CORTE DI CASSAZIONE sentenza n. 21347 depositata il 29 agosto 2018
Fatti di causa
La presente lite ebbe avvio con l’opposizione spiegata da CM avverso il provvedimento sanzionatorio emesso,nei suoi riguardi, dalla Banca d’Italia in relazione alla violazione dei suoi doveri quale componente del Consiglio di Sorveglianza della Banca Popolare di Milano soc. coop.
L’Istituto di sorveglianza ebbe a ritenere che il CM avesse posto in essere delle condotte, atte ad interferire con l’attività di amministrazione della banca, inibite per i componenti il Consiglio di Sorveglianza.
Ad esito della trattazione la Corte d’Appello capitolina ebbe a rigettare l’opposizione osservando come l’ingerenza indebita del CM nell’attività di amministrazione e governo della banca risultava provata compiutamente in relazione alla redazione e presentazione in Consiglio di un progetto alternativo di nuovo statuto rispetto a quello predisposto dal Consiglio di Gestione,non essendosi limitato il ricorrente ad esprimere il chiesto parere.
Relativamente alle altre condotte indicate nel provvedimento sanzionatorio, invece,ad opinione dei Giudici capitolini non si configurava indebita ingerenza. CM ha proposto ricorso per cassazione, avverso il decreto reso dalla Corte capitolina, articolato su sette motivi.
Ha resistito con contro ricorso la Banca d’Italia ed il CM ha depositato memoria difensiva.
All’odierna udienza pubblica,sentite le parti presenti ed il P.G.,la Corte adottava decisione siccome illustrato nella presente sentenza.
Ragioni della decisione
Il ricorso proposto da CM s’appalesa fondato limitatamente alla questione posta con il settimo motivo ed in tali limiti va accolto,con il rigetto dei primi sei motivi d’impugnazione.
Con il primo mezzo d’impugnazione il ricorrente denunzia violazione della norma in art 2909 cod. civ. con conseguente lesione del giudicato formatosi a seguito di decisioni – assolutorie – adottate sempre dalla Corte d’Appello romana in ordine I alle posizioni degli altri componenti il Consiglio di Sorveglianza,contro i quali era stata elevata la medesima incolpazione.
Difatti,osserva il ricorrente,la Banca d’Italia ebbe ad emettere unico provvedimento sanzionatorio a carico di più soggetti essendo la condotta unica ed indivisibile, sicché l’annullamento del provvedimento sanzionatorio, intervenuto prima della decisione, per uno degli altri consorti s’estendeva anche agli altri consorti nella medesima situazione fattuale e giuridica.
La doglianza non appare fondata posto che in tema di sanzioni amministrative non risulta positivamente posto un principio omologo a quello in art 587 cod. proc. pen., bensì vige il principio dell’efficacia riflessa del giudicato sulla posizione del responsabile principale rispetto all’extraneus – Cass. sez. 2 n° 5811/2012 e Cass. S.U. n° 6523/08 -. Nella specie l’incolpazione elevata verso tutti i soggetti sanzionati – atti d’ingerenza nell’attività di amministrazione e governo della banca – appariva omologa ma riferita a più condotte,la cui omologia non risulta certa in forza degli elementi in atti.
Inoltre,le condotte specifiche contestate risultano poste in essere dai componenti del Consiglio di Sorveglianza e sostenute da autonoma volontà, sicché alcuno dei consorti coinvolti si poneva siccome extraneus rispetto ad un soggetto autore principale della condotta illecita. Inoltre gli arresti di legittimità citati presuppongono che sia stata accertata l’insussistenza della condotta materiale,non già, che l’esito favorevole della lite dipenda dalla diversa valutazione degli elementi di fatto e di diritto acquisiti in causa.
E nella specie nemmeno l’impugnante afferma che,nel procedimento conclusosi con l’accoglimento dell’opposizione, la Corte romana ebbe ad escludere la sussistenza delle condotte materiali contestate ai vari altri componenti il Consiglio di Sorveglianza,poiché anche in detto procedimento la sussistenza della condotta non era in discussione, bensì la decisione della lite dipese da considerazioni in diritto circa la condotta tenuta.
Dunque non concorre ipotesi di applicazione del principio del giudicato riflesso che,come visto, postula l’accertamento dell’inesistenza della condotta illecita tenuta dal soggetto percettore del beneficiò,sicché devono trovar applicazione le ordinarie regole per l’individuazione del giudicato ostativo, ex art 2909 cod. civ. Norma questa che postula l’identità delle parti nei due giudizi afferenti la medesima causa.
Nella specie tuttavia è dato certo che il diverso procedimento,definito con decreto di accoglimento dell’opposizione, si svolse tra soggetti diversi rispetto al presente, sicché nulla osta che le diverse liti abbiano esiti diversi.
