Corte di Cassazione sentenza n. 22810 depositata il 20 luglio 2022
vizio di omessa pronuncia – per gli atti impositivi la notificazione non è un requisito di giuridica esistenza, ma una condizione integrativa d’efficacia – motivazione apparente
FATTI DI CAUSA
1. La C. A.G. – società attiva nel commercio internazionali di minerali estrativi proponeva appello innanzi alla C.t.r. della Lombardia avverso la sentenza nr. 63/36/13, emessa dalla C.t.p. di Milano, depositata in data 19/02/2013 con la quale veniva accolto parzialmente il ricorso della società C.A.G. avverso l’avviso di accertamento nr. T9B03GA00358/2012, avente ad oggetto maggiori imposte IRES ed IRAP, interessi e sanzioni riferiti all’anno d’imposta 2007 (con rideterminazione del reddito prodotto in € 660.506,00, pari al 2% di quello precedentemente contestato); l’Agenzia delle Entrate proponeva appello incidentale.
La società C. A.G. si doleva che l’accertamento fosse basato su un PVC redatto dalla Guardia di Finanza di Milano per il periodo 2004 – 2008 che affermava la sussistenza di una stabile organizzazione in Italia costituita dalla medesima C.A.G. presso la S.G.S. s.r.l., con sede in Milano, via Santa Redegonda, n. 16; pertanto, contestava la asserita stabile organizzazione in Italia e il fatto che, d’ufficio, su richiesta della Guardia di Finanza, le fosse stato attribuito un numero di partita IVA.
Pure, si è rilevato come le comunicazioni alla società svizzera fossero pervenute via fax, in maniera irrituale e contra legem con conseguente nullità degli atti conseguenti.
Quanto all’avviso di accertamento oggetto dell’impugnazione, veniva indicato come lo stesso era stato notificato in data 22/02/20212 in Milano, ivi ritenuta esistente la stabile organizzazione, e con tale atto veniva accertata una maggiore imposta IRES per € 9.983.627,00 ed una maggiore imposta IRAP per € 1.285.770,00; veniva emessa una sanzione pecuniaria unica di € 27.046.552, 80; si doleva, quindi, anche del calcolo della base imponibile e della incongruità delle sanzioni.
L’Ufficio si costituiva in giudizio, proponendo appello incidentale e rilevando come avesse provveduto a notificare l’atto a norma dell’art. 60, primo comma, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, mediante affissione alla casa comunale e come, successivamente, avvalendosi del potere di autotutela sostitutiva, avesse provveduto all’annullamento degli atti emessi in precedenza, provvedendo alla notifica in Svizzera di nuovi atti impositivi.
L’Amministrazione finanziaria rappresentava che la Guardia di Finanza aveva rinvenuto, a seguito di accesso presso gli uffici della S.G.S. s.r.l., documentazione contabile ed extracontabile inerente alla società C. A.G. nonché confermava la legittimità dell’accertamento di una stabile organizzazione personale, conformemente a quanto sancito dall’art.5 della Convenzione O.C.S.E.; pure, lamentava che il giudice di primo grado aveva erroneamente ritenuto di valutare l’imponibile in misura pari alla commissione che la società avrebbe incassato sulla base del contratto di commissione intercorrente con M.M. Corporation (MMCZ, sedente nello Zimbabwe), pari al 2% dei corrispettivi incassati, anziché sul totale degli stessi, come invece aveva calcolato l’Amministrazione finanziaria in base al disposto dell’art.109 d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917.
2. La C.t.r., disposta la riunione dei procedimenti nr. RGA 5093/13 e 5106/13 – per connessione oggettiva e soggettiva, essendo entrambi promossi al fine della censura della medesima sentenza del giudice di prime cure – respingeva sia l’appello della contribuente che quello della Agenzia delle Entrate così confermando la sentenza della C.t.p. di Milano. Nel merito confermava la sentenza di primo grado nella parte in cui riteneva che l’imponibile dovesse essere quantificato in misura pari alla commissione che la società avrebbe incassato sulla base del contratto di commissione in essere nella misura pari al 2% dei corrispettivi incassati, anziché sul totale degli stessi, in base al disposto dell’art.109 d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917.
