CORTE di CASSAZIONE – Sentenza n. 25075 depositata il 23 agosto 2023
Lavoro – Pensione di anzianità – Deroga al regime delle “finestre” – Termine di decorrenza ex art. 12 del D.L. n. 78/2010 – Data di decorrenza individuata dalla legge quale elemento costitutivo del diritto alla prestazione pensionistica – Onere di riproposizione della domanda allorché difetti uno dei requisiti per accedere alla pensione di anzianità – Rigetto
Fatti di causa
1.– La signora B.R.P., in mobilità dal mese di agosto 2009, ha presentato domanda di pensione di anzianità il primo giugno 2011 e ha chiesto l’applicazione del regime di deroga previsto dal decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, nella legge 30 luglio 2010, n. 122.
L’INPS ha respinto la domanda, il 22 luglio 2011, e ha puntualizzato che la domanda sarebbe stata riesaminata, ove fosse stato accertato il diritto della lavoratrice di godere della deroga al regime delle “finestre”.
Contro il diniego dell’INPS la signora P. ha proposto ricorso amministrativo, respinto il 26 settembre 2013.
L’INPS ha poi accolto, a decorrere dal 1° novembre 2013, la nuova domanda di pensione di anzianità, presentata il 23 ottobre 2013.
La signora P., sul presupposto che la pensione di anzianità dovesse esserle riconosciuta a partire dal 1° marzo 2012, ha chiesto e ottenuto un decreto ingiuntivo nei confronti dell’INPS, per l’importo di Euro 31.459,60, relativo ai ratei arretrati della prestazione pensionistica.
L’INPS ha proposto opposizione contro il decreto ingiuntivo e il Tribunale di Milano l’ha accolta, con sentenza n. 1774 del 2016, che ha revocato il provvedimento monitorio.
Nel motivare la decisione, il giudice di primo grado ha osservato che, al momento della presentazione della domanda, il diritto alla decorrenza del trattamento pensionistico non era ancora sorto. Tale diritto si è perfezionato solo il 1° marzo 2012, trascorsi dodici mesi dalla maturazione dei requisiti.
Quanto alla possibilità di avvalersi del regime di salvaguardia, adombrata nel provvedimento del 22 luglio 2011 e comunque circoscritta a un numero limitato di lavoratori, non vale a mutare il carattere di tale provvedimento, che si configura pur sempre come un rigetto.
A fronte d’un siffatto provvedimento, la lavoratrice avrebbe dovuto presentare una nuova domanda di pensione.
Ne consegue che è corretta la scelta dell’INPS di liquidare la pensione a far tempo dal 1° novembre 2013, primo giorno del mese successivo alla presentazione della domanda (23 ottobre 2013).
2.– La signora B.R.P. ha interposto gravame, evidenziando che il provvedimento del 22 luglio 2011 presentava un carattere meramente interlocutorio, di sospensione della domanda, e che l’Istituto nessun ragguaglio aveva fornito in merito al progredire dell’istruttoria sull’applicabilità del regime di salvaguardia.
3.– Con sentenza n. 623 del 2017, depositata il 6 giugno 2017, la Corte d’appello di Milano ha respinto il gravame e ha confermato la pronuncia del Tribunale.
3.1.– A fondamento della decisione, la Corte territoriale premette che, in base alla regola sancita dall’art. 22, quinto comma, della legge 30 aprile 1969, n. 153, la pensione di anzianità decorre dal primo giorno del mese successivo a quello della presentazione della domanda.
Alla data di presentazione della domanda, il primo giugno 2011, l’appellante non aveva ancora maturato il diritto alla pensione di anzianità, così come ridefinito dal regime delle “finestre” di cui all’art. 12 del d.l. n. 78 del 2010.
Era necessaria, pertanto, la ripresentazione d’una nuova domanda, dopo il perfezionamento di tutti i requisiti per accedere alla pensione di anzianità.
