Corte di Cassazione, sentenza n. 22466 depositata il 26 luglio 2023
pubblico impiego
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. La Corte d’Appello di Bologna, con la sentenza n. 352 del 2022, ha accolto l’appello proposto dal MIUR nei confronti di P.A. e in riforma della sentenza, resa tra le parti dal Tribunale di Bologna, ha rigetta la domanda del lavoratore.
Quest’ultimo aveva impugnato il decreto n. 6685 del 10 ottobre 2019, emesso dal Dirigente scolastico dell’Istituto E.C. di Pieve di Cento, di risoluzione con effetto immediato del contratto di lavoro a tempo indeterminato stipulato il 25 settembre 2019.
2. La Corte d’Appello richiamava il dPR n. 487 del 1994, secondo cui “Non possono accedere agli impieghi coloro che siano esclusi dall’elettorato politico attivo, nonché coloro che siano stati destituiti o dispensati dall’impiego presso una pubblica amministrazione per persistente insufficiente rendimento, ovvero siano stati dichiarati decaduti da un impiego statale”.
Affermava, quindi, che tale evenienza si era verificata nel caso di specie, atteso che con decreto n. 1906 del 27 agosto 2019, vi era stata la risoluzione del contratto di lavoro a tempo indeterminato stipulato dal lavoratore il 15 settembre 2017 per mancato superamento del periodo prova.
3. Per la cassazione della sentenza di appello ricorre il lavoratore prospettando cinque motivi di impugnazione.
4. Resiste il MIUR con controricorso, assistito da memoria.
5. Entrambe le parti hanno depositato memoria.
6. Il Procuratore Generale ha depositato requisitoria scritta con cui ha chiesto l’accoglimento del terzo motivo di ricorso, come ribadito nella discussione in pubblica udienza.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di ricorso è dedotta la violazione dell’art. 2 della legge 604 del 1966 e del relativo principio di immutabilità della motivazione del licenziamento, in relazione all’art. 360, n. 3, cod. proc. civ.
Ad avviso del ricorrente la sentenza della Corte d’Appello avrebbe consentito alla difesa dello Stato di introdurre ragioni a fondamento della legittimità del licenziamento che non trovavano riscontro nella lettera di licenziamento.
2. Il motivo è inammissibile.
Nella specie non si verte in ipotesi di licenziamento, come deduce il ricorrente nel richiamare l’art. 2 della legge n. 604 del 1966, ma di risoluzione contrattuale connessa alla verifica del mancato possesso dei requisiti.
A ciò si aggiunge che il ricorrente non ha dedotto di aver contestato la asserita novità delle questioni prospettate in appello tempestivamente, nella prima difesa utile, né riporta in modo circostanziato le difese dell’Amministrazione in primo grado e le statuizioni della sentenza di primo grado, ai fini della valutazione della rilevanza della censura.
3. Ha priorità logica giuridica l’esame del quinto motivo di ricorso.
4. Con il quinto motivo di ricorso è dedotta la violazione degli 12 e 14 delle preleggi. Violazione degli artt. 3, 4, 35 e 97, Cost. Falsa applicazione dell’art. 2 del d.P.R. n. 487 del 1994, e degli artt. 439 e 512 del d.lgs. n. 297 del 1994, nonché dell’art. 127, comma 1, lett. d) del dPR n. 3 del 1957, in relazione all’art. 360, n.3, cod. proc. civ.
Assume il ricorrente che in ragione dei rispetti statuti normativi la risoluzione per mancato superamento del patto di prova non sarebbe equiparabile all’istituto della dispensa dal servizio per insufficiente rendimento.
Detti istituti sarebbero autonomi e con funzioni differenti, riferiti a due diversi momenti del rapporto lavorativo.
5. Il motivo è fondato e va accolto.
Occorre precisare che il rapporto di lavoro in esame veniva risolto in quanto contestualmente alla accettazione dello stesso il 27 agosto 2019, interveniva il decreto 1906 del 27 agosto 2019 di risoluzione, con decorrenza 1° settembre 2019, di un precedente rapporto di lavoro (15 settembre 2017) per mancato superamento della prova.
