Corte di Cassazione sentenza n. 25863 depositata il 2 settembre 2022
giudicato esterno – deducibilità in sede di legittimità del giudicato esterno formatosi successivamente alla conclusione del giudizio di merito – la preclusione non è applicabile al caso nel quale il giudicato esterno si assume essersi formato successivamente alla conclusione del giudizio di merito
FATTI DI CAUSA
1. Va premesso in rito che, a seguito della erronea indicazione, ad opera della Cancelleria, degli estremi della sentenza impugnata, è accaduto che, all’atto del deposito del controricorso da parte dell’Agenzia delle Entrate, veniva disposta nuova iscrizione a ruolo con autonomo numero di registro (n. 28381/2020).
In detto ultimo procedimento, con ordinanza interlocutoria del 23/07/2021, n. 21185, si dava atto che non ricorrevano i presupposti di cui all’articolo 380-bis cod. proc. civ. e si rimetteva la causa alla pubblica udienza per la trattazione conqiunta con il primo ricorso iscritto a ruolo (n. 22778/2020).
2. A seguito di verifica fiscale da parte della Guardia di Finanza l’Agenzia delle Entrate notificava alla F.A. Italy s.p.a. (già F.G.A. s.p.a.) ed alla F.A. N.V., nelle rispettive qualità di società consolidata e società consolidante, avvisi di accertamento con i quali, per i periodi d’imposta 2010, 2011, 2012, recuperava a tassazione il maggior reddito derivante dalla dedotta indeducibilità di costi.
L’avviso di accertamento conseguiva ad un’attività di verifica incentrata sugli effetti, economici e fiscali, di un’operazione negoziale intercorsa tra F.G.C. s.p.a. e F.P.T. s.p.a., entrambe aderenti al regime di tassazione di gruppo, in ragione del quale la prima aveva ceduto alla seconda diritti di proprietà industriale e quest’ultima aveva concesso alla cedente il diritto d’uso dei medesimi diritti contro il pagamento di royalty e di maggiori prezzi di cessione di motori e trasmissione.
L’Ufficio riteneva che l’intera operazione avesse carattere elusivo in quanto aveva reso possibile la trasformazione di una perdita pregressa, maturata dalla prima società nell’anno 2003 ed in scadenza nell’anno 2008, in costi fiscalmente riconosciuti. Assumeva, infatti, che tale perdita, in assenza della manovra, pertanto ritenuta elusiva, non sarebbe stata più utilizzabile in diminuzione di risultati di esercizi positivi. In sostanza, l’Ufficio contestava alle ricorrenti che, mediante ricorso a tali operazioni, avevano aggirato gli articoli 84, comma 1, e 118, comma 2, d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, consentendo l’utilizzo indiretto delle perdite pregresse oltre il quinquennio, nell’ambito del consolidato di gruppo, e così rinnovando, di fatto, l’utilizzo di una perdita in scadenza, convertendola in costi deducibili negli anni successivi e compensabili con redditi di altre società del gruppo.
3. Gli avvisi di accertamento venivano impugnati da entrambe le società ricorrenti innanzi alla t.p. di Torino che rigettava il ricorso.
Avverso detta sentenza frapponevano appello le odierne ricorrenti innanzi alla C.t.r. del Piemonte che rigettava il gravame.
4. Avverso la sentenza della C.t.r. le due contribuenti ricorrono in cassazione, nei confronti della Agenzia delle Entrate che resiste con controricorso, sollevando in via preliminare eccezione di giudicato esterno e proponendo tre motivi di ricorso.
Le ricorrenti hanno, altresì, depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Preliminarmente va disposta la riunione dei due fascicoli relativi al medesimo ricorso, atteso che le due differenti iscrizioni a ruolo sono il frutto di un mero errore materiale conseguente all’erronea trascrizione, ad opera della Cancelleria, degli estremi della sentenza impugnata. Il fascicolo 29381/2020, di più recente iscrizione a ruolo, va riunito al fascicolo 22778/2020, più risalente.