3.2.– Né a diverse conclusioni si può giungere per il fatto che l’INPS abbia dichiarato di sospendere la domanda. Tale sospensione riguarda la «sola richiesta di avvalersi del regime di salvaguardia», «per legge limitato a 10.000 posizioni, da individuarsi in base alla graduatoria elaborata dall’INPS» (pagina 4). Nessuna attinenza ha la sospensione con la domanda di pensione di anzianità.
4.– La signora B.R.P. ricorre per cassazione contro la sentenza della Corte d’appello di Milano, con atto notificato il 4 agosto 2017.
5.– L’INPS resiste con controricorso, notificato il 13 settembre 2017.
6.– Il ricorso, dopo l’infruttuosa trattazione camerale del 24 novembre 2022, è stato fissato per la trattazione alla pubblica udienza del 24 maggio 2023.
La causa è stata trattata in camera di consiglio, senza l’intervento del Procuratore Generale e dei difensori delle parti, in quanto nessuno degl’interessati ha formulato istanza di discussione orale ai sensi dell’art. 23, comma 8-bis, del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, inserito dalla legge di conversione 18 dicembre 2020, n. 176 (così come da ultimo prorogato con l’art. 8, comma 8, del decreto-legge 29 dicembre 2022, n. 198, convertito, con modificazioni, nella legge 24 febbraio 2023, n. 14).
7.– Il Pubblico Ministero ha chiesto di rigettare il ricorso.
8.– La parte ricorrente ha depositato memoria illustrativa, ai sensi dell’art. 378, secondo comma, cod. proc. civ.
Ragioni della decisione
1.– Il ricorso della signora B.R.P. procede per quattro motivi.
1.1.– Con il primo mezzo (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.), la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 22 della legge n. 153 del 1969, della legge 24 dicembre 2007, n. 247, e del d.l. n. 78 del 2010.
Avrebbe errato la Corte territoriale nel configurare la decorrenza del diritto come elemento costitutivo del diritto stesso, in contrasto con i principi enunciati da Cass., S.U., 15 dicembre 2015, n. 25204. La ricorrente afferma che, al momento della presentazione della domanda, tutti i requisiti erano soddisfatti. Né il provvedimento dell’INPS si configurerebbe come un provvedimento di rigetto, così da rendere indispensabile la presentazione d’una nuova domanda.
1.2.– Con la seconda censura (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.), la ricorrente si duole della violazione dell’art. 38 Cost. La condotta dell’INPS, nel negare la pensione a chi aveva già da due anni cessato di lavorare e rientra nel novero degli “esodati”, frustrerebbe «le legittime aspettative» e il «diritto costituzionalmente tutelato» dall’art. 38 Cost. (pagina 11 del ricorso per cassazione), già sacrificato dall’introduzione del regime delle “finestre”.
1.3.– Con la terza critica (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.), la ricorrente denuncia violazione degli artt. 1175, 1176 e 1218 cod. civ. e degli artt. 3, 38 e 97 Cost.
L’INPS, in spregio ai canoni di buona fede e di correttezza, prescritti dagli artt. 1175 e 1176 cod. civ., non avrebbe informato la ricorrente dell’esito della procedura di salvaguardia e del mancato inserimento nella graduatoria e avrebbe così leso i «diritti fondamentali costituzionalmente garantiti» dagli artt. 38 e 97 Cost. (pagina 13 del ricorso per cassazione).
1.4.– Con la quarta doglianza, la ricorrente allega, infine, «omessa valutazione di fatti decisivi».
La sentenza impugnata non avrebbe considerato che, anche secondo l’INPS, la ricorrente avrebbe acquisito il diritto a far data dal 1° marzo 2012 e non avrebbe ricevuto alcuna informazione in ordine alla sua posizione nella graduatoria. La Corte territoriale avrebbe poi omesso di rilevare che la ricorrente sarebbe rimasta priva di reddito e di tutela previdenziale. Il pregiudizio sarebbe stato aggravato per effetto della «condotta omissiva, contraddittoria e dilatoria dell’INPS» (pagina 14 del ricorso per cassazione).
2.– Il primo motivo è infondato.
2.1.– Nel caso di specie, è pacifico che, al momento di presentazione della prima domanda (1° giugno 2011), non fosse ancora maturato il termine di decorrenza indicato dall’art. 12 del d.l. n. 78 del 2010.
