Corte di Cassazione ordinanza n. 26029 depositata il 5 settembre 2022
vizio di omessa pronuncia – principio di autosufficienza del ricorso per cassazione – vizio di violazione di legge
RILEVATO CHE:
Con la sentenza impugnata la CTR Campérnia ha accolto parzialmente l’appello del contribuente Sabino Manduca contro la sentenza della CTP Salerno che aveva rigettato il suo ricorso contro l’avviso di accertamento dell’Agenzia delle Entrate in rettifica del reddito di impresa per il 2008.
La CTR aveva ridotto il maggior ricavo accertato ad euro 40.525,00 del 30% rispetto a quanto accertato dall’Ufficio.
Il Manduca ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.
L’Agenzia delle Entrate non si è costituita con controricorso ma soltanto ai fini della partecipazione all’udienza di discussione.
CONSIDERATO CHE:
1. Con il primo motivo il ricorrente deduce nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360 5 c.p.c. per carente, omessa ed insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il 1 iudizio in quanto la CTR aveva omesso di motivare sull’eccezione di mancanza di contraddittorio preventivo.
1.1 In disparte l’erroneo riferimento alla previgente formulazione del n. 5 dell’art. 360 p.c., introdotta dal d.lgs. n. 40 del 2006 e modificata con il d.l. n. 83 del 2012 conv. con I. n. 134 del 2012, il motivo è inammissibile in quanto la norma invocata («omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti») riguarda un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che se esaminato avrebbe determinato un esito diverso della controversia) (Cass. sez. un. n. 8053 del 2014; Cass. n. 26305 del 2018; n. 22397 del 2019), mentre nel caso di specie si deduce l’assenza di contraddittorio endoprocedimentale e si lamenta una omessa pronuncia sulla relativa eccezione.
1.2 La questione sarebbe da ricondurre al 4 dell’art. 360 comma n. 1 c.p.c. ma sotto questo profilo il motivo è carenti di specificità e autosufficienza.
Secondo consolidata giurisprudenza di questa Corte, la deduzione del vizio di omessa pronuncia, ai sensi dell’art. 112 c.p.c., postula, per un verso, che il giudice di merito sia stato investito di una domanda o eccezione autonomamente apprezzabili e ritualmente e inequivocabilmente formulate e, per altro verso, che tali istanze siano puntualmente riportate nel ricorso per cassazione nei loro esatti termini e non genericamente o per riassunto del relativo contenuto, con l’indicazione specifica, altresì, dell’atto difensivo e/o del verbale di udienza nei quali l’una o l’altra erano state proposte, onde consentire la verifica, innanzitutto, della ritualità e della tempestività e, in secondo luogo, della decisività delle questioni prospettatevi. Pertanto, non essendo detto vizio rilevabile d’ufficio, la Corte di cassazione, quale giudice del «fatto processuale», intanto può esaminare direttamente gli atti processuali in quanto, in ottemperanza al principio di autosufficienza del ricorso, il ricorrente abbia, a pena di inammissibilità, ottemperato all’onere di indicarli compiutamente, non essendo essa legittimata a procedere ad un’autonoma ricerca, ma solo alla verifica degli stessi (Cass. n. 28072 del 2021; Cass. n. 15367 del 2014).
Sebbene il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, ai sensi dell’art. 366, comma 1, n. 6), c.p.c. – quale corollario del requisito di specificità dei motivi – non debba essere interpretato, anche alla luce dei principi contenuti nella sentenza CEDU Succi e altri c. Italia del 28 ottobre 2021, in modo eccessivamente formalistico, così da incidere sulla sostanza stessa del diritto in contesa, e non possa pertanto tradursi in un ineluttabile onere di integrale trascrizione degli atti e documenti posti a fondamento del ricorso (Cass. sez. un., n. 8950 del 18/03/2022), il ricorso deve comunque indicare il contenuto degli atti richiamati all’interno delle censure e deve specificamente segnalare la loro presenza negli atti del giudizio di merito, perchè l’esposizione dei motivi deve mettere comunque il giudice nelle condizioni di comprendere l’oggetto della controversia ed il contenuto delle censure senza dover scrutinare autonomamente gli atti di causa (Cass. n. 8117 del 2022).
Nel caso di specie, non solo non vengono trascritti gli atti di causa rilevanti ma mancano precise indicazioni sul momento 1Processuale in cui l’eccezione, di cui non vi è traccia nella sentenza impugnata, sarebbe stata sollevata.
2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce nullità della sentenza, ai sensi dell’art. 360 comma 1 3 c.p.c., per violazione e falsa applicazione delle disposizioni di cui al <<d.P.R. n. 600 del 1973, art. 38 comma 3 e 39 comma 2 lettera d bis d.P.R. n. 600 del 1973 con riferimento alla determinazione del reddito d’impresa>> in quanto la CTR si era limitata ad una riduzione del quantum senza tener conto delle reali e concrete capacità reddituali del contribuente.
Il motivo è inammissibile.
2.1 La deduzione del vizio di violazione di legge consiste in un’erronea ricognizione da parte del provvedimento impugnato della fattispecie astratta contenuta in una norma di legge ovvero nella erronea riconduzione del fatto materiale nella fattispecie legale deputata a dettarne la disciplina ( d. vizio di sussunzione); la questione ex n. 3 implica necessariamente un problema interpretativo della legge e postula che l’accertamento in fatto operato dal giudice di merito sia considerato fermo ed indiscusso, sicchè è estranea alla denuncia del vizio di sussunzione ogni critica che investa la ricostruzione del fatto materiale, esclusivamente riservata al potere del giudice di merito (Cass., n. 6035 del 2018; Cass., n. 26110 del 2015).
Nel caso in esame, invece, si cerca di rimettere in discussione l’accertamento di merito compiuto dalla CTR deducendo elementi in fatto che, ad avviso del ricorrente, comproverebbero il carattere modesto dell’attività impresa (macelleria in un paese dell’interno, lontano dalle rotte turistiche e abitato soprattutto da pensionati) e che avrebbero dovuto comportare un diverso accertamento reddituale.
Non vi è da provvedere sulle spese.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
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