6. L’art. 2 del dPR n. 487 del 1994, al comma 3, prevede che “Non possono accedere agli impieghi (…) coloro che siano stati destituiti o dispensati dall’impiego presso una pubblica amministrazione per persistente insufficiente rendimento (…).
Il comma 7 precisa che “ I requisiti prescritti devono essere posseduti alla data di scadenza del termine stabilito nel bando di concorso per la presentazione della domanda di ammissione”.
7. La Corte d’Appello, erroneamente ha sovrapposto due fattispecie distinte: da un alto la dispensa per persistente insufficiente rendimento, dall’altro il mancato superamento del periodo di prova.
8. L’art. 70, comma 13, del d.lgs. n. 165 del 2001 dispone, infatti, che “in materia di reclutamento, le pubbliche amministrazioni applicano la disciplina prevista dal d.P.R. 9 maggio 1994, n. 487, e successive modificazioni ed integrazioni, per le parti non incompatibili con quanto previsto dagli artt. 35 e 36, salvo che la materia venga regolata, in coerenza con i principi ivi previsti, nell’ambito dei rispettivi ordinamenti”. E l’art. 17 della richiamata fonte normativa (Assunzioni in servizio), al comma 1, prevede che i candidati dichiarati vincitori sono assunti in prova nel profilo professionale di qualifica o categoria per il quale risultano vincitori, e che la durata del periodo di prova è differenziata in ragione della complessità delle prestazioni professionali richieste e sarà definita in sede di contrattazione collettiva, i provvedimenti di nomina in prova sono immediatamente esecutivi.
Dunque tutte le assunzioni alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche sono assoggettate all’esito positivo di un periodo di prova, e ciò avviene ex lege e non per effetto di patto inserito nel contratto di lavoro dall’autonomia contrattuale e che l’autonomia contrattuale è abilitata esclusivamente alla determinazione della durata del periodo di prova, ma tale abilitazione è data dalle norme esclusivamente alla contrattazione collettiva, restando escluso che il contratto individuale possa discostarsene (Cass., n. 21376 del 2018).
Il periodo di prova e le conseguenze del mancato superamento della prova da parte del docente sono disciplinate dall’art. 438 e 439 del d.lgs. n. 297 del 1994.
Quest’ultima disposizione prevede che “In caso di esito sfavorevole della prova, il provveditore agli studi (…) provvede: alla dispensa dal servizio o, se il personale proviene da altro ruolo docente o direttivo, alla restituzione al ruolo di provenienza, nel quale il personale interessato assume la posizione giuridica ed economica che gli sarebbe derivata dalla permanenza nel ruolo stesso; ovvero, a concedere la proroga di un altro anno scolastico al fine di acquisire maggiori elementi di valutazione.
9. La risoluzione per mancato superamento del periodo di prova pur potendo riferirsi alla più ampia nozione di dispensa dal servizio si distingue dagli istituti di cui all’art. 512 del medesimo d.lgs. n. 297 del 1994: dispensa dal servizio per inidoneità fisica o incapacità o persistente insufficiente rendimento “.
Questa Corte, con riguardo alla disciplina della dispensa del servizio di cui all’art. 512 cit. (Cass. n. 6742 del 2022), ha precisato la sussistenza di tre distinte fattispecie di risoluzione del rapporto che, seppure accomunate dall’essere tutte riconducibili al suddetto istituto, non sono sovrapponibili quanto alle cause che legittimano l’esercizio del potere da parte dell’amministrazione scolastica
L’inidoneità fisica, infatti, presuppone l’impossibilità, assoluta o relativa, allo svolgimento delle mansioni, derivante dalle condizioni di salute psico-fisica dell’impiegato, mentre l’incapacità didattica, che rende il docente non idoneo alla funzione, consiste nell’inettitudine assoluta e permanente a svolgere le mansioni inerenti l’insegnamento, inettitudine che deriva da deficienze obiettive, comportamentali, intellettive o culturali, che solo come conseguenza inducono prestazioni insoddisfacenti. Lo scarso rendimento, infine, si configura qualora quello stesso effetto venga prodotto, non da un’oggettiva assenza di capacità, bensì da insufficiente impegno o dalla violazione dei doveri di ufficio.
