Corte di Cassazione sentenza n. 22558 depositata il 19 luglio 2022
classamento – obbligo di motivazione
FATTI DELLA CAUSA
Con la sentenza indicata in epigrafe la Commissione Tributaria della Toscana rigettava l’appello proposto dai contribuenti avverso la decisione della Commissione Tributaria di Firenze – Sezione staccata di Livorno che aveva ad oggetto l’impugnazione dell’avviso di accertamento con il quale l’Agenzia delle Entrate elevava il valore catastale, e rideterminava la rendita proposta con procedura DOCFA, di un immobile di categoria D/8 destinato ad attività di campeggio.
La CTP aveva respinto il ricorso e la CTR confermato tale decisione perché i 129 bungalow, “per le loro caratteristiche costruttive (presenza di un impianto fognario, di bagni, di cucine) devono essere ritenuti beni immobili e che “la stima è stata effettuata con il procedimento del costo di riproduzione deprezzato, a mezzo di una generale riduzione dei valori unitari dichiarati dalla parte. Mentre l’incremento di valore rispetto a quello proposto dalla parte medesima è stato determinato tenendo anche conto delle spese tecniche, degli oneri di urbanizzazione, degli oneri finanziari nonché del profitto del promotore”.
Avverso la sentenza di appello, i suindicati contribuenti hanno proposto ricorso per cassazione, affidato a sei motivi, illustrati con memoria; l’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso.
Il ricorso è stato discusso in udienza pubblica a seguito di istanza.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo i ricorrenti deducono la nullità della sentenza, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., per aver omesso di pronunciarsi sul denunciato difetto di motivazione dell’avviso di accertamento.
Con il secondo motivo deducono, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 7, l. n. 212 del 2000 e 3, l. n. 241 del 1990, per aver erroneamente disatteso, sia pure implicitamente, il denunciato difetto di motivazione dell’avviso di accertamento.
Con il terzo motivo deducono l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., avendo l’Ufficio ingiustificatamente, oltre che immotivatamente, raddoppiato il valore e la rendita del campeggio, nonostante la consistenza dello stesso fosse rimasta sostanzialmente invariata a seç1uito dei minimi interventi eseguiti dai contribuenti e consistenti nella miglioria dei servizi igienici e nel rifacimento di alcune tettoie.
Con il quarto motivo deducono l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., per aver omesso di considerare che la operata rideterminazione della rendita catastale attraverso il c.d. costo di ricostruzione ed i costi rappresentati dal profitto del promotore, dagli oneri finanziari, dalle spese tecniche e dagli oneri di urbanizzazione, non dava conto delle modalità adottate per la loro quantificazione.
Con il quinto motivo deducono la erroneità della sentenza, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., per violazione e falsa applicazione degli artt. 27 e 29, d.p.r. n. 1142 del 1949, avuto riguardo al normale criterio di valutazione sintetico-comparativo applicabile e, in occasione di precedente accertamento, applicato dall’Ufficio.
Con il sesto motivo deducono la erroneità della sentenza, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., per violazione e falsa applicazione dell’art. 4. r. d. n. 652 del 1939, per aver considerato fabbricati le strutture mobili per lo più condotte in locazione finanziaria ed ubicate su alcune delle 550 piazzole costituenti la potenzialità massima della ricettività del campeggio.
La prima censura è inammissibile.
Con il vizio denunciato dai ricorrenti si lamenta una carenza di attività decisionale, da parte dei giudici di secondo grado, riconducibile alla fattispecie di cui al comma 1, n. 4, dell’art. 112 c.p.c., che non sussiste nel caso di specie avendo la sentenza impugnata dato atto della denunciata “genericità della motivazione in quanto venivano anche modificate le risultanze di un pregresso atto di classamento divenuto definitivo ed eseguito dall’ufficio stesso” e disatteso il profilo impugnatorio, sia pure implicitamente, avendo deciso la causa, con riferimento alle questioni concernenti i criteri applicati di merito, ben compresi dai contribuenti, respingendo tutte le loro doglianze (Cass. n. 29191/2017).
La seconda censura è infondata.
