Corte di Cassazione sentenza n. 22438 depositata il 4 novembre 2016
ACCERTAMENTO RELATIVO A REDDITI DI SOCIETA’ DI PERSONE – PROCESSO VERBALE NON NOTIFICATO
Ritenuto in fatto
1. Con sentenza in data 29.11.2010 la CTR Campania, rigettando l’appello del fisco, ha confermato l’annullamento, già decretato in primo grado, dell’avviso di accertamento notificato a U.G., in quanto socio della G. s.a.s., sul rilievo della violazione nella specie dell’art. 7 L. 212/00 in quanto pur essendo basato l’atto impugnato su un pregresso p.v.c. nei confronti della società, risultava dagli atti che il predetto processo verbale “non fosse stato notificato al ricorrente”.
Avverso la detta decisione insorge la soccombente Agenzia con un ricorso affidato a due motivi.
Non ha svolto attività difensiva la parte.
Il collegio ha autorizzato l’adozione della motivazione semplificata.
Considerato in diritto
2.1. Con il primo motivo di ricorso la ricorrente lamenta ex art. 360, comma primo n. 4, c.p.c. la nullità dell’impugnata sentenza per violazione degli artt. 14 e 29 D.lg. 546/92 e degli artt. 101, 102 e 354 c.p.c., in quanto, trattandosi di accertamento relativo a redditi di società di persone, imputabili per trasparenza ai soci, atteso il dictum di SS.UU. 14815/08, “il ricorso imponeva al giudice d’appello la declaratoria di nullità della sentenza di primo grado con rimessione del processo alla CTP per mancata integrazione del contraddittorio nei confronti dei soci sussistendo una indiscutibile ipotesi di litisconsorzio necessario ed originario”.
2.2. Il motivo è fondato ed il suo accoglimento comporta l’assorbimento del secondo motivo di ricorso inteso a denunciare la violazione degli artt. 42 D.P.R. 600/73 e 7 l. 212/00, in quanto, contrariamente a quanto affermato dal decidente, è legittimo negli avvisi di accertamento a carico dei soci di società di persone “richiamare le conclusione contenute nel verbale di constatazione della guardia di finanza redatto nei confronti della società, essendo da questi conoscibile”.
2.3. Quanto al motivo accolto è invero principio stabilmente fatto proprio dalla giurisprudenza di questa Corte, dopo il pronunciamento sul punto delle SS.UU. 14815/08 e 14816/08, che, in ragione della natura unitaria della rettifica reddituale disposta nei confronti delle società di persone, i soci – cui la detta rettifica viene imputata per trasparenza proporzionalmente alla quota di partecipazione agli utili di ciascuno – siano litisconsorti necessari ed originari della società, con la conseguenza che nel caso di impugnazione dell’avviso di accertamento da parte di questa o da parte di uno solo di essi – salvo ben inteso in tale ultima ipotesi che le ragioni di opposizione non abbiano carattere personale – il giudizio deve svolgersi nel contraddittorio di tutti gli interessati, in difetto del che la sentenza risulta affetta da nullità per la nullità che affetta l’intero procedimento.
2.4. Né crede il collegio che nel regolare la vicenda in esame alla luce del trascritto principio di diritto sia d’ostacolo la circostanza che l’atto impugnato abbia ad oggetto oltre ad un debito IRAP – e quindi un’imposta il cui accertamento ridonda direttamene in capo ai soci per trasparenza ex art. 5 D.P.R. 917/86 e determina in ragione di ciò l’insorgenza del litisconsorzio necessario (SS.UU. 10145/12) – anche un debito IVA, poiché, come questa Corte ha già avuto occasione di chiarire (12236/10), sebbene l’accertamento di un maggior imponibile IVA a carico di una società di persone non determina, in caso di impugnazione, un litisconsorzio necessario nei confronti dei soci, “attesa l’assenza – in mancanza di un meccanismo analogo a quello previsto dagli artt. 40, secondo comma, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 e 5 del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 – di un accertamento unitario e di una conseguente automatica imputazione dei redditi della società ai soci in proporzione alla partecipazione agli utili, con connessa comunanza di base imponibile tra i tributi a carico della società e dei soci”, ove – come nella specie, in cui i rilievi in punto di IVA traggono fonte dalle investigazioni bancarie all’origine delle contestazioni in punto di IRAP – “l’Agenzia abbia proceduto con un unico atto ad accertamenti di imposte dirette ed IRAP a carico di una società di persone, fondati su elementi comuni, il profilo dell’accertamento impugnato concernente l’imponibile IVA, che non sia suscettibile di autonoma definizione in funzione di aspetti ad esso specifici, non si sottrae al vincolo necessario del simultaneus processus per l’inscindibilità delle due situazioni (2094/15), con l’ovvia necessaria conseguenza che il giudizio che a ciò non si sia attenuto è affetto da una nullità originaria e deve perciò essere rinviato al giudice di primo grado giusta il disposto dell’art. 383, comma terzo, c.p.c. (21340/15).
2.5. La specie in giudizio va, dunque, regolata in piana applicazione di questi principi, risultando appunto affetta dal denunciato vizio di legittimità la sentenza qui impugnata, giacché, afferendo il ricorso proposto dalla parte ad un accertamento unitario qual è, come si visto, la rettifica reddituale disposta nei confronti della società e imputata per trasparenza ai soci, la comunanza dell’oggetto e l’inscindibilità dell’accertamento danno luogo alla fattispecie dell’art. 14, comma 1, D.lg. 546 ed impongono perciò che il giudizio di impugnazione della pretesa tributaria si svolga sin dalla sua introduzione nel contraddittorio di tutti i litisconsorti.
3. Non essendosi a ciò attenuto il giudice di appello, va dichiarata la nullità dell’intero procedimento e la causa va rimessa al primo giudice ai sensi dell’art. 383, comma terzo, c.p.c. anche per la liquidazione delle spese.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti i restanti, dichiara la nullità del procedimento e rinvia la causa avanti alla CTP di Napoli che, in altra composizione, provvederà pure alla liquidazione delle spese del presente giudizio.
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