9.1 Dunque, la dispensa dal servizio di cui all’art. 512 del d.lgs. n.297 del 1994 ha una propria tipizzazione legale quanto alle fattispecie che vi danno corso.
Il persistente insufficiente rendimento nella prestazione lavorativa non solo determina un inadempimento di tale gravità da dare luogo alla dispensa dal servizio, ma assume una valenza oggettiva impeditiva ex lege dell’accesso agli impieghi pubblici.
9.2 Diversamente, il periodo di prova è diretto ad attuare un esperimento mediante il quale sia il datore di lavoro che il lavoratore possono verificare la reciproca convenienza del contratto, accertando il primo le capacità del lavoratore e quest’ultimo, a sua volta, valutando l’entità della prestazione richiestagli e le condizioni di svolgimento del rapporto (si v., Cass., n. 26669 del 2018), e il mancato superamento dello stesso esaurisce i suoi effetti nel recesso del datore di lavoro dal rapporto contrattuale cui accede.
9.3 Pertanto, erroneamente la Corte d’Appello ha fatto ricadere sul nuovo rapporto di lavoro instaurato tra il ricorrente e il MIUR gli effetti risolutori del mancato superamento del periodo di prova che già si erano consumati con riguardo al rapporto di lavoro nel cui veniva esperito.
10. All’accoglimento del quinto motivo di ricorso segue l’assorbimento del secondo, del quarto e del quinto motivo di ricorso.
Detti motivi prospettano sotto diversi profili le seguenti censure.
La Corte d’Appello avrebbe ritenuto operante, in contrasto con il dato normativo testuale, le previsioni del bando (del Concorso straordinario per la scuola primaria e dell’infanzia del 2018) e del contratto di assunzione (che nulla prevede a riguardo), un’interpretazione che estende illegittimamente l’efficacia temporale del requisito negativo di ammissione al concorso del “non essere stato (…) dispensato dal servizio per insufficiente persistente rendimento”.
Tale efficacia sarebbe stata protratta oltre il momento di presentazione della domanda di partecipazione al concorso e alla conclusione della procedura concorsuale (con la formazione ed approvazione della graduatoria), ed anche oltre l’accettazione della proposta di assunzione che formalizza la nascita del rapporto di lavoro con l’Amministrazione scolastica, in contrasto con le norme invocate.
La sentenza avrebbe quindi violato il tenore e la ratio di tali norme che configurano la mancata dispensa per insufficiente rendimento, come un requisito di ammissione ai concorsi, che deve pertanto esistere al momento di presentazione della domanda da parte del candidato e non è suscettibile di interpretazione estensiva enologica ai sensi di articoli 12 o 14 delle Preleggi.
Esso ricorrente al momento della presentazione della domanda di partecipazione al concorso, era in possesso di tutti i requisiti, prescritti dal bando e dalle norme che regolano l’accesso agli impieghi civili dello Stato.
11. La Corte accoglie il quinto motivo di ricorso, inammissibile il primo motivo, assorbiti il secondo, il terzo e il quarto motivo di Cassa la sentenza impugnata in relazione al quinto motivo di ricorso accolto e rinvia, anche per le spese del presente giudizio alla Corte d’Appello di Bologna in diversa composizione, che nel decidere la controversia si atterrà ai principi sopra esposti.
P.Q.M.
La Corte accoglie il quinto motivo di ricorso, inammissibile il primo motivo, assorbiti il secondo, il terzo e il quarto motivo di ricorso. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, alla Corte d’Appello di Bologna in diversa composizione.
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