Corte di Cassazione sentenza n. 23894 depositata il 1° agosto 2022
deposito di nuovi documenti – principio di autosufficienza del ricorso per cassazione – il divieto di proporre nuove eccezioni in appello riguarda l’eccezione in senso tecnico
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. C.A. ha impugnato l’avviso di accertamento n. 1- 065116-13-0010573, con cui il Comune di Salerno ha chiesto il pagamento di complessivi euro 29.618,000 per i.c.i. 2008, sanzioni ed interessi, deducendo la congruità del valore dichiarato e l’incongruità di quello attribuito dal Comune di Salerno alle aree edificabili in relazione sia allo stato dei luoghi sia al loro inquadramento urbanistico.
2. All’esito del giudizio di primo grado il ricorso è stato accolto.
3. La Commissione tributaria regionale della Campania – Sezione distaccata di Salerno ha accolto l’appello del Comune, ritenendo che le aree in esame devono ritenersi edificabili in base al piano urbanistico adottato in data 16 novembre 2006, anche in mancanza dello strumento urbanistico attuativo, e che il valore venale di euro 189,85 al mq deve valutarsi corretto. Più precisamente nella sentenza si legge che erroneamente la Commissione tributaria provinciale “ha posto a base della propria decisione gli elementi meramente valutativi estraibili dall’elaborato tecnico in discorso, senza peraltro considerare che la contestazione della Cioffi in ordine all’edificabilità dell’area era del tutto generica”.
4. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione la contribuente.
5. Si è costituito con controricorso il Comune.
6. Fissata all’udienza pubblica del 28 giugno 2022, la causa è stata trattata in camera di consiglio, in base alla disciplina dettata dal d.l. n. 137 del 2020, art. 23, comma 8-bis, conv. in l. n. 176 del 2020, e dal sopravvenuto d.l. 30 dicembre 2021, n. 228, art. 16, co. 1, senza l’intervento in presenza del Procuratore Generale, che si è limitato a depositare conclusioni scritte, e dei difensori delle parti, che non hanno fatto richiesta di discussione orale. Entrambe le parti hanno depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. La ricorrente ha dedotto: 1) la nullità della sentenza e del procedimento ex art. 360 co. 1) n. 4 cod.proc.civ., unitamente all’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 5 cod.proc.civ., in quanto erroneamente nella sentenza impugnata si legge che “il Comune di Salerno non si era costituito in primo grado” e che “il Comune resistente non aveva addotto, nella contumacia, alcun elemento probatorio a supporto delle proprie determinazioni”, mentre, al contrario, il Comune si è costituito in primo grado, senza svolgere alcuna replica rilevante rispetto alle contestazioni formulate nel ricorso; 2) la violazione degli 345 cod.proc.civ. e 2697 cod.civ., nonché degli artt. 57 e 58 d.lgs. n. 546 del 1992, avendo i giudici di appello consentito al Comune di svolgere ex novo le proprie argomentazioni difensive e produrre documenti nuovi, benché regolarmente costituito anche nel processo di primo grado; 3) la violazione dell’art. 360 co. 1 n. 4 cod.proc.civ. e l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, non avendo la sentenza impugnata adeguatamente valutato le prove fornite dalla contribuente ed in particolare le relazioni tecniche dell’ing. Lubritto, che non hanno affatto un contenuto meramente valutativo, ma espongono precise circostanze di fatto (ad esempio, a p. 26-28 della relazione tecnica n. 2, la presenza – per le aree edificabili relative al comparto CPS8 – del vincolo dell’Area di Bacino, con conseguente valore venale pari a zero); 4) la violazione, ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 4, cod.proc.civ., degli artt. 112, 324, 329 e 346 cod.proc.civ. e 56 d.lgs. n. 546 del 1992, non avendo la Commissione tributaria regionale correttamente valutato l’oggetto dell’appello (allegato 7 al ricorso), limitato alla parte di accertamento relativa alle aree edificabili, e la conseguente acquiescenza del Comune alla parte della sentenza di primo grado non contestata (terreni agricoli, fabbricati, sanzioni), per cui la sentenza non avrebbe dovuto essere integralmente annullata.
2. Il Comune ha eccepito la inammissibilità del ricorso e, comunque, concluso per la sua infondatezza.
3. La Procura Generale presso la Corte di cassazione ha concluso per il rigetto del ricorso, rilevando, peraltro, il difetto di auto-sufficienza di alcune censure.