Non assume rilevanza l’arresto n° 2313/1979 di questa Corte, evocato dalla difesa del ricorrente a sostegno del suo argomentare, poiché afferisce ad atto amministrativo di contenuto patrimoniale – decreto d’espropriazione di beni pertinenti a più soggetti – mentre nella specie il provvedimento sanzionatorio fu bensì unico ma le posizioni dei soggetti sanzionati erano autonome poiché afferivano a condotte personali.
Con la seconda ragione di impugnazione il CM deduce violazione delle norme in tema di legalità, tassatività e tipicità dell’illecito amministrativo portate in Costituzione, Carta Europea dei Diritti e art 1 legge 689/81,in quanto la Corte capitolina non ha rilevato che la condotta contestata non era precisata in alcuna norma di rango primario, bensì portata in circolare della Vigilanza bancaria diretta,non già, ai singoli componenti gli Organi sociali, bensì alla sola banca quale linee guida circa la strutturazione dell’azione operativa aziendale.
La questione riproposta in questa sede di legittimità risulta esser stata puntualmente esaminata dalla Corte capitolina anche con puntuali richiami a specifici al riguardo arresti di questa Suprema Corte. In particolare questa Corte con la sentenza n° 5743/04 ha esaminato partitamente la questione di legittimità costituzionale della norma che consente la delega alla Banca d’Italia per il completamento delle disposizioni sanzionatorie dettate in d.lgs. 385/1993 e ritenuto che non concorresse sospetto alcuno, sicché non v’è ragione,attese le argomentazioni esposte in contrario dall’impugnante, per non dar continuità al citato insegnamento.
Nella specie,secondo il richiamato insegnamento di questa Corte e siccome sottolineato dai Giudici romani,la norma di rango primario – il d.lgs. 385/93 – consente alla Banca d’Italia di emettere disposizioni di integrazione delle norme sanzionatorie proprio in considerazione del particolare carattere precipuamente tecnico-specialistico della materia regolata.
Le argomentazioni esposte in ricorso dal CM non superano la corretta motivazione illustrata dalla Corte capitolina,come detto,fondata sull’insegnamento costante di questa Corte – tanto che l’impugnante deve dedurre contrasto con i principi dell’Ordinamento, non già, nazionale bensì internazionale e comunitario – poiché il principio di non ingerenza degli Organi societari di controllo nell’attività di gestione dell’impresa, anche bancaria, si desume anche dalle disposizioni in tema societario portate nel codice civile. Dunque l’osservazione che le disposizioni emanate dalla Banca d’Italia erano dirette all’Istituto di credito e,non già, emanate quali norme di condotta dirette ai componenti dei suoi Organi direttivi non assume rilievo poiché i membri degli Organi direttivi sono destinatari e quindi a conoscenza delle direttive della Banca d’Italia e,quindi, devono uniformare la loro condotta alle stesse,siccome anche previsto negli Statuti sociali.
Con il terzo motivo di impugnazione il ricorrente denunzia omesso esame di fatto decisivo individuato nell’aver la Corte capitolina ritenuto solo una delle condotte, poste dalla Banca d’Italia alla base del provvedimento sanzionatorio, effettivamente costituente illecito,mentre ha ritenuto non scorrette le altre sicché vi è stata un’immutazione della condotta illecita sanzionata.
Il motivo s’appalesa siccome inammissibile, posto che non già viene indicato un fatto di cui la Corte capitolina ha omesso la valutazione,bensì viene contestata la valutazione data dalla Corte di merito ai fatti rilevanti di causa.
Difatti i Giudici capitolini hanno puntualmente esaminate tutte le singole condotte contestate nel provvedimento sanzionatorio siccome illecite ed hanno motivatamente escluso che alcune d’esse configurassero condotta illecita,mentre hanno confermato che l’elaborazione di autonoma proposta di nuovo Statuto configurasse ingerenza nell’attività di gestione.
Dunque il mantenimento della sanzione per una sola delle condotte, inizialmente configurate e valutate dalla Banca d’Italia siccome meritevoli di sanzione, non configura il vizio ex art 360 n° 5 cod. proc. civ. poiché la Corte ha esaminata la questione.
Con la quarta ragione di doglianza il CM deduce violazione del disposto in art 112 cod. proc. civ. in quanto,avendo la Corte fondata la conferma del provvedimento sanzionatorio in relazione ad una sola delle condotte illecite inizialmente contestate,concorreva immutazione della causa petendi poiché non sussisteva più la correlazione tra il chiesto ed il pronunziato,stante l’assimmetria tra contestazione,elevata dalla Banca d’Italia, e statuizione del Giudice in sede di opposizione.
