Corte di Cassazione sentenza n. 24549 depositata il 1° dicembre 2016
FALLIMENTO – DICHIARAZIONE DI FALLIMENTO – IMPRESE SOGGETTE – IMPRENDITORE RITIRATO – IMPRESA SVOLTA IN FORMA SOCIETARIA – ART. 10 L.FALL. – TERMINE ANNUALE – DECORRENZA – DALLA DATA DELLA CANCELLAZIONE DAL REGISTRO DELLE IMPRESE – PROVA DELLA CESSAZIONE DELL’ATTIVITÀ IN EPOCA ANTERIORE – POSSIBILITÀ – ESCLUSIONE – ITER PROCEDIMENTALE CHE HA PORTATO ALLA CANCELLAZIONE E ALLA INDIVIDUAZIONE DELLA RELATIVA DATA – RILEVANZA – ESCLUSIONE
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il tribunale di Napoli, con sentenza in data 30-4-2014, dichiarava il fallimento di (OMISSIS) s.r.l..
La societa’ proponeva reclamo eccependo l’infruttuoso decorso del termine di cui alla L.Fall., art. 1, attesa la cancellazione dal registro delle imprese in data 15-4-2013.
La corte d’appello di Napoli rigettava il reclamo osservando che il fallimento era stato dichiarato sulla base di visura camerale attestante la cancellazione alla data del 9-5-2013, e che nessuna rilevanza poteva attribuirsi al fatto di avere la societa’ ottenuto, in un primo momento, dal conservatore del registro delle imprese, un provvedimento di rettifica e retrodatazione di tale cancellazione. Difatti, da un lato, quel provvedimento era stato annullato dallo stesso conservatore e, dall’altro, la condotta di questo non poteva che assumere rilevanza nei rapporti interni con l’utente, non mai nei riguardi dei terzi il cui affidamento doveva essere riposto unicamente sulle emergenze della visura camerale.
La sentenza e’ stata impugnata per cassazione da (OMISSIS) s.r.l., sulla base di due motivi.
Hanno replicato con controricorso la curatela del fallimento e il creditore istante Equitalia Sud s.p.a..
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con i due motivi di ricorso, connessi in quanto relativi alla medesima questione del decorso o meno del termine annuale, la societa’ denunzia la violazione e falsa applicazione della L.Fall., art. 10, del D.P.R. n. 247 del 2004, art. 1, lett. g) e dell’art. 2697, e inoltre l’omesso esame di fatti decisivi concernenti le vicende poste a base dell’annotazione in visura camerale. Lamenta che si sarebbe dovuto tener conto dell’effettiva cessazione dell’attivita’ dell’impresa, e non del dato formale evincibile dalla visura, la quale peraltro era stato oggetto di un contrasto col conservatore del registro delle imprese che aveva ritenuto di annullare la retrodatazione inizialmente disposta con riguardo al momento dell’effettiva cessazione dell’attivita’.
In questo senso l’impugnata sentenza aveva omesso di motivare su quale fosse stata la ragione da cui desumere la data esatta di avvenuta annotazione della cessazione di attivita’ e aveva in definitiva attribuito rilevanza al solo dato finale concernente la meccanizzazione della cancellazione, senza considerare che per i terzi l’annotazione di cessazione era perfettamente verificabile sin dal 15-4-2013.
Il ricorso e’ infondato.
La corte di appello ha respinto il reclamo della societa’ osservando che era da ritenere corretta la valutazione del tribunale secondo cui, in base alla visura camerale, la cancellazione dal registro delle imprese era avvenuta non oltre il termine di cui alla L.Fall., art. 10.
La relativa decorrenza era pacificamente identificabile in tale data, e non in quella di affermata effettiva cessazione dell’attivita’ d’impresa, essendo irrilevante, rispetto alla tutela dell’affidamento dei terzi, l’iter del procedimento amministrativo di rettifica della data di cancellazione, oltre tutto conclusosi con l’annullamento di codesta iniziale rettifica.
La tesi della ricorrente si incentra invece sul rilievo che la corte d’appello avrebbe dovuto verificare quale fosse l’effettiva data di cessazione cui riferire l’annotazione al registro delle imprese, “a prescindere da quanto riportato nelle diverse visure camerali”, la cui non univoca indicazione era “conseguita allo scorretto comportamento del conservatore”.
Ma deve osservarsi che, ai fini della decorrenza del termine annuale entro il quale può essere dichiarato il fallimento di un’impresa svolta in forma societaria, secondo la L.Fall., art. 10, occorre far riferimento solo alla data di cancellazione dal registro delle imprese in rapporto alle risultanze della visura.
Non rileva, cioe’, nei confronti dei terzi, quale sia stata l’eventuale diversa data di effettiva cessazione, poiche’ rispetto alle risultanze della visura l’impresa non ha la possibilita’ di dimostrare il momento asseritamente anteriore di una tale condizione di fatto (cfr., in rapporto all’imprenditore individuale ma con chiara estensibilita’ del principio all’impresa collettiva, Sez. 1^ n. 8092-16).
Ne’ può annettersi minimo rilievo a quale sia stato l’iter procedimentale che, presso il registro, abbia portato all’individuazione della data di cancellazione. E a mò di esempio può utilmente rammentarsi che e’ stato da questa corte altresi’ affermato il principio secondo cui, ai fini della decorrenza del termine annuale entro il quale può essere dichiarato il fallimento di un’impresa svolta in forma societaria, non interessa neppure il diverso momento in cui sia stata presentata presso il registro delle imprese la domanda di cancellazione (v. Sez. 1″ n. 10105-14).
L’impugnata sentenza, con accertamento di fatto insindacabile in questa sede, ha affermato che la data di cessazione risultante dalla visura camerale era quella del 9-5-2013. E tanto e’ sufficiente a ritenere legittima la pronuncia di fallimento.
Spese alla soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese processuali, che liquida per ciascuna delle parti resistenti in Euro 7.800,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori e rimborso forfetario di spese generali nella percentuale di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 – quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
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