Qualificando tale termine come elemento costitutivo del diritto, la sentenza impugnata ha ritenuto necessaria la presentazione d’una nuova domanda.
La decisione non incorre nelle violazioni di legge denunciate.
2.2.– Per giurisprudenza consolidata di questa Corte, la pensione di anzianità decorre dal primo giorno del mese successivo a quello della presentazione della domanda (art. 22, quinto comma, della legge n. 153 del 1969) e il rigetto della domanda impone di ripresentarla, allorché tutti i requisiti risultino integrati (Cass., sez. VI-L, 31 luglio 2014, n. 17511).
Non si può attribuire rilievo alla prima domanda, allo scopo di far decorrere la prestazione dal momento in cui, a domanda già respinta, maturano i requisiti: il procedimento instaurato in seguito alla presentazione della prima domanda non può rimanere aperto sine die (Cass., sez. lav., 27 luglio 2004, n. 14132).
2.3.– Tali principi, affermati ex professo per il difetto dei requisiti assicurativi e contributivi, si attagliano anche all’odierna fattispecie.
Questa Corte, invero, è costante nell’affermare che «la decorrenza della pensione di anzianità in base alle regole delle “finestre” indicate dalla legge 8 agosto 1995, n. 335, art. 1, comma 29, e dalla legge 27 dicembre 1997, n. 449, art. 59, commi 6 e 8, rappresenta un elemento costitutivo dello stesso diritto a pensione, il quale, pertanto, si perfeziona soltanto nel momento in cui matura la data di decorrenza fissata dalla legge, essendo quindi irrilevante, per l’insorgenza di siffatto diritto, che l’assicurato abbia, prima del predetto momento, conseguito il prescritto requisito contributivo e presentato domanda di pensione (cfr. Cass. n. 18041 del 2007, n. 23094 del 2008, n. 20235 del 2010 e n. 6840 del 2014; Cass. n. 16532 del 2015; conf. da ultimo Cass. n. 15879 del 2017); in tal modo, il momento di perfezionamento di tale diritto diventa il momento in cui questo tempo è decorso: momento che va identificato nella data di apertura della “finestra” indicata caso per caso dalla legge; e questa volontà normativa ha fondamento nella stessa natura del tempo, quale (ulteriore) integrazione dell’età anagrafica (Cass. n. 23094 del 2008 cit.; cfr. pure Cass. n. 13626 del 2005, n. 18041 del 2007)» (Cass., sez. lav., 25 agosto 2018, n. 13181).
Né a diverse conclusioni si può giungere per il regime delle “finestre”, modulato in termini analoghi dall’art. 12 del d.l. n. 78 del 2010.
Il maturare della decorrenza indicata dalla legge, quale integrazione del requisito anagrafico, si atteggia, dunque, come un elemento costitutivo del diritto a pensione e questa peculiarità giustifica la necessità di ripresentare la domanda, allorché anche tale elemento costitutivo sia integrato.
2.4.– Tali conclusioni non confliggono con i principi affermati da Cass., S.U., 15 dicembre 2015, n. 25204 (pagine 8 e 9 del ricorso per cassazione), che nessuna attinenza presentano con il regime delle “finestre” e riguardano la diversa fattispecie della sostituzione della pensione d’inabilità con l’assegno sociale, in concomitanza con il primo giorno del mese successivo al compimento del sessantacinquesimo anno di età.
Nella disciplina delle “finestre”, per espressa volontà del legislatore, la data di decorrenza individuata dalla legge assurge a elemento costitutivo del diritto alla prestazione.
Né, per smentire tale configurazione, la parte ricorrente prospetta argomenti risolutivi: nella memoria illustrativa depositata in vista della trattazione all’udienza pubblica (pagina 1), si enfatizza il legittimo affidamento che la parte ha riposto nell’inserimento della lista dei lavoratori “salvaguardati”, lista progressivamente estesa dal legislatore.
Tale dato di fatto, tuttavia, è ininfluente e non muta le particolarità del regime delle “finestre” definito dalla legge.