La Corte è ferma nel ritenere, in terna di classamento di immobili compresi nella categoria D, che l’obbligo di motivazione è osservato quando nel provvedimento siano indicati il capitale fondiario ed il saggio di redditività, poiché l’atto di classamento costituisce l’esito di un procedimento specificamente regolato dalla legge, che prevede la partecipazione del contribuente (Docfa) e che, per gli immobili appartenenti alla indicata categoria, trova il proprio presupposto in una stima diretta eseguita dall’Ufficio, in relazione alla quale viene espresso un giudizio sul valore economico di beni classati di natura eminentemente tecnica, stima che integra il presupposto ed il fondamento motivazionale dell’avviso di classamento (tra le altre, Cass. n. 19140/2021, n. 8236/2021, n. 32861/2019, n. 17971/2018, n. 15495/2013, n. 5404/2012).
Ne discende che, nel caso in esame, la CTR non avrebbe potuto rilevare il difetto di motivazione, essendo sufficiente, per l’adeguata motivazione dell’accertamento catastale, ai fini dell’apprestamento delle difese, l’indicazione del criterio applicato (“stima eseguita con il procedimento del costo di ricostruzione deprezzato, ai sensi della circolare n. 6 del 30.11.2012”) e dei dati di riferimento (riferimenti catastali e consistenze di chiesa, direzione e magazzini, servizi igienici ristorante, market, centro commerciale, strade, spazi di manovra, parcheggi, case “village” e mini villini), giacché i risultati valutativi sono da dimostrare in giudizio, a fronte dell1= eventuali contestazioni del contribuente.
La bontà intrinseca della motivazione, infatti, rileva non già a fini della legittimità, ma della attendibilità concreta del giudizio accennato, e non v’è dubbio che, come emerge dall’atto impugnato (trascritto per l’autosufficienza del ricorso), esso riporta gli elementi di fatto indicati dai contribuenti, non disattesi dall’Ufficio, visto che la differenza con la rendita proposta deriva, piuttosto, da una diversa metodologia valutativa del valore economico dei beni in merito alla quale la CTR, sia pur sinteticamente, ha argomentato (tra le altre, Cass. 11. 30166/2019, 31809/2018).
La terza, la quarta e la quinta censura, scrutinabili congiuntamente in quanto logicamente connesse ed incentrate tutte sulla illegittimità della maggiorazione della rendita catastale attribuita dall’Ufficio, sono infondate.
Il criterio estimativo scelto dall’Amministrazione finanziaria, sebbene difforme nei risultati da quello proposto dai contribuenti, è corretto in quanto la stima riguarda i beni costituenti il campeggio, non già beni non contemplati dalla procedura Docfa, e la valutazione è stata effettuata sulla scorta degli elementi in possesso dell’Ufficio, ritenuti idonei allo scopo perché, appunto, permettono di individuare le caratteristiche di ciascuna unità immobiliare oggetto cli classamento, così da tenere conto delle peculiarità del caso di specie ai fini del criterio estimale applicato, in conformità dei principi previsti dall’artt. 10 (Fabbricati per uso industriale o commerciale), r.d.l. n.652 del 1939, conv. in l. n. 1249 del 1939, 37, d.p.r. n. 917 del 1986.
La circolare n. 6 del 30/11/2012, richiamata nell’avviso di accertamento, afferma: ”Tale modo di procedere nasce dalla necessità di svincolare le operazioni di accertamento catastale da circostanze non ordinarie, assicurando, per la determinazione della rendita, criteri perequativi non condizionati dalla individuale capacità di gestione dell’immobile da parte del proprietario” il che vuol dire che per le categorie speciali (gruppo D), si deve appunto tenere conto della specifica caratterizzazione tipologica, costruttiva e dimensionale degli immobili (tale da non permetterne una utilizzazione diversa senza radicali trasformazioni), non risultando possibile fare riferimento al sistema delle tariffe.