3. Sia la contribuente che l’Agenzia delle Entrate hanno proposto ricorso avverso la sentenza della C.t.r., la contribuente sulla scorta di sette motivi e l’Agenzia delle Entrate sulla scorta di due motivi. La C.e si è costituita con controricorso avverso il ricorso della l’Agenzia delle Entrate, proponendo ricorso incidentale.
4. Il ricorso è stato avviato alla trattazione nella pubblica udienza del giorno 08 aprile 2022, nelle forme di cui all’art.23, comma 8 bis del d.l. 28.10.2020, convertito, con mod. dalla legge 18 dicembre 2020 n.176.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.1. Con il primo motivo di ricorso, rubricato «Violazione e falsa applicazione dell’art.109, quarto comma, d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 e dell’art. 32, quarto e quinto comma, d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600, nonché dell’art. 2697 cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ.», l’Agenzia delle Entrate si lamenta che la sentenza d’appello ha limitato il reddito imponibile della società all’importo delle provvigioni determinate in base al contratto di commissione (2%), sulla mera base della produzione di quest’ultimo, peraltro effettuata per la prima volta nel giudizio di primo grado.
Sottolinea l’Agenzia come nel verbale d’accertamento si fosse dato atto della mancata produzione di documentazione contabile ed in particolare del bilancio e della dichiarazione dei redditi, per cui, mancando un conto economico, non si poteva non tassare sulla base dei ricavi rilevati, non potendosi in tal caso dedurre i costi come stabilito dall’art.109, quarto comma, d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917. Sviluppa, poi, la ricorrente la questione dell’inutilizzabilità delle produzioni effettuate in corso di giudizio dalla controparte, ai sensi dell’art. 32 d.P.R. n.600 del 1973, in quanto non esibiti e trasmessi in risposta agli inviti dell’ufficio nella fase amministrativa, con particolare riguardo al contratto di commissione, nonché la deduzione degli indici da cui si ricaverebbe la stabile organizzazione in Italia; considerazioni che l’Agenzia deduceva di aver già proposto in appello.
La ricorrente principale si doleva che, a fronte di ciò, la C.t.r. avesse attribuito valore decisivo proprio al contratto di commissione prodotto solo in giudizio dalla C. e intercorrente fra essa e MMCZ, per ricavarne la soggezione ad imposta della sola commissione ad essa spettante in base al suddetto contratto. Sotto questo profilo, il giudice d’appello avrebbe violato sia l’art.109, quarto comma, d.P.R. n. 917 del 1986, sia l’art. 2697 cod. civ., posto che l’onere della prova circa i costi da dedursi gravava sul contribuente – ma questi si era limitato a produrre (tardivamente) solo il contratto – sia infine l’art. 32 del d.P.R. 29 settembre n. 600 del 1973, perché aveva comunque valorizzato un documento prodotto per la prima volta solo in giudizio.
1.2 Con il secondo motivo di ricorso, rubricato «Violazione e falsa applicazione dell’art. 36, comma 2, n.4, d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, in relazione all’art. 360, primo comma, n.4 c.p.c. (omissione di motivazione)», l’Agenzia delle entrate lamenta che, nella sentenza impugnata, si omette la motivazione su un punto controverso, costituito dall’avere o meno la C. trattenuto la sola percentuale del 2 %, posto che il generico rinvio a risultanze degli atti di causa non consente di comprendere se e come il secondo giudice abbia valutato gli elementi addotti dalle parti sul punto. Tale omissione risulterebbe confermata dall’avere la C.t.r. negato la deduzione dal corrispettivo della C. delle presunte commissioni corrisposte a sua volta da questa alla M. S.A., pari all’uno e mezzo per cento, giustificando tale esclusione col fatto che si trattava di elementi non documentati in sede di accertamento.
