Corte di Cassazione sentenza n. 20998 depositata il 23 agosto 2018
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. RL ricorre, affidandosi a sei motivi illustrati anche con memoria, per la cassazione della sentenza della Corte d’Appello di Ancona che aveva respinto l’impugnazione da lui proposta avverso la pronuncia del Tribunale di Pesaro di rigetto della domanda avanzata nei confronti di Equitalia Marche Spa ( già Marcheriscossioni Spa ) per ottenere il risarcimento dei danni a lui derivati dall’iscrizione – a suo dire illegittima – di due distinte ipoteche, iscritte sugli immobili oggetto del fondo patrimoniale che aveva costituito alcuni anni prima.
Il RL aveva dedotto, nei gradi di merito, che l’iscrizione ipotecaria relativa agli importi da lui dovuti alla società di riscossione, per cartelle esattoriali relative a sanzioni amministrative per violazione del codice della strada ed per omesso pagamento di tributi, doveva essere ricondotta a debiti estranei ai bisogni della famiglia ed, in quanto tale, doveva ritenersi illegittima per violazione dell’art. 170 c.c
2. L’intimata ha resistito con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce, ex art. 360 comma 1 n° 4 cpc , la nullità della sentenza in relazione all’art. 132 n° 2 cpc per erronea indicazione, sia nell’epigrafe che nel dispositivo, del soggetto giuridico convenuto e cioè “Equitalia Marche Spa” e non “Equitalia Centro Spa”, società che si era costituita con autonomo atto, nel corso del giudizio d’appello.
1.2 Con il secondo motivo, lamenta , ex art. 360 n° 3 cpc , la violazione e falsa applicazione degli artt. 167 e 170 c.c, anche in relazione all’art. 2697 c.c : assume che i giudici d’appello, con la pronuncia impugnata, avevano impropriamente posto a suo carico l’onere della prova concernente l’estraneità, ai bisogni della famiglia, del fatto che aveva generato i crediti per cui era stata iscritta l’ipoteca; lamenta altresì che non era stato considerato che il creditore era a conoscenza di tale circostanza, vista la natura sanzionatoria e non riparatoria dell’esecuzione.
1.3 Con il terzo motivo, il ricorrente , ex art. 360 co 1 n° 4 , deduce la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 cpc ed, ex art. 360 n° 3 cpc, la violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 115, 167 e 342 cpc in relazione all’art. 2697 c.c: lamenta che, nonostante la società di riscossione non avesse contestato la dedotta estraneità dei crediti ai bisogni familiari ed avesse prodotto le cartelle esattoriali comprovanti la fonte del credito, la Corte non aveva esaminato l’eccezione da lui mossa né, applicando correttamente l’art. 115, aveva ritenuto incontestati i fatti dedotti.
1.4 Con il quarto ed il quinto motivo, il RL, ex art. 360 n° 3 cpc, deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 113, 132, 342 e 345 cpc in relazione ai crediti derivanti da tributi che la Corte aveva ritenuto oggetto di pronuncia del primo giudice, nonostante che essa fosse riferita soltanto alle sanzioni amministrative: lamenta che in tal modo, i giudici d’appello avevano impropriamente integrato la motivazione, travalicando, con ciò, i propri poteri. Assume, conseguentemente, che sulla specifica questione – in relazione alla quale era fondata una parte, sia pur quantitativamente inferiore del complessivo credito – doveva ritenersi che la Corte aveva omesso di pronunciarsi.
1.5 Con il sesto motivo, infine, lamenta, ex art. 360 n° 3 cpc, la violazione o erronea applicazione degli artt. 1226, 2043, 2056 c.c, dell’art. 77 L. 602/1973 e degli artt. 23 e 53 Cost. per manifesta illogicità della motivazione nella parte in cui la Corte territoriale aveva affermato che egli non aveva subito, comunque, alcun danno risarcibile.
2. Il primo motivo è manifestamente infondato in ragione di quanto previsto dall’art. 110 cpc: Equitalia Centro Spa, infatti, è succeduta, nel corso del giudizio d’appello, ad Equitalia Marche Spa ed il giudizio è regolarmente proseguito nei suoi confronti. Pertanto l’erronea indicazione della ragione sociale nell’epigrafe della sentenza costituisce una mera irregolarità che non configura il vizio dedotto.
3. Gli altri motivi proposti devono essere congiuntamente esaminati per la stretta connessione logica che li accomuna: essi sono tutti infondati.
Le censure mosse alla sentenza impugnata, infatti, sono complessivamente incentrate sulla questione concernente l’aggredibilità del fondo patrimoniale per crediti esattoriali ( nel caso in esame consistenti in sanzioni amministrative ed in omissioni contributive ) questione che, tuttavia, è posta sullo sfondo della vicenda concernente la presente controversia la quale ha per specifico oggetto un’azione risarcitoria e non riguarda i possibili rimedi azionabili nell’ambito del processo esecutivo.