4. In via preliminare deve rilevarsi che il ricorso in esame è ammissibile, atteso che tutte le censure formulate sono auto- sufficienti. In particolare, per quanto concerne il terzo motivo, la ricorrente ha riassunto alcuni passaggi della relazione tecnica, indicando in modo puntuale le pagine richiamate e la sede processuale in cui il documento è stato prodotto, ed ha, inoltre, allegato detta relazione al ricorso per cassazione. In proposito va ricordato che il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, ai sensi dell’art. 366, co. 1, n. 6), c.p.c. – quale corollario del requisito di specificità dei motivi – anche alla luce dei principi contenuti nella sentenza CEDU Succi e altri c. Italia del 28 ottobre 2021 – non deve essere interpretato in modo eccessivamente formalistico, così da incidere sulla sostanza stessa del diritto in contesa, e non può pertanto tradursi in un ineluttabile onere di integrale trascrizione degli atti e documenti posti a fondamento del ricorso, insussistente laddove nel ricorso sia puntualmente indicato il contenuto degli atti richiamati all’interno delle censure, e sia specificamente segnalata la loro presenza negli atti del giudizio di merito (Sez. U, n. 8950 del 18/03/2022, Rv. 664409 – 01). Sez. 1, 12481 del 19/04/2022, Rv. 664738 – 01 ha ulteriormente precisato che il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, ex art. 366, co.1, n. 6), c.p.c., è compatibile con il principio di cui all’art. 6, par. 1, della CEDU, qualora, in ossequio al criterio di proporzionalità, non trasmodi in un eccessivo formalismo, dovendosi, di conseguenza, ritenere rispettato ogni qualvolta l’indicazione dei documenti o degli atti processuali sui quali il ricorso si fondi, avvenga, alternativamente, o riassumendone il contenuto, o trascrivendone i passaggi essenziali, bastando, ai fini dell’assolvimento dell’onere di deposito previsto dall’art. 369, co.2, n. 4 c.p.c., che il documento o l’atto, specificamente indicati nel ricorso, siano accompagnati da un riferimento idoneo ad identificare la fase del processo di merito in cui siano stati prodotti o formati.
5. Il primo motivo di ricorso è, però, inammissibile per mancata sua incidenza sulle ragioni della decisione, posto che l’affermazione di contumacia del comune in primo grado, per quanto erronea, non ha fondato in alcun modo il convincimento del giudice regionale. In definitiva si tratta di un mero errore materiale, emendabile con la relativa procedura di correzione, così come si è già ritenuto per l’inesatta indicazione del nome delle parti, laddove il processo si sia svolto regolarmente nei confronti della parte effettiva (Sez. 2, 6399 del 24/03/2005, Rv. 580249 – 01) o dell’omessa dichiarazione di contumacia, nonostante la ritualità della notifica (Sez. 1, n. 22918 del 9/10/2013, Rv. 628132 – 01).
6. Neppure il secondo motivo merita accoglimento, in quanto, da un lato, non ricadono nel divieto di cui all’art. 57, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992 né le eccezioni rilevabili di ufficio né le mere difese, quali devono qualificarsi le argomentazioni svolte dal Comune a fondamento della legittimità del proprio operato, e, dall’altro lato, ai sensi dell’art. 58 del d.lgs. n. 546 del 1992, in appello è fatta salva la facoltà di produrre nuovi Invero, in sede di appello il Comune non ha allegato un fatto (impeditivo, modificativo, estintivo) per contrapporsi al ricorso, sicché non ha formulato alcuna eccezione, ma si è limitato a contestare, in fatto ed in diritto, quanto allegato dalla ricorrente in ordine al valore attribuito all’area in esame; esso ha in sostanza insistito sulla correttezza del quantum preteso, anche con riguardo alla adottata delibera Ici. Va, pertanto, ribadito che, in tema di contenzioso tributario, il divieto di proporre nuove eccezioni in appello, posto dall’art. 57, comma 2, riguarda l’eccezione in senso tecnico, ossia lo strumento processuale con cui il contribuente, in qualità di convenuto in senso sostanziale, fa valere un fatto giuridico avente efficacia modificativa o estintiva della pretesa fiscale, ma non limita la possibilità dell’Amministrazione di difendersi dalle contestazioni già dedotte in giudizio, perché le difese, le argomentazioni e le prospettazioni dirette a contestare la fondatezza di un’eccezione non costituiscono, a loro volta, eccezione in senso tecnico (Sez. 6 – 5, n. 14486 del 7/06/2013, Rv. 627157 – 01). Per quanto concerne, invece, la produzione di nuovi documenti occorre ricordare, come precisato da Sez. 5, n. 3611 del 20/02/2006, Rv. 587923 – 01, che nel processo tributario, atteggiantesi come tipico procedimento documentale, alla luce del fondamentale principio di specialità fatto salvo dall’art. 1 – in forza del quale nel rapporto fra norma processuale civile ordinaria e norma processuale tributaria prevale quest’ultima – non può trasferirsi “tout court” l’esegesi, in tema di produzione di documenti in appello, dell’art. 345, terzo comma, cod. proc. civ. nel senso che tale disposizione fissa sul piano generale il principio dell’inammissibilità dei “nuovi mezzi di prova” e, quindi, anche delle produzioni documentali: l’art. 58 del nuovo processo tributario, infatti, oltre a consentire al giudice d’appello di valutare la possibilità di disporre “nuove prove” (comma 1), fa espressamente “salva la facoltà delle parti di produrre nuovi documenti” (comma 2). Anche recentemente, peraltro, si è affermato che nel processo tributario, ai sensi dell’art. 58, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992, la parte può produrre in appello prove documentali, anche se preesistenti al giudizio di primo grado e pure se, in quest’ultimo giudizio, era rimasta contumace (Sez. 5, n. 17921 del 23/06/2021, Rv. 661782 – 01).