2.1 Passando ad illustrare i motivi di ricorso della C.e A.G., con il primo motivo di ricorso, rubricato «Nullità della sentenza per violazione degli artt. 112 e 115 cod. proc. civ. in relazione al 4, primo comma, dell’art.360 cod. proc. civ. e all’art. 62 d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546» la contribuente si duole che la C.t.r. ha omesso di pronunziarsi sul primo motivo di appello incidentale. Con esso la società C. aveva eccepito l’illegittimità dell’avviso di accertamento per violazione del proprio diritto alla difesa, evidenziando che l’invio a mezzo fax delle relative comunicazioni istruttorie da parte della Guardia di Finanza non era consentito dal «diritto sovrano svizzero” e dal “diritto internazionale pubblico», quest’ultimo asseritamente violato laddove proprio il mancato rispetto dei principi del diritto svizzero in tema di notifica avrebbe determinato la violazione della sovranità dello stato estero, la cui normativa avrebbe attribuito effetto alle sole notificazioni effettuate per via diplomatica o consolare. Afferma, inoltre, la C. che l’accoglimento del motivo doveva discendere comunque dalla mancata contestazione del motivo da parte dell’Agenzia appellante principale.
2.2 Con il secondo motivo di ricorso, rubricato «Nullità della sentenza per violazione degli artt. 112 e 115 cod. proc. civ. in relazione al 4, primo comma, dell’art.360 cod. proc. civ. e all’art. 62 d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546», la C. A.G. propone identica questione in relazione alla notificazione dell’avviso di accertamento, effettuata tramite il servizio postale pur in assenza di accordo con lo Stato di destinazione, e nella ritenuta inapplicabilità del Reg. CE n. 1348 del 29/05/2000 (per la non appartenenza della Svizzera alla UE) o della Convenzione di Strasburgo del 24/11/1997 sulla notificazione all’estero dei documenti in materia amministrativa, alla quale la Svizzera non ha aderito. Anche su tale specifica questione viene denunciata l’omessa motivazione e l’assenza di contestazione da parte dell’Agenzia circa il motivo spiegato nel ricorso incidentale d’appello.
2.3 Con il terzo motivo di ricorso, rubricato «Nullità della sentenza per violazione dell’art. 36 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 e dell’art. 132 cod. proc. civ. in relazione al n. 4, primo comma, dell’art. 360 cod. proc. civ. e dell’art. 62 d.lgs. n. 546 del 1992», proposto in via subordinata, è dedotta la nullità della sentenza per difetto di motivazione, ritenendosi che, ove mai si ritenesse che implicitamente la C.t.r. aveva pur inteso respingere l’appello incidentale, la sentenza doveva considerarsi nulla per assenza di motivazione sul punto, essendosi la stessa C.t.r. limitata ad osservare che l’atto originariamente impugnato era stato correttamente notificato, pur dovendosi, in realtà, ritenere riferita tale proposizione alla questione della tempestività della notificazione rispetto al termine di cui all’art. 43 d.P.R. n. 600 del 1973, oggetto della sentenza di primo grado.
2.4 Con il quarto motivo di ricorso, rubricato «Nullità della sentenza per omessa motivazione in violazione dell’art. 36 d.lgs. 31 dicembre 1992, 546 e dell’art. 115 cod. proc. civ. in relazione al n. 4 e al n. 5, primo comma, dell’art. 360 cod. proc. civ.», la C. A.G. lamenta l’error in procedendo e l’omessa motivazione nella sentenza impugnata sulla critica – proposta innanzi al Giudice di appello – in ordine alla (non) esistenza di una stabile organizzazione in Italia così come ipotizzato dall’Ufficio accertatore, avendo essa condiviso in modo apodittico le allegazioni svolte sul punto dall’Amministrazione finanziaria. Tanto, nonostante la ricorrente incidentale C. avesse provato di essere mandataria in base a contratto di commissione di MMCZ, dalla quale percepiva una percentuale pari al 2 %, e di aver a sua volta nominato quale subagente in Italia la M., società di diritto lussemburghese, alla quale venivano pagate le relative provvigioni come dimostrato dalla relativa documentazione bancaria prodotta in primo grado.
