Corte di Cassazione sentenza n. 24300 depositata il 30 settembre 2019

Studi di settore – Ricarico di poco superiore al minimo di settore – Atto impositivo – Annullabilità – Sussiste

FATTI DI CAUSA

C. snc di M.M. e C.L. conduceva in Milano attività di bar caffetteria. Era attinta da avviso di accertamento a seguito di pvc che evidenziava emissione di scontrino fiscale e presenza di lavoratore non in regola. L’avviso di accertamento inoltre definiva inattendibile la percentuale di ricarico dichiarata, rispetto alla media di settore, alla remunerazione del capitale impiegato nell’esercizio e dei soci ivi coinvolti. Per riflesso, all’avviso di accertamento nei confronti della società in nome collettivo, seguiva anche quello nei confronti dei soci M.M., C.L. e C.M. e F.C.E..

I diversi ricorsi venivano riuniti nel rispetto del contraddittorio ed accolti dal giudice di prossimità. Sull’appello dell’Ufficio la CTR riformava ritenendo inattendibile il ricarico dichiarato per rapporto alla media merceologica, anche avendo riguardo all’ubicazione centrale dell’esercizio ed al ricavo dichiarato che è la metà di quanto risultante dagli studi di settore.

Ricorre la parte contribuente con cinque motivi cui replica con tempestivo controricorso la difesa erariale.

Torna in pubblica udienza la trattazione dell’affare, dopo che questa Corte ha rilevato la pretermissione nel giudizio di cassazione del socio F.C.E., socio della Crisma snc e partecipe del giudizio a quo. Il litisconsorzio risulta ricostituito con regolare notifica al curatore dell’eredità giacente nominato dal Tribunale di Milano a seguito del decesso del predetto socio.

In prossimità dell’udienza la parte privata ha depositato memoria.

RAGIONI DELLE DECISIONE

Con il primo motivo si lamenta insufficiente motivazione su fatto controverso in ragione di errata individuazione della percentuale di ricarico rilevante, in parametro all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5;

con il secondo motivo ancora insufficiente motivazione in ordine all’omessa determinazione nell’avviso di accertamento circa la percentuale di vendita degli alcolici e della zona di ubicazione, in parametro all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5;

con il terzo motivo ancora insufficiente motivazione sull’erronea induzione del reddito sull’assunto – in tesi, mai appurato – che quanto dichiarato sia la metà di quanto risultante dagli studi di settore, in parametro all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5;

con il quarto motivo ancora insufficiente motivazione sui fatti rilevanti (ulteriori alla percentuale di ricarico) su cui si fonda la pretesa tributaria, cioè la mancata emissione di scontrino, l’irregolare assunzione di dipendente e l’esiguità di redditi di soci, tutto in parametro all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5;

con il quinto motivo, infine, viene eccepita violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39 comma 1, in parametro all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, rappresentato, in via gradata, come insufficiente motivazione ex n. 5 stesso codice di rito, per aver rettificato il reddito sulla base di meri indizi, non essendo sufficiente lo scostamento dalla media del settore.

I motivi possono essere trattati congiuntamente stante la loro connessione, involgendo diversi profili motivazionali della gravata sentenza e sono fondati.

La pronuncia della CTR non è logicamente consequenziale nel considerare insufficiente un ricarico dell’87% rispetto ad un preteso ricarico medio del 250/350%, laddove lo studio di settore (a pag. 6 del ricorso) evidenzia un “range” di ricarico normale 74 -> 224% e il rilievo non è contestato in controricorso: sicché appare congruo un ricarico che, seppure poco sopra il minimo, rientra nell’ampio spettro dello studio di settore, ove la percentuale massima è il triplo della minima, tanto da non poter costituire, ex se solo, indizio sufficiente per sostenere la ripresa a tassazione.

Altresì, gli indici di coerenza risultano rispettati, meno uno che presenterebbe uno scostamento di circa 10%, invero piuttosto modesto e scarsamente significativo all’interno del sistema statistico presuntivo in cui si sostanzia lo studio di settore, né sul punto la sentenza qui in scrutinio ha preso congrua posizione.

Inoltre la ripresa fiscale riguarda anche l’IVA, ove la Corte di Giustizia UE, Quarta Sezione, sentenza 21 novembre 2018, C648/16 consente all’Amministrazione di ricorrere a studi di settore e metodi induttivi, ma richiede gravi divergenze tra i redditi dichiarati ed i redditi stimati con possibilità per il contribuente di contestare sulla base di tutte le prove contrarie di cui disponga, per cui si deve concludere che a fronte delle precise doglianze opposte dal contribuente, la motivazione della sentenza qui gravata non è adeguata risposta (sul punto, cfr. Cass. n. 1236/06, n. 15964/16, n. 32980/18).

Il ricorso è quindi fondato e merita accoglimento, la sentenza cassata ed il giudizio rinviato al merito.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR per la Lombardia, in diversa composizione, cui demanda anche la regolazione delle spese del presente giudizio di legittimità.