Corte di Cassazione sentenza n. 23529 depositata il 27 luglio 2022
motivazione attribuzione rendita catastale classamento di immobili a seguito della cd. procedura DOCFA
RILEVATO CHE
1. I ricorrenti propongono tre motivi di ricorso per la cassazione della sentenza con cui la CTR in epigrafe indicata, confermando la pronuncia di primo grado, ha respinto l’impugnativa avverso gli avvisi di accertamento n. FI0036311/2016 e n. FI0043391/2016;
2. si tratta di tre unità immobiliari, di cui una di proprietà di Piero Pancani, le altre della Immobiliare Elpa s.r.l., facenti parte di un unico edificio per le quali i ricorrenti avevano proposto con procedura cd Docfa la categoria A2, classe 3, mentre l’Agenzia delle Entrate aveva rettificato il classamento in A1, classe 3;
3. la CTR ha fondato la propria decisione sulle seguenti osservazioni: gli avvisi sono adeguatamente motivati, in quanto sono specificamente indicati i dati posti a base della cd stima storica che attribuiva alle unità immobiliari in questione la categoria A1, classe 3; le denunce Docfa sono basate su modeste modifiche interne; è irrilevante la prospettata insussistenza dei requisiti richiesti dal d.m. 2 agosto 1969, n. 1072; l’ufficio ha richiamato le qualificazioni e classificazioni delle unità immobiliari site nello stesso palazzo, aventi caratteristiche simili; la revisione del classamento di unità immobiliari sulla base di caratteri dell’immobile che non sono mutati in modo apprezzabile è ammissibile solo, ove il contribuente dimostri una diminuzione del reddito effettivo nella misura e per il periodo indicati nell’art. 3, prova non fornita dalle parti;
4. la controricorrente si è costituita con controricorso.
CONSIDERATO CHE
5. Con il primo motivo i ricorrenti lamentano, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e la falsa applicazione dell’art. 7 della l. 27 luglio 2000, n. 212 e dell’art. 3 della l. 7 agosto 1990, n. 241. Contestano l’assenza negli avvisi di accertamento di qualunque riferimento concreto ai requisiti delle unità immobiliari e ai motivi che condurrebbero all’attribuzione alla categoria A1; si dolgono, in proposito anche dell’assenza di qualsiasi riferimento al raffronto con le unità tipo, in violazione dell’art. 61 del d.p.r. 1° dicembre 1949, n. 1142.
6. Il primo motivo è infondato. Ritiene il Collegio di non doversi discostare dal consolidato indirizzo di legittimità secondo cui, in tema di classamento di immobili, qualora l’attribuzione della rendita catastale avvenga a seguito della cd. procedura DOCFA, l’obbligo di motivazione del relativo avviso è soddisfatto con la mera indicazione dei dati oggettivi e della classe attribuita, quando gli elementi di fatto indicati dal contribuente non siano disattesi dall’Ufficio e l’eventuale differenza tra la rendita proposta e quella attribuita derivi da una diversa valutazione tecnica riguardante il valore economico dei beni, mentre, nel caso in cui vi sia una diversa valutazione degli elementi di fatto, la motivazione deve essere più approfondita e specificare le differenze riscontrate, sia per consentire il pieno esercizio del diritto di difesa del contribuente, sia per delimitare l’oggetto dell’eventuale contenzioso (Cass. n. 23237 del 2014, Rv. 633140 – 01, ma nello stesso senso v. Cass. Sez. 6 – 5, n. 12497/2016, 640020 – 01, Sez. 5, n. 12777/2018, Rv. 648513 – 01, Sez. 6 – 5, n. 31809/2018, Rv. 652165 – 01).
Nel caso in esame non c’è contestazione tra le parti circa la destinazione e le caratteristiche dell’immobile, così come risultanti dall’elaborato Docfa presentato dai ricorrenti. E’, viceversa, in contestazione se tali elementi di fatto conducano all’inclusione degli immobili nella categoria A1 o A2 e, dunque, sussiste tra le parti una diversa valutazione tecnica riguardante il valore economico dei beni.
In tale ipotesi l’attenuazione dell’onere motivazionale dell’avviso di accertamento trae le proprie ragioni proprio dalla struttura fortemente partecipativa della procedura cd Docfa attivata dai ricorrenti. In tal senso si è, già da tempo, espressa la S.C., la quale su tale presupposto ha ritenuto che in tema di classamento di immobili, qualora l’attribuzione della rendita catastale abbia luogo a seguito della cd procedura DOCFA, ed in base ad una stima diretta eseguita dall’ufficio, l’obbligo della motivazione dell’avviso di classamento dell’immobile deve ritenersi osservato anche mediante la semplice indicazione dei dati oggettivi acclarati dall’ufficio e della classe conseguentemente attribuita all’immobile. Si tratta, in tale ipotesi, di elementi conosciuti o comunque facilmente conoscibili per il contribuente, il quale, quindi, mediante il raffronto con quelli indicati nella propria dichiarazione, può comprendere le ragioni della classificazione e tutelarsi mediante ricorso alle commissioni tributarie. (Cass. Sez. 5, n. 2268/2014, Rv. 629511 – 01).