2. Le ricorrenti sollevano, in primo luogo, eccezione di giudicato esterno in relazione alla sentenza della Commissione Tributaria regionale del Piemonte n. 842/7/18 – depositata il 10 maggio 2018 e passata in giudicato in quanto non impugnata – con la quale, in rigetto dell’appello frapposto dall’Ufficio, era stata confermata la sentenza di primo grado che, a propria volta, aveva annullato l’avviso di accertamento con il quale, in ragione della medesima operazione oggetto del presente ricorso, erano stati recuperati a tassazione maggiori redditi per l’anno
3. Con il primo motivo, le ricorrenti censurano, in relazione all’art. 360, primo comma, 3, cod. proc. civ. la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 37-bis e 43 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600. Le ricorrenti assumono la «decadenza del termine di accertamento» in quanto tutta l’operazione contestata restava confinata nell’anno 2008, sicché era in tale periodo di imposta che la fattispecie elusiva si era, in ipotesi, realizzata. Sostengono, in particolare, l’inscindibilità logico-cronologica tra l’operazione elusiva e l’effetto del vantaggio fiscale e, conseguentemente, la loro imputabilità fiscale allo stesso periodo di imposta e, precisamente, all’esercizio in cui l’operazione era stata posta in essere, ovvero il 2008.
4. Con il secondo motivo, le ricorrenti censurano, in relazione all’art. 360, primo comma, 3, cod. proc. civ. la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 37-bis e 43 d.P.R.. 29 settembre 1973, n. 600. In particolare, assumono che l’apprezzamento circa l’esistenza di valide ragioni economiche debba compiersi sul piano oggettivo e non con riferimento alla sfera psicologica dei motivi per i quali l’atto è stato compiuto. Deducono, per l’effetto, che l’operazione si apprezzava sul piano oggettivo in quanto volta ad un uso razionale e generalmente accettato delle risorse atteso che 1) si inseriva in un riassetto strategico del settore dei motori e trasmissioni, successivo alla fine della joint venture con G.M., ed era stata preceduta da acquisizioni analoghe da parte di altre società del gruppo; 2) tendeva ad unificare in capo ad un unico soggetto la proprietà intellettuale e le attività operative.
5. Con il terzo motivo, le ricorrenti censurano, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ. la violazione e/o falsa applicazione dell’artt. 7 legge 27 luglio 2000, 212, dell’art. art. 42 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, degli artt. 7 e 18 d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546.
In particolare, escludono che dall’operazione sia derivato alcun vantaggio fiscale in quanto la indeducibilità degli asseriti maggiori oneri sostenuti negli anni 2010, 2011, 2012 da F.A. Italy s.p.a. non aveva ragion d’essere, considerato che, a fronte di tali oneri, si erano concretizzati ricavi di pari importo per F.P.T. s.p.a. negli stessi anni e nell’ambito dello stesso consolidato Ires. Assumono, inoltre, che l’identificazione, di cui alla sentenza gravata, dei vantaggi tributari negli ammortamenti operati da detta ultima società e confluiti nel consolidato, non è congruente con la tesi di cui all’avviso di accertamento secondo la quale tali vantaggi erano, invece, rappresentati dei costi deducibili in capo alla prima società per royalty e incrementi di prezzo per la cessione di motori e trasmissioni. Deducono, per l’effetto, che la C.t. r. avrebbe sostanzialmente mutato l’oggetto del contendere, stravolgendo l’ipotesi elusiva.
6. L’eccezione di giudicato esterno è ammissibile.
6.1 La sentenza della C.t.r. del Piemonte n. 842/7/18, la cui efficacia di giudicato le ricorrenti hanno invocato per la prima volta con il ricorso per Cassazione, è stata pubblicata in data 10 maggio 2018, dopo che la causa era stata discussa all’udienza del 19 giugno 2017.
E’ incontroverso che detta sentenza, non essendo stata notificata, e dovendosi applicarsi la sospensione dei termini di cui all’art.6, comma 11, d.l. n. 119 del 2018, è passata in giudicato quando la sentenza oggetto dell’odierno ricorso in cassazione non era stata ancora pubblicata, sebbene la causa fosse stata ç1ià discussa. Precisamente, la pubblicazione risale al 5 febbraio 2020 ma la causa era stata già discussa all’udienza del 04 dicembre 2018.