2.5 Con il quinto motivo di ricorso, rubricato «Nullità della sentenza per violazione dell’art. 109, quarto comma, lett. b) ultima parte del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3», lamenta l’error in udicando per avere la C.t.r. lombarda respinto la richiesta di riconoscimento dei costi per le provvigioni passive pagate alla M. (società lussemburghese sub-agente di C. A.G.). In sostanza, pur nella creduta sussistenza di una stabile organizzazione in Italia, C. aveva dedotto in entrambi i gradi di giudizio l’erronea determinazione del proprio reddito, che doveva essere determinato nello 0,5%, al netto, quindi, della commissione riconosciuta a M..
La C.t.r. avrebbe dunque errato nel non ammettere in deduzione i costi da lei sostenuti a titolo di corrispettivo in favore della subagente, trattandosi di spese che emergevano in modo preciso dal contratto di subagenzia
2.6 Con il sesto motivo di ricorso, rubricato «Nullità della sentenza per motivazione contraddittoria o omessa in violazione dell’art. 36 del lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 e dell’art. 115 cod. proc. civ. in relazione all’art. 360, primo comma n. 4 cod. proc. civ. e dell’art. 62 d.lgs. n. 546 del 1992», ripropone la censura relativa alla reiezione della richiesta di riconoscimento dei costi per le provvigioni passive pagate alla M. (società lussemburghese sub-agente di C. A.G.) ma sotto il profilo dell’error in procedendo e della contraddittorietà della motivazione laddove nel provvedimento impugnato si asserisce che i costi non sarebbero stati documentati in sede di accertamento.
2.7 Con il settimo motivo di ricorso, rubricato «Nullità della sentenza per violazione degli artt. 112 e 115 cod. proc. civ. in relazione all’art. 360, primo comma, 4, ed all’art. 62 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546», lamenta l’omesso esame della questione afferente all’illegittimità delle sanzioni, applicate nella misura massima.
3. Tanto premesso, in base al principio declinato nell’art. 276, secondo comma, cod. proc. civ. va anteposto l’esame dei motivi proposti dalla ricorrente incidentale, in quanto involgono la stessa sussistenza del rapporto tributario gravante sulla medesima, laddove i motivi proposti dalla ricorrente principale lo presuppongono.
4. Il primo motivo di ricorso proposto dalla contribuente è infondato oltre che inammissibile.
Deve escludersi, innanzitutto, la sussistenza del vizio di omessa pronuncia, dal momento che, come ritenuto da questa Corte, «Non ricorre il vizio di mancata pronuncia su una eccezione di merito sollevata in appello qualora essa, anche se non espressamente esaminata, risulti incompatibile con la statuizione di accoglimento della pretesa dell’attore, deponendo per l’implicita pronunzia di rigetto dell’eccezione medesima, sicché il relativo mancato esame può farsi valere non già quale omessa pronunzia, e, dunque, violazione di una norma sul procedimento (art. 112 cod. proc. civ.), bensì come violazione di legge e difetto di motivazione, in modo da portare il controllo di legittimità sulla conformità a legge della decisione implicita e sulla decisività del punto non preso in considerazione» (Cass. 06/11/2020, n.24953).
Sotto questo profilo, sebbene implicitamente, la decisione della C.t.r. ha rigettato l’eccezione in discorso non reputando violato il diritto alla difesa ed entrando nel merito.
Va, peraltro, riconosciuto come nello sviluppo del motivo è censurata la decisione sotto il profilo della violazione di norme, ed in particolare delle norme svizzere e del diritto internazionale, per cui seguendo il solco delle decisioni di questa Corte in ordine all’ipotesi di ritenuto rigetto implicito, può essere esaminato il profilo dell’eventuale violazione di legge ai sensi dell’art.360, primo comma, n.3, cod. proc. civ.
In proposito, può ricordarsi come questa Corte abbia già stabilito che l’erronea intitolazione del motivo di ricorso per cassazione non osta alla sua riqualificazione e sussunzione in altre fattispecie di cui all’art.360 cod. proc. civ, se dall’articolazione del motivo sia chiaramente individuabile il tipo di vizio denunziato (Cass. 27/10/2017, n.25557).
