Corte di Cassazione sentenza n. 25865 depositata il 2 settembre 2022
effetti dell’estinzione della società – successione dei soci – decadenza azione
Fatti di causa
Dalla esposizione in fatto della sentenza impugnata si evince che: M.E., quale socia della società K. di M.A. & c. s.n.c., aveva proposto impug1nazione avverso le cartelle di pagamento originate dalla liquidazione, ai sensi dell’art. 36bis. d.P.R. n. 600/1973, delle dichiarazioni presentate dalla società per gli anni dal 1998 al 2001; la Commissione tributaria provinciale di Bologna aveva accolto il ricorso; avverso la decisione del giudice di primo grado l’Agenzia delle entrate aveva proposto appello.
La Commissione tributaria regionale dell’Emilia-Romagna ha rigettato l’appello, in particolare ha ritenuto che: sussisteva la legittimazione passiva dell’Agenzia delle entrate; con riferimento al merito, in particolare alla questione della intervenuta decadenza dal potere impositivo, assumeva rilievo la circostanza che la società era stata cancellata dal registro delle imprese nel 2001 e che le cartelle erano state notificate alla medesima società a partire dal 17 luglio 2003, quindi in data successiva alla cancellazione, con la conseguenza che era illegittima la notifica delle cartelle eseguita presso un soggetto oramai inesistente; la pretesa fatta valere nei confronti della socia era pertanto da considerarsi tardiva poichè effettuata oltre il termine di cui all’art. 25, d.P.R. n. 602/1973.
L’Agenzia delle entrate ha quindi proposto ricorso per la cassazione della sentenza affidato ad un unico motivo di censura, illustrato con successiva memoria, cui ha resistito la contribuente depositando controricorso, illustrato con successiva memoria.
Questa Corte, con ordinanza resa a seguito dell’adunanza del 15 settembre 2021, ha disposto la rimessione della causa alla pubblica udienza.
La controricorrente ha depositato ulteriore memoria con la quale si è riportato a quanto già esposto nella precedente memoria.
Il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto procuratore generale Dott. Giuseppe Locatelli, ha depositato le proprie conclusioni scritte con le quali si è riportato alle conclusioni di accoglimento del ricorso già depositate in data 6 luglio 2021.
Ragioni della decisione
Con l’unico motivo di ricorso si censura la sentenz21 ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3), cod. proc. civ., per violazione e falsa applicazione dell’art. 25, d.P.R. n. 602/1973 e dell’art. 1, d.l. n. 106/2005, dell’art. 2291, cod. civ., e dell’art. 65, d.P.R. n. 600/1973. In particolare, deduce parte ricorrente che, con riferimento alle cartelle di pagamento notificate alla società in data 17 luglio 2003 e 18 settembre 2003, erroneamente il giudice del gravame ha ritenuto che le stesse non erano state regolarmente notificate stante l’avvenuta cancellazione dal registro delle imprese in data 13 luglio 2001: invero, secondo parte ricorrente, l’effetto estintivo conseguente alla cancellazione della società dal registro delle imprese era avvenuto prima della riforma del diritto societario di cui al d.lgs. n. 6/2003, sicchè lo stesso poteva dirsi operante solo dal 1° gennaio 2004; inoltre, con riferimento alle altre cartelle di pagamento notificate alla società in data successiva alla suddetta data, le stesse erano parimenti legittime in forza del principio della successione dei soci negli obblighi della società estinta e della legittimità della notifica, ai sensi dell’art. 65, d.P.R. n. 600/1973, nei confronti del successore avvenuta presso l’ultimo domicilio del medesimo.
Il motivo è parzialmente fondato.
Va preliminarmente disattesa l’eccezione della controricorrente di inammissibilità della “controeccezione alla decadenza (sollevata dalla contribuente) proposta dall’Agenzia delle Entrate per la prima volta nel giudizio”: deduce la controricorrente che l’Agenzia delle entrate, con il proprio controricorso in primo grado, si era limitata a contestare il proprio difetto di legittimazione passiva, senza prospettare eccezioni avverso il motivo di ricorso relativo alla intervenuta decadenza, sicchè non poteva, in appello, formulare nuove eccezioni.
Secondo quanto si evince dalla stessa sentenza censurata, la ragione del motivo di appello proposto dall’Agenzia delle entrate deriva dal contenuto della pronuncia di primo grado, in particolare dal fatto che era stato accolto il motivo di ricorso relativo alla intervenuta decadenza: proprio il contenuto decisorio della suddetta pronuncia sul punto ha quindi determinato l’insorgere dell’interesse dell’Agenzia delle entrate a contrastare la suddetta decisione, proponendo legittimamente specifico motivo di appello.