6.2 Rimanendo nei confini del processo tributario, l’art. 35 lgs. n. 546 del 1992 prevede che «il collegio giudicante subito dopo la discussione in pubblica udienza […] delibe1 a la decisone in segreto nella camera di consiglio»; il successivo art. 37 prevede che «la sentenza è resa pubblica, nel testo integrale originale, mediante deposito nella segreteria della commissione tributaria». L’intestazione della sentenza qui impugnata, infatti, riporta che la sentenza è stata pronunciata il 4 dicembre 2018 e depositata in segreteria il 5 febbraio 2020.
Pertanto, il giudicato esterno si è formato successivamente alla deliberazione in camera di consiglio della sentenza di secondo grado qui impugnata, ma anteriormente alla sua pubblicazione.
Si pone, di conseguenza, la questione di diritto se il giudicato formatosi in tale arco temporale possa farsi valere nel giudizio di legittimità.
6.4 Le Sezioni Unite di questa Corte, in ordine alla deducibilità in sede di legittimità del giudicato esterno formatosi successivamente alla conclusione del giudizio di merito, in parte rettificando quanto già detto, sempre a Sezioni Unite, con la sentenza n. 226 del 2001, hanno precisato che l’affermazione secondo cui l’eccezione di giudicato non può essere dedotta per la prima volta in cassazione, attesa la non deducibilità di questioni nuove in sede di giudizio di legittimità, conserva tutta la sua validità con riferimento alla fattispecie (posta ad oggetto della precedente sentenza) di un giudicato esterno che si sia formato «nel corso del giudizio di merito» e che, viceversa, la medesima non è applicabile al caso «nel quale il giudicato esterno si assume essersi formato successivamente alla conclusione del giudizio di merito». Nel giustificare il distinguo, le Sezioni Unite chiariscono, tuttavia, che «è “nuova” la questione che avrebbe potuto essere sollevata nel giudizio di merito e non lo è stata», ed aggiungono che «è più che ovvio che non poteva proporsi nel giudizio di merito l’eccezione relativa ad un giudicato che si sia formato solo dopo la conclusione di quel giudizio» (Cass., Sez. U., 16/06/2006, n. 13916).
6.5 Il medesimo principio è stato ribadito con successiva sentenza nella quale, sempre a Sezioni Unite, questa Corte – fissando il principio di diritto secondo cui «nel caso in cui il giudicato esterno si sia formato nel corso del giudizio di secondo grado e la sua esistenza non sia stata eccepita, nel corso dello stesso, dalla parte interessata, la sentenza di appello che si sia pronunciata in difformità da tale giudicato è impugnabile con il ricorso per revocazione e non con quello per cassazione» – ha aggiunto che «tale soluzione è del resto coerente con la giurisprudenza delle Sezioni Unite in tema di giudicato esterno, considerato che la possibilità di dedurre per la prima volta nel giudizio di cassazione l’eccezione di giudicato esterno che, per essersi formato nelle more del giudizio di merito, poteva essere in quella sede dedotto risulta chiaramente esclusa sia dalla sentenza 226/01 che dalla sentenza 13916/ 06» (Cass., Sez. U., 20/10/2010, 21493).
Entrambe le sentenze sopra riportate, pertanto, pur facendo riferimento alla conclusione del giudizio, individuano il momento oltre il quale resta preclusa la rilevabilità nel giudizio di cassazione del giudicato esterno in ragione della possibilità o meno di proporsi l’eccezione nel giudizio di merito.
La linea di demarcazione tra la revocazione ed il ricorso per cassazione viene, di conseguenza, tracciata dalle Sezioni Unite in ragione della formazione del giudicato in un momento in cui la questione poteva o meno essere eccepita nel giudizio di secondo grado. Il riferimento alla conclusione del giudizio, contenuto nelle citate sentenze, deve, di conseguenza, essere letto unitamente all’ulteriore riferimento alla possibilità per la parte di introdurre la questione in quel giudizio.