Ed è sotto tale profilo che il motivo si appalesa inammissibile.
Esso è senz’altro affetto da genericità riferendosi a non meglio precisate «comunicazioni via fax» notificate in violazione «del diritto internazionale e del diritto sovrano svizzero», null’altro precisando in relazione al contenuto di tali comunicazioni e alle norme asseritamente violate, laddove era senz’altro imposta la puntuale indicazione dei precetti asseritamente disattesi.
In particolare, si deduce come il diritto svizzero imporrebbe la notifica solo per via consolare, ma manca l’indicazione specifica delle norme di diritto violate, sostituita da indicazioni incontrollabili affidate ad acronimi, decisioni di autorità giudiziarie senza indicazioni di fonte e pareri di autorità probabilmente amministrative. Elementi questi che non consentono di individuare contenuto e fonte delle norme asseritamente violate.
5. Il secondo motivo del ricorso incidentale è in parte inammissibile.
Con esso, si allude alla violazione della portata sia del regolamento CE n. 1348/2000 (reputato inapplicabile alle notifiche in Svizzera, paese non facente parte dell’Unione Europea), che di varie convenzioni internazionali (Convenzione europea STCE n. 094 di Strasburgo del 24 novembre 1997, Convenzione dell’Aja 1 marzo 1954). Si tratta però di profili mai denunciati nei precedenti gradi di giudizio.
Il motivo poi è manifestamente infondato laddove deduce l’inapplicabilità del principio della sanatoria per raggiungimento dello scopo ai sensi dell’art. 156 cod. proc. civ., come invece osservato dal giudice di primo grado. Infatti, per un costante orientamento di questa Corte la proposizione del ricorso del contribuente che si difende nel merito, come nella specie, sana l’eventuale nullità della notifica dell’atto opposto (avviso o cartella). La natura amministrativa e non processuale degli atti impositivi, quale l’avviso di accertamento, non osta che ad essi sia applicabile il regime di sanatoria della nullità della notificazione per raggiungimento dello scopo dell’atto, previsto per gli atti processuali dagli artt. 156 e 160 cod. proc. civ., considerato anche l’espresso richiamo alle norme sulle notificazioni dettate dal Codice di procedura civile contenuto nell’art. 60 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (Cass. 12/07/2017, n. 17198, Cass. 21/09/2016, n. 18480, Cass. 31/01/2011, n. 2272).
Inoltre, in tema di atti impositivi la notificazione non è un requisito di giuridica esistenza, ma una condizione integrativa d’efficacia, sicché la sua inesistenza o invalidità non determina in via automatica l’inesistenza dell’atto, quando ne risulti inconfutabilmente la piena conoscenza da parte del contribuente entro il termine di decadenza concesso per l’esercizio del potere all’Amministrazione finanziaria (Cass. 24/08/2018, n. 21071), questione che nel caso di specie non è stata dedotta, e l’avvenuta proposizione del ricorso costituisce inequivoca prova della avvenuta conoscenza dell’atto.
Altrettanto inammissibili sono poi entrambi i motivi laddove tendono a ritenere non contestata la violazione denunciata ai sensi dell’art.115 cod. proc. civ., dal momento che i motivi di appello dell’Agenzia erano limitati alla questione inerente all’applicabilità del raddoppio dei termini previsti dall’art.43, d.P.R. n.600 del 1973. Anzitutto il principio di non contestazione esime la parte che allega determinati fatti dalla relativa prova ove appunto la controparte non li abbia specificamente contestati, mentre nella specie si tratta di un motivo di appello basato sulla ritenuta applicabilità di una determinata (o meglio nella specie indeterminata) disciplina (straniera o internazionale). Inoltre, appare evidente come la linea difensiva dell’Agenzia, in sede di appello, sia stata logicamente inconciliabile con il riconoscimento di tali violazioni.
6. Il terzo motivo è inammissibile; esso, spiegato in subordine rispetto al mancato accoglimento dei precedenti, fonda sul presupposto erroneo che la sentenza nell’uso dell’espressione «correttamente notificati» si riferisse ad un ipotetico rigetto delle ragioni spiegate in ordine alla notifica degli atti sopra indicati, laddove invece è evidente che la stessa espressione si riferiva proprio alla questione del raddoppio dei termini, nell’ambito del cui ragionamento è contestualizzata.
