della sussistenza dei presupposti di cui all’art. 13, comma 1 quater, del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, introdotto dall’art. 1, comma 17, della L. 24 dicembre 2012 n. 228.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in euro 5.000,00 per compensi professionali, in euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% ed accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, introdotto dall’art. 1, comma 17, della L. 24 dicembre 2012 n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis del medesimo art. 13.
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