Non si ritiene, pertanto, che colga nel segno la doglianza relativa all’indicazione contenuta nell’avviso di impugnazione di alcune caratteristiche del tutto astratte in possesso di ogni tipologia di immobile. Nella specie, non essendoci contestazioni sugli elementi di fatto, è da ritenere che il semplice raffronto tra la categoria proposta e quella superiore ritenuta dall’Agenzia delle Entrate, abbia posto i contribuenti nella condizione di difendersi. Per le medesime ragioni si deve escludere che l’obbligo di motivazione di un avviso di accertamento, effettuato a seguito di una procedura cd Docfa, debba estendersi fino all’esplicitazione degli esiti del confronto con le unità tipo di cui all’art. 61 del d.p.r. n. 1142 del 1949.
7. Con il secondo motivo i ricorrenti lamentano, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e la falsa applicazione degli artt. 61 e 75 in relazione agli artt. 7 e 9 del d.p.r. n. 1142 del 1969, nonché degli artt. 8 e 12 del r.d.l. 13 aprile 1939, n. 652 anche con riferimento all’art. 2697 c.c.
8. Con il terzo motivo i ricorrenti lamentano, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., la violazione e la falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. e art. 2967 c.c. Con esso si lamenta sostanzialmente di un’omessa valutazione del materiale probatorio.
9. Il secondo e il terzo motivo sono in parte inammissibili e, in parte, infondati e, attesa la stretta connessione, possono essere trattati In essi, infatti, la doglianza ruota attorno al mancato apprezzamento istruttorio censurato sotto il profilo della violazione delle norme che regolano la ripartizione degli oneri probatori e sotto quello della nullità della sentenza. Con riferimento al profilo dell’inammissibilità osserva il Collegio che in questa sede è ormai preclusa la censura di un vizio per difetto di motivazione, posto che nella specie si è in presenza di un doppio accertamento conforme effettuato dai giudici del merito che preclude. Si intende dare, infatti, conferma in questa sede del principio di legittimità, secondo cui in tema di ricorso per cassazione, il travisamento della prova, che presuppone la constatazione di un errore di percezione o ricezione della prova da parte del giudice di merito, ritenuto valutabile in sede di legittimità, qualora dia luogo ad un vizio logico di insufficienza della motivazione, non è più deducibile a seguito della novella apportata all’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. dall’art. 54 del d.l. 83 del 2012, conv. dalla l. n. 134 del 2012, che ha reso inammissibile la censura per insufficienza o contraddittorietà della motivazione, sicché a fortiori se ne deve escludere la denunciabilità in caso di cd. doppia conforme, stante la preclusione di cui all’art. 348-ter, ultimo comma, c.p.c. (Cass.Sez. L, n. 24395/2020, Rv. 659540 – 01, Sez. 6 – 3, n. 15777/2022).
Non possono trovare, pertanto, ingresso le doglianze relative al mancato apprezzamento dell’intero quadro probatorio, le quali neanche troppo indirettamente postulano una rivisitazione del percorso logico seguito dai giudici del merito nella fase istruttoria. La sentenza sotto questo aspetto ha ritenuto corretta la rideterminazione effettuata dall’Agenzia delle Entrate, dando conto di avere esaminato il materiale di prova offerto dalle parti, fornendo valutazioni, sia sulle caratteristiche intrinseche, sia su quelle estrinseche, facendo anche riferimento a precedenti giurisprudenziali relativi a unità immobiliari comprese nel medesimo edificio.
Essa, infatti, da un lato, ha ritenuto corretta l’inclusione delle unità immobiliari oggetto del giudizio nella categoria A1 originariamente attribuita, valutando le modifiche interne, poste a base della domanda di variazione catastale di modesta entità e le ha ritenute inidonee a modificare le caratteristiche intrinseche delle stesse. Per altro verso, ha considerato che la categoria A1 risultava attribuita a tutte le altre unità immobiliari del palazzo e ha concluso per l’inesistenza di ragioni tali da giustificare un diverso classamento per quelle oggetto del presente giudizio.
Nella sentenza è stato effettuato, inoltre, il raffronto delle suddette unità immobiliari con le cd unità tipo della zona censuaria di competenza e anche da esso è stata tratta la conferma dell’attribuzione della categoria A1, come rettificata dall’Agenzia delle Entrate
L’esito di tale accertamento istruttorio non può essere posto in discussione in questa sede se non sotto il profilo dell’illogicità e dell’incoerenza del percorso motivazionale. Da quanto esposto, non si tratta di vizi che ricorrono nel caso di specie, né emergono profili di nullità del percorso motivazionale, sotto il profilo della violazione di legge, avendo la sentenza impugnata rispettato i criteri di distribuzione dell’onere probatorio applicabili nella fattispecie.
Infondata, pertanto, anche, la censura relativa all’omessa valutazione del materiale probatorio in base a quanto ora riportato della sentenza.
10. Da quanto esposto segue il rigetto del ricorso. Si dà atto che sussistono i presupposti per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato dell’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna i ricorrenti a pagare in favore dell’Agenzia delle Entrate le spese del presente giudizio, che liquida nell’importo di € 3000,00, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 — bis dello stesso articolo 13.
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