7. Il quarto motivo di ricorso proposto dalla contribuente è Invero, in relazione alla doglianza afferente alla addebitata esterovestizione, la C.t.r. lombarda si limita ad affermare apoditticamente che «la difesa come la Guardia di Finanzia avesse ritenuto sussistente una stabile organizzazione in Italia della C., presso la sede della S.G.S. srl a partire dal 2004». Va qui ricordato che per le Sezioni unite di questa Corte la motivazione è solo apparente – e la sentenza è nulla perché affetta da error in procedendo – allorquando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguìto dal giudice per la formazione del proprio convincimento, cioè tali da lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass. Sez. U. 19/12/2016 n. 26127, Cass. 14/12/2018, n. 32347).
Effettivamente, sui precipui punti in esame, la motivazione della sentenza di appello si profila insufficiente e trascura del tutto i rilievi fattuali avanzati nel giudizio di merito e riprodotti in ricorso per cui il percorso argomentativo finalizzato all’accertamento della questione dedotta in lite è rimasto assolutamente inespresso con conseguente impossibilità di controllare la coerenza logica del ragionamento.
Nella sentenza impugnata, il giudice d’appello non rende affatto percepibili le ragioni della sua decisione limitandosi ad affermare in maniera assiomatica il suo giudizio finale senza indicare i dati rilevanti ai fini probatori, né i mezzi di prova valutati come rilevanti ai fini del giudizio, né illustrare la valutazione delle risultanze di prova. Tale contenuto decisorio è assolutamente inidoneo a far riconoscere l’iter logico seguito per la formazione del suo convincimento e, pertanto, non consente alcun controllo sul ragionamento del collegio giudicante.
In altri termini, il giudice d’appello non può limitarsi ad enunciare il giudizio nel quale consiste la sua valutazione, perché questo è il solo contenuto «statico» della decisione, ma deve anche descrivere il processo cognitivo attraverso il quale è passato dalla sua situazione di iniziale ignoranza dei fatti alla situazione finale costituita dal giudizio, che rappresenta il necessario contenuto «dinamico» della decisione stessa.
Né può essere lasciato all’autonomo opinare del giudice di legittimità il compito d’ipotizzare, in via congetturale, le più varie giustificazioni – teoricamente prospettabili – della decisione adottata.
8. Dall’accoglimento del motivo appena illustrato discende l’assorbimento dei restanti motivi di ricorso proposti dalla contribuente – e cioè quelli afferenti la richiesta di riconoscimento dei costi per le provvigioni passive pagate alla M. e l’omessa pronuncia sull’applicazione delle sanzioni – nonché di quelli prospettati dall’Agenzia delle Entrate nel proprio ricorso e relativi a come il reddito fosse stato computato ossia tenendo conto del contratto di commissione esistente con la MMCZ (società operante nello Stato dello Zimbabwe preposta alla commercializzazione dei minerali estratti in quel territorio) così dando valore – non all’intero fatturato ma – al 2% quale, appunto, la percentuale pattuita di commissione.
In conclusione, vanno rigettati il primo, il secondo ed il terzo motivo di ricorso incidentale, mentre va accolto il quarto motivo; vanno dichiarati assorbiti i due motivi del ricorso principale nonché i restanti motivi di ricorso incidentale; indi, va cassata la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti, con rinvio alla C.t.r. della Lombardia perché proceda, in diversa composizione, a nuovo e motivato esame nonché alla determinazione delle spese anche del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte rigetta il primo, il secondo ed il terzo motivo di ricorso incidentale mentre accoglie il quarto motivo; dichiara assorbiti i due motivi del ricorso principale nonché i restanti tre motivi di ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti, con rinvio alla Commissione tributaria regionale della Lombardia perché proceda, in diversa composizione, a nuovo e motivato esame nonché alla determinazione delle spese anche del giudizio di legittimità.
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