Corte di Cassazione sentenza n. 23334 depositata il 16 novembre 2016
AVVOCATO CHE PAGA ALTRI PROFESSIONISTI PER LA SUA ATTIVITA’ – RIMBORSO DELL’IMPOSTA – DIRITTO – SUSSISTE
IN FATTO
L’Avv.to L.G. propone ricorso per cassazione, affidato ad un motivo, nei confronti dell’Agenzia delle Entrate (che si costituisce al solo fine di partecipare all’eventuale udienza di discussione), avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio n. 1067/21/2014, depositata in data 21/02/2014, con la quale – in controversia concernente l’impugnazione del silenzio-rifiuto opposto dall’Amministrazione finanziaria ad istanza del contribuente (avvocato) di rimborso dell’IRAP versata negli anni dal 2005 al 2008 – e’ stata confermata la decisione di primo grado, che aveva respinto il ricorso del contribuente.
In particolare, i giudici d’appello, nel respingere il gravame del contribuente, hanno sostenuto che l’esistenza di un’autonoma organizzazione, rilevate ai fini dell’assoggettamento ad IRAP, emergeva dalla “costantemente significativa incidenza delle spese sui redditi dichiarati” e dall’erogazione di “retribuzioni per lavoro dipendente” (personale di segreteria”) e di “compensi professionali ad altri legali”.
A seguito di deposito di relazione ex art. 380 bis c.p.c., e’ stata fissata l’adunanza della Corte in Camera di consiglio, con rituale comunicazione alle parti.
IN DIRITTO
1. Il ricorrente lamenta, con unico motivo, la falsa applicazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 2 e art. 3, comma 1, lett. c) e art. 53, comma 1 del T.U.I.R., avendo la C.T.R. dato rilievo, ai fini dell’affermata sussistenza dell’autonoma organizzazione del professionista, alle spese sostenute per la retribuzione di una segretaria part-time e per compensi a terzi (peraltro, non rispondendo al vero che si trattasi di compensi “erogati ad altri legali”), clementi tutti non sufficienti a determinare l’automatica soggezione del contribuente ad IRAP.
2. La censura e’ fondata.
Questa Corte ha affermato che l’IRAP coinvolge una capacita’ produttiva “impersonale ed aggiuntiva” rispetto a quella propria del professionista (determinata dalla sua cultura e preparazione professionale) e colpisce un reddito che contenga una parte aggiuntiva di profitto, derivante da una struttura organizzativa “esterna”, cioe’ da “un complesso di fattori che, per numero, importanza e valore economico, siano suscettibili di creare un valore aggiunto rispetto alla mera attivita’ intellettuale supportata dagli strumenti indispensabili e di corredo al know-how del professionista (lavoro dei collaboratori e dipendenti, dal numero e grado di sofisticazione dei supporti tecnici e logistici, dalle prestazioni di terzi, da forme di finanziamento diretto ed indiretto etc.)”, cosicche’ e’ “il surplus di attivita’ agevolata dalla struttura organizzativa che coadiuva ed integra il professionista …ad essere interessato dall’imposizione che colpisce l’incremento potenziale, o quid pluris; realizzabile rispetto alla produttivita’ auto organizzata del solo lavoro personale” (Cass. 15754/2008).
In sostanza, a norma del combinato disposto del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 2, comma 1, primo periodo e art. 3, comma 1, lett. c), l’esercizio delle attività di lavoro autonomo di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 49, comma 1, e’ escluso dall’applicazione dell’IRAP solo qualora si tratti di attivita’ non autonomamente organizzata ed il requisito della autonoma organizzazione – il cui accertamento spetta al giudice di merito ed e’ insindacabile in sede di legittimita’ solo se congruamente motivato – ricorre quando il contribuente, per quanto qui interessa, impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attivita’ in assenza di organizzazione oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui (Cass. S.U. n. 12109 del 2009; cfr., da ultimo, Cass. nn. 23370 del 2010 e 16628 del 2011; Cass. 16406/2015).
Questa Corte a Sezioni Unite (Cass. n. 9451/2016) ha poi, di recente, affermato il seguente principio di diritto: “Con riguardo al presupposto dell’IRAP, il requisito dell’autonoma organizzazione – previsto dal D.Lgs. 15 settembre 1997, n. 446, art. 2, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed e insindacabile in sede di legittimita’ se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente; a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilita’ ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attivita’ in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui che superi la soglia dell’impiego di un collaboratore che esplichi mansioni di segreteria ovvero meramente esecutive”. Secondo la Corte “lo stesso limite segnato in relazione ai beni strumentali – “eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attivita’ in assenza di organizzazione non puo’ che valere, armonicamente, per il fattore lavoro, la cui soglia minimale si arresta all’impiego di un collaboratore”, il cui apporto, “mediato o generico”, all’attivita’ svolta dal contribuente si concreti nell’espletamento di mansioni di segreteria o generiche o meramente esecutive.
Con riguardo specifico all’impiego non occasionale di lavoro altrui, costituente una delle possibili condizioni che configurano l’esistenza di un’autonoma organizzazione, questa Corte (Cass. 23761/2010; Cass. 22674/2014) ha gia’ affermato che e’ soggetto ad Irap il professionista che, per prestazioni afferenti l’esercizio della propria attivita’, eroga elevati compensi a terzi, restando indifferente il mezzo giuridico utilizzato e, cioe’, il ricorso a lavoratori dipendenti, a una societa’ di servizi o un’associazione professionale.
La decisione della C.T.R. non e’ conforme a detti principi di diritto, avendo affermato che l’attivita’ professionale era assoggettabile ad IRAP, in presenza di una “autonomia organizzativa” dell’attivita’ professionale, dedotta dai costi per compensi a terzi “professionisti”, valutati, quanto alla incidenza sul reddito prodotto, unitamente alle altre spese, senza specificazione della loro natura, e dalla presenza di un dipendente, sia pure con mansioni esecutive.
3. Per tutto quanto sopra esposto, in accoglimento del ricorso, va cassata la sentenza impugnata, con rinvio alla C.T.R. del Lazio, in diversa composizione. Il giudice del rinvio provvedera’ anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimita’.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata, con rinvio alla C.T.R. del Lazio in diversa composizione, anche in ordine alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimita’.
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