Corte di Cassazione sentenza n. 22028 depositata il 12 luglio 2022
onere della prova – vizio di motivazione della sentenza
RILEVATO CHE
1. La società contribuente M.E. S.r.l. ha impugnato un avviso di accertamento, relativo al periodo di imposta 2006, con il quale – a seguito di PVC – veniva contestato alla società contribuente l’utilizzo di fatture per operazioni oggettivamente inesistenti, disconoscendosi i relativi costi in quanto indeducibili e procedendosi al recupero di IRES, IRAP e IVA.
2. La CTP di Torino ha rigettato il ricorso.
3. La CTR del Piemonte, con sentenza in data 17 ottobre 2014, ha rigettato l’appello del Il giudice di appello ha rigettato la censura di difetto di motivazione dell’atto impositivo, avendo lo stesso fatto rinvio al PVC. Ha, poi, ritenuto che non sussiste l’obbligo di allegazione di atti che risultino già conosciuti dal contribuente. Nel merito, il giudice di appello ha ritenuto di valorizzare alcune dichiarazioni acquisite al procedimento, ritenendo inoltre provata l’assenza di struttura organizzativa dell’emittente.
4. Propone ricorso per cassazione la società contribuente, affidato a due motivi; resiste con controricorso l’Ufficio.
CONSIDERATO CHE
1.1 Con il primo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., nullità della sentenza per violazione degli artt. 112 e 132 cod. proc. civ. Osserva parte ricorrente di avere offerto sin dal primo grado di giudizio una serie di elementi di prova che dimostravano la concreta effettività delle operazioni compiute a favore della società contribuente, ossia l’avvenuta rivendita del bene oggetto delle fatture di acquisto, l’esistenza di ulteriore documentazione, anche bancaria, la compatibilità delle operazioni contestate con la struttura organizzativa degli emittenti, l’inattendibilità delle dichiarazioni sulle quali si fondavano il PVC e l’avviso impugnato. Osserva, pertanto, il ricorrente che la motivazione del giudice di appello si paleserebbe come meramente apparente, per non avere indicato gli elementi di prova sui quali è stata fondata.
1.2 Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., nullità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 2697 cod. civ., per avere il giudice di appello affermato la fondatezza dell’avviso nel merito su dichiarazioni di un terzo, senza alcun riscontro di ulteriori elementi. Osserva il ricorrente che una dichiarazione di terzi non può lasciar ritenere assolto l’onere della prova da parte dell’Ufficio circa l’esistenza del fatto costitutivo dell’inesistenza delle prestazioni di cui alle fatture di acquisto.
2. Il primo motivo è infondato. Il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica della violazione del minimo costituzionale richiesto dall’art. 111, sesto comma, Cost., individuabile nelle ipotesi – che possono essere esaminate e si convertono, all’evidenza, in violazione dell’art. 132, secondo comma, 4, cod. proc. civ. con conseguente nullità della sentenza – di mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale, di motivazione apparente, di manifesta ed irriducibile contraddittorietà e di motivazione perplessa od incomprensibile (Cass., Sez. III, 12 ottobre 2017, n. 23940), che ricorre nel caso in cui la motivazione risulti del tutto inidonea ad assolvere alla funzione specifica di esplicitare le ragioni della decisione (Cass., Sez. U., 7 aprile 2014, n. 8053; Cass., VI, 25 settembre 2018, n. 22598). Ugualmente, al fine di assolvere l’onere di adeguatezza della motivazione, il giudice di appello non è tenuto ad esaminare tutte le allegazioni delle parti, essendo necessario e sufficiente che egli esponga concisamente le ragioni della decisione così da doversi ritenere implicitamente rigettate tutte le argomentazioni logicamente incompatibili con esse (Cass., Sez. VI, 2 dicembre 2014, n. 25509; Cass., Sez. III, 20 novembre 2009, n. 24542), senza che sia necessaria l’analitica confutazione delle tesi non accolte o la disamina degli elementi di giudizio non ritenuti significativi (Cass., Sez. V, 2 aprile 2020, n. 7662; Cass., Sez. V, 30 gennaio 2020, n. 2153).
3. Nella specie il giudice di appello, sia pure con motivazione assai succinta, ha fondato la propria decisione – confermando la conforme decisione di primo grado – ritenendo assolto l’onere della prova da parte dell’Ufficio per effetto degli elementi addotti (dichiarazioni di terzo e mancanza di struttura industriale dell’emittente) e ha ritenuto non assolto l’onere della prova da parte del contribuente, in quanto documentazione inidonea in quanto aspecifica, confermando il giudizio dato dal giudice di primo grado («la sentenza parla di “documentazione priva di riscontro oggettivo” e mancante di riferimenti temporali specifici non rintracciabile nella contabilità della M.E.»).
4. Il secondo motivo è infondato, posto che la sentenza di appello non ha fondato la propria decisione solo sulle dichiarazioni del terzo, bensì anche sulla accertata assenza di struttura organizzativa dell’emittente («inoltre oltre alle dichiarazioni “confessorie” del sig. Iannuzzi, la mancanza di una struttura industriale che gli permettesse di realizzare le attività di cui alle fatture emesse è stata ampiamente provata»), conformemente alla giurisprudenza di questa Corte, secondo cui l’Amministrazione finanziaria può dimostrare, anche mediante presunzioni semplici, l’oggettiva inesistenza delle operazioni, assolvendo l’onere della prova relativamente alla circostanza che l’emittente sia una «cartiera» o una «società fantasma», ciò essendo gravemente indiziario della oggettiva inesistenza delle operazioni (Cass., Sez. V, 5 luglio 2018, n. 17619; Cass., Sez. V, 30 ottobre 2018, n. 27554; Cass., Sez. V, 27 novembre 2019, n. 30937; Cass., Sez. V, 18 ottobre 2021, n. 28628; Cass., Sez. V, 15 febbraio 2022, n. 4826; Cass., Sez. VI, 22 marzo 2022, n. 9304; Cass., Sez. V, 12 aprile 2022, n. 11737).
5. Il ricorso va, pertanto, rigettato, con spese regolate dalla soccombenza e liquidate come da dispositivo, oltre al raddoppio del contributo unificato.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore del controricorrente, che liquida in complessivi € 5.600,00, oltre spese prenotate a debito; dà atto che sussistono i presupposti processuali, a carico di parte ricorrente, ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115,
inserito dall’art. 1, comma 17 della l. 24 dicembre 2012, n. 228, per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.