2.5.– Né si può sminuire il provvedimento adottato dall’INPS il 22 luglio 2011 come mero provvedimento interlocutorio, di “sospensione” della domanda.
Si tratterebbe di un tertium genus d’incerta collocazione, che comunque non dispenserebbe la parte istante dall’onere di riproporre la domanda, in considerazione dell’esito che la prima domanda ha sortito, ben lungi dall’essere satisfattivo della pretesa fatta valere.
Del provvedimento dell’INPS la Corte territoriale ha delineato, peraltro, una interpretazione plausibile, osservando che la sospensione riguardava soltanto la riserva di vagliare l’eventuale inserimento della ricorrente in una speciale graduatoria di lavoratori, esentati dall’applicazione delle regole fissate dal d.l. n. 78 del 2010.
Che poi il provvedimento non fosse meramente interlocutorio, è confermato dal fatto che, a quella data, comunque non sussistevano i requisiti per fruire della pensione di anzianità e che l’odierna ricorrente ha proposto ricorso amministrativo, respinto il 26 settembre 2013: la proposizione del ricorso amministrativo attesta per tabulas il carattere pregiudizievole del provvedimento, che altrimenti la ricorrente non avrebbe avuto alcun interesse ad impugnare.
Il provvedimento, nella sua essenza, si profila come un rigetto ed è irrilevante l’illegittimità di tale rigetto, adombrata nella memoria illustrativa (pagina 2), sul presupposto che nessun diniego potesse essere opposto in pendenza dell’istruttoria sulla domanda di salvaguardia.
L’esito sfavorevole, a prescindere dai vizi lamentati, comunque imponeva di ripresentare la domanda.
È, del pari, ininfluente che la domanda non sia stata ripresentata in virtù del legittimo affidamento suscitato dalla condotta reticente dell’INPS. La condotta di cui si discute potrà essere foriera d’un pregiudizio risarcibile, ma non potrà esonerare dall’osservanza di un obbligo di legge o indurre a considerarlo comunque adempiuto.
2.6.– Tali conclusioni sono coerenti con il ruolo essenziale che la presentazione della domanda riveste con riferimento alla pensione di anzianità (da ultimo, Cass., sez. lav., 15 febbraio 2023, n. 4688) e che rappresenta un tratto distintivo qualificante rispetto alla pensione di vecchiaia (art. 6 della legge 23 aprile 1981, n. 155).
Né l’onere di riproposizione della domanda, dopo l’originario vaglio negativo, si rivela eccessivamente gravoso e conculca i diritti del lavoratore in modo irragionevole e sproporzionato.
2.7.– In ultima analisi, il motivo di ricorso dev’essere respinto, in applicazione del seguente principio di diritto: «In base alla regola generale sancita dall’art. 22, quinto comma, della legge 30 aprile 1969, n. 153, la pensione di anzianità decorre dal primo giorno del mese successivo a quello di presentazione della domanda. Qualora, alla data di presentazione della domanda, difetti uno degli elementi costitutivi del diritto alla pensione di anzianità, come la decorrenza del termine individuato dall’art. 12, comma 2, lettera a), del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, nella legge 30 luglio 2010, n. 122, e l’esame della domanda non si sia concluso con un esito favorevole alla parte istante, è necessario presentare una nuova domanda, allorché tutti i requisiti per accedere alla pensione di anzianità risultino soddisfatti».
3.– La seconda censura è inammissibile.
3.1.– In linea generale, la violazione delle norme costituzionali non può essere prospettata direttamente come motivo di ricorso per cassazione ex art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., in quanto il contrasto tra la decisione impugnata e i parametri costituzionali si realizza sempre per il tramite dell’applicazione d’una norma di legge e dev’essere sottoposto allo scrutinio di questa Corte mediante l’eccezione d’illegittimità costituzionale della norma applicata (Cass., S.U., 12 novembre 2020, n. 25573).
La violazione o la falsa applicazione delle norme costituzionali può essere prospettata direttamente come motivo di ricorso per cassazione ex art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., solo quando tali norme siano d’immediata applicazione e non sussistano disposizioni di rango legislativo, di cui si possa sindacare la conformità ai precetti della Carta fondamentale (Cass., S.U., 6 aprile 2022, n. 11167).
