Corte di Cassazione sentenza n. 23536 depositata il 27 luglio 2022

motivi di appello nel processo tributario ed onere di impugnazione specifica  – Avviso di accertamento – Società estinta – Notificazione al socio e al liquidatore – motivazione apparente

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza n. 87/01/14 del 21/01/2014, la Commissione tributaria regionale della Toscana (di seguito CTR) accoglieva l’appello proposto da M.E., nella qualità di liquidatore e socio unico di FM Costruzioni s.r.l. unipersonale (di seguito FM), avverso la sentenza n. 63/03/12 della Commissione tributaria provinciale di Prato (di seguito CTP) che aveva respinto il ricorso proposto dal contribuente nei confronti di un avviso di accertamento per IRES, IRAP e IVA relative all’anno d’imposta

1.1 Come si evince dalla sentenza della CTR, l’avviso di accertamento era stato emesso nei confronti di FM e notificato al socio unico ed ex liquidatore della stessa in ragione dell’estinzione della società.

1.2 La CTR, in riforma della sentenza impugnata, riteneva che:

a) l’Ufficio aveva rinunciato all’avviso di accertamento con atto depositato in appello e notificato al contribuente; b) detto atto, in quanto recettizio, non era revocabile; c) l’accertamento era inesistente in ragione della cancellazione e conseguente estinzione della società.

2. Avverso la  sentenza  della  CTR  l’Agenzia  delle  entrate proponeva ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi.

3. M.E. resisteva con controricorso e depositava memoria ex 378 cod. proc. civ.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso l’Agenzia delle entrate deduce l’inammissibilità dell’appello  per  difetto  di  specifici  motivi  di impugnazione ex art. 53 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., non presentando, il ricorso in appello, alcuna specifica censura alla sentenza di primo grado, nella parte in cui i primi giudizi hanno ritenuto corretta la notifica dell’avviso di accertamento al legale rappresentante di FM, rivolgendosi le argomentazioni del contribuente essenzialmente nei confronti dell’operato dell’Ufficio.

1.1 Il motivo è inammissibile e, comunque, infondato.

1.2 L’inammissibilità deriva non tanto dalla novità del motivo, come sostenuto dal controricorrente, trattandosi di questione che, afferendo alla stessa ammissibilità dell’impugnazione e, quindi, alla formazione del giudicato, è rilevabile anche d’ufficio dalla Corte di cassazione (Cass. n. 4706 del 10/03/2016; Cass. n. 19222 del 20/08/2013; Cass. n. 967 del 21/01/2004), quanto in ragione del difetto di autosufficienza del motivo. Invero, la ricorrente non trascrive le parti dell’atto di appello dalle quali emergerebbe il vizio denunciato, limitandosi ad una formale e generica allegazione del ricorso.

1.3 In ogni caso, secondo la giurisprudenza di questa Corte, «nel processo tributario la riproposizione a supporto dell’appello delle ragioni inizialmente poste a fondamento dell’impugnazione del provvedimento impositivo (per il contribuente) ovvero della dedotta legittimità dell’accertamento (per l’Amministrazione finanziaria), in contrapposizione alle argomentazioni adottate dal giudice di primo grado, assolve l’onere di impugnazione specifica imposto dall’art. 53 del d.lgs. n. 546 del 1992, quando il dissenso investa la decisione nella sua interezza e, comunque, ove dall’atto di gravame, interpretato nel suo complesso, le ragioni di censura siano ricavabili, seppur per implicito, in termini inequivoci» (così da ultimo, Cass. n. 32954 del 20/12/2018).

1.3.1 Ciò in ragione del carattere devolutivo pieno dell’appello nel processo tributario, costituente un mezzo di gravame non limitato al controllo di vizi specifici, ma volto ad ottenere il riesame della causa nel merito (Cass. n. 32838 del 19/12/2018; Cass. n. 30525 del 23/11/2018; Cass. n. 1200 del 22/01/2016).

1.3.2 Del resto, «nel processo tributario la sanzione di inammissibilità dell’appello per difetto di specificità dei motivi, prevista dall’art. 53, comma 1, del d.lgs. n. 546 del 1992, deve essere interpretata restrittivamente, in conformità all’art. 14 disp. prel. c.c., trattandosi di disposizione eccezionale che limita l’accesso alla giustizia, dovendosi consentire, ogni qual volta nell’atto sia comunque espressa la volontà di contestare la decisione di primo grado, l’effettività del sindacato sul merito dell’impugnazione» (Cass. n. 707 del 15/01/2019).

1.4 Nel caso di specie, l’appello proposto da M.E. riguarda specificamente anche la questione della regolarità della notifica dell’avviso di accertamento nei confronti del legale rappresentante e socio di una società di capitali estinta, sicché la contestazione mossa alla sentenza impugnata si rivela chiaramente

2. Con il secondo motivo di ricorso si contesta la violazione e la falsa applicazione degli artt. 1, comma 2, e 36, comma 2, n. 4, del d.lgs. n. 546 del 1992, dell’art. 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ. e dell’art. 118 disp. att. cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., per avere la CTR reso una sentenza con motivazione contraddittoria e apparente.