3.1. Al riguardo, deve precisarsi che questa Corte, dopo alcuni arresti ( cfr. Cass. 19667/2014, Cass. 15354/2015 e Cass. 10794/2016 ) che avevano affermato che l’esecuzione richiamata dall’art. 170 c.c fosse estranea all’iscrizione ipotecaria che, quindi, doveva ritenersi generalmente consentita, ha statuito più specificamente, con principio al quale questo Collegio intende dare continuità, che “in tema di riscossione coattiva delle imposte, l’iscrizione ipotecaria di cui D.P.R. 602 del 1973, ex articolo 77, è ammissibile anche sui beni facenti parte di un fondo patrimoniale alle condizioni indicate dall’articolo 170 cod. civ., sicché è legittima solo se l’obbligazione tributaria sia strumentale ai bisogni della famiglia o se il titolare del credito non ne conosceva l’estraneità ai bisogni della famiglia” ( cfr. Cass. 23876/2015 ) In conseguenza di ciò, il debitore deve necessariamente dimostrare non solo la regolare costituzione del fondo patrimoniale e la sua opponibilità al creditore procedente, ma anche che il debito nei confronti di tale soggetto sia stato contratto per scopi estranei alle necessità familiari.
3.2 Ciò posto, i beni costituenti fondo patrimoniale non possono essere sottratti all’azione esecutiva dei creditori quando lo scopo perseguito nell’obbligazione sia quello di soddisfare i bisogni della famiglia, da intendersi non in senso oggettivo, ma come comprensivi anche dei bisogni ritenuti tali dai coniugi in ragione dell’indirizzo della vita familiare e del tenore prescelto, in conseguenza delle possibilità economiche familiari. E, al riguardo, è stato affermato che “l’onere della prova dei presupposti di applicabilità dell’art. 170 cod. civ. grava su chi intenda avvalersi del regime di impignorabilità dei beni costituiti in fondo patrimoniale, sicchè, ove sia proposta opposizione, ex art. 615 cod. proc. civ., per contestare il diritto del creditore ad agire esecutivamente, il debitore opponente deve dimostrare non soltanto la regolare costituzione del fondo e la sua opponibilità al creditore procedente, ma anche che il suo debito verso quest’ultimo venne contratto per scopi estranei ai bisogni della famiglia, a tal fine occorrendo che l’indagine del giudice si rivolga specificamente al fatto generatore dell’obbligazione, a prescindere dalla natura della stessa: pertanto, i beni costituiti in fondo patrimoniale non potranno essere sottratti all’azione esecutiva dei creditori quando lo scopo perseguito nell’obbligarsi fosse quello di soddisfare i bisogni della famiglia, da intendersi non in senso meramente oggettivo ma come comprensivi anche dei bisogni ritenuti tali dai coniugi in ragione dell’indirizzo della vita familiare e del tenore prescelto, in conseguenza delle possibilità economiche familiari.” ( cfr. Cass. 4011/2013 ; Cass. 5385/2013 )
3.3. Tanto premesso, il secondo ed il terzo motivo, concernenti proprio l’erronea ripartizione dell’onere probatorio, sono infondati in quanto la Corte territoriale, nel porre a carico del ricorrente l’onere di provare l’estraneità dei crediti ai bisogni familiari, ha fatto corretta applicazione dei principi sopra riportati.
3.4. Ma anche le censure contenute nel quarto e nel quinto motivo non hanno pregio: in primo luogo perché è consentito alla Corte, nell’ambito del devolutum , di integrare la motivazione ( cfr. Cass. 4889/2016 ), motivazione che, nel caso in esame – in cui l’oggetto della lite erano e sono le pretese complessivamente contenute nelle cartelle esattoriali oggetto di esecuzione – non si ritiene abbia travalicato il perimetro entro il quale erano stati proposti i motivi d’appello. In secondo luogo, la natura del tributo non contraddice, in mancanza di prova contraria della quale era onerato il ricorrente, la circostanza che i crediti portati dai titoli esecutivi in esame, sia per violazioni del codice della strada sia per omesso pagamento di tributi (non meglio identificati ), riguardassero esigenze familiari.
3.5. Infine, anche il sesto motivo è infondato.Si osserva, infatti, che in ragione della natura risarcitoria della causa, non risulta che il RL abbia subito alcun danno ingiusto: il ricorrente, infatti, era – comunque – tenuto a pagare le sanzioni a lui inflitte, visto che, per ciò che emerge dagli atti, le cartelle esattoriali non furono oggetto di opposizione, con la conseguenza che il credito doveva ritenersi definitivamente accertato ed oggetto di legittima pretesa .
3.6. Una diversa soluzione legittimerebbe, in modo improprio, l’utilizzo del fondo patrimoniale ( istituto che ha la finalità di apprestare misure di protezione per i bisogni economici della famiglia ) a scopo elusivo: al riguardo, il richiamo della Corte territoriale ai principi concernenti la solidarietà economica e la ratio degli artt. 23 e 53 della Cost. ( cfr. pag. 11 0 della sentenza ) configura una corretta applicazione delle fattispecie in esame, consentendo un corretto bilanciamento delle diverse esigenze.
4. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza. Ai sensi dell’art. 13 co. 1 quater dpr 115/2002 da atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso proposto , a norma del comma ibis dello stesso art. 13.
PQM
La Corte, rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente alle spese del giudizio di legittimità che liquida in C 6200,00 per compensi ed C 200,00 per esborsi , oltre accessori e rimborso spese generali nella misura di legge. Ai sensi dell’art. 13 co. 1 quater dpr 115/2002 da atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso proposto , a norma del comma ibis dello stesso art. 13.
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