3.2.– Nel caso di specie, la censura si limita a denunciare la violazione dell’art. 38 Cost., senza neppure confrontarsi con la disciplina legislativa che è intervenuta ad attuare i principi costituzionali.
Né, dalla Carta fondamentale, con riferimento al peculiare trattamento della pensione di anzianità, si possono evincere diritti immediatamente azionabili, anche senza l’ineludibile mediazione della legge.
Il motivo di ricorso non solleva circostanziate e pertinenti eccezioni d’illegittimità costituzionale e, nell’evocare la violazione dell’art. 38 Cost., non si cura di confutare l’orientamento del giudice delle leggi, che delimita la garanzia dell’art. 38 Cost., in quanto legata allo stato di bisogno, «alle pensioni che trovavano la loro causa nella cessazione dell’attività lavorativa per ragioni di età e non anche a quelle il cui presupposto consisteva nel mero avvenuto svolgimento dell’attività stessa per un tempo predeterminato (sentenza n. 194 del 1991), così come nel caso dei trattamenti pensionistici di anzianità» (sentenza n. 416 del 1999, punto 4.1. del Considerato in diritto).
Su tale orientamento, confermato dalle ordinanze n. 10 del 2011 e n. 278 del 2003, fanno leva anche la difesa dell’Istituto (pagina 8 del controricorso) e le considerazioni svolte dall’ufficio della Procura Generale (pagina 2 delle conclusioni scritte).
3.3.– A supporto della censura, il ricorso non illustra, pertanto, argomenti adeguati, che si cimentino con il quadro normativo e con la giurisprudenza costituzionale di riferimento e diano consistenza agli eventuali dubbi d’incostituzionalità.
Tale carenza induce a dichiarare l’inammissibilità del motivo, irrimediabilmente generico.
4.– Inammissibile si rivela anche la terza critica.
4.1.– La ricorrente stigmatizza il comportamento dell’INPS, perché difforme rispetto agli obblighi di buona fede e correttezza che devono permeare anche l’azione della pubblica amministrazione. Nessuna informazione, nessun chiarimento l’INPS avrebbe fornito in ordine all’inserimento della lavoratrice nella speciale graduatoria di soggetti eccettuati dall’applicazione della normativa sulle “finestre”.
4.2.– La violazione degli obblighi di buona fede e correttezza potrebbe rilevare sul versante risarcitorio. Al soggetto che si professa danneggiato spetta l’onere di allegare e dimostrare il pregiudizio risarcibile arrecato dalle inosservanze dell’Istituto. L’eventuale condotta antigiuridica dell’Istituto non implica, tuttavia, l’attribuzione della prestazione pensionistica, che è subordinata alla rigorosa dimostrazione della sussistenza dei relativi presupposti.
Nel caso di specie, le deduzioni che corredano il terzo mezzo sono del tutto disancorate dal petitum e dalla causa petendi dell’azione concretamente intrapresa dall’odierna ricorrente, che verte sulla richiesta della prestazione, sulla base del possesso di tutti i requisiti di legge (cfr., in tal senso, anche pagina 9 del controricorso).
Non è senza significato che la ricorrente abbia proposto un ricorso per ingiunzione, sul presupposto della certezza, della liquidità e dell’esigibilità del credito. Requisiti che esulano dal credito risarcitorio tratteggiato nel contesto del terzo motivo.
4.3.– Ne discende che il motivo sottende questioni estranee al tema controverso, attinente al riconoscimento d’una prestazione di cui occorre dedurre e provare i presupposti, e comunque è privo di decisività, in quanto l’eventuale contegno illecito dell’ente previdenziale non implicherebbe il sorgere del diritto alla pensione di anzianità, ma soltanto, a tutto concedere, un diritto al risarcimento dei danni causalmente riconducibili a tale contegno.
4.4.– Ne deriva l’inammissibilità della censura proposta.
5.– Inammissibile, infine, è anche la quarta doglianza.