Il dedotto vizio,all’evidenza, non sussiste poiché pacificamente la condotta, unica ritenuta illecita dalla Corte di merito,risulta contestata al CM nel provvedimento sanzionatorio impugnato assieme ad altre autonome condotte, ritenute dall’Ente sanzionatore illecite, ma non anche dal Giudice dell’opposizione.
Dunque l’esclusione di alcune autonome condotte non comporta modifica del fatto contestato poiché risultava puntualmente contestata anche l’unica condotta illecita ritenuta dal Giudice, che con l’opposizione deve valutare, non già, la legittimità dell’atto amministrativo ma la fondatezza delle contestazioni mosse, sicché non assumono rilievo le valutazioni al riguardo operate dall’Ente sanzionatore.
Inoltre la Corte capitolina ha puntualmente motivato circa la ritenuta sussistenza della condotta illecita in questione, nonché la sufficienza della stessa a giustificare la sanzione inflitta, stante la sua gravità.
Non sussiste la violazione del disposto ex art 112 cod. proc. civ. poiché in caso di più condotte autonome,sussunte dall’Ente sanzionatore in unica ipotesi di illecito, ben può il Giudice ritenere che anche una sola della condotte – purché come nella specie contestata – possa configurare l’illecito contestato a prescindere dalla valutazione operata in sede amministrativa.
Con il quinto mezzo di doglianza il ricorrente deduce omesso esame di fatto decisivo individuato nell’omessa considerazione che il progetto ” Idea ” di riforma dello Statuto – condotta ritenuta configurante l’illecito contestato – non sia mai stato posto in discussione avanti il Consiglio di Gestione, sicché non venne in essere effettiva incisione sull’attività propria dell’Organo di amministrazione.
La censura s’appalesa priva di pregio poiché si configura siccome contestazione circa il merito della decisione assunta dalla Corte capitolina, che ha ritenuto illecita la condotta individuata nella predisposizione e messa disposizione del Componenti dell’Organo di amministrazione di un progetto alternativo a quello elaborato dal citato Consiglio.
Quindi viene chiesa a questa Corte una valutazione di merito circa un elemento di natura probatoria che esula dalla natura propria del vizio di legittimità denunziato.
Con il sesto mezzo di impugnazione il CM denunzia vizio di nullità della decisione impugnata per omessa pronunzia sull’eccezione di nullità del procedimento amministrativo da lui sollevata, per non essere stata posta a sua disposizione anche una specifica nota di risposta, rimessa dal Consiglio di Gestione della Banca alla Banca d’Italia a seguito dei rilievi ispettivi,tanto che dovette proporre vittorioso lite in sede di Giustizia amministrativa per ottenerla.
La censura s’appalesa aspecifica posto che, non solo, la nota in questione non risulta riprodotta nel suo contenuto in ricorso ovvero allegata, ma soprattutto il CM, se argomenta in astratto sulla lesione al suo diritto di difesa per l’omessa ostensione anche di detta nota, in concreto non indica anche in quale modo la mancata conoscenza della citata nota abbia influito sulla difesa da lui svolta in causa.
Con il settimo ed ultimo motivo di impugnazione il ricorrente lamenta omesso esame di fatto decisivo poiché la Corte capitolina, se ebbe a ritenere non configuranti ingerenza indebita nell’attività dell’Organo di amministrazione alcune condotte,tuttavia non ebbe a valutare un tanto ai fini dell’adeguatezza della sanzione inflitta, che non ha modificato nel suo ammontare.
Concorre il vizio denunziato in quanto la Corte di merito, se ha motivato circa adeguatezza della sanzione rispetto alla condotta ritenuta illecita, non ha anche esaminato l’incidenza dell’esclusione di alcune delle condotte,ritenute illecite dalla Banca d’Italia,in ordine alla quantificazione della sanzione inflitta,che invece espressamente l’Ente sanzionatore ha ritenuto di tassare avuto presente il complesso delle condotte contestate.
Quindi sul punto la decisione impugnata va cassata e rimessa ad altra sezione della Corte d’Appello di Roma che esaminerà la questione della quantificazione della sanzione inflitta con il provvedimento impugnato alla luce dell’esclusione della sussistenza di alcune condotte, ritenute illecite in sede amministrativa, da parte del Giudice dell’opposizione. Il Giudice del rinvio provvederà anche a regolare,ex art 385 comma 3 cod. proc. civ.,le spese di questo giudizio di legittimità.
P. Q. M.
Accoglie l’ultimo motivo di ricorso,rigetta gli altri, cassa in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte d’Appello di Roma altra sezione per nuovo esame
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