Va quindi osservato che la questione di fondo della presente controversia attiene alla tempestività della pretesa fatta valere dall’amministrazione finanziaria mediante la notifica delle cartelle di pagamento nei confronti della contribuente quale socia della società K. di M.A. & c snc.
Sul punto, il giudice del gravame ha ritenuto che, poiché la società era stata cancellata dal registro delle imprese nell’anno 2001, con conseguente estinzione della medesima, l’amministrazione finanziaria non avrebbe potuto procedere alla notifica delle cartelle di pagamento nei confronti della medesima ma solo alla socia, sicchè le cartelle di pagamento notificate a quest’ultima erano da considerarsi tardive, ai sensi dell’art.. 25, d.P.R. n. 602/1973.
Preme evidenziare, in contrasto con quanto evidenziato nel controricorso, che il giudice del gravame ha precisato che: “le cartelle alla società sono state notificate a partire dal 17 luglio 2003”, ed in ordine a tale profilo ha, quindi,, ritenuto di dovere ragionare in ordinare agli effetti della cancellazione della società.
È, quindi, su tale accertamento in fatto, relativo alla circostanza della intervenuta notifica sicuramente nell’anno 2003 nonché negli anni successivi, che il giudice del gravame ha, poi, fatto derivare la considerazione che l’intervenuta cancellazione della società nella fattispecie avrebbe comportato l’inesistenza della notifica delle cartelle alla stessa effettuata.
Occorre, quindi, procedere ad una valutazione in ordine agli effetti della cancellazione della società, avvenuta in data 13 luglio 2001, in relazione alle cartelle di pagamento alla stessa notificate.
Per quanto concerne le cartelle notificate alla società nel 2003, va precisato che, secondo il costante orientamento di questa Corte, ai sensi dell’art. 2495, cod. civ., (nel testo risultante dopo la riforma del diritto societario, attuata dal D.Lqs. 17 gennaio 2003, n. 6, la cui entrata in vigore è fissata al 1 gennaio 2004), l’iscrizione della cancellazione di società di capitali nel registro delle imprese comporta l’estinzione della società, restando irrilevante l’eventuale esistenza di rapporti giuridici ancora pendenti; come noto, le Sezioni Unite hanno riconosciuto alla norma “effetto espansivo” anche alle società di persone, di modo che anche per esse si produce l’effetto estintivo conseguente alla cancellazione, sebbene per queste ultime la relativa pubblicità conservi natura dichiarativa. E ciò anche per le cancellazioni che abbiano avuto luogo anteriormente alla data di entrata in vigore della nuova formulazione della norma, con effetto però in tal caso da quest’ultima data: 1 gennaio 2004 (Cass. civ., 2 marzo 2021, n. 5605; Cass. Sez. U. 22 febbraio 2010, n. 4062).
Ne consegue che, al momento in cui erano state effettuate le notifiche, secondo quanto riportato in sentenza, non poteva ragionarsi in termini di estinzione della società, posto che tale effetto poteva dirsi sussistente solo dalla data dell’ 1° gennaio 2004.
Con riferimento alle altre cartelle di pagamento, di cui la ricorrente deduce in ordine alla notifica nell’anno 2006, va osservato, in primo luogo, che, secondo la giurisprudenza di questa Corte: “Il d.lgs. 21 novembre 2014, n. 175, art. 28, comma 4, in quanto recante disposizioni di natura sostanziale sulla capacità delle società cancellate dal registro delle imprese, non ha valenza interpretativa (neppure implicita) nè efficacia retroattiva, sicchè il differimento quinquennale degli effetti dell’estinzione della società derivanti dall’art. 2495 c. c., comma 2 – operante nei confronti soltanto dell’amministrazione finanziaria e degli altri enti creditori o di riscossione indicati nello stesso comma, con riguardo a tributi o contributi – si applica esclusivamente ai casi in cui la richiesta di cancellazione della società dal registro delle imprese (che costituisce il presupposto di tale differimento) sia presentata nella vigenza della nuova disciplina di detto D.Lgs., ossia il 13 dicembre 2014, o successivamente” (Cass. civ., 6743/15, 7923/16, 8140/16; 15648/15, 19142/16, 11100/17).
La notifica, dunque, delle suddette cartelle è stata effettuata quando la società era oramai estinta.
