Corte di Cassazione sentenza n. 22680 depositata il 20 luglio 2022
processo tributario – atto di appello – motivi di impugnazione
FATTI DI CAUSA
1. Con sentenza n. 340/34/12 dell’lJl.0.2012, la C.T.R. della Regione Siciliana, sez. st. di Catania, dichiarò inammissibile l’impugnazione proposta da T.A. avverso la sentenza n. 322/1/09 con cui la C.T.P. di Ragusa.,. previa riunione, aveva a sua volta rigettato i ricorsi proposti dal medesimo contribuente avverso l’avviso di accertamento e la conseguente cartella di pagamento notificatigli dall’AGENZIA DELLE ENTRATE per riprese connesse a rettifica del reddito dichiarato.
2. La C.T.R., nel dichiarare il gravame inammissibile – per quanto in questa sede ancora rileva – evidenziò come l’appellante ebbe a riproporre “in modo acritico gli stessi motivi oggetto di ricorso, senza indicare e specificare i motivi di appello. Non vengono assolutamente indicati i motivi di censura su cui si baserebbe l’appello”.
3. Avverso la decisione della C.T.R. il TIDONA ha quindi proposto ricorso per cassazione, affidato ad undici motivi; si è costituita, ai soli fini della partecipazione alla eventuale discussione in pubblica udienza, l’AGENZIA DELLE ENTRATE.
4. La causa è stata quindi calendarizzata per l’odierna udienza pubblica, fissata – in assenza di richiesta di trattazione in presenza – in modalità non partecipata ex art. 23, comma 8-bis del d.l. n. 137 del 2020, in prossimità della quale la Procura Generale ha depositato le proprie conclusioni scritte.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo parte ricorrente lamenta (in relazione all’art. 360, comma 1, 3, cod. proc. civ.) la violazione e falsa applicazione dell’art. 53, comma 1, del d.lgs. n. 546 del 1992, per avere la C.T.R: erroneamente dichiarato il gravame inammissibile per difetto di specificità dei motivi, per essere l’atto di appello “ampiamente e specificamente motivato con indicazione dei singoli motivi di gravame” (cfr. ricorso, p. 3, penultimo cpv.).
1.1 Il motivo – il quale disvela un error in procedendo, ex 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ. – è inammissibile.
1.2 È ormai consolidato nella giurisprudenza di questa Corte il principio per cui gli artt. 342 e 434 proc. civ., nel testo formulato dal ci.l. n. 83 del 2012, conv. con modif. dalla l. n. 134 del 2012, come – per quanto in questa sede interessa; l’art. 53 del d.lgs. n. 546 del 1992, vanno interpretati nel senso che l’impugnazione deve contenere, a pena di inammissibilità, una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte clal primo giudice, senza che occorra l’utilizzo di particolari forme sacramentali o la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado, tenuto conto della permanente natura di revisio prioris instantiae del giudizio di appello, il quale mantiene la sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata (Cass.j. Sez. U, 16.11.2017, n. 27199, Rv. 645991-01).
1.3 Sennonché, ove il ricorrente censuri – come nella specie – la statuizione di inammissibilità, per difetto di specificità, dei motivi di appello, egli ha l’onere di precisare, nel ricorso, le ragioni per cui ritiene erronea tale statuizione e sufficientemente specifici, invece, motivi di gravame sottoposti al giudice d’appello, riportandone il contenuto nella misura necessaria ad evidenziarne la pretesa specificità, non potendo limitarsi a rinviare all’atto di appello; ed infatti, l’esercizio del potere di diretto esame degli atti del giudizio di merito, riconosciuto al giudice di legittimità, ove sia denunciato un errar in procedendo, presuppone in ogni caso l’ammissibilità del motivo di censura, onde il ricorrente non è dispensato dall’onere di specificare il contenuto della critica mossa alla sentenza impugnata, indicando anche puntualmente i fatti processuali alla base dell’errore denunciato, dovendo tale specificazione essere contenuta, a pena d’inammissibilità, nello stesso ricorso per cassazione, per il principio di autosufficienza di esso (arg. da , Sez. 1, 6.9.2021, n. 24048, Rv. 662388-01).
