Corte di Cassazione sentenza n. 23526 depositata il 27 luglio 2022
IVA all’importazione – Rappresentante indiretto – Responsabilità
FATTI DI CAUSA
1. Con sentenza n. 4231/07/19 del 28/10/2019, la Commissione tributaria regionale della Lombardia (di seguito CTR) accoglieva parzialmente l’appello proposto dall’Agenzia delle dogane e dei monopoli (di seguito ADM) avverso la sentenza n. 5615/15/16 della Commissione tributaria provinciale di Milano (di seguito CTP), la quale aveva accolto il ricorso di AOC s.p.a. (di seguito AOC) avverso l’avviso di accertamento per IVA all’importazione relativa all’anno 2013, nonché avverso il conseguente atto di contestazione sanzioni.
1.1 Come si evince dalla sentenza della CTR, gli atti impositivi erano stati emessi in ragione dell’impossibilità di assolvimento dell’IVA con il regime del reverse charge e della responsabilità solidale del rappresentante indiretto per il pagamento dell’imposta e per le conseguenti sanzioni.
1.2 La CTR motivava l’accoglimento solo parziale dell’appello di ADM evidenziando, per quanto ancora interessa in questa sede, che l’IVA all’importazione non era un diritto di confine, sicché per il mancato pagamento della stessa e per le relative sanzioni non era responsabile il rappresentante indiretto dell’importatore.
2. ADM proponeva ricorso per cassazione affidato a due motivi.
3. AOC resisteva con controricorso.
4. Con ordinanza del 04/04/2022 questa Corte disponeva il rinvio a nuovo ruolo per la trattazione della controversia in pubblica udienza, anteriormente alla quale AOC depositava memoria ex art. 378 cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di ricorso ADM denuncia violazione e falsa applicazione degli 34 e 38 del d.P.R. 7 dicembre 2001, n. 435, degli artt. 17, sesto comma, 22 e 70 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, dell’art. 201, § 3, del Regolamento (CEE) n. 2913/92 del Consiglio, del 12 ottobre 1992, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per avere la CTR escluso la responsabilità del rappresentante indiretto per il pagamento dell’IVA all’importazione e delle sanzioni nell’ipotesi in cui l’imposta sia stata indebitamente assolta con il meccanismo del reverse charge, inapplicabile alle cessioni di cellulari importati.
1.1 Con il secondo motivo di ricorso si contesta violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2, secondo comma, del d.l. 29 dicembre 1983, n. 746, conv. con modif,. nella l. 27 febbraio 1984, n. 17, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. civ., per avere la CTR erroneamente argomentato da una disposizione inapplicabile al caso di specie.
2. I motivi, che possono essere esaminati unitariamente, sono infondati per le assorbenti considerazioni che seguono.
2.1 A dispetto di una certa difficoltà di lettura, la sentenza impugnata va ragionevolmente letta nel modo in cui l’hanno intesa entrambe le parti: per la CTR il rappresentante indiretto non può essere responsabile del mancato pagamento dell’IVA e delle corrispondenti sanzioni, non essendo l’IVA annoverabile tra i cd. diritti di confine.
2.2. L’affermazione del giudice di appello, per la quale l’IVA all’importazione non rientra nell’obbligazione doganale, è confortata dall’interpretazione della giurisprudenza largamente maggioritaria di questa Corte.
2.2.1 Ha fatto il punto della situazione Cass. n. 21659 del 29/07/2021, le cui considerazioni appare utile riportare nel
2.2.2 «L’IVA all’importazione non è un diritto di confine ed “è estranea all’obbligazione doganale, pur condividendo con i dazi la caratteristica di trarre origine dall’importazione di beni nell’Unione Europea e dalla loro conseguente introduzione nel circuito economico degli Stati membri” (Cass. n. 7951 del 21/03/2019; Cass. n. 18652 del 13/07/2018; Cass. n. 8473 del 06/04/2018).
Ciò, peraltro, non esclude che, in ragione del richiamo contenuto nell’art. 70 del d.P.R. n. 633 del 1972, IVA all’importazione e diritti di confine (che sono di natura doganale) presentano, quanto a meccanismi applicativi, disciplina comune e, pur configurando tributi distinti e separatamente liquidati, sono resi oggetto di unico prelievo effettuato sulla bolletta doganale quale condizione per il rilascio della merce (così Cass. nn. 1574, 1575, 1576, 1577, 1578, 1579, 1580 e 1581 del 03/02/2012, in motivazione).
In altri termini, l’IVA all’importazione condivide con i dazi la caratteristica di trarre origine dal fatto dell’importazione nell’Unione e della susseguente introduzione nel circuito economico degli Stati membri (CGUE 11 luglio 2013, in causa C-272/12, Harry Winston SA, punto 41) (cfr. Cass. n. 8473 del 2018, cit.). E poiché il fatto generatore e l’esigibilità dell’IVA all’importazione sono collegati a quelli dei dazi, ne consegue che la prima non possa che seguire le procedure singolari che caratterizzano i diritti di confine (Cass. n. 26311 del 16/12/2009)».