5.1.– Rubricata come «omessa valutazione di fatti decisivi», la censura è riconducibile, nel suo nucleo essenziale, al vizio tipazzato dall’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ.: omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, che è stato oggetto di discussione fra le parti.
5.2.– A prescindere da ogni rilievo sulla conformità dei fatti che si indicano come pretermessi al rigoroso paradigma delineato dal codice di rito (Cass., S.U., 7 aprile 2014, n. 8053), riveste importanza cruciale la considerazione che tale vizio non può essere utilmente dedotto a fronte d’una decisione d’appello che confermi, per le medesime ragioni di fatto, la pronuncia di primo grado (art. 348-ter, quinto comma, cod. proc. civ., nella formulazione ratione temporis applicabile).
Né la parte ricorrente ha indicato elementi di sorta per avvalorare la diversità delle ragioni di fatto che sorreggono le due decisioni di merito.
5.3.– È fondata, pertanto, l’eccezione d’inammissibilità formulata dall’INPS nel controricorso (pagina 9).
6.– Ne discende che il ricorso dev’essere, nel suo complesso, respinto.
7.– La parziale novità delle questioni dibattute e la complessità del quadro normativo di riferimento, approfondito in tutte le sue implicazioni solo in epoca successiva alla pronuncia della sentenza d’appello e alla proposizione dell’odierno ricorso, giustificano l’integrale compensazione delle spese del presente giudizio.
8.– Il rigetto del ricorso, proposto successivamente al 30 gennaio 2013, impone di dare atto dei presupposti dell’obbligo della parte ricorrente di versare un ulteriore importo pari a quello previsto per l’impugnazione, ove dovuto (Cass., S.U., 20 febbraio 2020, n. 4315).
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e compensa integralmente le spese del presente giudizio.
Dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dell’art. 13 del d.P.R. n. 115 del 2002, ove dovuto.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- TRIBUNALE DI BRESCIA - Sentenza 25 gennaio 2022 - In tema di rapporto di lavoro alle dipendenze di una società di capitali, come non sussiste alcuna incompatibilità al principio tra la qualità di componente (non unico) dell’organo di gestione e quella…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 21 marzo 2022, n. 9163 - In tema di contributi a percentuale dovuti sul reddito eccendente il minimale il fatto costitutivo dell'obbligazione contributiva è costituito dall'avvenuta produzione, da parte del lavoratore…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 21 ottobre 2021, n. 29362 - Il requisito costitutivo dell'età anagrafica per la pensione supplementare dev'essere perfezionato al momento della domanda amministrativa, restando privo di qualsivoglia rilevanza il…
- CORTE di CASSAZIONE - Sentenza n. 13500 depositata il 17 maggio 2023 - Risoluzione del rapporto di lavoro per raggiungimento i limiti di età ed i requisiti della pensione di anzianità. Il diritto alla pensione di anzianità, invece, si consegue con il…
- CORTE di CASSAZIONE - Ordinanza n. 25360 depositata il 28 agosto 2023 - L'applicazione del cd. coefficiente di neutralizzazione sull'anzianità maturata dopo la delibera della Cassa del 7 giugno 2003 non viola il principio del "pro rata" garantito…
- CORTE di CASSAZIONE - Ordinanza n. 851 depositata il 9 gennaio 2024 - Il diritto alla pensione di anzianità per gli iscritti alla Gestione commercianti matura al raggiungimento del coefficiente 96, risultante dalla somma dell’anzianità anagrafica e…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- IMU: no all’esenzione di abitazione principa
La Corte di Cassazione. sezione tributaria, con l’ordinanza n. 9496 deposi…
- Il consulente tecnico d’ufficio non commette
La Corte di Cassazione, sezione penale, con la sentenza n. 15642 depositata il 1…
- ISA 2024 le cause di esclusione per l’anno 2
La legge istitutiva degli Indici Sintetici di Affidabilità fiscale (ISA) ha una…
- Il diritto riconosciuto dall’uso aziendale n
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 10120 depositat…
- L’indennità sostitutiva di ferie non godute
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 9009 depositata…