2.1 Il motivo è infondato.

2.2 Secondo la giurisprudenza di questa Corte, «la motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perché affetta da “error in procedendo”, quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture» (così Cass. S.U. n. 22232 del 03/11/2016; conf. Cass. n. 13977 del 23/05/2019).

2.3 Nel caso di specie, al di là di qualche riconoscibile refuso (in motivazione si legge che l’appello va respinto mentre il dispositivo e il contesto della motivazione sono, tuttavia, chiari nel senso dell’accoglimento dell’appello), la sentenza impugnata si fonda su di una duplice ratio decidendi, esplicitata sulla base del seguente ragionamento logico-giuridico: 1) l’Amministrazione finanziaria ha rinunciato all’avviso di accertamento; 2) l’atto impositivo è illegittimo in quanto notificato a soggetto inesistente, in ragione della estinzione di FM.

2.4 La superiore motivazione, sia pure sintetica, non è né apparente né intrinsecamente contraddittoria, indicando con evidenza le ragioni che hanno condotto all’accoglimento dell’appello del contribuente.

3. Con il terzo motivo di ricorso si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, per avere la CTR travisato del tutto le risultanze processuali: il giudice di appello avrebbe ritenuto che la rinuncia all’atto impositivo, concernente altro procedimento, riguardasse l’avviso di accertamento impugnato; tale ultimo atto, invece, avrebbe tenuto conto dell’estinzione della società e correttamente indicato in M.E. il destinatario della notificazione.

3.1 Il motivo, che investe la prima delle due rationes decidendi più sopra menzionate, è inammissibile.

3.2 Sotto un primo profilo, il motivo difetta di specificità, in quanto la ricorrente non trascrive né allega il contenuto del documento depositato dall’Amministrazione finanziaria in secondo grado, erroneamente interpretato dalla CTR come rinuncia all’avviso di accertamento, così impedendo a questa Corte di apprezzarne il reale contenuto.

3.3 Può aggiungersi che il vizio denunciato (la sentenza impugnata ha ritenuto la sussistenza di una rinuncia all’atto impositivo che, in realtà, riguarderebbe altro procedimento) costituisce un vero e proprio errore di fatto, rilevante unicamente sotto il profilo revocatorio e, quindi, non censurabile in cassazione come vizio di motivazione (Cass. n. 14610 del 26/05/2021; Cass. 17057 del 03/08/2007).

3.4 Infine, con riferimento al rilievo della corretta individuazione del soggetto destinatario della notifica dell’avviso di accertamento, il motivo non involge una questione di fatto, ma una questione di diritto, sicché avrebbe dovuto essere proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.

4. Con il quarto motivo di ricorso si contesta violazione e falsa applicazione dell’art. 2495 cod. civ. e dell’art. 36 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per essere stato l’avviso di accertamento legittimamente notificato a M.E. quale socio unico e legale rappresentante della società estinta.

4.1 Il motivo, che investe la seconda delle rationes decidendi su cui si fonda la sentenza impugnata, è inammissibile per difetto di interesse.

4.2 Invero, la declaratoria di inammissibilità del motivo di ricorso che precede comporta il passaggio in giudicato della prima ratio decidendi della sentenza impugnata, con conseguente annullamento dell’avviso di accertamento, sicché la ricorrente non ha interesse ad ottenere una pronuncia sulla legittimità della notificazione dell’atto impositivo al controricorrente (cfr., ex multis e da ultimo, Cass. n. 17182 del 14/08/2020; Cass. n. 13880 del 06/07/2020; n. 10815 del 18/04/2019; Cass. n. 15399 del 13/06/2018).

5. In conclusione, il ricorso va rigettato e la ricorrente va condannata al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo avuto conto di un valore dichiarato della lite di euro 324.641.

5.1 Il provvedimento con cui il giudice dell’impugnazione, nel respingere integralmente la stessa, ovvero nel dichiararla inammissibile o improcedibile, disponga, a carico della parte che l’abbia proposta, l’obbligo di versare – ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 – un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto ai sensi del comma 1 bis del medesimo art. 13, non può aver luogo nei confronti di quelle parti della fase o del giudizio di impugnazione, come le Amministrazioni dello Stato, che siano istituzionalmente esonerate, per valutazione normativa della loro qualità soggettiva, dal materiale versamento del contributo stesso, mediante il meccanismo della prenotazione a debito (Cass. n. 5955 del 14/03/2014; Cass. n. 23514 del 05/11/2014; Cass. n. 1778 del 29/01/2016).

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del presente giudizio, liquidate in euro 7.800,00, oltre ad euro 200,00 per spese borsuali, alle spese forfettarie nella misura del quindici per cento e agli accessori di legge.