1.4 Il principio è stato anche recentemente affermato da questa Corte con riferimento alle ricadute, sul giudizio di legittimità, delle indicazioni fornite dalla sentenza CIEDU del 28 ottobre 2021 (causa Succi ed altri e/Italia): la deduzione della questione dell’inammissibilità dell’appello, a norma dell’art. 342 cod. proc. civ. (nella specie in esame, dell’art. 53 del d.lgs. n. 546 del 1992), integrante errar in procedendo, che legittima l’esercizio, ad opera del giudice di legittimità, del potere di diretto esame degli atti del giudizio di merito, presuppone pur sempre l’ammissibilità del motivo di censura, avuto riguardo al principio di specificità di cui all’art. 366, comma 1, n. 4 e n, 6, c.p.c., che deve essere modulato, in conformità alle indicazioni della richiamata pronunzia, secondo criteri di sinteticità e chiarezza, realizzati dalla trascrizione essenziale degli atti e dei documenti per la parte d’interesse, in modo da contemperare il fine legittimo di semplificare l’attività del giudice di legittimità e garantire al tempo stesso la certezza del diritto e la corretta amministrazione della giustizia, salvaguardando la funzione nomofilattica della Corte ed il diritto di accesso della parte ad un organo giudiziario in misura tale da non inciderne la stessa sostanza (Cass., Sez. L, 4.2.2022, n. 3612, Rv. 663837-01).
1.5 Tali principi non risultano smentiti, invero, da C:ass., Sez. 5, 20.12.2018, n. 32954, Rv. 652142-01) per cui nel processo tributario la riproposizione a supporto dell’appello delle ragioni inizialmente poste a fondamento dell’impugnazione del provvedimento impositivo (per il contribuente) ovvero della dedotta legittimità dell’accertamento (per l’Amministrazione finanziaria), in contrapposizione alle argomentazioni adottate dal giudice di primo grado, assolve l’onere di impugnazione specifica imposto dall’art. 53 del lgs. n. 546 del 1992, quando il dissenso investa la decisione nella sua interezza e, comunque, ove dall’atto di gravame, interpretato nel suo complesso, le ragioni di censura siano ricavabili, seppur per implicito, in termini inequivoci: (a) in tanto, perché il principio si pone “a valle” della questione preliminare di ammissibilità del motivo di ricorso per cassazione; (b) quindi, giacché, in quel caso (cfr. p. 4 della motivazione1, penultimo cpv., sub § 3.2), l’atto di appello fu integralmente trascritto, ai fini dell’autosufficienza della censura.
1.6 Tanto premesso, il motivo – come puntualmente osservato dal P.G. – è carente di specificità ex art. 366, comma 1, 6, cod. proc. civ. per essersi la difesa del ricorrente limitata ad una mera elencazione (cfr. p. 3 del ricorso) delle doglianze proposte con l’atto di appello (sinteticamente indicate con la sola rubrica del motivo), senza tuttavia trascrivere né chiarire come le stesse siano state veicolate, in concreto, alla C.T.R.: per quanto detto, la mancata trascrizione, in ricorso, dei motivi di appello sottoposti al vaglio della C.T.R. ovvero, quantomeno, dei termini essenziali con cui gli stessi furono proposti al vaglio dei giudici di appello preclude, già in astratto, qualsivoglia delibazione al riguardo.
2. Con il secondo motivo parte ricorrente lamenta (in relazione all’art. 360, comma 1, 4, cod. proc. civ.) la violazione e falsa applicazione del principio del contraddittorio, per avere la C.T.R. “dichiarato [l’inammissibilità dell’appello] motu proprio senza dare alle parti alcuna possibilità< di esprimere il proprio pensiero e difesa” (cfr. ricorso, p. 5, cpv.).
2.1 Il motivo è infondato.
2.2 Ed infatti, l’obbligo del giudice di stimolare il contraddittorio sulle questioni rilevate d’ufficio, stabilito dall’art. 101, comma 2, cod. proc. civ., non riguarda le questioni – quale quella in esame, concernente il rispetto del dettato dell’art. 53 del d.lgs. n. 546 del 1992 – di diritto ma quelle di fatto, ovvero miste di fatto e di diritto, che richiedono non una diversa valutazione del materiale probatorio bensì prove dal contenuto diverso rispetto a quelle chieste dalle parti ovvero un’attività assertiva in punto di fatto e non già solo mere difese (Cass., Sez. 2, 19.1.2022, n. 1617, Rv. 663636-01).
3. In conseguenza del rigetto dei primi due motivi, resta assorbito l’esame delle restanti censure svolte con il ricorso.
4. Il ricorso va, pertanto rigettato. Nulla va disposto in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità, da un lato essendosi l’AGENZIA DELLE ENTRATE costituita ai soli fini dell’eventuale partecipazione alla discussione orale e, dall’altro, essendo la RISCOSSIONE SICILIA P.A. (GIÀ SERIT SICILIA S.P.A) rimasta intimata, senza svolgimento di attività difensiva alcuna.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Nulla in ordine alle spese del giudizio di legittimità.
Dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente T.A., in proprio e nella qualità di erede di MARIA BERTONE, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, se dovuto.
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