Ciò assume rilevanza ai fini della questione in esame, relativa, cioè, alla possibilità di considerare valida nei confronti del socio, ai fini della decadenza, una notifica della cartella di pagamento effettuata nei confronti della società estinta.
In termini del tutto generali, la questione è stata affrontata da questa Corte con sentenza n. 31037 del 2017 che ha affermato che la notifica della cartella, avvenuta presso la società già cancellata dal registro delle imprese, dovrebbe considerarsi atto idoneo ad impedire la decadenza.
Tale precedente parte dal presupposto che, fermo restando l’effetto estintivo che deve riconoscersi alla cancellazione della società dal registro delle imprese, non per questo deve affermarsi che dopo la cancellazione non sia più possibile l’iscrizione a ruolo a nome della società di tributi non versati. Resterebbe fermo, poi, che il debito tributario, validamente iscritto nei confronti della società estinta, andrebbe azionato nei confronti dei soci, successori ex lege della società medesima (secondo quanto affermato da Sez. U n. 6070 del 2013).
Tale principio va, tuttavia, coordinato con l’art. 2495 c.c., secondo cui la domanda dei creditori sociali insoddisfatti “se proposta entro un anno dalla cancellazione, può essere notificata presso l’ultima sede della società”.
Va quindi osservato che, ai fini della validità della notifica della cartella ad una società estinta per impedire la decadenza, non rileva semplicemente che un atto sia stato comunque compiuto (come, nel caso in esame, pretenderebbe l’Ufficio), ma occorre che quell’atto sia idoneo a mettere concretamente il destinatario nelle condizioni di conoscere concretamente l’avvenuto esercizio, in tempi certi, della pretesa tributaria (Cass. civ., 30 novembre 2021, n. 37384).
Tale interesse non potrebbe considerarsi sufficientemente realizzato e garantito ove si consentisse di impedire la decadenza tramite la notifica alla società estinta, a causa della cancellazione, allorchè sia decorso l’anno previsto dall’art. 2495, cod. civ., e dunque sia decorso quel termine entro il quale la legge ha permesso l’ultrattività della sede legale in relazione alla validità della domanda dei creditori insoddisfatti.
Ne consegue, dunque, che, relativamente alla notifica della cartella eseguita alla società in data successiva alla sua estinzione, non può attribuirsi alcun effetto impeditivo della decadenza.
Resta, ora, da esaminare l’ulteriore questione, introdotta dalla controricorrente, relativa alla non applicabilità nei propri confronti della previsione di cui all’art. 25, d.P.R. n. 602/1973.
In realtà, non può trovare applicazione al caso di specie il principio, cui fa riferimento parte ricorrente, secondo cui il credito validamente iscritto nei confronti della società estinta va azionato nei confronti dei soci, successori ex lege della società medesima (secondo quanto affermato da Sez. U n. 6070 del 2013), posto che, invero, lo stesso postula che la suddetta notifica sia stata eseguita nei confronti del socio in data successiva all’estinzione della società.
Non può ragionarsi, dunque, in termini di legittimità della notifica effettuata nei confronti della società e conseguente eventuale applicazione della disciplina della decadenza anche nei confronti del socio.
Ciò precisato, si pone, dunque, l’ulteriore questione se la notifica effettuata alla società possa avere avuto l’effetto impeditivo della decadenza di cui all’art. 25, cit., nei confronti delle socie.
Questa Corte ritiene di dovere aderire all’orientamento già espresso secondo cui ai fini dell’effetto impeditivo della decadenza, di cui all’art. 25, cit., è sufficiente che la notifica sia stata effettuata nei confronti di un coobbligato in solido.
Va osservato, invero, che l’obbligazione tributaria, sebbene mutui i tratti generali dell’obbligazione civile., ha caratteri di specialità che la rende a questa irriducibile, tenuto conto che le sezioni unite di questa Corte hanno sottolineato l’estraneità all’obbligazione tributaria della concezione tipicamente civilistica di quest’istituto: l’esigenza di certezza dei rapporti giuridici che la decadenza presidia nel diritto civile per mezzo della regolazione del conflitto d’interessi fra le parti non trova rispondenza nel diritto tributario (Cass., sez. un., n. 8094/20, punto 10.1).
Non è d’altronde configurabile disparità ingiustificata di trattamento ravvisata tra il condebitore a cui non sia rivolto l’atto e l’altro condebitore che invece lo riceva: il principio di eguaglianza non risulta violato ove si mettano a raffronto i condebitori, perché l’essere o no a conoscenza dell’atto, ai fini della produzione degli effetti di esso, è ininfluente (Corte cost. n. 8/75).