La Corte ha chiarito che “In caso di classamento di immobili con destinazione speciale (opifici), l’attribuzione della rendita catastale realizzata in seguito alla cd. procedura Docfa è determinata, ex artt. 10, r.d.l. n. 652 del 1939, conv. in l. n. 1249 del 1939 e 39, d.p.r. n. 1142 del 1949 (Regolamento per la formazione del nuovo catasto edilizio urbano), con stima diretta per ogni singola unità e può avvenire tanto con procedimento diretto, ossia partendo dal reddito lordo ordinariamente ritraibile e detraendo le spese e le eventuali perdite, quanto con procedimento indiretto, ossia attraverso un calcolo fondato sul valore del capitale fondiario, costituito dal valore di mercato dell’immobile ovvero dal costo di ricostruzione, tenenclo conto, in tale ultimo caso, del deprezzamento delle unità in ragione del loro stato attuale, del livello di obsolescenza e del ciclo di vita tecnico-funzionale.” (Cass. n. 7854/2020).
Ed allora, sulla base di tali principi, era onere dei contribuenti quello di confutare l’avviso attributivo di rendita in questione perché emesso in assenza di elementi di stima diretta e mirata sulle caratteristiche dei singoli beni componenti il campeggio, senonché, su quest’ultimo aspetto, sono i giudici di me,·ito a rilevare che, nell’ambito del “procedimento del costo di riproduzione deprezzato” utilizzato, le valutazioni estimative eseguite dall’Ufficio “a mezzo di una generale riduzione dei valori unitari dichiarati dalla parte” e: determinando “l’incremento di valore rispetto a quello proposto dalla parte medesima (…) tenendo anche conto delle spese tecniche, degli oneri di urbanizzazione, degli oneri finanziari nonché del profitto del promotore”, sono corrette e resistono alle critiche degli allora appellanti.
E’ appena il caso di ricordare che l’esito del procedimento di classamento è di tipo accertativo e mira solo a fornire chiarezza sul valore economico del bene, attraverso il sistema del catasto, in vista di una congrua tassazione secondo le diverse leggi d’imposta, sicché l’Ufficio può sempre intervenire a rettificare la rendita proposta dal contribuente, così come quest’ultimo può eventualmente correggere i propri errori od omissioni o sollecitare un adeguamento dell’esatto valore secondo il reddito effettivamente retraibile, avendo la rendita catastale efficacia nel tempo illimitata ma giammai immodificabile (tra le altre, Cass. n. 34001/2019 e n. 300172015).
Ebbene, alla luce del nuovo testo del n. 5) dell’art. 360 c.p.c., non può sfuggire che le doglianze dei contribuenti si risolvono in una inammissibile quanto generica istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento dei giudici di merito circa la corretta rideterminazione del valore delle aree e delle strutture proprie dell’attività ricettiva e di soggiorno, nonché di quelle a servizio delle prime, sulla base delle loro caratteristiche oggettive (Cass. n. 34000/2019).
I ricorrenti si dolgono, infine, del fatto che, nella determinazione della rendita, l’Ufficio abbia considerato anche le “strutture mobili” presenti su alcune delle piazzole, costituenti la parte “village” del campeggio.
Va premesso che, ai sensi dell’art. 4, r. d. n. 652 del 1939, “si considerano come immobili urbani, i fabbricati e le costruzioni stabili di qualunque materiale costruite, diverse dai fabbricati rurali. Sono considerati come costruzioni stabili anche gli edifici sospesi o galleggianti stabilmente assicurati al suolo”.
Secondo la disposizione richiamata, in termini generali, la stabile collocazione di una struttura determina un’alterazione del territorio, che non può ritenersi né precaria né transitoria (Cass. n. 17017/2020, n. 4426/2020) ed i contribuenti non hanno contestato le caratteristiche costruttive dei bungalow in questione che, per quanto motivatamente accertato dai giudici di merito, “devono essere ritenuti beni immobili”, per cui si deve desumere, in base dei principi sopra espressi, che le predette “strutture mobili” abbiano assunto una funzione stabile nel tempo, sicché la loro utilità prolungata e specifica finalità, esclude inequivocabilmente le asserite caratteristiche di provvisorietà e precarietà.
Le censure tese all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, come già ricordato, sono certamente estranee alla natura ed ai fini del giudizio di cassazione.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte, rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidare in euro 3.500,00, oltre rimborso spese prenotate a debito.
Si dà atto, ai sensi del d.P.R. n. 115 del 2002, art.. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1- bis.
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