2.3 In buona sostanza, la giurisprudenza di questa Corte, pur tenendo distinte IVA all’importazione e diritti di confine, ha peraltro, con poche eccezioni (ad es., Cass. n. 5962 del 28/02/2019 e Cass. n. 30076 del 21/11/2018), sempre accomunato le due discipline, non solo ai fini procedimentali (specificamente ai fini dell’applicazione dell’art. 84 del d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43 in materia di termine di prescrizione, che è poi la materia su cui si è pronunciata la menzionata Cass. n. 21659 del 2021 e i numerosi precedenti ivi richiamati), ma anche a quelli involgenti la responsabilità per il suo mancato pagamento.
2.4 Questo secondo profilo è quello che viene specificamente in discussione nel presente giudizio.
2.5. Secondo la giurisprudenza della Corte, «Del pagamento dell’IVA all’importazione risponde non soltanto l’importatore, ma anche solidalmente il suo rappresentante indiretto, che abbia presentato la dichiarazione doganale, stante la previsione di cui all’art. 201, par. 3, CDC, dovendo tale obbligazione ricomprendersi tra gli oneri doganali (ancorché non sia classificabile come “diritto di confine”), sicché deve essere accertata e riscossa nel momento in cui si verifica il presupposto impositivo, ossia il fatto dell’importazione» (così, da ultimo, Cass. n. 11029 del 27/04/2021; conf., Cass. n. 31611 del 04/12/2019; Cass. n. 9455 del 18/04/2018; Cass. n. 19749 del 19/09/2014; Cass. n. 7720 del 27/03/2013).
2.5.1 È vero, infatti, che l’IVA all’importazione non è classificabile come diritto di confine, ma è altrettanto vero che la stessa andrebbe ricompresa tra gli oneri doganali, sicché dovrebbe essere accertata e riscossa nel momento in cui si verifica il presupposto impositivo, ossia il fatto dell’importazione.
2.5.2 La circostanza, poi, che l’IVA doganale sia equiparabile a quella interna, non implicherebbe affatto che la prima non sia dovuta secondo il modulo attuativo suo proprio, ossia quello previsto dall’art. 70 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, e della stessa risponderebbe anche il dichiarante (e, quindi, anche il rappresentante indiretto) in virtù dell’art. 201, § 3, seconda parte, del Regolamento CEE del 12/10/1992 n. 2913 (codice doganale comunitario, CDC), riprodotto, tal quale, dall’art. 77, 3, seconda parte, del Regolamento UE del 09/10/2013 n. 952 (istitutivo del codice doganale dell’Unione, CDU).
2.5.3 Del resto, ciò deriverebbe anche dalla previsione di cui all’art. 201 della direttiva n. 2006/112/CE del Consiglio del 28 novembre 2006, secondo il quale «All’importazione l’IVA è dovuta dalla o dalle persone designate o riconosciute come debitrici dallo Sato membro d’importazione», in raccordo con quella di cui all’art. 34 del Testo Unico approvato con d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43 (TULD), secondo il quale «Si considerano “diritti doganali” tutti quei diritti che la dogana è tenuta a riscuotere in forza di legge, in relazione alle operazioni doganali» e quindi dal collegamento tra queste disposizioni, unionale ed interna, con quella di cui all’art. 201, § 3, CDC.
2.6. Il superiore principio di diritto, che la S.C. ha tenuto fermo per oltre otto anni e che si fonda su di una – invero plausibile – interpretazione coordinata e sistematica del diritto unionale e del diritto interno è messo, peraltro, in discussione da una recentissima sentenza della Corte di giustizia della UE, resa in data 12/05/2022 in causa C-714/20, I. s.r.l.
2.6.1 Tale sentenza ha chiarito che l’art. 77, § 3, CDU, nel prevedere la responsabilità del dichiarante e, quindi, anche del rappresentante indiretto dell’importatore, si riferisce unicamente all’obbligazione doganale (definita dall’art. 5, punto 18, del CDU come «l’obbligo di una persona di corrispondere l’importo del dazio all’importazione o all’esportazione applicabile ad una determinata merce in virtù della normativa doganale in vigore») e non anche all’IVA all’importazione, che non fa parte dei dazi all’importazione per come definiti dall’art. 5, punto 20, CDU e, cioè i dazi doganali dovuti all’importazione delle merci (punti 43-49).
2.6.2 Inoltre, l’articolo 201 della direttiva n. 2006/112/CE non opera un rinvio alle disposizioni del codice doganale per quanto riguarda l’obbligo di pagare tale imposta, bensì prevede che tale obbligo incombe alla persona o alle persone designate o riconosciute dallo Stato membro di importazione (punto 50).
