Corte di Cassazione sentenza n. 24661 depositata il 10 agosto 2022
art. 37-bis abuso del diritto o elusione fiscale (ora art. 10-bis della L. n. 212/2000) – vizi di motivazione della sentenza
FATTI DI CAUSA
1. S.G. ricorreva dinanzi alla C.t.p. di Catania per impugnare l’avviso di accertamento n. RJ81003955 per IRPEF ed ILOR per l’anno d’imposta 1997, avviso seguito ad un verbale redatto dalla Guardia di finanza in base alla quale l’Agenzia delle Entrate di Catania sosteneva la fittizia intestazione di quote sociali della A. SRL da parte di terzi al fine di far conseguire al ricorrente e al figlio Antonio Spampinato un risparmio di imposta. In particolare, il risparmio derivava dalla circostanza che il capitale veniva frazionato in quote non superiore al 10% con la conseguenza che, in occasione della successiva cessione di tutte le quote sociali alla Mipien s.p.a., la plusvalenza aveva scontato l’aliquota forfettaria del 2% in luogo di quella ordinaria del 25%.
2. La C.t.p. di Catania, con la costituzione dell’Ufficio finanziario, rigettava il ricorso.
3. Avverso detta decisione proponeva appello il contribuente per motivi procedurali nonché facendo rilevare che l’operazione di frazionamento era stata eseguita allo scopo di ottenere un risparmio di imposta.
4. La C.t.r., in riforma della sentenza impugnata, accoglieva l’appello del contribuente con annullamento dell’atto impugnato.
5. La sentenza della C.t.r. della Sicilia è stata impugnata dall’Ufficio sulla scorta di tre motivi.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.1.Con il primo motivo di ricorso, la ricorrente lamenta: «Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 53, d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 e 112 cod. proc. civ., in rapporto all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.».
1.2 Con il secondo motivo di ricorso, la ricorrente lamenta: «Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 37 – bis, quarto e quinto comma, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 e dell’art. 12 della legge 27 luglio 2000, n. 212, in rapporto all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.».
1.3 Con il terzo motivo di ricorso la ricorrente lamenta: «Vizio di motivazione in rapporto all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. ».
2. Il primo motivo è inammissibile.
Con esso, l’Agenzia lamenta l’error in procedendo nella parte in cui, nella sentenza impugnata, si sia omesso di rilevare l’inammissibilità dell’appello proposto dal contribuente, non esaminando la relativa eccezione nell’atto di controdeduzioni.
La ricorrente ha espressamente limitato l’ambito del motivo di impugnazione alla nullità della sentenza facendo esplicito riferimento all’art. 360 primo comma, n. 4 cod. proc. civ richiamando l’art. 112 cod. proc. civ. come se i giudici del gravame fossero incorsi nella violazione della richiamata norma.
Soccorre, in proposito, un principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità in tema di ricorso per cassazione, secondo il quale l’esercizio del potere di esame diretto degli atti del giudizio di merito, riconosciuto alla Suprema Corte ove sia denunziato un error in procedendo, presuppone l’ammissibilità del motivo, ossia che la parte riporti in ricorso gli elementi ed i riferimenti che consentono di individuare, nei suoi termini esatti e non genericamente, il vizio suddetto, così da consentire alla Corte di effettuare il controllo sul corretto svolgimento dell’iter processuale senza compiere generali verifiche degli atti ( v. Cass. Sez. Un., 27/12/2019, n. 34469; Cass. 25/9/2019, n. 23834; Cass. 2/2/2017 n. 2771; Cass. Sez. U. 19/4/2016, n. 7701). A tale stregua, quando nel ricorso si lamentino errores in procedendo, e questa Corte si ponga quale giudice del fatto processuale, con potere di esaminare direttamente gli atti di causa, il ricorrente non può considerarsi esente dall’indicare gli elementi, le precisazioni ed i riferimenti necessari al Giudice di legittimità per avere piena cognizione della violazione processuale, non implicando la denunzia di un error in procedendo il dovere di questa Corte di ricercare genericamente atti processuali, colmando con indagini integrative le lacune dell’indicazione delle circostanze rilevanti per la valutazione della decisività della questione ( v. Cass. 18/7/2002, n. 10410).
3. Il secondo motivo è inammissibile oltre che infondato.
Con esso l’Agenzia lamenta l’error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata, si asserisce verificato il vizio di nullità eccepito dal contribuente, in quanto il contraddittorio previsto dall’art. 37, d.P.R. n. 600 del 1973 si sarebbe comunque verificato nel corso delle attività ispettive siccome accertate nel PVC.
In particolare, deduce l’Agenzia ricorrente che si è in presenza di un accertamento fondato su un P.V.C. nei confronti di S.G., a seguito di accesso: il che supera l’eccezione formulata dal contribuente di nullità dell’accertamento per mancato invio della richiesta di spiegazioni, dato che il legislatore richiede questo adempimento quando la fattispecie elusiva è formulata dall’amministrazione finanziaria tramite un atto di accertamento non preceduto da PVC ed emesso senza un preventivo contraddittorio con il contribuente. Invece, deduce l’agenzia ricorrente, l’amministrazione finanziaria, nel caso di specie, non solo ha provveduto alla richiesta di chiarimenti in sede di accesso, ma ha anche descritto esaustivamente nel PVC la fattispecie elusiva prospettata e le ragioni per le quali sono state disattese le spiegazioni fomite dal contribuente.
3.1 Il motivo è inammissibile in quanto è stato formulato facendo semplice e generico rinvio agli atti di causa ma senza trascriverne, sia pure parzialmente, il contenuto, in particolare avuto riguardo al contenuto del P.V.C., così non consentendo, nel rispetto del principio di autosufficienza, a codesta Corte di svolgere il proprio sindacato.