6.5 In ragione di tali principi, fissati dalle Sezioni Unite, il Collegio ritiene di dare seguito all’orientamento già espresso da questa Corte, secondo cui nel giudizio di legittimità è opponibile il giudicato esterno con riferimento alla decisione divenuta definitiva dopo la scadenza del termine ultimo per ogni allegazione difensiva in grado d’appello (ex plurimis, 20/12/2021, n. 40721; Cass. 14/12/2021, n. 39815, Cass. 03/12/2021, n. 38189, Cass. 17/11/2021, n. 35089, Cass. 31/05/2019, n. 14883 che, nel rito ordinario, fa coincidere tale termine con quello di scadenza delle memorie di replica).
Nel processo tributario questo termine va individuato nella data dell’udienza di discussione in cui la decisione viene deliberata, e non in quello successivo della pubblicazione della sentenza.
Va disatteso, pertanto, il diverso indirizzo espresso da questa Corte in cui si è data rilevanza alla data del deposito della sentenza (v. Cass. 15/05/2020, n. 8982, Cass. 23/05/2019, n. 13987).
6.6 E’ pur vero che, in ragione del richiamo all’art. 276 cod. proc. civ., l’esistenza della sentenza è determinata dalla sua pubblicazione mediante deposito nella cancelleria del giudice che l’ha pronunciata e che tale principio discende dal rilievo secondo cui ogni adempimento anteriore alla pubblicazione della sentenza non ha rilevanza giuridica esterna ai fini del venire ad esistenza della sentenza civile, la quale è determinata, come regola generale, vigente nella specie, dalla sua pubblicazione mediante deposito nella cancelleria del giudice che l’ha pronunciata; quel che rileva, tuttavia, al fine di individuare il mezzo di gravame cui affidare l’eccezione di giudicato esterno nelle more formatosi, è che alla data della deliberazione il quadro fattuale sul quale la decisione di secondo grado deve fondarsi debba o meno considerarsi
6.7 La soluzione accolta trova conforto nella ulteriore disposizione di cui al secondo comma dell’art. 35 lgs. n. 546 del 1992 il quale prevede che il rinvio della deliberazione «quando ne ricorrano i motivi» debba comunque avvenire in quella sede, così restando implicitamente limitata la possibilità di una rinnovazione della deliberazione in epoca successiva.
Se pure con riferimento al giudizio ordinario questa Corte ha già affermato che, riservata la causa per la decisione, ha inizio la fase della deliberazione, retrattabile solo a seguito di provvedimento decisorio del giudice collegiale. Rispetto a simile eventuale statuizione, che può anche essere fondata sul rilievo di ufficio di circostanze rilevanti ai fini della decisione, non esiste alcun diritto delle parti, dopo che le stesse nell’udienza collegiale hanno presentato le proprie conclusioni e svolto le proprie difese (Cass. 27/05/2013, n. 13163).
La tesi qui sostenuta, inoltre, è in linea con la giurisprudenza di questa Corte che, se pure con riferimento al giudizio di cassazione, individua nella udienza di discussione, e precisamente prima dell’inizio della relazione, l’ultimo termine utile per far valere il giudicato esterno in caso di formazione successiva alla notifica del ricorso (Cass., Sez. U., 16/06/2006, n. 13916, Cass. 31/05/2019 n. 14883).
La data della deliberazione segna, pertanto, il confine di ogni possibile attività difensiva endo-processuale della parte.
6.7 Non convince la tesi opposta che, valorizzando il riferimento fatto dalle Sezioni Unite al termine del giudizio di secondo grado, e scolorendo il rilievo dato alla possibilità per le parti di introdurre la questione, rimette ad un’istanza di rimessione sul ruolo l’introduzione dell’eccezione di giudicato esterno formatosi successivamente all’udienza di discussione (così Cass. 23/05/2019, n. 13987).