2.6.3 È vero che «dalla formulazione dell’articolo 201 della direttiva IVA, secondo cui l’IVA all’importazione “è dovuta dalla o dalle persone designate o riconosciute come debitrici dallo Stato membro d’importazione”, risulta che tale articolo lascia un potere discrezionale agli Stati membri per designare i soggetti debitori di tale imposta» e che questi ultimi possono designarne più di uno, ivi compreso il rappresentante indiretto dell’importatore (punti 54-57).
2.6.4 Tuttavia, le disposizioni di una direttiva devono «essere attuate con un’efficacia cogente incontestabile, con la specificità, la precisione e la chiarezza necessarie per garantire pienamente la certezza del diritto (sentenza del 24 ottobre 2013, Commissione/Spagna, C‑151/12, EU:C:2013:690, punto 26 e giurisprudenza ivi citata)». E, a tal fine, «è indispensabile che la situazione giuridica derivante dalle misure nazionali di trasposizione di una direttiva sia sufficientemente precisa e chiara da permettere ai singoli interessati di conoscere l’ampiezza dei loro diritti e obblighi (v., in tal senso, sentenza del 14 febbraio 2012, Flachglas Torgau, C‑204/09, EU:C:2012:71, punto 60)», anche in ragione del principio di certezza del diritto, che «esige che le norme giuridiche siano chiare, precise e prevedibili nei loro effetti, in particolare qualora esse possano avere conseguenze sfavorevoli per gli individui e le imprese [sentenze del 30 aprile 2019, Italia/Consiglio (Contingente di pesca del pesce spada del Mediterraneo, C‑611/17, EU:C:2019:332, punto 111, e del 26 marzo 2020, Hungeod e a., C‑496/18 e C‑497/18, EU:C:2020:240, punto 93 e giurisprudenza ivi citata]» (punti 59-61).
2.7. In questo contesto, l’interpretazione fino ad oggi sostenuta dalla Corte si pone in contrasto con la menzionata decisione della Corte di giustizia in quanto, una volta venuto meno il richiamo all’art. 77, 3, CDU (già art. 201, § 3, CDC), nell’ordinamento interno non esiste una disposizione che indichi, in maniera sufficientemente chiara e precisa, che il rappresentante indiretto doganale debba rispondere anche dell’IVA all’importazione.
2.7.1 Invero, il convincimento espresso in passato si fonda su di una particolare interpretazione delle disposizioni del diritto interno la quale, sebbene sicuramente plausibile sotto il profilo sistematico, non può dirsi del tutto coerente con i principi di certezza affermati dalla ricordata decisione della Corte di giustizia, implicante la necessità che «un’eventuale responsabilità del rappresentante doganale indiretto per il pagamento dell’IVA all’importazione prevista da uno Stato membro, in solido con la persona che gli ha conferito un mandato e che esso rappresenta, deve essere stabilita, in modo esplicito e inequivocabile» (punto 63).
2.8 Nel caso di specie, infatti, nell’ordinamento interno una norma espressa non è rinvenibile:
- negli artt. 34 e 38 del d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43, non facendo parte l’IVA all’importazione dell’obbligazione doganale, come più sopra si è già evidenziato;
- nell’art. 3, secondo comma, del d.lgs. 8 novembre 1990, n. 374, («I dazi, i prelievi e le altre imposizioni all’importazione ed all’esportazione previsti dai regolamenti comunitari sono accertati, liquidati e riscossi secondo le disposizioni dei regolamenti stessi nonché, ove questi rinviino alla disciplina dei singoli Stati membri o comunque non provvedano, secondo le norme del testo unico delle disposizioni legislative in materia doganale, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43, e delle altre leggi in materia doganale»), che contiene una disposizione concernente unicamente le modalità di riscossione e non anche la responsabilità di specifici soggetti;
- negli 1 e 70, primo comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, che, ugualmente, attengono alla riscossione dell’imposta e non individuano il soggetto responsabile del pagamento;
- nell’articolo 2, primo comma, del d.l. 29 dicembre 1983, n. 746, conv. con modif. nella l. 27 febbraio 1984, n. 17, che attiene alla omessa o falsa dichiarazione di intenti in caso di cessione ad esportatore abituale ed è, quindi, inapplicabile alla fattispecie, non coinvolgendo, in ogni caso, specificamente, il rappresentante indiretto dell’importatore.
2.9 Va, dunque, enunciato il seguente principio di diritto:
«L’IVA all’importazione non fa parte dell’obbligazione doganale definita dall’art. 5 del Regolamento UE del 9 ottobre 2013, n. 952 (istitutivo del codice doganale dell’Unione) e, pertanto, del suo mancato pagamento risponde unicamente l’importatore e non anche il suo rappresentante indiretto, in assenza di specifiche ed inequivoche disposizioni nazionali che ne prevedano la responsabilità solidale».
3. In conclusione, il ricorso va rigettato.
3.1 Sussistono giusti motivi, in ragione del revirement operato da questa Corte in doveroso ossequio alla recente e menzionata sentenza della Corte di giustizia, per la compensazione tra le parti delle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese del presente giudizio.