Secondo il costante insegnamento di codesta Suprema Corte, la parte che, in sede di ricorso per cassazione, lamenti vizi di motivazione della sentenza impugnata, ha l’onere di indicare in modo esaustivo le circostanze di fatto che potevano condurre, se adeguatamente considerate, ad una diversa decisione, in quanto il detto ricorso deve risultare autosufficiente e, quindi, contenere in sé tutti gli elementi che diano al giudice di legittimità la possibilità di provvedere al diretto controllo della motivazione della decisione impugnata, non essendo sufficiente un generico rinvio agli atti ed alle risultanze processuali (Cass. 27/01/2012, n. 1166).
Nella fattispecie in esame, l’Agenzia delle Entrate si è limitata a prospettare le asserite carenze motivazionali della sentenza impugnata, ma non ha riportato in ricorso gli elementi da cui desumere le carenze medesime al fine di soddisfare il requisito della specificità e completezza del motivo in maniera tale da consentire, nel raffronto tra i predetti atti, il vaglio della specificità dei motivi posti a fondamento del secondo, ed il conseguente controllo della decisività del fatto controverso.
3.2. È poi infondato, alla luce del consolidato orientamento di codesta Corte (Cass. 26/07/2021, n. 21350) per cui in tema d’imposte sui redditi, l’art. 37-bis, quarto e quinto comma, d.P.R. n. 600 del 1973 prevede un rigoroso procedimento d’instaurazione del contraddittorio, caratterizzato da scansioni predeterminate, in cui, a pena di nullità, l’avviso di accertamento deve essere emanato previa richiesta di chiarimenti al contribuente e deve essere specificamente motivato in relazione alle giustificazioni fomite. È pertanto nullo l’avviso di accertamento che, oltre a non contenere una specifica motivazione in relazione alle giustificazioni fomite dal contribuente, ai sensi dell’art. 37-bis, quinto comma, d.P.R. n. 600 del 1973, sia stato emesso all’esito di un procedimento iniziato con una richiesta di chiarimenti non rispettosa delle prescrizioni contenute del richiamato articolo al comma 4 e, pertanto, inidonea ad instaurare un giusto contraddittorio con il contribuente. Nucleo essenziale ai fini della validità dell’avviso di accertamento è dato, pertanto, oltre che dall’obbligo di motivazione dell’avviso di accertamento in relazione alle giustificazioni fomite dal contribuente, anche dalla contestazione, nell’avviso iniziale, dei profili di elusività di cui all’art. 37-bis, primo e secondo comma, d.P.R. n. 600 del 1973 (Cass. 22/05/2020, n. 9513).
L’art. 37-bis, quarto comma, d.P.r. n. 600 del 1973 recita testualmente «L’avviso di accertamento è emanato, a pena di nullità, previa richiesta al contribuente anche per lettera raccomandata, di chiarimenti da inviare per iscritto entro sessanta giorni dalla data di ricezione della richiesta nella quale devono essere indicati i motivi per cui si reputano applicabili i commi 1 e 2». Il comma 5 inoltre prescrive che «l’avviso di accertamento deve essere specificamente motivato, a pena di nullità, in relazione alle giustificazioni fomite dal contribuente… »
Sulla base del delineato quadro normativo, questa Corte ha reiteratamente affermato che assume rilievo invalidante dell’accertamento medesimo la mancata osservanza del contraddittorio procedimentale prescritto dall’art 37-bis, quarto e quinto comma, d.P.R. n. 600 del 1973 e, in particolare, la mancata previa richiesta di chiarimenti da inviare per iscritto entro 60 giorni dalla data di ricezione della richiesta medesima, nella quale devono essere indicati i motivi per cui si reputano applicabili il citato art. 37bis, primo e secondo comma (Cass. 28/11/2018, n. 30770).
La disciplina espressamente prevista dalla norma prevede una rigorosa scansione dell’attività preparatoria all’eventuale emissione dell’avviso di accertamento – con cui si intende contestare al contribuente la natura elusiva delle operazioni realizzate – ed il rigore è fondato sulla necessità prioritaria, valutata dal legislatore con particolare attenzione, della instaurazione del contraddittorio secondo regole predeterminate. A tal fine anzi si è avvertito come la richiesta di chiarimenti per iscritto, concorrendo alla valutazione del fine elusivo dell’operazione, non può considerarsi sostituita da forme equipollenti quali l’attività svolta da verbalizzanti o dalle eventuali dichiarazioni del contribuente in sede di verifica (Cass. 16/01/2015, n. 693),
Di poi, la motivazione dell’avviso deve contenere un esplicito riferimento alle giustificazioni fomite dal contribuente e la violazione delle regole dettate dal citato art. 37 bis, quarto e quinto comma, comporta che la loro violazione sia penalizzata con la nullità dell’atto impositivo (Cass. 31/01/2017, n. 2439, Cass. 30/01/2018, n. 2239).
4. Dall’inammissibilità ed infondatezza dei primi due motivi discende l’assorbimento del terzo motivo di ricorso ossia quello relativo alla carenza e contraddittorietà della motivazione della sentenza impugnata in ordine ai fatti processuali.
5. In conclusione, il ricorso va rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo. Rilevato che risulta soccombente parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura generale, non si applica l’art. 13, comma 1–quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
PQM
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente alla rifusione delle spese di lite che liquida in € 7.800,00 oltre ad € 200,00 per esborsi, rimborso forfettario nella misura del 15 % oltre ad IVA e c.p.a. come per legge.
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