7.1 Relativamente alla terza censura (come già evidenziato assolutamente auto-sufficiente, in quanto il contenuto della perizia è in parte riprodotto nel ricorso, nelle pagini iniziali, 5 e 6, e, comunque, le due relazioni sono state allegate al ricorso), deve premettersi che è ormai pacifico che le delibere comunali che determinano periodicamente e per aree omogenee i valori venali in comune commercio delle aree fabbricabili non hanno valore cogente e possono essere superate (v. anche Sez. 5, n. 11643 del 3/05/2019, Rv. 653722 – 01, secondo cui la delibera prevista dall’art. 59, lett. g, del d.lgs. n. 446 del 1997, con la quale il Comune determina periodicamente i valori delle aree edificabili per zone omogenee con riferimento al valore venale in comune commercio, è fonte di presunzioni “hominis” e, conseguentemente, non impedisce la rideterminazione dell’imposta dovuta ove l’amministrazione venga in possesso di informazioni specifiche idonee a contraddire quelle desunte dai valori delle aree circostanti aventi analoghe caratteristiche). Più precisamente si tratta di atti amministrativi che sono fonti di presunzione analoghe al cd. redditometro, sicché ammettono la prova contraria, con l’ulteriore conseguenza che, se il giudice ritiene dimostrato che ad un’area edificabile non può essere attribuito il valore individuato dal Comune, può disattenderlo e procedere ad un’autonoma stima utilizzando i parametri di legge (Sez. 5, sent. n. 17248 del 27/06/2019, Rv. 654691 – 01).
7.2 Alla luce di tale quadro di riferimento occorre valutare la censura, che può essere ricondotta all’art. 360 co 1 n. 5, cod.proc.civ. Invero, pur non potendo qualificarsi le consulenze d’ufficio o perizie di parte quali fatti decisivi, rilevanti ai sensi dell’art. 360 co 1 5 cod.proc.civ., data la loro natura non di fatti, ma di elementi istruttori (in questo senso, Sez. 6-3, n. 12387 del 24/06/2020, Rv. 658062 – 01), la ricorrente ha, nel corpo del ricorso e nella censura in esame, individuato con precisione fatti – come, ad esempio, l’esistenza del vincolo dell’Area di Bacino (p. 16) o il contesto scarsamente qualificato delle aree edificabili, in considerazione dell’assenza di infrastrutture, verde pubblico, locali destinati al servizio o di ritrovo (p. 5) – che emergono dalla perizia de qua e che non sono stati oggetto di esame da parte del giudice di appello. Più precisamente quest’ultimo si è limitato a contrapporre la sua valutazione di genericità delle deduzioni difensive rispetto a quella di precisione espressa dal giudice di primo grado, senza, tuttavia, alcun riferimento al contenuto di tali deduzioni ed ai fatti specifici indicati dalla contribuente, che pure risultano rilevanti ai fini della determinazione del valore di un’area e, quindi, decisivi. In altri termini, la Commissione Tributaria Regionale ha riformato la Commissione Tributaria Provinciale (che si era basata anche sulla perizia di parte e sui fatti specifici in essa indicati) assumendo apoditticamente che quest’ultima perizia non potesse valere come prova, senza, però, spiegare perché quest’ultima non potesse valere quale mezzo di acquisizione o valutazione della prova sulla stima attribuibile ai terreni, a confutazione del valore a mq. stabilito nella delibera del Comune, e soprattutto senza spiegare perché le circostanze di fatto in essa indicate dovessero reputarsi irrilevanti ai fini della stima.
Rilevano, dunque, tanto la violazione processuale del difetto di motivazione quanto l’omesso esame di fatti decisivi, costituiti non dalla consulenza di parte in sé, ma dagli elementi estimativi potenzialmente dirimenti, in essa dedotti e non considerati dal giudice regionale in ragione di una posizione aprioristica.
Il terzo motivo deve, quindi, essere accolto.
8. Il quarto motivo è infondato, in quanto, a fronte di una sentenza di primo grado che non distingue chiaramente tra aree edificabili e non edificabili, il Comune, concludendo per la integrale riforma della sentenza impugnata ed il rigetto del ricorso, non ha manifestato alcuna acquiescenza esplicita o tacita alla sentenza impugnata, la cui motivazione è riferita in modo generale a tutto l’avviso di accertamento e non a singole voci dello stesso. Ciò è quanto si desume dall’atto di appello, dal Comune riportato quale all.n.7) al ricorso per cassazione.
9. In conclusione, vanno rigettati il primo, il secondo ed il quarto motivo di ricorso, mentre va accolto il terzo, con conseguente cassazione della sentenza impugnata e rinvio alla Commissione tributaria regionale della Campania, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte
- accoglie il terzo motivo di ricorso, respinti gli altri;
- cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Campania in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.