Corte di Cassazione sentenza n. 24463 depositata il 30 novembre 2016
LAVORO – RAPPORTO DI LAVORO – PUBBLICO IMPIEGO – LICENZIAMENTO DISCIPLINARE – DECADENZA DEI TERMINI – LEGITTIMITA’
Svolgimento del processo
1. La Corte di Appello di Brescia, con la sentenza n. 465 in data 20.10.2013 in riforma della sentenza di primo grado, ha respinto il ricorso proposto da D.P. volto, tra l’altro, all’accertamento dell’illegittimità del licenziamento disciplinare irrogato il 30.9.2010 dall’Agenzia delle Entrate-Direzione Regionale della Lombardia – sede di Milano.
2. La Corte territoriale, per quanto oggi rileva, ha ritenuto che la contestazione disciplinare in data 16.7.2010 era tempestiva perché irrogata entro il termine di 40 giorni previsto dal c. 4 dell’art. 55 bis del D. Lgs. 165/2001, decorrente dal 13.7.2010, giorno in cui il Nucelo di Polizia Tributaria aveva consegnato all’Agenzia il DVD contenente gli atti di indagine relativi al processo penale; ha escluso che il termine per la contestazione disciplinare potesse farsi decorrere dal 23.4.2010, data in cui l’Agenzia aveva avuto conoscenza dell’avviso di chiusura delle indagini preliminari e, dunque, solo delle ipotesi di reato formulate dal P.M. e oggetto della contestazione disciplinare del 5.5.2010.
3. Ha ritenuto che solo l’esame degli atti di indagine relativi al processo penale aveva consentito all’Agenzia di avere piena contezza delle condotte addebitate al D., del loro rilievo sul piano disciplinare e di formulare la contestazione disciplinare del 16.7.2010.
4. Il ricorso di D.P. domanda la cassazione della sentenza per un unico motivo, al quale resiste, con controricorso, l’Agenzia delle Entrate.
5. Il Collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo Presidente in data 14 Settembre 2016, la redazione della motivazione in forma semplificata.
Motivi della decisione
6. Con l’unico motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c. 1 n. 3 e n. 5 c.p.c., omessa motivazione su un fatto decisivo per il giudizio, in relazione al contenuto della contestazione del 5 maggio 2010 e violazione dell’art. 55 bis del D. Lgs. 165/2001, lamentando la distorta lettura delle contestazioni disciplinari del 5.5.2010 e del 16.7.2010, il cui contenuto riporta nel ricorso. Deduce la identicità dei fatti in ciascuna contestazione addebitati e prospetta l’erronea applicazione dell’art. 55 bis del D.Lgs. 165/2001.
7. Il motivo è infondato in quanto, attraverso l’apparente denuncia del vizio di violazione dell’art. 55 bis del D. Lgs. 165/2001, le censure si risolvono nella non consentita richiesta di rilettura delle sopra richiamate lettere di contestazione del 5.5.2010 e del 16.7.2010, (Cass. SSUU 24148/2013; Cass. 1541/2016, 15208/2014).
7. Quanto al vizio motivazionale addebitato alla sentenza impugnata (pubblicata il 29.10.2013), va rilevato che la doglianza è estranea al perimetro di denuncia proprio dell’art. 360 c. 1 n. 5 c.p.c. come sostituito dall’art. 54, comma 1, lett. b), del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, nella L. 7 agosto 2012, n. 134 (Cass. SSUU 8053/2014).
8. Sulla scorta delle considerazioni svolte il ricorso va rigettato.
9. Le spese seguono la soccombenza.
10. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002 deve darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 – bis dello stesso art. 13.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al rifondere alla controricorrente le spese del giudizio di legittimità, liquidate in € 3.500,00 per compensi professionali, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
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