Occorre dunque ragionare in termini di principi cli sistema propri dell’ordinamento tributario, tenuto conto del fatto che il regime di riscossione coattiva delle imposte è differenziato, in rispondenza all’esigenza, di rilievo costituzionale, della pronta realizzazione del credito fiscale, a garanzia del regolare svolgimento della vita finanziaria dello Stato (tra varie, Corte cost. nn. 281/11; 90/18; 175/2018; 104/19; 142/20).
In questo ambito, costituiscono circostanze rilevanti ai fini interpretativi: a) il fatto che il legislatore, nella previsione di cui all’art. 25, cit., utilizza l’espressione “al debitore iscritto a ruolo o al coobbligato nei confronti dei quali procede” al plurale, quindi si riferisce a entrambi come destinatari del procedimento; ed usa, inoltre, la disgiuntiva “o”, che segna l’alternatività, quando fissa l’onere, l’inosservanza del quale comporta la decadenza, di notificare la cartella: il che significa che, quando procede nei confronti del debitore iscritto a ruolo e del coobbligato, l’agente per la riscossione può notificare la cartella di pagamento all’uno o all’altro; b) in modo analogo si è orientato il legislatore con l’art. 20, comma 2, del d.lgs. n. 472/97, con riguardo al termine di decadenza previsto per l’atto di contestazione o per l’atto d’irrogazione delle sanzioni tributarie, stabilendo che «Se la notificazione è stata eseç1uita nei termini previsti dal comma 1 ad almeno uno degli autori dell’infrazione o obbligati in solido il termine è prorogato di un anno»; c) questa opzione interpretativa dell’art. 25 del d.P.R. n. 602/73 consente, inoltre, di rispettare il beneficium excussionis spettante al socio, che assai difficilmente potrebbe essere osservato se l’agente per la riscossione dovesse procedere a notificare la cartella alla società e al socio nel medesimo termine, tenuto conto del fatto che le sezioni unite di questa Corte hanno stabilito che, in tema di riscossione ed esecuzione a mezzo ruolo di tributi il cui presupposto impositivo sia stato realizzato dalla società e la cui debenza risulti da un avviso di accertamento notificato alla società e da questa non impugnato, il socio può impugnare la cartella notificatagli eccependo (tra l’altro) la violazione del beneficio di preventiva escussione del patrimonio sociale (Cass., sez. un., n. 28709/20); d) non sussiste la paventata lesione del diritto di difesa del coobbligato solidale; il coobbligato, pur non essendo a conoscenza della notificazione della cartella al debitore iscritto a ruolo, non viene a perdere (immediatamente) alcun diritto e non viene inciso in una qualsiasi situazione giuridica soggettiva di cui sia titolare, potendo svolgere con pienezza le proprie difese, in quanto può comunque contestare il diritto di procedere all’esecuzione con riferimento a quel titolo, e quindi per debiti tributari (Cass. n. 12714/19, in motivazione), può lamentare non soltanto l’inesistenza originaria o sopravvenuta del titolo formatosi nei confronti della società, ma anche l’inesistenza originaria o sopravvenuta del credito in esso consacrato, ossia della pretesa tributaria, per inesistenza dei fatti costitutivi o per esistenza di fatti impeditivi, modificativi o estintivi nonché il fondamento della propria responsabilità, ossia la propria qualità di socio, allegando ad esempio il recesso dalla compagine sociale in epoca antecedente al sorgere del debito d’imposta, oppure la qualità di semplice accomandante di una società in accomandita semplice, oppure ancora l’esistenza di un patto limitativo della responsabilità, purché opponibile al terzo ai sensi dell’art. 2267, comma 2, c.c..
Ne consegue, dunque, che, nel caso di specie, non correttamente il giudice del gravame ha ritenuto che la notifica effettuata nei confronti della società, quando la stessa non era ancora giuridicamente inesistente, non ha avuto l’effetto di impedire la decadenza nei confronti della socia, sicchè la stessa è viziata da violazione di legge.
In conclusione, il motivo di ricorso è parzialmente fondato, con conseguente accoglimento nei limiti precisati e rinvio alla Commissione tributaria regionale anche per la liquidazione delle spese di lite del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte:
accoglie, nei limiti di cui in motivazione, il motivo di ricorso, cassa la sentenza censurata e rinvia alla Commissione tributaria regionale dell’Emilia-Romagna, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese di lite del pn sente giudizio.
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