In primo luogo, detta istanza non è in alcun modo codificata. Questa Corte, per altro, ha già affermato che dopo il passaggio della controversia nella fase decisoria, il giudice non è tenuto a rimettere la causa sul ruolo né ad esaminare eventuali sollecitazioni al riguardo, non essendo consentito alle parti di rivolgere istanze dopo l’indicato momento. (Cass. 27/05/2013, n. 13163, Cass. 05/10/1992, n. 10925). La soluzione, poi, non è in linea con la giurisprudenza di questa Corte secondo cui la morte dell’unico procuratore non comporta l’interruzione del processo ove intervenuta dopo l’udienza di discussione o lo scambio di atti ex art. 190 cod. proc. civ. (Cass. 21/01/2014 n. 1120).
7. L’eccezione di giudicato esterno è fondata.
7.1 La sentenza passata in giudicato è stata emessa dalla C.t.r. a seguito dell’impugnazione da parte delle odierne ricorrenti di altro avviso di accertamento, emesso per l’anno d’imposta 2009, e conseguito al medesimo processo verbale di constatazione del 19 dicembre 2011. Anche per l’anno 2009, infatti, l’Ufficio aveva recuperato a tassazione i maggiori redditi derivanti dalla deduzione dei costi in ragione degli stessi contratti.
La sentenza, pertanto, si è pronunciata sulla stessa operazione negoziale di cui si dibatte. Infatti, la C.t.r., confermando la sentenza di primo grado, ha escluso che l’operazione avesse natura elusiva e che avesse il mero ed esclusivo fine di utilizzo di perdite pregresse che diversamente sarebbero andate inutilizzate; riteneva, al contrario, che la medesima rispondesse alle «effettive esigenze organizzative industriali del Gruppo» individuate «nell’ esigenza di realizzare un progetto strategico di rilevante entità, quale la costituzione di una struttura operativa preposta alla gestione completa di un business di un ingente volume di affari».
7.2 Questa Corte, a Sezioni Unite,. seguita da giurisprudenza consolidata, ha affermato che l’efficacia del giudicato, riguardante anche i rapporti di durata, non trova ostacolo, in materia tributaria, nel principio dell’autonomia dei periodi d’imposta, in quanto l’indifferenza della fattispecie costitutiva dell’obbligazione relativa ad un determinato periodo rispetto ai fatti che si siano verificati al di fuori dello stesso, oltre a riguardare soltanto le imposte sui redditi ed a trovare significative deroghe sul piano normativo, si giustifica soltanto in relazione ai fatti non aventi caratteristica di durata e comunque variabili da periodo a periodo (ad esempio, la capacità contributiva, le spese deducibili), e non anche rispetto agli elementi costitutivi della fattispecie che, estendendosi ad una pluralità di periocli d’imposta (ad esempio, le qualificazioni giuridiche preliminari all’applicazione di una specifica disciplina tributaria), assumono carattere tendenzialmente permanente. (Cass., Sez. U., 16/06/2006, n. 13916 e, ex plurimis, 07/12/2021, n. 38950, Cass. 22/11/2021, n. 35920).
7.3 La sentenza passata in giudicato, come visto, si è pronunciata sulla medesima operazione, concludendo per la sua legittimità, con statuizione che non può più essere rivista in questa sede e che costituisce il presupposto impositivo degli avvisi di accertamento qui impugnati. La stessa, infatti, ha avuto ad oggetto il medesimo rapporto giuridico; ha risolto questioni di fatto e di diritto relative ad un punto fondamentale comune all’odierna controversia, aventi natura di premessa logica indispensabile della statuizione contenuta nel dispositivo; ha riguardato elementi costitutivi estensibili nel tempo e quindi insensibili al periodo d’imposta.
Concludendo, la sentenza si è fondata su fattori tendenzialmente permanenti, rispetto ai quali, secondo la regola del «dedotto e deducibile», il decisum, divenuto stabile, ha effetto preclusivo ed espansivo.
8. Per quanto fin qui detto il ricorso va accolto; non occorrendo ulteriori accertamenti, la causa può essere decisa nel merito con l’accoglimento del ricorso originario delle contribuenti.
9. Le spese dell’intero giudizio devono essere integralmente compensate, tenuto conto del contrasto giurispru1jenziale sulla questione dirimente.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso originario delle contribuenti.
Dichiara integralmente compensate le spese dell’intero giudizio.